venerdì 7 agosto 2015

Si delinea la nuova guerra mondiale Usa

maurizio_blondet

Fonte: http://radiospada.org/

Gli eventi sembrano precipitare. L’aggressione si svolge sui vari fronti aperti dall’Impero del Caos. Vediamoli

Fronte della Siria

Come si sa, Barak Obama ha autorizzato una forte escalation dei bombardamenti in Siria. La scusa è difendere le formazioni di ribelli addestrate dal Pentagono contro DAESH, e di fatto debellate dai terroristi cattivi. Il numero dei ribelli “buoni” (una sessantina) da difendere con bombardamenti aerei rende trasparente come la scusa sia risibile. Il punto è che gli Usa vogliono abbattere il regime di Assad, come erano pronti a fare nel 2013 e sono stati impediti di fare.
Nei giorni seguenti, qualche fonte ventilava un piano occidentale che sembrava poco credibile: mettere “scarponi sul terreno”, per creare zone “liberate” interne alla Siria, dove i terroristi moderati possano instaurare il loro regime al riparo sia da DAESH, sia dall’aviazione siriana. Soprattutto da questa. Poiché le forze armate Usa ed occidentali hanno sempre evitato di impegnare truppe di terra loro proprie in simili teatri (o piuttosto pantani), la cosa pareva fantasiosa.

SAS mascherati da jihadisti operano in Siria

Questa notizia assume tutta la sua gravità se collegata ad un’altra, apparsa il 2 agosto sul britannico Sunday Express: “La SAS si traveste da combattenti dello Stato Islamico nella guerra segreta contro i jihadisti”.
Il giornale ci racconta che “più di 120 membri del reggimento di elite si trovano attualmente nel paese sconvolto dalla guerra, segretamente travestiti in nero e sventolando le bandiere dello Stato Islamico”.
http://www.express.co.uk/news/uk/595439/SAS-ISIS-fighter-Jihadis
Non ci vuol molto a capire che questi commando non servono a “combattere il califfato”, ma sono i puntatori, quelli che sul terreno hanno il compito di “illuminare” i bersagli da colpire, che poi gli aerei (in parte, droni in partenza dalla base turco-americana di Incirlik) colpiscono con bombe a guida laser. Sono stati mandati ad aiutare i jihadisti a rovesciare Assad. Il Sunday Express precisa che questi SAS mascherati da DAESH sono “sostenuti da oltre 250 specialisti che forniscono il sostegno delle comunicazioni”. Ciò che chiarisce in modo definitivo le funzioni dei finti-veri britannici islamisti. Per di più, il giornale inglese cita “l’ex capo dell’esercito britannico lord Richard” il quale dice: “i carri armati entreranno in azione” in Siria, perchè “lo Stato Islamico non sarà vinto senza uno sforzo concertato sul terreno”.
Quindi è vero: hanno deciso di rischiare truppe di terra per farla finita con la Siria.
Il Wall Street Journal (neocon) parla già di “Libia 2.0”. Complimenti, bel progetto.

Parà russi pronti per Assad

E’ in questo contesto che, il 4 agosto, l’agenzia Itar-Tass rende noto che “paracadutisti sono pronti ad aiutare la Siria a combattere il terrorismo”: Il generale Vladimir Shamanov, comandante delle Truppe Aerotrasportate Russe, dichiara che “naturalmente eseguiremo gli ordini dati dalla leadership del paese”. Anche la Russia è pronta ad inviare in Siria – dove ha una base navale, la sola del Mediterraneo, a Tartus – truppe di terra.
Solo il giorno prima, il 3 agosto. Il ministro degli esteri Lavrov aveva incontrato a Doha il collega John Kerry e il pari grado saudita Adel al-Jubeir presentando un piano russo “mirante a creare un vasto fronte antiterrorista” per contenere la diffusione del terrorismo “in Siria, in Irak e in altri paesi della regione; Mosca ritiene che di questa coalizione debbano far parte anche le forze armate irachene e siriane – che effettivamente già combattono contro il Califfato – nonché i curdi. E ciò, “nel quadro del diritto internazionale”. Putin intende chiedere il mandato ONU, durante la sessione plenaria che deve tenersi a settembre.
Sembra che l’iniziativa di Obama miri a prevenire e vanificare questo piano russo, che metterebbe sotto il controllo internazionale la lotta al terrorismo, rendendo più difficile colpire il regime siriano fingendo di colpire i fanatici del Califfato.    Ai russi – a giudicare dai commenti raccolti dai loro media – è chiaro che Obama mira a distruggere quel poco che resta dell’aviazione di Assad, quasi unico elemento di superiorità contro i jihadisti.
Gli americani cercano la provocazione che consenta loro di eliminare il regime sostenuto da Mosca, e la base navale russa nel Mediterraneo.
Il portavoce della Casa Bianca John Earnest dice: “Per il momento, il regime di Assad ha rispettato l’avvertimento che gli abbiamo dato, di non immischiarsi nelle nostre attività all’interno della Siria”. Ovviamente l’armata siriana non spara sugli aviogetti occidentali che solcano i suoi cieli: una forza del tutto sproporzionata rispetto alla sua, che ha condotto migliaia di incursioni, le quali hanno prodotto almeno 450 vittime civili (secondo il sito Airwars, il numero può essere di oltre 1200)

Il voltafaccia di Ankara


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La Turchia s’è evidentemente accordata con la strategia americana: finge di partecipare alla guerra contro il terrorismo di DAESH (che invece favorisce apertamente) e bombarda i curdi (specie ma non solo del PKK) che sono la sola forza di terra che impegna in conflitto i guerriglieri di DAESH. Per fare ciò, ha di sicuro avuto il permesso di Washington: i curdi, con le loro speranze di costituire uno stato nazionale ritagliato dai territori abitati da loro in Siria, Ira k e Turchia, sembrano essere stati venduti, in cambio dell’impegno di Erdogan di creare (secondo un accordo stilato fra turchi e americani a fine luglio) la creazione di una “zona di sicurezza” lungo la frontiera turco-siriana: un “santuario” per i jihadisti protetti d a Washington e per quelli sostenuti da Ankara.
Selahattin Demirtas, il capo del partito curdo d’opposizione HDP in Parlamento ad Ankara conferma: “La Turchia non intende colpire lo Stato Islamico con questa zona protetta. La zona cuscinetto è mirata a fermare i curdi, non lo IS”.

Ankara crea un battaglione islamico per  aiutare Kiev..

Il primo agosto, all’hotel Bilkent di Ankara, il ministro degli esteri di Kiev, Pavlo Klimkin, e il vice-primo ministro turco Numan Kurtulmus presiedono al “Congresso monidale dei Tatari” (più di 200 associazioni). Lì il capo storico (e agente della Cia fin dai tempi di Reaga) dei tatari anti-russi, Mustafa Abdulcemil Cemiloglu ha annunciato la creazione di una “brigata musulmana internazionale”: per combattere in Crimea, dove abita una forte minoranza tatara e musulmana. La brigata islamista avrà base a Herson, e presso la frontiera della Crimea. Alla fine del Congresso, Cemiloglu è stato ricevuto da Erdogan che lo ha assicurato del suo appoggio, in funzione antirussa.
Ciascuno è in grado di valutare l’avventurismo turco, che non esita a scatenare il jihadismo nel cuore d’Europa.
A ulteriore conferma dell’alleanza Usa-Ankara, la notizia: il Turk Stream è stato bloccato sine die. Ossia il progetto di potenziamento del gasdotto (in parte ricalca il SouthStream) che doveva portare gas russo in Europa del Sud (Italia, Grecia, Bulgaria) attraverso la Turchia. Il progetto era stato proposto da Putin ad Erdogan nel 2014. Ora è Erdogan che silura il piano. L’alleanza anti-Assad con gli americani vale il prezzo.
Fronte del Donbass

Una bomba sporca per accusare i ribelli

Il giornalista ucraino Anatoly Shary, rifugiato in Russia, rivelava in un suo video del 2 agosto che gli occidentali si preparavano ad accusare i ribelli del Donbass di lanciare una bomba sporca – un classico false flag e pretesto per un intervento armato risolutivo delle truppe di Kiev, attualmente inquadrate, addestrate ed armate (e molto rimpolpate) da personale USA.
Notizia fantastica? Pura invenzione di parte?
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Ma no: bastava leggere il Times di Londra del 1 agosto. L’ex autorevole giornale britannico comincia la campagna di preparazione al false flag. Titolo: “I ribelli ucraini ‘fabbricano la bomba sporca’ con l’aiuto di scienziati russi”.
L’articolo è a suo modo un capolavoro. Gli insorti del Donbass stanno fabbricando la bomba sporca con rifiuti radiologici e la collaborazione di “scienziati atomici russi”. Volontari, cani sciolti, evidentemente. Perché il Times aggiunge che Mosca ha negato la sua collaborazione alla costruzione della bomba sporca – il che dimostra solo che “il Cremlino non controlla più i ribelli”. Ma la sua colpa non diminuisce per questo. Il Times invita il presidente Putin a “dimostrarsi un dirigente responsabile” , autorizzando l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) a ispezionare i “nascosti depositi radioattivi” nel territorio del Donbass.
L’OCSE ha osservatori sul posto, che non notano le violazioni degli accordi di Minsk sul cessate il fuoco da parte delle forze armate di Kiev (a questo punto, americane) contro il Donbass. Che importa? Gli accordi di Minsk sono “morti e sepolti”, secondo il Times: “Lo spiegamento e la consegna di carri armati, lo spiegamento di artiglierie pesanti rendono assurde le promesse fatte da Vladimir Putin”, accusa il Times. Senza degnarsi di fornire le prove delle sue accuse.
Non servono, le prove. Il Times dice di aver letto “un rapporto dei servizi ucraini SBU” (della cui credibilità siamo tutti consci) il quale assicura che gli insorti hanno portato via “rifiuti radioattivi immagazzinati nella Fabbrica chimica di Donetsk”. La fabbrica “giace sulla linea del fronte di guerra tra i ribelli e l’armata ucraina”. Dunque anche l’armataa di Kiev potrebbe averr preso il materiale? No, cosa dite. Sono i ribelli.
Quindi vogliono preparare la bomba sporca. Anzi la stanno già preparando.
E ciò, secondo il giornale britannico, “mostra o che Mosca si appresta ad aggravare il conflitto, oppure che ha perduto il controllo dei ribelli”. E “questa imprevedibilità costituisce una minaccia alla sicurezza d’Europa”. Motivo più che sufficiente per l’intervento NATO.
Se la Russia strumentalizza gli accordi di Minsk per mascherare la preparazione a un più grave conflitto, è necessario rivedere completamente i rapporti tra l’Occidente e l’Est, “indurendo le sanzioni contro Mosca”
“Putin crede che creando incertezza a proposito dell’influenza russa (sui ribelli), ottiene il diritto di dettare le sue condizioni. Si sbaglia. Invece, trasforma rapidamente la Russia in stato-canaglia”.
Detto dal giornale semi-ufficiale della Gran Bretagna, che ha sul terreno in Siria i suoi commandos “mascherati da jihadisti dell’IS” per abbattere il governo legittimo, è una singolare impudenza. Ma soprattutto una seria minaccia: gli “stati-canaglia” sono quelli che, per definizione, l’Occidente si prepara ad aggredire per renderli democratici
Sui fronti aperti, Siria e Ucraina, è evidente lo sforzo di provocare la Russia per aver il pretesto di schiacciarla, umiliarla se si rifita al confronto militare,  strapparle le zone di influenza.
E l’Europa?

L’ondata di immigrazione causata dagli interventi Usa”

Ha avuto il coraggio di dirlo –  unico –  il presidente ceco Milos Zeman, in una intervista a Sputnik. “L’attuale ondata di immigrazione in Europa” non ci sarebbe, senza “l’idea folle di restaurare l’ordine in Libia e in Siria…In seguito a queste operazioni militari sono sorti sul territorio di questi paesi dei regimi terroristi, ed è questo che scatena il flisso incontrollato di clandestini in Europa”. La colpa, ha il coraggio di dire Zeman, non è solo degli Stati Uniti ma “dei loro alleati nell’Unione Europea”.
Si tratta della semplice verità, che Londra e Bruxelles, Roma e Berlino e Parigi non hanno mai pronunciato.  Da noi, i giuornalisrti embedded   tacciono sulle reposnabilità Usa e NATIO nella destabilizzaizone in corso, che porta ai flussi di migranti.
Zeman ha detto di voler portare la questione all’assemblea generale dell’ONU di settembre; lui proporrà, ha annunciato, la creazione di unità militari per distruggere i campi d’addestramento jihadisti. “Ecco quel che bisogna fare al momento, e non penetrare da qualche parte con cingolati, artiglieria e fanteria”, ha detto Zeman: con chiara allusione alle prove di invasione limitata attuate da Usa ed Ankara. Evidentemente, appoggia il piano russo che gli americani e gli inglesi stanno mandando a monte. Piccolo particolare, i campi d’addestramento dei jihadisti da distruggere: sono in Turchia e Giordania, altri in Arabia Saudita.

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