venerdì 7 agosto 2015

LA POVERTÀ NELL'ORDINE SOCIALE CRISTIANO (Estratto dall'opera di mons. Delassus "Il Problema dell'ora presente" Tomo II°)


Uno dei criteri più sicuri che noi possediamo per giudicare se una società abbia o no conservato lo spirito cristiano, o in qual grado questo spirito la penetri, è l'idea che essa si fa della povertà; poiché niente vi ha su cui lo spirito pagano e lo spirito cristiano si trovino in più diretta opposizione.
Platone "il divino Platone" loda Esculapio di non aver voluto incaricarsi di prolungare la vita e le sofferenze dei poveri infermi. Dunque, per essi la morte. Se non vogliono morire, bisogna perseguitarli incessantemente. "Se alcuno - dice lo stesso divin filosofo - ardisce di mendicare, che gli agoranomes lo scaccino dai pubblici ritrovi; gli astynomes dalla città; e gli agronomes da tutto il territorio, affinché il paese sia tutt'affatto purificato da questa specie di animale. Ma forse si troverà qualche cuore misericordioso per dargli asilo. Ecco l'ignominia che Cicerone infligge a questo misericordioso: "Nessuno dev'essere compassionevole, a meno che non sia un pazzo od un imbecille. L'uomo, veramente uomo, non si lascia né commuovere, né intenerire. È un vizio, è un delitto l'ascoltare la voce della compassione" (Pro Murena). La compassione un delitto? Plauto ci dice il perché bisogna considerarla come tale: "Offrendo il vostro pane a coloro che non ne hanno, voi perdete il vostro avere ed aiutate questi miserabili a prolungare una esistenza che per essi non è che un peso".
Prima di tutti questi, Théognis gridava: "Vile povertà, perché degradi tu nello stesso tempo e il mio spirito e il mio corpo?" E dopo di loro, Virgilio rilegava come un'infamia nel fondo degli inferni la turpis egestas, l'ignobile povertà.
Ecco ciò che era la povertà nel pensiero dei pagani: degradante e delittuosa.
E che non si creda affatto che queste fossero solamente le massime dei filosofi. La pratica era in perfetto rapporto colla teoria.
"Se qualche cosa nel politeismo romano desta sorpresa - dice Blanqui nella sua Histoire d'économie politique - è quest'indifferenza per le sofferenze del povero e pei lamenti degli oppressi. Eravi nella vecchia cittadinanza romana una linea di demarcazione che non si dovea sorpassare fra il ricco ed il povero, fra il patrizio ed il plebeo; si sarebbe detto che il secondo dovesse essere fatalmente fatto preda del primo, come nel regno animale certe specie sono predestinate al nutrimento di altre".
Passano alcuni anni, ed ecco lo spettacolo che questi pagani senza cuore possono contemplare nella stessa città dì Roma. La discendente d'una delle loro più illustri famiglie, Fabiola, ne percorre le piazze ed i crocicchi per raccogliere gl'infermi ed i poveri. Più d'una volta li porta sulle proprie spalle, colle sue stesse mani ne cura le piaghe più fetenti, si abbassa fino ai moribondi per consolarli, e se fosse possibile, per ravvivarli. Essa ha degli emuli, ed a questi cristiani appena usciti dal paganesimo, s. Girolamo rivolge non felicitazioni, ma lezioni di umiltà: "Non insuperbitevi dei vostri abbassamenti; Gesù Cristo fu più umile di voi. Quand'anche voi camminaste a pie' nudi, coperti di ruvide lane, a somiglianza dei mendicanti; quando anche voi entraste nelle più povere capanne, nei più spaventosi ricettacoli della miseria; quand'anche foste l'occhio del cieco, il piede
dello zoppo la mano di colui che l'ha perduta; quand'anche portaste loro l'acqua, lavaste i loro piedi e rendeste colle vostre stesse mani i servigi più bassi, umilianti, che cosa è mai tutto questo in confronto degli abbassamenti di Gesù Cristo? Ove sono le catene? ove gli schiaffi? ove gli sputi? ove sono le verghe della flagellazione, le spine della corona ed i chiodi della croce? Ov'è infine il sangue che il Figlio di Dio ha sì generosamente versato per voi?"
Che cosa era dunque avvenuto, dopo Platone e Cicerone che potesse autorizzare simili parole e far compiere simili azioni?
Lo dice san Girolamo: "Gesù Cristo era comparso in questo mondo".
Gesù Cristo che, come dice san Paolo, era una persona essenzialmente divina, per la quale, in conseguenza non era un'usurpazione di eguagliarsi a Dio, erasi annichilito prendendo le forme di ischiavo; ed in questo abbassamento, in luogo della gioia che gli brillava dinanzi, avea preferito la croce. Maria, sua madre, alla sua nascita, non ebbe che una mangiatoia da offrirgli per culla; il suo padre putativo non gli avea provveduto altro pane che quello ch'ei guadagnava col sudore della sua fronte. Egli stesso lavorava per mantenere sé e la propria madre. Fino all'età di trent'anni, le sue mani non conobbero che gli attrezzi del falegname. Negli anni della sua predicazione, egli poté dire: "Vedete, le volpi hanno le loro tane e gli uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha ove riposare la sua testa". Egli diceva d'essere venuto per evangelizzare i poveri; e difatti, non era circondato che da poveri e da infelici; e fra i poveri scelse i dodici dei quali formò le fondamenta della sua Chiesa. Morì nudo sopra una croce, i crocefissori si divisero le sue vestimenta ed ei dovette essere deposto per carità nel sepolcro d'un altro.
Povero volontario, povero per elezione, dalla sua nascita alla sua morte, nostro Signore aveva glorificato la povertà colla sua parola, come l'aveva glorificata col suo esempio. E non è punto un'esagerazione il dire che egli, Dio, avea sposato la povertà e l'avea sublimata fino a se stesso. Quindi la collocò nel primo ordine delle beatitudini, che ognuno deve sforzarsi di godere. "Beati i poveri di spirito". Beati coloro che hanno lo spirito di povertà. Senza dubbio, si può avere lo spirito di povertà e meritare questa beatitudine, pur possedendo dei beni di questo mondo. Ma, nostro Signore, non raccomandò meno la povertà effettiva, colla spogliazione volontaria e completa, e ne fece la prima legge di quelli che aspirano alla perfezione. Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi. Non prendete né oro, né argento, né moneta di nessuna sorta nelle vostre cinture, né sacco per la via, né due tuniche, né calzari, né bastone, poiché l'operaio merita la sua mercede".
Infine, quando annunziò il giudizio che deve fare la separazione definitiva ed eterna degli uomini, ci avvertì che la sentenza sarà così concepita: "Venite, o benedetti, dal Padre mio; prendete possesso del regno che vi fu preparato fin dal principio del mondo; poiché io ebbi fame, e voi m'avete dato da mangiare; ebbi sete e m'avete dato da bere; fui pellegrino e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e m'avete assistito: in prigione e siete venuti a visitarmi. E voi allontanatevi da me, maledetti, andate al fuoco eterno che fu preparato pel diavolo e per i suoi angeli. Poiché io ebbi fame e non mi avete dato da mangiare; ebbi sete e non m'avete dato da bere; fui pellegrino e non m'avete alloggiato; nudo e non m'avete vestito; malato ed in prigione e non m'avete visitato".
Dopo ciò, si converrà esser difficile trovar qualche cosa di meglio di quello che fece Gesù Cristo per distinguere la società cristiana quanto la stima della povertà e del distacco dai beni di questo mondo, che si manifesta per lo meno coll'esercizio della carità. Infatti è in ciò che si distinse innanzi tutto la società dei fedeli. Molti vendevano i loro beni, ne depositavano il prezzo a' pie' degli Apostoli e questi lo mettevano a disposizione della comunità.
Fin dai primi giorni furono istituite delle diaconie: consistevano in offici di carità annessi alle chiese per la distribuzione delle elemosine e l'amministrazione del bene temporale dei poveri. Ve ne erano sette a Roma, ce lo dice il Baronio, rette, sotto la sorveglianza del vescovo, da sette diaconi regionari, uno per ogni regione, ed il capo era uno di loro, designato sotto il nome di arcidiacono.
Ogni Chiesa nutriva i suoi poveri ed al vescovo (ispettore amministratore) spettava, per diritto, la suprema amministrazione dei beni annessi alla sua Chiesa. San Paolo ha numerato le qualità che si esigono dai vescovi e dai diaconi (1a Tim. III, 1 a 13). I diaconi erano coadiuvati dagli accoliti e dalle diaconesse. Queste erano vedove che rinunziavano a rimaritarsi e che si dedicavano interamente all'opera dei poveri. San Paolo nella sua prima epistola a Timoteo indica le qualità che devono avere le diaconesse (1a Tim. V, 9-15). La loro età fu fissata a quarant'anni (Cost. ap. L, 111). Le diaconesse ricevevano come i diaconi l'imposizione delle mani. Gli uni e le altre visitavano i malati, i prigionieri, portavano loro i soccorsi di cui aveano bisogno, provvedevano d'alloggio gli stranieri; tenevano una lista-statistica degl'infelici. Ogni diaconia era come il deposito e serbatoio del tesoro dei poveri.
Lo spirito di questi primi giorni non ha mai cessato d'animare la santa Chiesa. Per dimostrarlo bisognerebbe rifare tutt'intera la sua storia. Quanti cristiani, obbedienti a questo spirito, si sono spogliati d'ogni avere per godere la felicità di viver poveri! Quale moltitudine non s'è consacrata al sollievo di tutte le miserie, e con quale abnegazione e con qual amore!
Durante la persecuzione dei tre primi secoli i poveri, i malati, gl'infermi erano soccorsi a domicilio dai diaconi. Appena cessò la persecuzione, dappertutto si vide sorgere una varietà infinita di istituti di carità: case per fanciulli (Brephotrophia), pegli orfani (Orphanotrophia), pei poveri (Diaconiae o Ptocheia), pegli ammalati (Nosocomia), pei pellegrini (Xeno dochia), pei vecchi (Gerontocomia).(1)
La Chiesa cattolica ha sempre continuato a provvedere al sollievo dei poveri, degl'infermi. di tutti gl'infelici.
"In ogni grande città - dice de Broglie - a fianco dell'abitazione del vescovo, vi ebbero degli stabilimenti fabbricati per raccogliere gli ammalati, i fanciulli abbandonati, i vecchi; da tutte le parti era una presa di possesso di suolo per la fede e per l'elemosina". Alla vigilia dell'invasione dei barbari "la carità cristiana edificava delle cittadelle e scavava dei fondamenti nella rupe".
Al medio evo, ogni città d'Occidente possedeva il suo ospizio, il suo ospedale, ampio qualche volta, come un palazzo. Prima della Rivoluzione la Francia contava settecento ospedali considerevoli, e Villeneuve-Bargemont valuta a quaranta milioni le rendite di questi palazzi eretti dalla carità cattolica. Pel servizio di questi stabilimenti, occorrevano delle anime generose; Dio suscitò dappertutto tali vocazioni. L'Ordine di san Lazzaro fu destinato a servire i lebbrosi; quello dei Somaschi a raccogliere ed educare i fanciulli abbandonati; i frati di san Giovanni di Dio alla custodia dei pazzi; la Congregazione di san Camillo de Lellis fu fondata per assistere gli ammalati e prepararli a comparire dinanzi a Dio.
Erano già note le opere e le istituzioni di san Vincenzo de' Paoli.
Tutte queste creazioni della carità cristiana esistono ancora, son là sempre vive sotto i nostri occhi. Le Conferenze di san Vincenzo de' Paoli rappresentano la prima e più antica di queste due organizzazioni; quella cioè dei diaconi che vanno a soccorrere i poveri e gl'infermi a domicilio; i nostri ospizi, i nostri ospedali, asili infantili, orfanotrofi, laboratorii, continuano la seconda. Non vi
è nessun genere di sofferenza che non abbia un asilo o piuttosto un palazzo; cionondimeno i visitatori e le visitatrici dei poveri continuano le loro nobili pellegrinazioni.
Ma quello che noi vogliamo qui considerare non è tanto l'esercizio della carità, quanto lo spirito che anima i cristiani riguardo alla povertà.

Note:

(1) Ingenuamente a' nostri giorni s'immagina che i Fratelli e le Sorelle di carità datino dagli ultimi secoli. Ve ne erano migliaia in Francia sotto il regno di Luigi e molto prima anche, il nosocomio d'Alessandria, per non citar che quello, era servito da seicento infermieri, e li possiamo considerare come formanti un Ordine religioso.