Da Enciclopedia Cattolica: «HUMANI GENERIS» è un’Enciclica di Papa Pio XII, del mese di agosto 1950, riguardante alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica[1].
Questo insigne documento spontaneamente richiama il Modernismo, che affonda le sue radici nel divorzio tra ragione e fede, nato al tempo dell’umanesimo e maturato attraverso l’illuminismo, l’enciclopedismo e il criticismo kantiano, da cui scaturì il liberalismo, il marxismo e il razionalismo. Verso la fine dell’Ottocento si acuì il contrasto e si prospettò il problema di una conciliazione.
Il Concilio Vaticano[2] tracciò la via di una giusta soluzione: dal divino all’umano attraverso la Chiesa. Il Modernismo invece volle andare dall’umano al divino senza la Chiesa. E fu la rovina. La storica Enciclica Pascendi Dominici gregis[3] stroncò la crisi, liberando il pensiero cristiano dal grave pericolo. Ma in questi ultimi anni (lo scritto è del 1950) si son visti affiorare qua e là, nel vasto campo della cultura sacra, motivi, atteggiamenti e tendenze, che hanno una evidente affinità con la crisi modernistica e costituiscono un nuovo disagio e un nuovo pericolo.
Papa Pio XII ha avuto la sensazione pronta e precisa del pericolo e, nella Enciclica Humani Generis ha diagnosticato il morbo in via di sviluppo ed ha apprestato gli efficaci rimedi, individuando anzitutto le direttive di marcia della cultura moderna nell’evoluzionismo universale, nell’esistenzialismo e nello storicismo, che portano alla negazione o svalutazione dell’assoluto nell’essere e nel pensiero, a beneficio di un contingentismo, di un positivismo e di un relativismo, che rendono impossibile una metafisica e quindi una teologia.
Di fronte a queste correnti minacciose, il Papa non decreta l’isolazionismo della cultura cattolica, anzi esorta gli studiosi a rendersi conto delle nuove dottrine, che pongono problemi nuovi da approfondire [...] ma deplora l’imprudenza di certi cattolici che, smaniosi di aggiornarsi, si abbandonano ad un falso ecumenismo[4] compromettendo l’integrità della fede e di tutta la dottrina tradizionale della Chiesa.
Segue un’acuta analisi delle morbose tendenze in teologia, in filosofia e nella zona di confine con le scienze positive. Con il pretesto di ritornare alle fonti[5], si disprezza la teologia sistematica con le sue nozioni e la sua terminologia tecnica e si preferisce il linguaggio più semplice e più elastico dei Padri; si trascura il saldo complesso dottrinale definito dalla Chiesa nel corso dei secoli e si fa appello alla Sacra Scrittura, interpretandola per via di arbitrario simbolismo[6], come se Gesù Cristo non avesse costituito la Chiesa unica depositaria e interprete della parola di Dio. In tal modo si svalutano le formule dogmatiche[7], riducendone il contenuto a un minimo che può adattarsi a qualunque sistema filosofico o religioso. Relativismo dogmatico, che ha cominciato già a dare i primi frutti velenosi[8].
Più audace ancora è l’attacco alla filosofia scolastica, che, secondo i Novatori (o Modernisti), non risponde più alle esigenze del pensiero moderno impaziente di metafisica rigida e di schemi fissi, nemico della verità immutabile e tutto proteso sul flusso della vita in divenire. Svalutazione della ragione e dei principi supremi, della teodicea (giustizia di Dio, dal greco theos e dike) e dell’etica, opzione fideistica della verità per via di volontà e di sentimento, connubio dei sistemi più opposti nello sforzo di esprimere una verità inafferrabile. Tale la filosofia vitale che si vorrebbe sostituire alla filosofia scolastica[9].
Finalmente l’Enciclica deplora l’incauta tendenza ad accogliere ipotesi scientifiche e opinioni di critica storica come conclusioni dimostrate, anche se sono in antitesi con il dogma e con i dati della Rivelazione, come, per esempio, il poligenismo[10] suggerito dalla teoria evoluzionistica, e inconciliabile con il dogma del peccato originale, e l’interpretazione allegorica e mitologica dei primi capitoli del Genesi.
Contro questi e altri errori, più o meno larvati, della filosofia e teologia nuova, il Papa pronunzia la sua parola di riprovazione […] egli esorta al progresso degli studi in teologia, in filosofia e nelle scienze, purché il progresso (delle scienze) non faccia del valore della verità una questione cronologica e non consideri la funzione normativa del Magistero della Chiesa come un impedimento[11]. […] Il valore storico e dottrinale di questa Enciclica sta nell’arginare il dinamismo evoluzionistico che minaccia di travolgere ragione e fede insieme, e nel riaffermare la certezza e la fiducia nel valore dell’essere, del pensiero e della vita, termini dell’azione creatrice e motrice di Dio.
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Fonte usata e trascritta: Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, coll. 1502 e 1503, di Pietro Parente; Cf. I. Levie, l’encyclique H. G., in Nouvelle revue théologique, 82 (1950), pp. 785-93; M. Labourdette, Les enseignements de Vencyclique H. G., in Revue thomiste, 50 (1950), pp. 32- 55; M. Flick, L’encicl. H. G. Vero e falso progresso del pensiero cattolico, in Civ. Catt., 1950, III, pp. 577-90 ; C. Boyer, Les lecons de l’encycl. H. G., in Gregorianum, 21 (1950), pp. 526-40; F. Asensio, La enciclica H. G. y la Escritura, ibid., pp. 540-61; P. Parente, Il significato storico e dottrinale dell’encicl. H. G., Roma 1951. Si veda anche il commento della Theologisch-praktische Quartalschrift, 99 (1951), PP. 75-77» e delle principali al¬tre riviste cattoliche. Note (aggiunte) a cura mia (CdP Ricciotti).
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Riferisce il «Dizionario del pensiero cristiano alternativo», Douglas Swainne, 2011, v. Lubac, Henri de (1896-1991) e la «Nouvelle Théologie»: « Il punto più basso il movimento (Modernista o della Nouvelle Théologie, NdR) lo toccò con la condanna comminata dall’Enciclica Humani generis di Papa Pio XII (1939-1958) il 12 agosto 1950, ma il suo riscatto avvenne durante il Concilio Vaticano Secondo (1962-1965), dove il peso dei teologi della Nouvelle Théologie fu decisivo».
Secondo numerosi teologi e pensatori moderni, detti “fallibilisti”, i quali si scagliano (apertamente o dietro raggiri di parole) contro la dottrina della Chiesa, le definizioni (solenni, straordinarie, ordinarie ed universali - dipende dai soggetti in causa) dei Romani Pontefici sarebbero non vincolanti, sarebbero dunque interpretabili secondo arbitrio, pertanto sarebbero dei “vuoti consigli” non assistiti da Dio nella conduzione delle anime. Secondo alcuni, addirittura, i Pontefici del secolo XX non avrebbero mai (o quasi mai) usato la promessa infallibilità nelle loro definizioni in materia di fede e costume. Contro la Humani generis, come si evince chiaramente, i moderni “fallibilisti” (ovvero i Modernisti) pretendono di avere in “ostaggio” il Magistero della Chiesa “violentandolo” secondo i propri “pruriti” (2Tm. 4,3), decidendo sulle sorti di esso e della Chiesa stessa (quindi delle anime), soprattutto sulla base di presunte quanto inesistenti motivazioni di carattere pastorale [sposando, p. es., le tendenze ermeneutiche (es. ratzingeriane o gherardiniane), già esplicitamente condannate dalla Chiesa con la «Auctorem Fidei» ed altri documenti][12].
Contro i Modernisti “fallibilisti”, spiego in Apologia del Papato[13] (p. 35 ss., nota 61 ss.):
1) Oltre all’inoppugnabilità (indiscutibilità) delle decisioni del Pontefice (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 3074) che si manifestano come esposto nelle note successive, si deve filiale assenso anche ai Documenti dottrinali presentati non come infallibili, dove essi non trattano esplicitamente di una materia già infallibile per altre decisioni (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 2922, 3407 e 3885). Cosa significa? Lo spiega chiaramente Papa Pio XII nella «Humani Generis»: «[…] Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle Encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo. Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, di cui valgono poi le parole: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc 10,16); e per lo più, quanto viene proposto e inculcato nelle Encicliche, è già per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica. Se poi i Sommi Pontefici nei loro atti emanano di proposito una sentenza in materia finora controversa, è evidente per tutti che tale questione, secondo l’intenzione e la volontà degli stessi Pontefici, non può più costituire oggetto di libera discussione fra i teologi. […] Le scienze sacre con lo studio delle sacre fonti ringiovaniscono sempre; al contrario, diventa sterile, come sappiamo dall’esperienza, la speculazione che trascura la ricerca del sacro Deposito. […] Dio insieme a queste sacre fonti ha dato alla sua Chiesa il vivo Magistero, anche per illustrare e svolgere quelle verità che sono contenute nel Deposito della fede soltanto oscuramente e come implicitamente. E il divin Redentore non ha mai dato questo Deposito, per l’autentica interpretazione, né ai singoli fedeli, né agli stessi teologi, ma solo al Magistero della Chiesa. Se poi la Chiesa esercita questo suo officio (come nel corso dei secoli è spesso avvenuto) con l’esercizio sia ordinario che straordinario di questo medesimo officio, è evidente che è del tutto falso il metodo con cui si vorrebbe spiegare le cose chiare con quelle oscure; anzi è necessario che tutti seguano l’ordine inverso. Perciò il Nostro Predecessore di imperitura memoria Pio IX, mentre insegnava che è compito nobilissimo della teologia quello di mostrare come una dottrina definita dalla Chiesa è contenuta nelle fonti, non senza grave motivo aggiungeva le seguenti parole: “in quello stesso senso, con cui è stata definita dalla Chiesa”»;
2) «Denzinger», EDB, 2009, n° 3070 ss. e 3116. Si reclama per la Sede di san Pietro l’intatta tutela della fede (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 363, 775, 1064, 1807 ss., 2329, 2923 e 3006). Al Papa, difatti, spetta l’infallibilità ogni qual volta esercita la sua Autorità come maestro di tutti i credenti, ovvero definisce ex cathedra, ovvero prende decisioni circa questioni di fede e costume, come anche l’infallibilità è promessa nel definire tutto ciò (dottrina, interpretazione, legge, culto, ecc…), senza il quale verrebbe compromesso (o non sarebbe presentato in maniera corretta) il Deposito della fede (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° [221 353], 2329 ss., 2539, 2781 3069 ss. e 3074). Il Magistero inoltre (o in aggiunta) si esprime in maniera solenne o straordinaria quando vuole contrastare errori con maggiore effetto o vuole presentare punti dottrinali più chiaramente e distintamente (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 3683). Ciò non significa che nelle definizioni di Magistero ordinario e universale il Pontefice non sia assistito dallo Spirito Santo (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 2879, 2922, 3011 e [3885]). Il Papa, se lo ritiene opportuno, può comunque antecedentemente avvalersi anche del consiglio o delle riflessioni di terzi (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 2020, 2390, 2875-2880, 3020, 3625, 3884 ss.);
3) Il Magistero (solenne, ordinario e universale), piuttosto ed invece, condanna affermazioni che non concordano con la dottrina della fede e della morale ed impone, all’occorrenza, le dovute censure teologiche o in generale o in particolare (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 721-739, 840-844, 891-899, 921-924, 941-946, 951-979, 1028-1049, 1087-1097, 1101-1103, 1110-1116, 1121-1139, 1151-1195, 1201-1230, 1361-1369, 1391-1396, 1411-1419, 1451-1492, 1901-1980, 2001-2006, 2021-2065, 2101-2166, 2170 ss., 2201-2268, 2281-2285, 2290-2292, 2301-2332, 2351-2374, 2400-2502, 2571-2575, 2601-2685, 2791-2793, 3201-3241, 3401-3465, ecc...). Vengono anche condannate quelle affermazioni che contrastano l’autorità dottrinale della Chiesa (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 1477-1480 e 3401-3408);
4) «Denzinger», EDB, 2009, n° 2600-2700. Assolutamente diverso, contro le ermeneutiche contemporanee, è il caso dell’eventuale Decreto dottrinale con involontario doppio senso (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 1407). Spiega difatti Papa Sisto IV, in «Romani Pontificis provida», del 27 novembre 1477, che non si può condannare il «lodevole desiderio», sebbene espresso «ambiguamente», ma solamente quando e se questo «lodevole desiderio» è una «intenzione» - chiara secondo «retta ragione» - che «mira unicamente ad un bene evidente». Esempio: come fa notare anche Papa Pio VI nell’«Auctorem Fidei», il Documento eventualmente ambiguo comunque è salvo, ma da chiarire, se mira al bene comune; se all’incontrario astutamente conduce all’errore (tipo se sovverte una precedente interpretazione già nota o già definita della Sacra Scrittura) va biasimato e la Chiesa ha il dovere di porvi tempestivo rimedio, mediante condanna. Il Pontefice chiaramente descrive dove termina il «salutare pensiero» e dove comincia espressamente «codesta feroce, interminabile congiura», da condannarsi, giammai da confermasi o da giustificarsi «con sfacciata ostinazione»;
5) I Papi ed i Concilii si richiamano esplicitamente all’illuminazione dello Spirito Santo (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 102, 265, 444, 631, 702, 707, 1151°°, 1500 ss., 1600, 1635, 1667, 1726, 1738, 1820 e 1848). Nell’adempiere la loro funzione dottrinale e nell’esporre una dottrina (che è libera da errore), il Papa ed i pastori della Chiesa - quando questi ultimi esercitano il Magistero unitamente al successore di san Pietro - godono dell’assistenza dello Spirito Santo. In seguito spiego gli estremi ed il manifestarsi di questa assistenza, qui rimando al «Denzinger». Si sappia, sin da subito, che la scienza teologica dell’azione correttiva - preciso, se pastorale ordinaria e universale - non può sacrificare l’oggetto materiale della fede, quindi Dio, il Dogma e/o il Deposito della fede. Altrimenti non correggerebbe nulla, ma aggraverebbe solo la situazione. La logica da tenersi sempre a mente è che la Chiesa - né esplicitamente e né implicitamente, né dietro sofismi e né dietro diplomatici raggiri di parole - non può contraddire la Chiesa sulle questioni di fede e costume. Le dottrine rivelate e definite sono un confine invalicabile per qualsivoglia scienza (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 3042), inclusa la pastorale. Sebbene siano esistite alcune decisioni dottrinali contrastanti (appresso ne spiego molte singolarmente, con circostanze e forme usate), la Chiesa stessa vi ha posto il previsto rimedio (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, H3h) o ha spiegato esaustivamente il caso escludendo ogni pertinacia. Nel testo dedico numerosi capitoli alla questione, credo molto esaustivi. Va inoltre aggiunto che si deve obbedire (si deve essere legati con l’obbedienza della fede) e ritenere infallibilmente assistito, tutto quel Magistero solenne oppure ordinario e universale, promulgato in un Concilio ecumenico dai vescovi riuniti come maestri e giudici della fede, secondo le intenzioni espresse (Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 1248-1251). Così Papa Martino V nella Bolla «Inter cunctas» del 22 febbraio 1418: «[…] così pure se lui crede che ciò che il Sacro Concilio […] che rappresenta la Chiesa universale, ha approvato e approva a favore della fede e per la salvezza delle anime, questo deve essere approvato e tenuto per fermo da tutti i fedeli di Cristo: e che ciò che ha condannato e condanna come contrario alla fede e ai buoni costumi, questo deve essere dagli stessi tenuto per fermo, creduto e affermato come condannato»;
6) La Chiesa, oltre ciò che è già stato richiamato nelle note precedenti, esplicitamente condanna anche quelle proposizioni che implicitamente affermano che la Chiesa si sarebbe allontanata dalla fede (ingiuste condanne di articoli, ingiuste scomuniche e presunto oscuramento di verità); Cf. «Denzinger», EDB, 2009, n° 1225, 1480, 2491-2501, 2601, 2612-2614, ecc…
Alcuni moderni “fallibilisti” - spingendosi oltre la retta ragione, la storia ed il buon gusto - arrivano ad ammettere ed insegnare l'insalubre idea di un vero Papa (in atto), veramente eretico, sino a sostenere, essi, che il Papa sarebbe da combattere ed ostacolare nel suo ruolo di Buon Pastore. Verosimilmente, questa ideologia - da rigettare - sembra essere attinta da alcune eresie protestanti, come già faceva notare sant'Alfonso nei testi Verità della Fede, Storia delle eresie ed Evidenza della fede.
Carlo Di Pietro - http://radiospada.org/ (clicca qui)
Note:
[1] AAS, 42 [1950], pp. 561-78. Fonte usata e trascritta: Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, coll. 1502 e 1503, di Pietro Parente; Cf. I. Levie, l’encyclique H. G., in Nouvelle revue théologique, 82 (1950), pp. 785-93; M. Labourdette, Les enseignements de Vencyclique H. G., in Revue thomiste, 50 (1950), pp. 32- 55; M. Flick, L’encicl. H. G. Vero e falso progresso del pensiero cattolico, in Civ. Catt., 1950, III, pp. 577-90 ; C. Boyer, Les lecons de l’encycl. H. G., in Gregorianum, 21 (1950), pp. 526-40; F. Asensio, La enciclica H. G. y la Escritura, ibid., pp. 540-61; P. Parente, Il significato storico e dottrinale dell’encicl. H. G., Roma 1951. Si veda anche il commento della Theologisch-praktische Quartalschrift, 99 (1951), PP. 75-77» e delle principali altre riviste cattoliche.
[2] Il Concilio Vaticano è stato il ventesimo Concilio ecumenico, ovvero una riunione (almeno morale) di tutti i vescovi cattolici del mondo, per discutere di argomenti riguardanti la vita della Chiesa cattolica. L’apertura del Concilio Vaticano fu indetta ufficialmente da papa Pio IX nel giugno 1868, ma le sessioni furono interrotte due anni dopo, nel luglio 1870, a causa della minaccia delle truppe massoniche in movimento verso Roma. Si tenne nella Basilica di san Pietro in Vaticano a Roma. Nel corso dei lavori si sancirono: il dogma dell’infallibilità del Magistero del Papa in materia di fede e di morale, il Primato; ed il dogma della conoscenza di Dio con la sola ragione: «La santa Chiesa, nostra madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create» [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3004; cf 3026]. Il Concilio Vaticano non è mai stato chiuso. Nel 1963 è stato, invece, indetto e portato a conclusione (1965) il “Conciliabolo” Vaticano II che ha voluto segnare il trionfo del Modernismo contro la Fede cattolica, «nelle viscere» della Chiesa (cf. Pascendi, san Pio X). I Modernisti, tuttavia, non riuscirono totalmente nel loro intento poiché numerosi Vescovi rigettarono i Documenti promulgati dal “Conciliabolo” Vaticano II e, con essi, anche l’Autorità che li promulgò e li impose all’osservanza della Chiesa universale. Almeno dal 7 dicembre 1965, data di promulgazione della Dignitatis Humanae (approvata con 2308 voti favorevoli e 70 contrari), la Sede è considerata vacante da parte di alcuni Vescovi cattolici. Maggiori info: http://radiospada.org/2013/08/sulla-liberta-religiosa-e-sulla-dignitatis-humanae/ - http://radiospada.org/2014/06/chi-e-papa-e-chi-non-e-papa-da-apologia-del-papato-di-carlo-di-pietro/
[3] L’Enciclica Pascendi Dominici gregis venne scritta da papa san Pio X e pubblicata l’8 settembre del 1907. In questa Enciclica la Chiesa cattolica con Papa san Pio X si ergeva contro il movimento culturale Modernista che in quegli anni, attraverso vari autori tra cui Alfred Loisy, tentava di conciliare filosofia moderna e fede.
[5] «I Pontefici infatti - essi (i teologi Modernisti, N.d.R.) vanno dicendo - non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero. Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse. Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle Encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro Magistero Supremo. Infatti questi insegnamenti sono del Magistero ordinario, di cui valgono poi le parole: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Luc. X, 16); e per lo più, quanto viene proposto e inculcato nelle Encicliche, è già per altre ragioni patrimonio della dottrina cattolica. Se poi i Sommi Pontefici nei loro atti emanano di proposito una sentenza in materia finora controversa, è evidente per tutti che tale questione, secondo l’intenzione e la volontà degli stessi Pontefici, non può più costituire oggetto di libera discussione fra i teologi».
[7] «Il Pontefice Romano, quando parla “ex Cathedra” e cioè quando esercitando la funzione di supremo Pastore di tutti i cristiani per sua suprema autorità definisce qualche dottrina intorno alla fede o ai costumi da tenersi da tutta la Chiesa, per l’assistenza divina a Lui promessa nel Beato Pietro è dotato di quella infallibilità di cui il Divin Redentore volle insignita la sua Chiesa: perciò tali definizioni del Romano Pontefice, per se stesse e non per il consenso della Chiesa, sono irreformabili […] la definizione ex cathedra non deve essere immaginata cinematograficamente, come se fosse emanata solo pomposamente e scritta solo su lastra d’oro. Al contrario, l’infallibilità si manifesta genuinamente ed ogni qual volta: 1) Il Papa parla come Pastore e Dottore di tutti i cristiani; 2) Parla a tutta la Chiesa; 3) Parla di una dottrina che riguarda la fede o i costumi; 4) Intende definire.» (Cf. Apologia del Papato, C. Di Pietro, EffediEffe 2014, pp. 40 e 43).
[8] Riferisce l’Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, qui usata come fonte principale, nell’anno 1950.
[9] Nell’Enciclica «Studiorum Ducem» di Papa Pio XI, il Pontefice vuole che le cose stabilite dai suoi predecessori Leone XIII e san Pio X e da egli stesso comandate nel 1922 su san Tommaso d’Aquino e sulla «scolastica»: «[...] siano attentamente e inviolabilmente osservate specialmente da coloro che nelle scuole del clero insegnano le materie superiori. Essi tengano presente che soddisferanno bene ai loro doveri e compiranno i Nostri voti se, cominciando ad amare il Dottore d’Aquino e rendendo a sé familiari i suoi scritti, comunicheranno agli alunni della propria disciplina questo ardente amore, facendosi interpreti del suo pensiero, e li renderanno capaci di eccitare negli altri un eguale ardore [...]». Papa Pio XI si riferisce alla sua «Officiorum omnium» dell’1 agosto 1922, alla lettera Enciclica «Æterni Patris» (già citata) di Papa Leone XIII ed al Motu proprio «Doctoris Angelici» di Papa san Pio X; senza lo studio della scolastica e della «Summa Theologiæ» nelle facoltà teologiche, san Pio X impone ed infligge una pena: «l’invalidità dei gradi accademici» (Cf. Apologia del Papato, C. Di Pietro, EffediEffe 2014, pp. 251 e 252, note 495, 496 e 497; cf. Enciclica di Papa Pio XI del 29 giugno 1923, «Denzinger», n° 3665-3667; «Officiorum omnium» del 1 agosto 1922, «Denzinger», EDB, 2009, v. da 3601 a seguire, tutti i vari Documenti; con la «Doctoris Angelici», 29 giugno del 1914, san Pio X impone come testo scolastico la «Summa Theologiæ» di san Tommaso d’Aquino alle facoltà teologiche, sotto pena d’invalidarne i gradi accademici, «Denzinger», EDB, 2009, pp. 1252 ss. - in Apologia del Papato).
[11] Contro questa verità si scagliano, oggigiorno, soprattutto i cosiddetti teologi e pensatori “fallibilisti”, i quali ritengono che il Magistero ordinario ed universale della Chiesa NON sia assistito nelle definizioni sulle verità da credersi (fede e costume), pertanto si sentono liberi di riconoscerlo e/o di interpretarlo secondo il loro proprio libero arbitrio, superando l’Autorità della Chiesa de facto, ritenendolo un impedimento al loro libero pensare ed agire.
[12] V. http://it.wikipedia.org/wiki/Teologia_pastorale, Storia e problematiche