Certi di far cosa utile e gradita iniziamo, con la pubblicazione di questo articolo ripreso da una rivista di storiografia massonica, una rubrica dedicata all’argomentazione e alla disquisizione dei rapporti, storiografiacamente documentati, che legano l’ebraismo moderno alla setta massonica internazionale. Tale rubrica verrà aggiornata a scadenza libera e comprenderà la pubblicazione di una rassegna stampa e di una rassegna bibliografica, strettamente inerenti al tema prefissato. Iniziamo la pubblicazione di questa rubrica, tutta consacrata alla comprensione del fenomeno giudaico-massonico, riportando lunghi stralci di un interessante articolo apparso sul primo numero di Massonicamente, quadrimestrale dedicato alla storiografia massonica edito dalla Erasmo Edizioni, casa editrice ufficiale del Grande Oriente d’Italia. La direzione del periodico Massonicamente, nato nel 2014, é affidata niente di meno che al Gran Maestro Massone Direttore del Corriere di Siena Stefano Bisi, la redazione, invece, pullula di eminenze massoniche di prim’ordine, diversi gli appartenenti alla Giunta del Grande Oriente d’Italia. Gli stralci che verranno qui di seguto riportati sono tratti dall’articolo “Ebrei massoni: una grande risorsa per l’Istituzione” a firma di Giovanni Greco, professore ordinario di storia contemporanea all’Università di Bologna oltre che massone affiliato al Grande Oriente d’Italia. Tale articolo é pubblicato sul primo numero di Massonicamente da pag. 5 a pag. 8.
La massoneria e l’ebraismo hanno molte affinità, numerosi sono i punti che uniscono i massoni agli ebrei. Per esempio le affinità in materia di rituali, l’importanza legata ai numeri, specifica caratteristica della Cabala, i nomi e la collocazione delle due colonne all’ingresso del nostro tempio, a memoria del tempio di Salomone, la stessa ricostruzione del tempio, e nei tempi passati la necessità per la massoneria e per l’ebraismo di strutturarsi in modo segreto, lo stesso peso nel dare alle persone, agli esseri umani, un valore assoluto, quasi “divino”. Non casualmente quella splendida figura dell’ebraismo italiano che fu il rabbino di Livorno, Elia Benamozegh (1823-1900), nella sua “La verité israélite”, scriveva: “Lo spirito della massoneria è lo spirito del giudaismo nelle sue credenze più fondamentali: sono le sue idee, è il suo linguaggio, è quasi la sua organizzazione”. E aggiungerei anche il suo straordinario internazionalismo: non casualmente la massoneria all’interno della Gran Loggia di Israele è davvero cosmopolita, le lingue ufficiali sono naturalmentel’ebraico e l’arabo, si lavora anche in inglese, francese, spagnolo, tedesco, rumeno, turco e ogni loggia ha contemporaneamente aperti, uno vicino all’altro, i tre volumi della legge, la Bibbia ebraica, la Bibbia cristiana e il Corano, e tutto induce a pensare e a lavorare con un respiro mondiale. Numerosi gli ebrei massoni che si batterono per l’unità d’Italia, Italia che per gli brei è stata interpretata come “I tal yah” ossia “Isola della rugiada del Signore”, (secondo il dotto parere di Benjamin Richler), come la famiglia Todros a Torino, come Angelo Usiglio che col fratello Enrico, collaborarono con Ciro Menotti, tant’è che anche a Modena il movimento risorgimentale era finanziato dagli ebrei. Altri ebrei massoni modenesi furono Israel Latis, Benedetto Sanguinetti e Fortunato Urbini, mentre a Livorno la setta de “I veri ita-liani”, annoverava fra le sue fila ebrei come Moses Montefiore. Del resto proprio a Livorno un consistente gruppo di massoni, in maggioranza ebrei, aveva creato nel 1809 un Grande Oriente dal quale derivò una sezione dei carbonari. Da allora un nugolo di ebrei massoni fra cui Paolo Bonfil, che contribuì a radicare la massoneria nel nostroo aese, Elia Rossi Bey (1814-1891) G.M. del Rito di Menfis nel latomismo “egiziano”; Luigi Luzzatti (1841-1927), deputato, senatore, professore di diritto costituzionale all’Università di Padova, riuscì a consolidare il valore della lira a livello internazionale, fu un grande promotore di cooperative e dibanche popolari, ispirando numerose riforme doganali; Ernesto Nathan (1845-1921) da Sara Levi e Mayer Moses Nathan, influenzato politicamente da Mazzini, sindaco di Roma, ben noto a tutti noi, iniziato nella loggia palermitana de “I Rigeneratori”, G.M. del GOI per diverso tempo. In quegli anni nasceva a Trieste (1861-1915) Giacomo Venezian, laureatosi poi a Bologna, dove mente avrà la cattedra di diritto civile, e che morì al comando del suo reparto sul Carso nel 1915, mentre era all’assalto di truppe austriache. Esattamente come il padre di Alceste De Seta, Giona, che pure aveva combattuto contro i nemici del nostro paese, nella terza guerra d’indipendenza, mentre il figlio, Alceste, socialista, fu cancellato nel 1939 dall’albo degli avvocati, per le leggi razziali. Cesare Goldmann, noto finanziere e politico, M.V. della loggia “Pietro Micca” di Torino; Salvatore Barzilai, giornalista, Mario Cassin, liberale; il giurista Ludovico Mortara; il giornalista Teo-doro Mayer; l’avvocato Dario Cassato; i legionari fiumani Giacomo Treves e Raffaele Cantoni; Eucardio Momigliano; Ferruccio Valobra, come ricorda il nostro mirabile Nedo Fiano. Gino Olivetti, poi direttore della Confindustria e deputato, subentrò nella fabbrica del padre Camillo, opponendosi al fascismo e portando l’Olivetti al vertice della vendita dei prodotti per ufficio e Roberto Ascarelli, esponente di rilievo della comunità ebraica romana, antifascista, iniziato nella Rienzi di Roma nel 1923, M.V. della Pisacane di Ponza e presidente del Rito Simbolico italiano nel 1970. Numerosi e di assoluto valore gli ebrei massoni connessi col movimento di Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli, come Leone Ginzburg, famiglia ebraica di origine russa, che fu talmente precoce che a sei anni scrisse i “Ricordi di un giornalista in erba” e a tredici faceva le pulci al Corriere della Sera, e come Mario Jacchia, figlio di Eugenio, bastonato dai fascisti. Quando nel 1924 i fascisti assalirono la casa massonica bolognese, poi collocarono i simboli massonici in una cassa da morto presso l’abitazione degli Jacchia a via D’Azeglio 58 a Bologna. Consentite un particolare riferimento ad Angelo Fortunato Formaggini, di una famiglia ebraica di gioiellieri, noto per le sue performance letterarie ed editoriali, e la sua ben nota “Ficozza”, che si gettò nel ’38, disperato per le leggi razziali, dalla Ghirlandina di Modena, dopo una minuziosa preparazione, dopo aver delimitato anche il punto della caduta, il “tovagliolo di Formaggino”, “al tuajol ed Furmajin”. Ai giornali venne imposto il silenzio e, successivamente, allora Achille Storace, ebbe a dire: è morto come un ebreo, buttandosi dalla torre per risparmiare un colpo di pistola (ogni commento è superfluo!). Nel 1938 il censimento parla di quasi seimila ebrei in Toscana, di cui 4658 fra Firenze e Livorno. Tantissimi di loro furono avviati ai campi di sterminio tedeschi, dopo essere stati raccolti nei campi di Bagni di Lucca, Bagno di Ripoli, Villa Oliveto, Roccatederigi, e tanti altri, con persone che vanno dalla a del livornese Elia Giuseppe Abenaim alla z di Susanna Ziegler, che viveva a Firenze. Tante storie, tanti nomi, tante eccellenze, ma “non basta l’accumulazione indefinita di reliquie, la celebrazione bulimica dei grandi e dei piccoli maestri. La moderna ossessione commemorativa ha dei limiti quale coagulante di rimpiazzo” e spesso “nasconde la fascinazione gaudente del nulla”, perché ciò che conta veramente è il valore di chi non abbiamo nominato, di chi è meno noto, e degli ebrei massoni di oggi che preparano con noi il nostro futuro. In omaggio agli ebrei, ai tanti fratelli di estrazione ebraica, ricordo la festa del Sukkoth, la festa delle capanne che dura una settimana, la grande festa del raccolto, esattamente come per noi, un raccolto piccolo, infinitesimale finché volete, ma che ci ri- scalda l’anima e ci riappacifica con noi stessi. Quel che è certo è che agli 8566 ebrei italiani deportati nei campi di sterminio, dei quali 7557 vennero uccisi, va il nostro deferente pensiero e il nostro amore: quando il rabbino canta, cantano tutti con lui, quando il rabbino piange, piange da solo. Dopo l’entrata dello Shabbat, gli ebrei usano cantare una canzone di antichi cabbalisti: “Andate in pace, angeli di pace, angeli dell’Altissimo”. Shalom aleichem: la pace sia su di voi. [FONTE: Massonicamente n*1]