giovedì 16 ottobre 2014

CONTRORIVOLUZIONE (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo II°) .






Conte Joseph De Maistre
Abbandonata a se stessa, libera di svilupparsi a suo bell'agio e di raggiungere il suo fine, la Rivoluzione deve condurre il genere umano alla sua perdita, alla sua ultima rovina. De Maistre, come abbiamo inteso, ha considerata questa eventualità come possibile, ed altri pure hanno manifestato i medesimi timori. Tuttavia egli sperava che non sarebbe così. Egli voleva persuadersi che una volta compiute le opere di punizione e di sgombro, in vista delle quali la Provvidenza diede a Satana contro di noi la licenza che gli avea data contro di Giobbe, la Rivoluzione sparirebbe, ed allora il genere umano entrerebbe in un'éra novella. Abbiamo esposto nel capitolo precedente le ragioni che c'inducono ad associarci alla speranza ch'egli manifestava.
Quale deve essere, nel suo pensiero, il carattere di quest'éra novella?
Egli lo indicava così: "La Rivoluzione essendo perfettamente satanica, la Controrivoluzione sarà angelica, o non sarà punto. Ma questo non pare possibile". "La Rivoluzione non sarà mai totalmente spenta se non dal principio contrario". "Essa non può essere veramente finita, uccisa, e sterminata che dal principio contrario che bisogna solamente lasciar libero (è tutto quello che l'uomo può fare), quindi esso agirà da sé solo". "D'altra parte, la reazione, dovendo essere pari all'azione, non vi date fretta, e pensate che la lunghezza stessa dei mali, vi annunzia una Controrivoluzione, di cui non avete l'idea".(1)
Adrien Albert Marie, Conte di Mun

Queste ultime righe de Maistre le scriveva nel 1794. Oltre un secolo è trascorso dacché furono scritte, ed i mali non sono ancora finiti. Se i suoi pensieri sono giusti, la lunghezza della prova ci permette di sperare che la Controrivoluzione da lui accennata, sarà così assoluta e radicale, com'egli diceva.
È dunque più d'un secolo che fu pronunciata per la prima volta questa parola "Controrivoluzione". Essa ricomparve vergo il 1873 sulle labbra del Conte di Mun. Respinta a destra, vituperata a sinistra, essa cadde nell'oblio, risuscitata tuttavia di quando in quando dai Combes sulle tribune e nelle colonne delle loro Lanternes, allorquando vogliono rianimare lo zelo delle loro schiere contro la Chiesa.
Le persone di corta vista temevano che per questa parola il popolo di Francia, saturo di Rivoluzioni, non si credesse minacciato da una nuova rivoluzione. Pertanto de Maistre, avea detto che la
Controrivoluzione, non sarebbe una rivoluzione contraria, ma il contrario della Rivoluzione, vale a dire che noi entreremmo in vie opposte a quelle che ci hanno condotto, ove siamo: il che può farsi tranquillamente come avrebbe potuto e dovuto farsi dal 1870 al 1873.
All'indomani della pubblicazione dell'Enciclica del 28 dicembre 1878, sopra il socialismo, il giornale La Revolution, firmato "un socialista", diede questa lezione agli spiriti illogici che sperano di uscire dalla situazione presente con altri mezzi che non sono quelli dell'abbandono assoluto dei principii rivoluzionari. "La rivoluzione sociale che si prosegue attualmente non è dessa figlia della rivoluzione religiosa del XV secolo e della rivoluzione politica del secolo XVIII? Per iscongiurarla, sarebbe mestieri cancellare o rinnegare l'89 e la Riforma. Ed è in ciò che si manifesta la stupidezza dei conservatori dell'ordine attuale, i quali dichiarandosi fautori dell'89, anatematizzano e credono di arrestare il movimento che trasporta il proletariato verso la sua emancipazione materiale. Il mondo moderno è posto fra il termine della Rivoluzione francese e un ritorno puro e semplice al cristianesimo del medio evo".
Tutte le grandi intelligenze del secolo scorso hanno egualmente pensato così: o noi precipiteremo fino al fondo dell'abisso, o si produrrà una reazione assoluta contro lo spirito rivoluzionario.
"Ho letto e riletto in questo tempo - disse Giulio Lemaitre - Comte, Le Play, Balzac, Taine, Renan, ed ho veduto che le menti più forti del passato secolo esecravano la Rivoluzione, il suo spirito e le sue opere".
Louis Veuillot

Luigi Veuillot ha scritto: "Il tempo di mezzo è passato, Non evvi avvenire nel mondo che per i cattolici come noi, perché il mondo è giunto ad un punto in cui deve perire o rinascere. Tutti i tramezzi saranno spezzati dalla distruzione, o rigettati con disprezzo per la ricostruzione".
E l'illustre Card. Pie diceva pure: "Ogni soluzione umana è ormai impossibile; alla nostra società non rimane che una alternativa: o sottomettersi a Dio o perire. Non si farà nulla finché Dio non verrà ricollocato al disopra di tutte le istituzioni. Si parla oggi di un grande partito dell'ordine e della conciliazione. Un solo partito potrà salvare il mondo: Il partito di Dio. Si parla di ravvicinamento che si deve operare, ed è la riconciliazione della terra col Cielo. La questione che s'agita e che agita il mondo non è tra l'uomo e l'uomo, ma tra l'uomo e Dio".
Proudhon, patriarca del socialismo e dell'anarchismo, nel suo libro: De la creation de l'ordre dans l'humanité, lo ha riconosciuto e così esposto:
"Dio e l'umanità sono due nemici inconciliabili. Il primo dovere dell'uomo illuminato, intelligente, è di scacciare senza tregua l'idea di Dio dalla mente e dalla coscienza. L'ateismo dev'essere oggimai la legge dei costumi e delle intelligenze ...
"Rammentatevi solamente, e non dimenticate mai, che la pietà, la felicità, la virtù, ed anche la patria, la religione, l'amore non sono che maschere. I preti se lo mettano una buona volta in testa che il peccato, è la miseria. La proprietà non è che un'idea contradditoria, e la negazione della proprietà, traendo seco quella dell'autorità, io ho dedotto dalla mia definizione dichiarante che la proprietà è il furto, questo corollario: la vera forma di governo è l'anarchia. Non più Papa, non più Re, non più Dittatore né Imperatore. Non deve dunque esister più alcuna autorità né temporale, né spirituale, né rivoluzionaria, né legittima. Io ho sempre lavorato a scattolicizzare il popolo e sopratutto a rovesciare, non il trono di Pio IX, ma il trono di San Pietro, perché, demolito una volta il papato, il cattolicismo rimane senza vigore ... Il nostro principio è l'ateismo in materia di religione, l'anarchia in politica, e la nonproprietà nell'economia politica".
Louis de Bonald

De Bonald, Balmes, Donoso Cortes, Blanc de Saint-Bonnet videro bene che l'empietà ci spinge a questo radicalismo assoluto, e che, per evitarlo, non havvi che una via, il ritorno sincero a Dio. Quest'ultimo diceva: "La Rivoluzione è religiosa, il male è religioso, il rimedio è religioso; noi non ne guariremo che religiosamente". E più recentemente il signor Brunetière scriveva anch'egli: "La lotta è religiosa, io non dico confessionale; ma religiosa nel senso più generico della parola, e non terminerà che sul terreno religioso. Sappiamo infine rendercene conto: Non si fa la guerra alle "congregazioni" come tali, e neppure al "cattolicismo"; ma alla religione in generale in quanto è ispiratrice di certe idee. Se il cattolicismo è una religione, la tradizione rivoluzionaria ed il socialismo lo sono altresì, e nessuna cosa sarebbe tanto vana e fallace quanto immaginarsi di poter trionfare con mezzi puramente politici".(2)
Il contrario della Rivoluzione(3) a cui la società deve appigliarsi dopo che sia uscita dalle vie rivoluzionarie, de Bonald l'ha assai felicemente definito con una sola parola in una lettera scritta al signor Senft qualche mese dopo la rivoluzione del luglio 1830. Quando ei vedeva molti legittimisti nutrire la speranza d'un pronto ritorno dei Borboni del ramo primogenito, egli ebbe il coraggio di dir loro: "Non è una Restaurazione che sarebbe necessaria, ma una Rinnovazione. Et renovabis faciem terrae", una rinnovazione religiosa del mondo intero. È il medesimo pensiero che espresse B. de Saint-Bonnet quando disse: "Noi siamo vicini ad una rivoluzione delle anime, quale non si è mai veduta dal cristianesimo in poi".
De Maistre salutava il medesimo avvenire in questi termini: "Rivoluzione politica, semplice preparazione d'una Rivoluzione morale e religiosa". I disordini politici e sociali ch'egli avea veduti, quelli che prevedeva sarebbero accaduti fra un secolo o due, egli li comprendeva come eventualità che doveano anzitutto precedere la Rinnovazione, l'universale Rinnovazione. Renovabis faciem terrae. Questa egli la vedeva come assolutamente voluta e per se stessa dal Sovrano Signore di tutte le cose, quelli condizionatamente, in vista del cambiamento universale e profondo nell'ordine religioso, al quale gli sconvolgimenti politici doveano preparare le vie.
"Quando considero - egli diceva - la rilassatezza generale dei principii morali, la divergenza delle opinioni, il crollo dei troni che mancano di base, l'immensità dei nostri bisogni, la inanità dei nostri mezzi, mi sembra che ogni vero filosofo debba scegliere tra queste due ipotesi: O che si va formando una nuova religione, o che il cristianesimo sarà rigenerato in qualche modo straordinario. Fa d'uopo scegliere fra queste due supposizioni, secondo il partito preso circa la verità del cristianesimo".(4)
Una nuova religione! Ne abbiamo udito i profeti, abbiamo visto, nella prima parte di quest'opera, i saggi che ne fanno. Essi hanno un padre comune, La Mennais.
Nel 1833, allorché egli pubblicava Les paroles d'un croyant, in una lettera a M. de Coux, diceva: "Io sono profondamente persuaso che i grandi cangiamenti che si preparano nel mondo, lungi dall'essere operati dalla Chiesa, lo saranno suo malgrado, imperocchè devono introdurre nel suo seno la riforma che salverà il cristianesimo, riforma che la gerarchia non solo non potrebbe volere, ma le farà resistenza con tutte le sue forze. Io credo di più, che questa resistenza non è sì viva e sì generale se non perché essa dev'essere come il segnale di un'éra novella e d'un nuovo stato del quale Dio stesso getterà le fondamenta. Egli è sempre certo, in ciò che spetta a questioni pratiche, che chiunque vuol agire, agire in un senso che la ragione e la coscienza approvano, deve separarsi dal clero. Il minimo contatto con lui intorpidirebbe come la torpedine, se pure non ucciderebbe improvvisamente. Ora, la religione messa da parte, non restano più che la scienza e la politica".(5)
G. de Maistre era più illuminato, o meglio egli non era, come La Mennais, acciecato dalla passione. Per lui, come per noi, la prima ipotesi era inammissibile. Il cristianesimo possiede la piena luce, egli
è la verità immutabile, costituisce la forma definitiva dell'unica religione voluta da Dio, abbozzata per i Patriarchi e per i figli di Abramo nelle rivelazioni primitive, compiuta dal Figlio di Dio fatto Uomo. In questa perfezione, essa è divenuta il "cristianesimo" o l'istituzione di Cristo, ed il "cattolicismo" o l'ovile in cui sono e saranno chiamati gli uomini di tutti i paesi, fino alla consumazione dei secoli.
Se è impossibile ammettere che si vada formando una nuova religione, si può credere che il cristianesimo possa essere rigenerato?
Da tutte le parti, nell'ora presente, noi lo vedemmo, si levano degli uomini che vogliono trasformare il cristianesimo, e che, per la maggior parte, vi lavorano con un ardore che solo può far comprendere l'ignoranza che essi hanno dell'inutilità dei loro sforzi.
Nel seno stesso della Chiesa cattolica, ve n'ha che si occuparono ad introdurre una riconciliazione dello spirito della Chiesa collo spirito del mondo, un accomodamento del dogma con ciò che essi chiamano la scienza, ed un riconoscimento della sovranità del popolo.
Nel seno dello scisma e dell'eresia, vi sono di quelli che vogliono una cristianità sola, ma senza governo centrale e senza autorità dogmatica.
Fuori della Chiesa, ci siamo imbattuti nei neo-cristiani, i quali sognano una religione umanitaria che essi continuerebbero a chiamare "cristiana" dopo averle tolto tutto quello che tiene da Cristo.
Evidentemente, nulla di tutto questo pensava G. de Maistre, quando esprimeva il pensiero che il cristianesimo sarà rigenerato in qualche modo straordinario, poiché egli diceva un po' più tardi: "Questa immensa e terribile Rivoluzione incominciò con un furore che non ha esempio contro il cattolicismo e per la democrazia. Il risultato invece sarà pel cattolicismo e contro la democrazia".(6)
L'ipotesi che si faccia un cambiamento profondo se non nel cristianesimo, almeno nella società cristiana, risponde dunque ad una disposizione d'animo che incontrasi dappertutto, nel Nuovo Mondo come presso di noi, in seno alla Chiesa cattolica come presso gli eretici e gli scismatici; nel campo del libero pensiero come presso i credenti. Ora G. de Maistre, seguendo Machiavelli, ha constatato che "non accaddero mai nel mondo grandi avvenimenti, senza che fossero stati in qualche modo presentiti".(7)
 

Note:

(1) Le Pape, Discorso preliminare, p. 33. Œuvres complétes de J. de Maistre, t. XIII, p. 182. Ibid. t. I, p. 21, Ibid. t. XIV, p. 148.
(2) Revue des Deux Mondes, dicembre 1902. Cronaca della quindicina.
(3) Cioè la Rinnovazione o la Controrivoluzione.
(4) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, p. 61. Vedi ancora t. V, pagine 228-247.
(5) Le modernisme dans l'Eglise, par M. Charles Perrin, p. 14.
(6) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. IX, p. 467.
(7) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. V, p. 236.