martedì 12 agosto 2014

LE RIVOLUZIONI ORDINATE AD ESEGUIRE LA GIUSTIZIA DIVINA (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo II°) .

Le rivoluzioni che accadono nei grandi Stati non sono né un effetto del caso né un capriccio dei popoli.
                                                                                                                               Sully, Memorie.



Tutto ciò che abbiamo veduto nella prima parte di questo studio, si riassume e si definisce dalla maggior parte degli uomini con una parola: la Rivoluzione: "è la Rivoluzione". Queste parole d'inferno che abbiamo udite, sono le grida della Rivoluzione; questi delitti pubblici e sociali, sono le opere della Rivoluzione; queste tendenze verso la Repubblica universale, questi conati per condurre il genere umano ad una religione umanitaria se non satanica, sono i passi della Rivoluzione. Essa ebbe il suo punto di partenza in Francia nel 1789; di là si propagò nel mondo, ed oggi spera riuscire ben presto a chiudere l'umanità intiera in quello che la setta, che n'è l'anima, chiama il Tempio.
Prima dunque d'andar innanzi e di parlare di Rinnovazione, o piuttosto, per farsi una idea giusta, di ciò che esige la Rinnovazione, è necessario di sapere che cosa è la Rivoluzione. Qual è il suo principio? Quale la sua essenza? Una rinnovazione potrà mai sorgere dal suo seno ? O fa d'uopo ch'essa sia combattuta, annientata, affinchè la Rinnovazione possa finalmente stabilirsi sulle sue rovine?
Soventi volte il mondo dovette sostenere delle rivoluzioni. L'89 è stato una rivoluzione come molte altre; ma è stato altresì il punto di partenza di un'epoca, dell'epoca nella quale ci troviamo e che ricevette questo nome: la Rivoluzione.
Le rivoluzioni sono ordinariamente, presso i popoli, la conseguenza e il castigo dei disordini ai quali si sono abbandonati. L'89 è stato questo e qualche cosa di più.
Vediamolo innanzi tutto sotto il suo primo aspetto.
Joseph de Maistre

"Allorchè, dice de Maistre nelle sue Considerazioni sulla Francia, le nazioni son divenute colpevoli a tal segno da chiamare necessariamente dei castighi generali; allorchè Dio ha risoluto di ricondurle all'ordine colla punizione, di umiliarle, di sterminarle, di rovesciare i troni o di trasferire gli scettri; per esercitare queste terribili vendette, adopera quasi sempre dei grandi colpevoli, dei tiranni, degli usurpatori, dei conquistatori feroci che si ridono di tutte le leggi; niente loro resiste, perchè sono gli esecutori d'un giudizio divino".
Niente potè resistere ai Giacobini in Francia, niente potè resistere a Napoleone in Europa.
Scrivendo a M. de Beauregard nel 1794, de Maistre diceva ancora: "L'ordine attuale, tuttochè abbominevole, è necessario per fare giustizia di tutti. Voi m'avete lasciato stampare che tutti i governi erano vecchi; io vi aggiungo all'orecchio che erano corrotti. Il più guasto di tutti cadde con fracasso: gli altri lo seguiranno probabilmente".(1)
Essi l'han seguito, e son passati l'uno dopo l'altro sotto la sferza vendicatrice. Se tutti non sono caduti nella fossa ch'essi medesimi si erano scavata, tutti però furono duramente puniti. Fatta l'esecuzione, il carnefice disparve, punito anche egli per i suoi propri misfatti: i Giacobini montando sul patibolo, il Bonaparte andando a spegnersi nell'isola d'Elba.
De Maistre osserva ancora: "I più bricconi sopratutto sono puniti con una precisione che deve farvi piacere ... Mentre che l'ignoranza umana va estatica pei loro successi, essi spariscono improvvisamente come il boia quando ha compito l'opera sua".
Così avviene al giorno d'oggi. Dove sono i Gambetta, i Ferry e i Waldeck? Dove saranno domani i Combes? ... Ma, intanto, niente loro resiste.
I governanti di tutti i paesi aveano scandolezzato i loro popoli collo spettacolo della loro corruzione: tutti aveano permesso si formasse la cospirazione contro la Chiesa, contro Dio e contro il suo Cristo, che aveano il dovere di prevenire ed arrestare; molti anzi vi aveano dato mano. Tutti quindi dovevano essere puniti, la Francia per la prima, perchè avea sedotte le altre nazioni; e gli altri, per mano della Francia, di cui aveano accettate, accolte le seduzioni.
Il castigo ch'essi subirono ci sembra assai temibile e lo fu; quello che apparisce oggi sull'orizzonte è spaventevole. Ma "ben pochi uomini, in questa generazione materiale, sono in grado di conoscere la data, la natura e l'enormità di certi delitti comuni alle nazioni ed ai poteri sovrani, meno ancora di comprendere il genere di espiazione che questi delitti rendono necessaria".(2) 
Nel 1795, per conseguenza in piena rivoluzione, comparve a Francoforte un libro, senza il nome dell'autore, intitolato: Il sistema gallicano accusato e convinto d'essere stato la prima e principale
 causa della rivoluzione che tende a scattolicizzare ed a distruggere la monarchia cristianissima, e ad essere oggi il grande ostacolo alla contro-rivoluzione a favore di questa monarchia.
Si conosce ciò ch'era il sistema gallicano. Esso era stato formulato nell'Assemblea del 1682 in quattro articoli che consacrano un doppio errore e commettono un doppio attentato contro la sovranità del Figlio di Dio fatt'uomo, capo dell'umanità redenta.
Da una parte, affermavano che il potere del Vicario di Gesù Cristo è limitato, vincolato dai canoni e la sua infallibilità dottrinale dipendente da quella della Chiesa. D'altra parte, che il potere del re è assoluto, che lo ripete da sè medesimo, che è indipendente dal potere che Nostro Signor Gesù Cristo ha conferito al Papa, suo Vicario.
Mediante il primo errore e il primo attentato, la Chiesa di Francia, per mezzo de' suoi vescovi, si metteva fuori dell'insegnamento della Chiesa universale sopra un punto che dovette poi essere definito dal Concilio vaticano.
Mediante il secondo errore e il secondo attentato, la Francia veniva posta fuori delle tradizioni del genere umano. Mai, in nessun tempo, alcun popolo mancò di porre la religione per fondamento della sua costituzione, delle istituzioni pubbliche e delle sue leggi. Nessuna nazione l'aveva fatto meglio della Francia; essa servì pure di modello, sotto questo rapporto, ai popoli moderni; essa era stata la prima a riconoscere la divina maestà di Nostro Signor Gesù Cristo e della sua Chiesa. Il re di Francia si dava il titolo di luogotenente di Gesù Cristo e proclamava, davanti a tutti, i diritti sovrani del Salvatore con questo esergo impresso sulle monete: Christus vincit, regnat, imperat, parole inspirate da quelle dell'Introito dell'Epifania: Gesù Cristo tiene in sua mano il regno, la potenza e l'impero. Et regnum in manu eius et bolestas et imperium, "O popolo dei Franchi, esclamava nel 1862 il cardinal Pie, rimonta coi pensiero il corso dei secoli, consulta gli annali de' tuoi primi regni, interroga le gesta de' tuoi antenati, i fatti gloriosi de' tuoi padri, ed essi ti diranno che, nella formazione del mondo moderno, nell'ora in cui la mano del Signore formava le nuove razze occidentali per aggrupparle, come una guardia d'onore, intorno alla seconda Gerusalemme, il posto che t'ha segnato, la parte che ti ha fatta, ti poneva alla testa delle nazioni cattoliche. I tuoi più valorosi monarchi si sono proclamati i "sergenti di Cristo"".
La Dichiarazione del 1682 la rompeva con questo passato, faceva pel presente la secolarizzazione del governo, e preparava per l'avvenire l'ateismo delle leggi e la laicizzazione delle istituzioni, che dovevano condurre alla separazione della Chiesa dallo Stato. La data del 1682 segnava dunque l'ora in cui la Rivoluzione che doveva nascere un secolo più tardi era concepita. "Questa Rivoluzione di cui noi siamo le vittime, diceva l'ignoto autore dell'opera di cui abbiamo dato il titolo, non è in se stessa e per sua natura, che una specie di rivolta diretta e pronunciata contro l'autorità sacerdotale e l'autorità regale di Gesù Cristo. È contro Gesù Cristo che l'hanno sopratutto gli empii rivoluzionari; e se con tutte le loro forze lavorano al rovesciamento della Santa Sede e di tutti i troni della cristianità, ciò fanno colla mira di annientare, se mai è possibile, la doppia autorità di Gesù Cristo, di cui il Sommo Pontefice e i re cristiani sono rispettivamente depositari e che esercitano in suo nome e come suoi rappresentanti".


Luigi XVI di Francia sul patibolo.

La Rivoluzione, coll'assassinio di Luigi XVI da una parte, e dall'altra colla costituzione civile del clero, fu dunque la conseguenza logica della Dichiarazione del 1682. Volendo limitare i poteri dati al suo Vicario da Nostro Signore Gesù Cristo, la Chiesa gallicana avea aperto da sè la via allo scisma in cui la Rivoluzione volle precipitarla; e privandolo dell'appoggio che aveva ricevuto fin dall'origine al trono di Gesù Cristo, faceva perdere al trono dei re cristiani il suo prestigio e la sua stabilità. La sovranità non conservava più altro appoggio che l'opinione nazionale sì facile a mutarsi, sì pronta a disprezzar oggi ciò che ieri adorava.

Ecco la vera causa della scomparsa del trono di Francia, come della rovina della Chiesa gallicana.
Ma agli effetti logici che gli errori e i misfatti trascinano dietro di sè, si aggiunge il castigo. Qui il castigo fu la decapitazione del re e il massacro del clero. Queste pene ci sembrano enormi, ma che siam noi per giudicare della natura di questo delitto e dell'espiazione che rendeva necessaria?
Non sono i soli capi che furono percossi, ma lo furono anche i sudditi. Egli è ch'essi erano colpevoli e responsabili se non della Dichiarazione del 1682, almeno dello stato religioso e morale in cui trovavasi la società alla fine del secolo XVIII: responsabilità incorsa da ciascuno nella misura dell'influenza che avea ricevuta pel bene e che invece avea adoperata pel male. "Tutti quelli che lavoravano per emancipare il popolo dalla sua credenza religiosa; tutti quelli che opposero dei sofismi metafisici alle leggi della proprietà; tutti quelli che dissero: "Battete, purchè noi ne guadagniamo"; tutti quelli che hanno manomesso le leggi fondamentali dello Stato; tutti quelli che hanno consigliato, approvato, favorito le misure violenti contro il re, ecc.; tutti costoro han voluto la Rivoluzione e tutti quelli che l'hanno voluta ne furono ben giustamente le vittime, anche secondo le nostre viste limitate".(3)
Anche oggi si può dire: Tutti quelli che lasciarono introdurre la scuola senza Dio; tutti quelli che dissero coi loro voti: Colpite le Congregazioni, purchè noi non siamo disturbati nei nostri beni e nei nostri piaceri; tutti quelli che, in un modo o nell'altro, condussero la Francia ad avere un Parlamento in cui si possano far udire le grida di odio alla religione che più sopra abbiam riprodotte, tutti costoro hanno voluto lo stato di umiliazione e sofferenza in cui versa il nostro paese, e la sorte ancor più crudele che lo minaccia.
Charles Benoist

Sembra che Combes ne abbia avuto un presentimento. Nell'adunanza del 15 gennaio 1904, Charles Benoist avea detto ai ministri: "Voi non siete il governo; voi non siete che un falso governo". Poi, additando il lato ove siedono i framassoni: "Il vero governo è là". Combes rispose: "Si ha sempre il governo che si merita". In altri termini: Se voi Francesi, siete sotto il giogo della framassoneria gli è perchè avete chiamato sopra di voi questa umiliante tirannia coi vostri errori e coi delitti commessi contro Dio e la sua Chiesa.
Sicuramente, in queste vendette divine molti innocenti sono spariti insieme coi colpevoli; ma son meno numerosi di quello che si potrebbe credere. D'altronde, in ogni espropriazione, sono necessarie delle vittime pure: è una legge. Le ostie più sante sono le più atte a soddisfare per i loro fratelli. Nel medesimo tempo che redimono, hanno per se stesse il merito del sacrificio e come ricompensa di questo merito partecipano alla gloria che gode in Cielo la divina Vittima del Calvario.
Se la Rivoluzione, nella sua prima fase, ebbe il carattere di castigo, castigo terribile che si estese in tutta l'Europa e la inondò di sangue, gli è ben a temere che, nella sua ultima fase, quella in cui ci troviamo, non abbia a compiere il medesimo ministero di giustizia.
Quanti nuovi delitti pubblici, sociali, sono stati commessi dall'89 in poi!
Ed innanzi tutto l'abolizione della dignità reale.
Può recar meraviglia se, dopo aver detto che Luigi XVI fu una vittima d'espiazione voluta da Dio, dicessimo qui che i Francesi che la compirono o la lasciarono compiere, commisero un delitto? Ma non fu appunto così sul Calvario? E gli Ebrei non portano sempre la pena del deicidio, benchè il sacrificio di espiazione che empiamente compirono, fosse richiesto dalla divina Giustizia?

Dio voleva una vittima in riparazione del delitto del 1682. Ma se i Francesi uccisero il re, ciò fu per compiere questo stesso delitto, per fondare la sovranità del popolo sulle rovine della sovranità di Dio e del suo mandatario.
In un articolo pubblicato nel Centenario della Rivoluzione nella Revue Catholique des Institutions et du Droit, Lucien Brun disse egregiamente:
"Cent'anni fa, in mezzo ad una popolazione curva sotto il Terrore, il re di Francia, Luigi XVI, era condotto alla morte, scortato da un esercito di sessanta mila uomini. Egli salì con passo fermo i gradini del patibolo, si lasciò legare le mani benefiche e pure, si avanzò verso il popolo e disse: "Io sono innocente di tutti i delitti onde vengo accusato. Io perdono agli autori della mia morte. Prego Dio che il sangue che voi spargete non ricada mai sopra la Francia". Alcuni forsennati gridarono: "Viva la Rivoluzione!" La Rivoluzione, infatti, trionfava. Essa perpetrava il più gran delitto che il mondo abbia commesso dopo il deicidio".
Infatti, gli uomini della Convenzione vollero colpire in Luigi XVI non solo un uomo, non solo un re giusto, ma Cristo medesimo, di cui egli era il ministro, ma la cristianità, di cui era il capo. Quello che volevano abbattere colla sua testa, era la fede di Clodoveo, di Carlomagno e di san Luigi; era il rappresentante più eccelso, dopo il Papa, del diritto divino che si lusingavano di distruggere. Essi volevano "screditare il cattolicismo non meno che la monarchia" in Francia e nella cristianità; volevano, in Luigi XVI, colpire "l'infame", "schiacciare l'infame". Nell'intenzione, il regicidio era, in alcuni uomini, un vero deicidio.
Unito al Vicario di Cristo e per mezzo di lui a Cristo, unto dell'olio santo che la Colomba, messaggera divina, portò dal cielo, il re di Francia, non per se stesso, ma per Colui ch'egli rappresentava, era un altro Cristo, come parla la Scrittura. La Rivoluzione, illuminata da un odio satanico, punto non s'ingannava. Basta, per andarne convinti, ricordare le parole pronunciate alla Convenzione da Robespierre, da Saint-Just e da altri.
Maximilien de Robespierre
Chapot (4) ha ragion di dire:
"Esiste un peccato della Francia, come esiste un peccato del popolo ebreo. Il peccato nazionale del popolo ebreo, è il deicidio; il peccato nazionale della Francia, è il regicidio, è la Rivoluzione e il liberalismo. Mi spiego: Israele volle uccidere Gesù Cristo come Dio, la Francia in rivoluzione ha voluto ucciderlo come re. L'attentato commesso contro Luigi XVI avea il suo contraccolpo diretto contro la persona stessa di Cristo. Non era l'uomo, che la Rivoluzione ha voluto uccidere in Luigi XVI, ma è il principio che il re di Francia rappresentava: or questo principio era la sovranità cristiana. Che vuol dire sovranità cristiana? Vuol dire sovranità temporale dipendente da Cristo, immagine della sovranità di Cristo, soggetta e serva della sovranità di Cristo; è perciò che i re di Francia s'intitolavano i sergenti di Cristo". È in questo pensiero che Giovanna d'Arco, ristabilendo sulla terra la sovranità legittima, avea detto a Carlo VII: "Voi sarete luogotenente del re del cielo che è il re di Francia".
Lamennais ha commentato così il motto della Pulcella:
"Non era all'uomo che si obbediva, ma a Gesù Cristo. Semplice esecutore de' suoi comandamenti, il sovrano regnava in suo nome; consacrato come lui, finchè usava la potenza per mantenere l'ordine stabilito dal Salvatore-Re, senza autorità dal momento che la violava. Così la giustizia e la libertà costituivano il fondamento della società cristiana; la sommissione del popolo al Principe avea per condizione la sommissione del Principe a Dio e alla sua Legge, carta eterna dei diritti e dei doveri, contro la quale veniva a spezzarsi ogni volontà arbitraria e disordinata".(5)
Luigi XIV di Francia.

Senza dubbio, la Dichiarazione del 1682 era venuta, contrariamente, a porre il principio della secolarizzazione del governo dei popoli cristiani. Ma dodici anni dopo che fu formulata, il 14 settembre 1693, Luigi XIV avea scritto al papa Innocenzo XII: "Io sono ben lieto di far sapere a Vostra Santità che ho dato gli ordini necessari affinchè le cose contenute nel mio editto del 22 marzo 1682, spettante alla dichiarazione fatta dal clero di Francia, a cui le congiunture passate m'aveano obbligato, non siano osservate". E non contento che il Santo Padre fosse informato de' suoi sentimenti a questo riguardo, avea espresso il desiderio che tutti conoscessero la sua profonda venerazione pel Capo della Chiesa. L'errore era dunque ritrattato e la colpa riparata.
L'uno e l'altra si rinnovarono e aggravarono oltre ogni limite per mezzo della nazione, il giorno in cui fu scritto e votato quest'articolo della dichiarazione dei Diritti dell'Uomo: "Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione; nessun corpo, nessun individuo può esercitare autorità che non derivi espressamente da essa".
Questo non si è mai ritrattato, questo è sempre in vigore, e cotesta è la prima causa di ciò che ora soffriamo. "La Rivoluzione, disse ancora Chapot,(6) volle distruggere il principio stesso dell'autorità cristiana nello Stato. Essa volle incominciare la secolarizzazione o meglio l'apostasia di tutto l'ordine sociale e divino. Essa volle strappare all'Impero di Gesù Cristo le vecchie nazioni cristiane, di cui la Francia era la testa".
Ecco il peccato della Francia, causa prima e radicale di tutte le catastrofi che abbiamo subite.
La secolarizzazione si è proseguita d'allora in poi, niente rispettando, tutto emancipando dalla tutela paterna di Cristo e dalla tutela materna della Chiesa. Questo giogo sì onorifico e dolce, lo si presentò come umiliante e opprimente. Al giorno d'oggi è rigettato completamente. Ma, oggi come ieri, l'errore e il delitto chiamano il castigo. Noi non lo eviteremo come non l'evitarono i padri nostri.
A questo primo attentato se ne aggiunse un altro ancora maggiore: preparato durante il XIX secolo, esso fu perpetrato, sono già 35 anni, sotto la sovranità pontificale. Shakespeare disse: "Un delitto fa sparire la maestà regale? Nel luogo ch'essa occupava, si forma un abisso spaventevole e tutto ciò che gli sta intorno vi precipita dentro". Ben lo si vide in Francia. Nel momento in cui la sovranità reale veniva decapitata, de Maistre diceva: "Ogni goccia di sangue di Luigi XVI ne costerà torrenti alla Francia. Quattro milioni di Francesi, forse, pagarono colle loro teste il gran misfatto nazionale d'una insurrezione antireligiosa e antisociale coronata con un regicidio". Gli avvenimenti hanno pur troppo confermato la lugubre previsione.(7)
Quale sarà per l'Europa il castigo del delitto commesso contro la maestà più sacra di tutte, contro la sovranità, madre e tutrice di tutte le altre?

Otto von Bismarck.

Già, dal seno della Prussia, che fu giustamente chiamata "il peccato dell'Europa", si è levato un altro flagello di Dio; il secondo che ha conosciuto il nostro tempo. Bismarck ha da prima battuta l'Austria, la quale, come Potenza cattolica, avea il dovere di difendere la Santa Sede; poi ha dato colpi più terribili alla Francia più colpevole, perchè la sua missione era più speciale, e perchè era dessa che, operando all'opposto della sua vocazione, avea messo il Piemonte sulla via che doveva condurlo a Roma.
Il castigo è venuto; ma gli occhi non si sono aperti, il delitto non è stato riparato, il diritto da cui dipendono tutti i diritti non è stato ristabilito, e scomparendo il diritto, la forza dovette prendere il suo posto, una forza che il mondo non vide mai l'eguale. Quando Bismarck disse: La forza schiaccia il diritto, non espresse un'opinione, egli constatò un fatto. Dappoichè il diritto pontificio,
chiave di volta dell'ordine europeo, è stato soppresso, l'Europa intera è divenuta un esercito accampato, perchè non havvi più un sol popolo che possa assicurarsi che i suoi diritti sieno rispettati, chè anzi la sua stessa esistenza è minacciata. Perciò, non potendo più far calcolo che sulla forza per difendersi, tutti si sono armati sino ai denti. L'effettivo di guerra, per le cinque grandi potenze continentali, si eleva a quasi venti milioni d'uomini, de' quali cinque iscritti nell'esercito di prima linea;(8) e questi uomini hanno in mano gli strumenti di sterminio i più potenti che il genio umano abbia potuto inventare, combinando tante forze naturali e sì terribili che la scienza di mano in mano discopre e mette a loro disposizione. In queste condizioni, non havvi un giorno in cui si possa esser sicuri che una scintilla non metta fuoco alle polveri, e che domani non iscoppi la guerra; ed è ammesso che, scoppiata che sia, tutte le nazioni d'Europa, forse quelle dell'Asia e del Nuovo Mondo, saranno trascinate intorno all'uno o all'altro dei belligeranti, in modo da formare due campi dove, giusta la frase di Bismarck, la vita stessa dei popoli sarà messa in giuoco.
Qui viene a proposito l'osservazione già fatta. L'Europa intera ha cospirato contro la sovranità pontificale, egli è giusto che l'Europa intera sia involta nella prossima conflagrazione. E in ogni nazione, è colpa più o meno di tutti, se il governo ha potuto in suo nome commettere il delitto. I Parlamenti hanno lasciato fare, la stampa applaudì Vittorio Emanuele dopo avere spinto Napoleone, e l'opinione pubblica s'è mostrata indifferente, là dove non era apertamente favorevole all'opera empia che la setta volea compiere.
Quali nuovi motivi di timore non abbiamo di veder sorgere altri Bismarck, altri Bonaparte, altri Robespierre, altri esecutori delle divine giustizie?
Havvi, nella maggior parte delle famiglie, la violazione continua, ostinata, delle sante leggi del matrimonio, violazione che, dopo il Diluvio, fu sempre lavata nel sangue.
Havvi l'attentato della borghesia regnante contro l'anima del popolo. Quali mezzi non furono usati ai giorni nostri per ispegnere la fede nelle anime e per loro togliere Iddio? E qual delitto può avere, anche senza l'intervento di Dio, conseguenze più funeste?
Francois Pierre Guillaume Guizot.

Già, nel 1834, Guizot dava questo avvertimento:
"È possibile immaginare che cosa diverrebbe l'uomo, gli uomini, l'anima umana e le società umane, se la religione fosse effettivamente abolita, se la fede religiosa sparisse realmente? Io non voglio abbandonarmi a lamenti morali ed a presentimenti sinistri; ma non esito un istante ad affermare che non havvi immaginazione che possa rappresentare a se stessa con sufficiente verità quello che avverrebbe in noi e intorno a noi, se il luogo che occupano le credenze cristiane si trovasse tutto ad un tratto vuoto e distrutto il loro impero. Nessuno saprebbe dire in qual grado di abbiezione e di disordine piomberebbe l'umanità".
Più recentemente, Georges Bois, nella prefazione del suo libro: Maçonnerie nouvelle du Grand- Orient de France (2a ed.), disse: "Noi abbiamo la prova autentica, ufficiale, evidente, superiore ad ogni negativa d'un pericolo della patria, d'una rivoluzione vicinissima, già organizzata, che sorpasserà nell'orrore le giornate di cui conserviamo la più sinistra rimembranza. Oggi tutta la massoneria, fin dal primo grado, mira ad un solo segno: la distruzione del cristianesimo. La Rivoluzione farà sparire uomini e cose, tutto che è cristiano, dovesse pur inondare di sangue la Francia e le nazioni cristiane cadute in potere dell'organizzazione massonica ... Non inganniamoci ed abbiamo il coraggio di arrenderci all'evidenza! Le assemblee politiche del Grand'Oriente preparano un secondo novantatre che sarà più orrido, più sanguinoso del primo, che sarà per giunta disonorato nella sola maniera che possa esserlo, cioè colla debolezza delle vittime, avvisate da lungo tempo e che avran timore di difendersi".(9)

Vi ha di quelli che si rassicurano perchè la società non è stata mai, come oggi, in grado di difendersi. Giammai legislazione più completa ha offerto al Potere mezzi maggiori per tenere in freno le volontà perverse; giammai esercito più numeroso e meglio mobilizzato fu a' suoi ordini; il telegrafo trasmette istantaneamente le sue chiamate e la ferrovia conduce tosto la forza là dov'è il bisogno. Sì. Ma che può la forza materiale contro un'idea che travaglia tutte le menti, contro una passione che esalta tutti i cuori, anche le menti e i cuori di coloro che ordinano la repressione e di coloro che son chiamati ad eseguirla?
Altra volta, la società aveva contro l'anarchia ben altri ripari che non volontà più o meno ferme, ed obbedienze più o meno vacillanti: essa aveva la sua gerarchia la quale, in tutti i punti dell'edificio sociale, opponeva la resistenza delle autorità secolari alla spinta degli egoismi; aveva l'unità di dottrina che deponeva nelle anime una verità sovrana riconosciuta da tutti, che s'imponeva a tutti, d'onde derivavano dei doveri, l'obbligazione dei quali era da tutti accettata, e che sosteneva le menti ed i cuori più sicuramente di quello che la gerarchia non sostenesse le braccia.
Al giorno d'oggi, la negazione politica e sociale di Dio trascina dietro di sè tutte le verità e tutte le virtù, tutti i doveri e tutti i diritti: Dio scomparso, l'essere morale più non esiste. E allora, quale sarà lo scatenamento degl'istinti della bestia, d'una bestia intelligente, che porrà il suo ingegno a servizio de' suoi appetiti!". Se le classi popolari si scuotono prima che il cristianesimo sia stato ricostruito negli spiriti, diceva de Tocqueville, l'Europa vedrà lotte spaventevoli, quali non si videro mai in nessun tempo". E B. de Saint-Bonnet: "Dalla fondazione del cristianesimo in poi, non si scorge cataclisma simile a quello che ci minaccia".
 
 
Note :

(1) Œuvres completes de J. de Maistre, t. IX, p. 60.
(2) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, p. 8.
(3) Œuvres complètes de J. de Maistre, t. I, p. 8.
(4) Revue Catholique des Institutions et du Droit, settembre 1904, p. 212-213.
(5) Du progrès de la Révolution, p. 5.
(6) Revue Catholique des Institutions et du Droit, settembre 1904, p. 212-213.
(7) Secondo uno statista tedesco, Haussener, "il numero totale degli uomini morti in Europa nelle guerre dal 1792 al 1815, è stato di 3.530.000. Il che dà pei 23 anni una media di 240.434 uomini per anno". V. Le Monde, 28 luglio 1866.
(8) Taine, dopo aver trattato della ripartizione e della riscossione delle imposte sotto Napoleone, parla dell'"imposta colla quale lo Stato prende tutto l'uomo, corpo ed anima, e negli anni migliori della sua vita: il servizio militare". Egli disse: "È la Rivoluzione che l'ha reso sì pesante; prima era leggero: poichè in principio era volontario". Nel 1789, il giorno in cui scoppiò la Rivoluzione era arrolata per forza la sola milizia; essa comprendeva in tutto 75.260 uomini. Accanto a questa milizia, tutta l'armata propriamente detta,
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tutte le truppe regolari, erano, sotto l'antico regime, reclutate liberamente. Oggi, invece di 75.000, sono 500.000, ed il giorno in cui scoppiasse la guerra ve ne saranno 4.000.000 i quali, per forza, dovranno lasciare padre, madre, moglie e figli, abbandonandoli per la maggior parte senza pane e senza mezzi di procurarsene. Come ben dice Taine, è la Rivoluzione che fece questo. Man mano che gli uomini si sono allontanati da Dio e dalle sue leggi, si son trovati nella più urgente necessità di far ricorso alla forza per mantenere la pace fra i cittadini e per difendersi contro le possibili cupidigie dei loro vicini.
(9) Paolo Lafargue ha avuto cura di dirci quello che sarà la nuova Comune: "L'ora d'una rivoluzione sociale non era suonata il 18 marzo 1871. " ... l'internazionale cominciava appena la sua azione nel mondo; la sua rappresentanza parigina era la più reazionaria; essa componevasi di Proudhoniens e di Mutuellistes; i quali, nei Congressi internazionali, si fecero difensori dei principi eterni e della proprietà privata; si contavano appena alcuni comunisti come Varlin e Malose ... "Una rivoluzione non s'improvvisa in un giorno di battaglia: le rivoluzioni del 1830, del 1848 e del 1870 non sono che crisi parlamentari più o meno drammatiche, essendo il potere rimasto sempre tra le mani della classe borghese, mentre che nel 1789, che fu una vera rivoluzione sociale, fu preparata da un mezzo secolo di ardente propaganda. "L'avvenire tiene in riserva altre rivoluzioni. "Da venticinque anni, un'intensa propaganda socialista scuote il paese, che forma dei capi rivoluzionari e prepara la nazione ai disegni più estremi dei socialisti. "Esistono, nelle città e nelle campagne, gruppi di socialisti che, dietro una parola d'ordine venuta da Parigi, formeranno la rivoluzione nelle città e nei villagi, come i contadini del 1789, i quali, superando i borghesi rivoluzionari di Parigi, cominciarono la vera rivoluzione contro la nobiltà, bruciandone i castelli e i titoli feudali. "Gli operai delle vie ferrate, delle fabbriche, delle fonderie e i coltivatori delle grandi proprietà scaccieranno i capitalisti e i loro valletti, dichiareranno proprietà nazionali le loro terre e le loro officine e dimanderanno al governo rivoluzionario dei capitolati d'appalto, stipulando le condizioni dell'uso di questi grandi strumenti di produzione, che saranno la proprietà di tutti. "Dal 18 marzo 1871, la produzione capitalista marcia a passi di gigante; essa crea il modello economico nel quale si fonderà la futura società comunista, essa fabbrica gli uomini che dirigeranno ed eseguiranno il lavoro della società comunista. "Tutto è pronto, uomini e cose, per una rivoluzione sociale: noi festeggeremo presto un prossimo 18 marzo trionfante".