giovedì 14 agosto 2014

L'anti-arte in William Congdon

Crocefisso-2-1960
 
Nell’ottica di sfida alla corruzione della modernità che Radio Spada persegue, è sembrato opportuno, accanto al pensiero e alla battaglia politica, affiancare questo piccolo spazio di riflessione culturale in ambito artistico. Se è vero quello che dice il critico W. Pinder, cioè che «la storia dell’arte serve alla conoscenza dell’uomo», sia questa dunque l’occasione per un viaggio interiore alla scoperta dell’arte moderna, di una realtà decisamente sottosopra, di un mondo che purtroppo abbiamo fatto nostro già da molto tempo. Qui la prima scheda: http://radiospada.org/2014/08/radio-arte-storia-di-due-non-artisti-mark-rothko-e-francis-bacon/
 
William Congdon (1912-1998) Pittore americano, è uno dei più singolari autori nel panorama della pittura contemporanea. Dopo una solida formazione artistica, parte al seguito dell’esercito americano, dove s’imbatterà nell’orrore della seconda guerra mondiale. Al suo ritorno negli USA inizia una seria e sincera ricerca intorno al tema del male nella storia che si concretizzerà con le prime mostre al seguito degli “Action painters” come Pollock, Rothko e De Kooning. 
Trasferitosi a New York, Congdon rimane contrariato dalla rampante società consumistica americana, priva di solidi valori e ottusamente incapace di riflettere seriamente sul senso dell’esistenza. Inizia così un lungo periodo di viaggi (in Africa e in Europa) che porterà il pittore ad una ricerca intensa di quelle radici che l’America sembrava aver definitivamente reciso. Dopo lungo peregrinare, l’incontro con Assisi nel 1959 porterà il pittore ad una vera e propria folgorazione che culminerà, nel medesimo anno, con la conversione al cattolicesimo. Inizia così una produzione pittorica legata ai misteri della fede cristiana, ma soprattutto inizia una meditazione, quasi ossessiva, sul Crocifisso di cui realizza più di 150 tele. Amato e stimato in molti ambienti modernisti (celebre è la foto che lo ritrae insieme a Paolo VI in occasione della donazione al Vaticano di una sua tela) ora la parte più cospicua della sua produzione appartiene alla Fondazione "The William G. Congdon Foundation", 
che si riconosce nel compito di promuovere l'eredità culturale, artistica e 
spirituale dell' artista. Pur ammirando il carisma e la devozione di un artista sinceramente teso alla ricerca della Verità, tuttavia molte riserve posso essere nutrire intorno alla sua produzione. L’arte di Congdon infatti tenta di fondere l’esperienze artistiche giovanili dell’espressionismo astratto con la raffigurazione dei grandi misteri della Fede. Cerca di unire la profana rivoluzione moderna con i capisaldi della Fede e il risultato non può che essere pericoloso e fuorviante. Accanto a temi laici (in queste pagine si offre l’esempio di Veduta del porto, 1955, ma molto famose rimangono le raffigurazioni di Piazza S. Marco a Venezia) è la raffigurazione dei temi sacri, come già menzionato, che impegna maggiormente l’americano. In Madonna del presepe (1960) si può vedere perfettamente il risultato di questa forzata unione tra avanguardie e arte sacra: l’immagine è deformata, essenziale e confusa e anche se Congdon non rinuncerà mai totalmente alla forma, pare qui trovare solo un sottile alone sacrale che anche la bellezza dei colori non riesce comunque ad evocare. Ancora più rappresentative in questo senso paiono essere i suoi Crocifissi, agili e sintetiche pennellate che per nulla restituiscono la solennità e il dolore dell’episodio centrale del cristianesimo. Più che il precedente esempio, in questi casi la deformazione della figura è accentuata e il significato sacro si stempera totalmente. Come può un immagine siffatta raggiungere i cuori dei devoti fedeli che meditano sulla sofferenza di Nostro Signore? Dell’argomento incarnazione di Cristo e forma nell’arte abbiamo già trattato nel precedente numero, in conclusione allora sentiamo sull’argomento l’opinione del Cardinale Celso Costantini in un suo articolo dedicato alla nuova eresia dell’arte sacra, pubblicato su “Vita e pensiero” nel 1956. Dopo aver attaccato l’astrattismo nell’arte sacra, che disorienta i fedeli (discorso parzialmente sovrapponibile al lavoro di Congdon) continua: “quando si dà la testa di gorilla al Crocifisso, si nega la sua divinità e si ripete la bestemmia di Sirmio. Quando si degrada la rappresentazione della Vergine con immagini deformi e ripugnanti, quando si raffigurano i santi con teste di scimuniti o di degenerati, si nega non solo il carattere venerabile di questi soggetti, ma si insulta il culto cattolico esattamente come si fa con la bestemmia. […] Noi intendiamo di illuminare gli artisti di buona fede; ma per gli altri siamo costretti ad impugnare i flagelli con cui Cristo scacciò i mercanti dal tempio”.
 
Luca Fumagalli - http://radiospada.org/ 
 
congdon