L'occasione fu quella dell'incoronazione dell'imperatore d'Austria Ferdinando I a re del Lombardo-Veneto, avvenuta a Milano il 6 settembre 1838 (il suo predecessore Francesco I era deceduto tre anni prima). Nella cerimonia si videro per la prima volta guidate dal conte Annoni, le guardie del corpo nell'alta uniforme appositamente preparata per quell'evento. Qualche mese dopo, nel 1839, si compirono i passi successivi per accogliere la guardia come corpo stabile nell'ambito delle imperiali-reali forze armate austriache. La scelta dei suoi quadri, nominati con sovrana approvazione, avveniva come di prassi tra gli elementi della nobiltà locale che militavano nelle imperiale-reali forze armate. Tutti i provvedimenti da addottarsi per il funzionamento di tale nuova istituzione, sottostavano ad un consigliere amministrativo scelto nella persona del principe Colloredo-Mansfeld, i.r. gran maestro di corte, confermato nella carica il 15 luglio 1840.
Gli ufficiali in comando
Ad alimentare l'organico della guardia, che aveva il compito di svolgere il servizio di scorta a cavallo quando l'imperatore si trovava in visita nel regno, erano destinati 60 giovani rampolli delle più illustri famiglie della Lombardo-Veneto che potevano vantare almeno 2 secoli di nobiltà. Lo statuto che regolava le attività del nuovo corpo e ne stabiliva le norme, era stato modellato sulla analoga Guardia Nobile ungherese, ma a differenza di questa, nella Guardia Italiana, come finì per chiamarsi a Vienna, si poteva entrare solo dopo avere completato un severo corso di studi della durata di 4 anni da compiersi nella capitale dell'impero, sede del nuovo corpo. Anche se si sceglieva di tornare a casa al compimento del 4° anno di corso col titolo onorario di "guardia fuori ruolo", si poteva andare fieri di aver compiuto gli studi in una vera e propria accademia militare (le materie di studio sono individuabili tra il "personale docente" elencato tra gli organici).Il primo comandante della guardia, il barone Antonio Bertoletti, già generale del Regno Italico di Eugenio Beauharnais, era un veterano delle guerre napoleonche che aveva scelto di servire sotto l'imperatore d'Austria il quale, per i meriti conseguiti nelle forze armate austriache, gli aveva conferito nel 1835 il titolo di proprietario del reggimento di fanteria N° 15, oltre alla corona ferrea di seconda classe. Alla sua morte, avvenuta nel 1846 col grado di "Felzeugmeister" (generale di artiglieria), gli successe il conte Ferdinando Ceccopieri di Massa, anch'egli proveniente dalle fila dell'armata napoleonica dove ottenne la corona ferrea. Già imperiale-regio ciambellano di corte, nel 1835 promosso luogotenente feldmaresciallo di campo, ebbe anch'egli il privilegio di essere nominato colonnello proprietario di un reggimento di nazionalità lombarda, il N° 23, il cui battaglione di deposito, nel 1848 a Cremona, si troverà coinvolto nell'ammutinamento della guarnigione italiana che molto affliggerà il suo proprietario.
Anche il milanese cavaliere, elevato a barone nel 1854, Paolo Airoldi, nella sua lunga vita, visse ben 89 anni, percorse tra le fila dell'armata imperiale una brillante carriera fino a diventare "Feldzeugmeister ad honores" quando venne messo a riposo nel 1864. Successore del Ceccopieri, deceduto a Vienna nel 1850, nella proprietà del reggimento N° 23, il vecchio imperatore Ferdinando I, che nel 1849 aveva abdicato in favore di Francesco Giuseppe, lo volle con sé come "gran maestro di corte" nella residenza di Praga.
Gli organici
Se le famiglie più in vista non disdegnavano di far entrare i propri figli in un'istituzione di prestigio che li metteva in buona luce agli occhi del monarca e del suo rappresentante nel regno, il viceré Ranieri, la nobiltà italiana, al contrario, si avvaleva molto diffusamente della facoltà stabilita per legge di esonerare i suoi giovani dall'effettuare il servizio militare. Non fu certo facile trovare ufficiali di nobile estrazione che si erano fatti qualche esperienza tra le truppe a cavallo, da far entrare nel pur allettante servizio presso la nuova guardia del corpo. Un buon serbatoio avrebbe potuto essere costituito dal reggimento "chevaux-legers" Nostiz, composto da contingenti italiani (il 7° reggimento cavalleggeri italiano!), ma a guardare tra i suoi organici si riconoscevano per lo più nomi di ufficiali provenienti da altre province dell'impero. I soli che possedevano i requisiti per entrare nel nuovo corpo accettarono il trasferimento il 1° novembre 1842; si trattava del tenente colonnello Paolo Chizzola, che beneficiò anche dell'avanzamento di grado, e del capitano di cavalleria Alvise Polfranceschi: il primo divenne "Premier-Wachtmeister" o sergente in prima l'altro "Second-Wachtmeister" o sergente in seconda. Chizzola avanzerà poi sottotenente della guardia prendendo il posto del barone Birago, deceduto a Vienna il 29 dicembre 1845. Quest'ultimo, già allievo della scuola militare di Pavia, si guadagnò molti riconoscimenti in campo topografico, eseguendo tra l'altro la triangolazione della Valmagna, ed in quello dell'architettura militare. L'arciduca Massimiliano lo chiamò infatti a Linz per collaborare alla realizzazione di quel campo trincerato. Fu poi incaricato dal duca di Modena di costruire la testa di ponte di Brescello col ponte gettato sul Po. Egli infatti era diventato famoso per avere ideato un ponte militare adottato dall'esercito austriaco e che da lui prese il nome.Il conte Antonio Porcia, il secondo "Second-Wachtmeister" nel 1843, proveniva invece dalla fanteria, essendo in forza al reggimento italiano N° 26 (Udine), ma il titolo nobiliare e l'incarico presso il viceré di "aiutante di camera", gli valse il posto nella guardia nobile.
Nei ranghi della guardia non entrò curiosamente il conte Francesco Annoni, allora maggiore di cavalleria, colui che per primo aveva condotto la guardia per le vie di Milano, il quale preferì percorrere la propria carriera militare nei ranghi del 5° reggimento ussari intitolato al re di Sardegna, Carlo Alberto, almeno fino all'alba del 1848, quando chiese un congedo temporaneo di un anno per motivi forse connessi con l'indipendenza italiana, e che poi non figurerà più tra gli ufficiali in organico nelle i.r. forze armate.
L'elmo
L'uniforme esibita per la prima volta a Milano venne parzialmente modificata nel 1840, allorché, al posto del cappello a feluca bordato di gallone dorato, che rimase per la tenuta fuori servizio, fu adottato un elmo simile a quello distribuito alla cavalleria imperiale, modello 1836 (corazzieri, dragoni e cavalleggeri). Oltre al consueto monogramma imperiale "F.I." presente sulla placca frontale, l'elmo presentava ai lati del cimiero i simboli araldici delle due componenti del regno: sul lato sinistro, per Milano, il "biscione" rivolto verso sinistra che ingoia l'infante, su quello destro, per Venezia, il leone alato di San Marco che regge il libro aperto. Per il metallo con cui fabbricare quel particolare copricapo, il consiglio determinò di scegliere per i componenti la guardia l'argento, "che più si addice ad una guardia del corpo" (registro di protocollo del 23 luglio 1840), mentre una variante in ottone fu adottata per gli inservienti e un'altra in "packfong" per i trombettieri.L'incarico di eseguire la commessa per la fornitura dei vari tipi di elmo fu affidato al fabbricante Joseph Felber di Ödenburg, il quale si era rivelato il migliore sul mercato sia per la qualità del lavoro, come risultava da un campione da lui prodotto, sia per il prezzo richiesto. La consegna "presso il quartiere del corpo sulla "Landstrasse" di Vienna", avvenne a più riprese tra il 1840 ed il 1843. Come da contratto, in tutto furono consegnati 124 elmi dettagliati come segue:
- 69 elmi d'argento per l'uniforme di gala dei graduati e delle guardie
- 4 elmi di "packfong" per l'uniforme di gala dei trombettieri
- 16 elmi di ottone privi delle guarniture di ottone dorato e con la coppa verniciata di nero da usare al maneggio da parte delle guardie
- 35 elmi come i precedenti ma anziché la coppa, verniciati di nero erano i lati del cimiero, da usare per il servizio giornaliero da parte dei palafrenieri e dei trombettieri
Gli elmi e tutte le varie parti di uniforme ed equipaggiamento rimasero sempre di proprietà del corpo (così come risulta dallo statuto di fondazione). Dai documenti però si apprende che il colonnello Birago, in occasione del suo avanzamento a sottotenente della guardia, espresse il desiderio di potere acquisire dietro rimborso del costo, alcuni capi della sua uniforme tra cui anche l'elmo "e la relativa custodia", cosa che gli fu concessa dal capitano comandante (registro di protocollo del 23 dicembre 1842).
Le altre parti dell'uniforme
Il regolamento prevedeva per i vari gradi del corpo, un'uniforme di corte (Hofdienst-Uniform) e una in fuori servizio, mentre il personale interno di fatica aveva in dotazione una livrea per tutte le occasioni.L'uniforme adottata, di indiscussa eleganza, rifletteva le caratteristiche essenziali che si riscontravano nella tenuta degli i.r. ufficiali che vestivano alla "tedesca" (in contrapposizione uniformologica all'ungherese) in quegli anni. I pantaloni bianchi erano stati introdotti da poco nell'armata al posto dei calzoni aderenti da infilare negli stivali. Il frac rosso "ponceau" (come era ancora definita la tonalità garanza in quei tempi) a falde posteriori lunghe, comportava sul petto una ricca dotazione di ricami dorati (alamari per i sottufficiali e le guardie comuni) ripetuti sul colletto blu di tonalità firdaliso (kornblumenblau) o blu pervinca. Tale ornamento era anche applicato a doppia banda lungo le cuciture esterne dei pantaloni. Un segno distintivo raramente riscontrato nell'armata austriaca, erano le spalline dorate, portate con l'alta uniforme insieme con le cordelline, sempre dorate, che ornavano la spalla destra (intrecciate quelle inferiori).
Tipica di quell'epoca anche la giubba nera mischiata grigia di seconda tenuta, introdotta anche nella guardia, destinata a preservare quella di panno bianco degli ufficiali dell'esercito regolare. Portata nei quartieri o fuori servizio, presentava una doppia bottoniera di 9 bottoni ciascuna con paramani di colore distintivo rosso.
Equipaggiamento ed armamento
La tracolla nera con guarniture dorate e scudetto sul davanti che sosteneva la cartuccera nera, era simile al modello della cavalleria imperiale. Come armamento la guardia ebbe in dotazione inizialmente la sciabola da cavalleria riservata agli ufficiali degli ussari, poi un'apposita sciabola con fodero di acciaio destinata in seguito a cingere il fianco di un'altra guardia del corpo in servizio alla corte di Vienna: la Prima Guardia del Corpo degli Arcieri. Qui, nel 1853, verrà trasferito Paolo Airoldi, quando ormai la "Guardia Italiana" si trovava in pieno disfacimento.La bardatura del cavallo appariva in tutta la sua sfarzosità nel capitano comandante. La gualdrappa ad angoli arrotondati sul davanti ed uscente a punta, racchiudeva alle estremità la corona reale. Di colore del frac, era ornata con ricami dorati e bordata con una fascia di uguale finitura. La gualdrappa per i gradi inferiori era più similare a quella in dotazione agli ufficiali montati dell'armata. Sempre di colore rosso e recante la corona reale dorata, era bordata da un doppio gallone d'oro inframmezzato da una striscia nera. Per i trombettieri era rispettata la tradizione di distinguersi dagli altri componenti invertendo o cambiando completamente i colori. La gualdrappa infatti presentava un fondo blu che si accompagnava agli alamari ed al colletto della giubba. Quest'ultima, di colore giallo, bene si confaceva al colore rosso carminio dei pantaloni
La guardia del corpo Lombardo-Veneta ebbe vita breve; gli avvenimenti del 1848-1849 misero fine alla sua esistenza pratica già in quegli anni, anche se il decreto di scioglimento porta la data del 1° giugno 1856. Il regime autoritario imposto dai militari dopo gli anni di rivoluzione e di guerra, determinò una frattura insanabile con la nobiltà locale nonostante i tentativi, rimasti infruttuosi, del nuovo imperatore Francesco Giuseppe di guadagnare il consenso alla causa imperiale dei ceti elevati di quei turbolenti sudditi italiani. Nel 1850 al vertice della guardia compariva sempre il capitano comandante, conte Ceccopieri, ma dei suoi vecchi membri rimaneva solamente il marchese Ludovico Gazoldo, quale sergente in prima, e Bernardo Albrizzi, sergente in seconda.
Gli elmi d'argento rimasti in deposito vennero consegnati alla zecca imperiale per il riutilizzo del prezioso metallo, mentre gli elmi di metallo non nobile e tutti gli ornamenti, vennero messi all'asta a seguito della sovrana risoluzione del 7 febbraio 1857.
1843 | 1847 |
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Capitano della guardia | |
Antonio von Bertoletti, luogotenente feldmaresciallo di campo | conte Ferdinando Ceccopieri, luogotenente feldmaresciallo di campo |
Tenente-capitano | |
conte Ferdinando Ceccopieri, luogotenente feldmaresciallo di campo | conte Ferdinando Serbelloni, duca di San Gabrio, luogotenente feldmaresciallo di campo |
Primo tenente | |
cavaliere Paolo von Airoldi, generale maggiore | cavaliere Paolo von Airoldi, generale maggiore |
Sottotenente | |
cavaliere Carlo von Birago, colonnello | Paolo von Chizzola, colonnello |
Sergenti in prima | |
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Sergenti in seconda | |
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Vice sergenti in seconda e sottotenenti nell'esercito | |
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Guardie e sottotenenti nell'esercito | |
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Guardie semplici | |
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Appartenenti allo stato maggiore | |
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Consulente medico | |
Carlo von Ceresa | Carlo von Ceresa |
Personale docente | |
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Personale interno e di servizio | |
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Fonte:
http://ilterzonano.altervista.org/
Scritto da:
Redazione A.L.T.A.