lunedì 15 aprile 2013

R.P. G. Cornoldi d.C.d.G.: Il razionalismo e la libertà di pensiero.

 
 
La Civiltà Cattolica anno XXVIII, serie X, vol. III, Firenze 1877 pag. 676-688.

R.P. Giovanni Cornoldi d.C.d.G.

IL RAZIONALISMO E LA LIBERTÀ DEL PENSIERO

I.

Non vogliamo negare che, se le parole si prendono nella loro ordinaria e letterale significazione, il secolo presente non debbasi chiamare secolo della luce. Infatti, dai fiammiferi alla fulgidissima luce elettrica, mille modi si sono escogitati di trarre la illuminazione dalle materie infiammabili, e dove, un secol fa, si girava per le città, nottetempo, a tentoni, ora nelle vie secondarie, nonchè nelle primarie, la notte è tramutata in giorno, tanto sono spesse e tanto rifulgenti le fiammelle che rischiarano da per tutto le tenebre notturne. Ma qualora dal senso letterale passiamo al figurato, nulla v'è più di falso di quella frase, poichè, a tutto rigore e in verità, questo è il secolo delle tenebre intellettuali. I principii falsi si sono tramutati in altri falsissimi; nell'ordine speculativo e nel pratico niente v'è di stabile e fisso; il vantarsi seguace della verità si ha quale onta; e perchè i periodici abbiano grandissima diffusione e le opere stampate grande smercio, bisogna che sia noto che gli scrittori non sono pedissequi della verità, ma liberi d'ogni freno, si mostrino inchinevoli a trascorrere là dove le private passioni o i pubblici tumulti gli sospingono. Ben sappiamo che nella Chiesa del vero Dio vi ha cuori sinceri e menti rette, che formano l'eletta schiera dei seguaci del vero anche nelle scienze umane: ma se si ragguaglia questa schiera al numero tragrande degli altri, la si può dire piccol gregge, pusillus grex. E questo è un fatto che dà molto a pensare e dovrebbe dar molto a pregare e ad operare, perchè il danno diventa, ad occhi veggenti, ogni giorno più grande e piglia l'aspetto di irreparabile.

II.

Quando ai tempi di Leone X, tutte le furie d'inferno scatenaronsi contro Dio e la sua Chiesa, a guisa di un sistema tutto acconcio a scindere la unità cattolica e recare lo scetticismo nel campo della filosofia, s'inaugurò il razionalismo. Allora intendevasi per razionalismo, che ogni uomo particolare dev'essere il supremo giudice nella interpretazione della Bibbia e che l'umana ragione individuale dev'essere il supremo criterio di ogni verità filosofica, speculativa e pratica. Il razionalismo, così inteso, si dimostrava a primo aspetto figlio della superbia e inconciliabile coll'esistenza della vera religione e col sincero progresso filosofico. Imperocchè, se di quella parliamo, il senso privato nella interpretazione della Bibbia è direttamente opposto a quel principio di unità di magisterio che è il cardine essenziale della Chiesa cattolica, e senza il quale ipso facto cesserebbe dall'essere quella ch'è, cioè Chiesa di Gesù Cristo, colonna e fondamento della verità. Inoltre, la fiacchezza dell'umana mente, considerata nell'essere suo assoluto, la discrepanza degli umani intendimenti, la forza, la voltabilità delle passioni, nell'impeto delle quali a mala pena la ragione discerne il vero e lo segue, la incapacità della massima parte degli uomini a cogliere il netto nella spiegazione di oscuri detti; dovevano naturalmente recare una infinita varietà nella interpretazione anco dei punti fondamentali della religione, e quindi scindere quell'unità della Chiesa che l'è essenziale e sostituire alla medesima innumerabili sètte, o religioni diversissime. E questo accadde dai tempi di Lutero fino a noi, ed è un luculentissimo fatto che il razionalismo applicato alla religione la distrusse e creò in sua vece la superstizione; chè altro non è il protestantesimo proteiforme, preso nel suo aspetto meno empio, meno pazzo e meno assurdo.

III.

Egli è ben vero che considerato il razionalismo alla maniera che dicevamo, di prima fronte, non parrebbe inimico della filosofia, anzi sembrerebbe che da questa fosse assolutamente richiesto. Imperciocchè il criterio de' veri filosofici è la ragione e non punto l'autorità; nè si debbe accettare come parte integrante della filosofia altro che i principii che rifulgono nella loro evidenza e certezza alla mente umana, e le illazioni che deduconsi logicamente dai principii medesimi. Tutto ciò che a que' principii non appartiene, nè è parte di coteste illazioni, non ispetta alla vita della filosofia, ed è fuora della sua natura. Egregiamente! Ma introdotto una volta nello studio della filosofia quel razionalismo con tutta la sua superbia, la quale n'è, diremmo quasi, la forma essenziale, ognuno si arrogherà il diritto di creare una novella filosofia, e sopra le essenze e le facoltà di tutte le cose si metteran fuori dottrine sempre mai nuove e contrarie a quelle che ci lasciò la sapienza dei nostri maggiori. Così, dove si dovrebbe avere una sola filosofia, perchè una sola è natura, di cui essa è interprete, vi saranno tante filosofie, quanti potranno essere quelli che studiano la natura, e per manco di acume, e per leggerezza di mente, o per disio di rinomanza, la vogliono vedere in maniera affatto diversa da quelle ond'altri la videro. Nè altramente accadde di fatto, e all'unica scuola di filosofia sostituironsi cento, mille e mille scuole; nè vi ha povero filosofetto il quale, appena capace di annaspare malamente un qualche discorso, non voglia dare il proprio sistema e la propria filosofia. Anzi gli stessi scolari, in virtù di quel principio, si adergono a giudici dei proprii maestri, e alla filosofia che si dà dalla cattedra si oppongono novelle filosofie che gl'imberbi giovinetti improvvisano dalle panche. Per la qual cosa, come il razionalismo fu il distruttore della religione così fu il corrompitore della filosofia, e dove egli domina altro non abbiamo che ruine, errori, leggerezze, confusione ed orgoglio.

IV.

Tuttavia il razionalismo, fin che resta con questa forma, si può combattere coi medesimi principii. Infatti se discorriamo nel campo della religione, la ragione stessa, bene adoperata ci ammaestra ch'ella non è nè può essere l'unico e supremo criterio di verità speculativa e pratica, e coll'irrefragabile forza del raziocinio noi possiamo provare da passi luculentissimi della Bibbia che il primo ed infallibile maestro della Chiesa cristiana, in cui s'incentra tutto il magistero cristiano, è il successore di Pietro e Vicario di Gesù Cristo, e che in esso risiede la pienezza dell'autorità e del potere necessario, sufficiente ed opportuno per reggere, in tutte le circostanze, la Chiesa di Dio e condurre gli uomini alla salute. Uom che sappia discorrere può ben dare di che filare a' protestanti, i quali millantansi razionalisti al modo testè indicato, e può coi loro stessi principii strignerli e superarli.
Egualmente diciamo nel campo della filosofia: dove in forza dei principii di quel medesimo razionalismo, possiamo dimostrare quanto egli sia nocivo il dispregiare l'autorità altrui, e il volere farla da maestro prima di essere stato paziente e studioso discepolo, e quanto sia vantaggioso alla filosofia il ragguagliare le sue verità dedotte scientificamente da principii e dai fatti, con la divina rivelazione, la quale non può essere macchiata d'errore; sebbene il metodo filosofico non ammetta l'autorità di questa medesima rivelazione come intrinseco e naturale criterio della scienza.
Per la qual cosa il razionalismo preso alla maniera indicata, secondo la quale la ragione individuale dovrebbe essere l'ultimo criterio di verità, è certamente un'arma molto nocevole alla fede ed alla scienza, ma pur un'arma che si può strappare di mano a chi d'essa si fa forte, e adoperarla gagliardamente contro lui stesso. E di questo si avvidero que' razionalisti, che oggimai possiamo chiamare vetusti. Ond'è che non tardarono gran fatto a dare al razionalismo una novella forma, non punto badando se questa forma sia o non sia contraria alla essenza stessa del razionalismo.

V.

Adunque col nome di razionalismo vollero intendere un sistema filosofico, in virtù del quale l'uomo non deve accettare verità alcuna, sia speculativa sia pratica, la quale non possa essere scientificamente dimostrata coi principii dell'umana ragione e da essi evidentemente dedotta. In questa seconda forma del razionalismo la guerra al soprannaturale è direttamente ed apertamente dichiarata. Ma in essa vi furono due gradi, dal primo de' quali si discese al secondo con facile progresso. Nel primo grado si affermava di non accettare semplicemente il soprannaturale, essendo cosa ripugnante (il che è falsissimo) all'indole razionale dell'uomo, credere ciò che alla ragione è incomprensibile, nè potendo la bontà di Dio e la sua saggezza obbligarlo ad un atto, cui riluttano le sue facoltà naturali. Nel secondo grado poi si affermava, non potere non essere assurdo tutto ciò che nel campo della speculativa e della pratica, non è virtualmente contenuto nei primi principii della umana ragione, nè da essi può venire con umano discorso evidentemente dedotto. È manifesto che nel primo grado si ricusa di sottomettersi al soprannaturale, nè si vuol credere; nel secondo si nega la possibilità del soprannaturale medesimo e della fede. La contradizione che esiste tra razionalista, considerato il razionalismo a questo modo, e cristiano è manifestissima; e perciò segue che a mano a mano che cotesto razionalismo si dilata, debba la religione cristiana allontanarsi e cedergli il posto. Imperocchè il soprannaturale appartiene alla essenza del cristianesimo, nè di ciò dubitarono i patriarchi dello stesso protestantesimo; sebbene, nel determinare i punti del medesimo soprannaturale, si dividessero in isvariate sentenze, a cagione del razionalismo raffazzonato alla prima forma, da loro ammesso e caldamente promosso.

VI

Il protestantesimo, in virtù del suo principio razionalistico, scisso in innumerabili sette, al prendere che fece piede la novella forma del razionalismo, lasciò per poco di suddividersi e frazionarsi all'infinito e incominciò a trasformarsi, togliendo da sè il soprannaturale. L'ermeneutica biblica e l'esegesi protestantica, ridotta oggimai ad uno studio arido e pedantesco di sintassi grammaticale e di etimologia linguistica, si prese il còmpito di trasferire a forza di metafore e di analogie e di miti, a significazione naturale e filosofica tutto quello che nella Bibbia accenna al soprannaturale. In ben pochi luoghi ritiene il protestantesimo le sue antiche fattezze, ed esso va da pertutto trasformandosi con grande celerità in un sistema filosofico pieno di stravaganze, di assurdità e di puerilità mitologiche.
La Chiesa cattolica per contrario, perchè è la vera Chiesa di Gesù Cristo, fondata sopra la sua onnipotente virtù, fu, è e sarà sempre immutabile nella sua essenza e indefettibile nella verità della sua dottrina. Il perchè, come il razionalismo nella prima forma non potè viziare il suo insegnamento, così quello della seconda forma non potè alterare menomamente la sua dottrina. Il deposito della rivelazione fu conservato intatto dalla Chiesa cattolica e tutto ciò che di soprannaturale credevasi, o esplicitamente o implicitamente, da' cattolici nel primo secolo, si crede a' dì nostri. La Sede Apostolica e i Vescovi cattolici uniti al Vicario di Gesù Cristo nel Concilio Vaticano, riconoscendo i naturali diritti della ragione, ne determinarono i limiti e ne chiarirono le obbligazioni, opponendosi in maniera precisa e distinta al razionalismo della seconda forma, il quale, rigettando la soprannaturale rivelazione, rigetta la fede e la religione cristiana.
Ma sebbene nella Chiesa cattolica docente e nel suo supremo magistero non sia potuta entrare ombra di quello spirito razionalistico, che tutto corruppe il protestantesimo; tuttavia da quello spirito stesso furono guasti cattolici in gran numero, particolarmente da un mezzo secolo in qua, a cagione specialmente del manco di soda istruzione filosofica in alcuni paesi cattolici, e di dottrine scientifiche affatto erronee onde, in altri paesi pur cattolici, veniva traviata la gioventù ne' licei e nelle università. La gioventù poco addottrinata nelle scuole, non uscendo nel campo aperto di un secolo impervertito e seduttore, bene agguerrita per sodi e certi principii filosofici, dopo avere appreso nelle scuole che nella filosofia, fuora di una qualche rara verità tutto è problematico, tutto incerto, tutto voltabile secondo la voltabilità di sempre nuovi sistemi, fu fatta giuoco dei tristi che trascinaronla alla incredulità, e delle sètte che la inchiodarono nella apostasia. Dall'altra parte quella gioventù che avea dalle scuole non solo attinta la leggerezza, ma come latte avea succhiate le dottrine del razionalismo e cangiatesele in sangue e in naturale nutrimento, recò tra le famiglie cattoliche, e in tutti gli ordini sociali quello spirito anticristiano e pagano, che è la piaga de' nostri giorni ed eziandio della povera nostra patria. E il male è ito tant'oltre, che sebbene la Chiesa di Dio abbia il suo gregge fedele da per tutto, e fiorisca esso per elette virtù, e stia fermo nella vera fede, nondimeno il razionalismo della seconda forma è di già entrato nella vita sociale e politica di tutte le nazioni, le quali tutte in quanto tali hanno apostatato dalla religione rivelata e dalla Chiesa di Cristo, ritenendo soltanto qualcuna di esse qualche principio religioso speculativo e pratico di puro ordine naturale: e questo ancora più secondo apparenza che secondo realtà.
Nelle scienze poi la vittoria di cotesto razionalismo è quasi quasi compiuta, perchè eccettuato un piccolissimo numero di scuole cattoliche, nelle quali, per grazia di Dio, si ha risguardo alla dottrina rivelata ed all'ordine soprannaturale, e la filosofia è veramente ancilla theologiae in que' limiti sapientissimamente tracciati dal Concilio Vaticano, il divorzio è universale e totale della ragione dalla fede. Quindi la filosofia teoretica e pratica forma da per tutto quella gioventù, la quale, secondo le speranze dei tristi, dovrà recare a compimento l'apostasia dei popoli e l'ateismo delle nazioni.

VII.

Ma quando l'uomo batte il sentiero dell'errore non per abbaglio incolpevole dell'intelletto, ma per prava volontà, non v'è speranza, naturalmente parlando, di ravvedimento, perchè la verità è impugnata quale verità. È un precipitare con velocità ognora più crescente e con impeto vie maggiore fino al fondo dell'abisso. Nel secondo grado del razionalismo, la rivelazione è reietta, il soprannaturale escluso affatto dalla religione; pur tuttavia non si disconosce nella ragione la naturale sua dipendenza dal vero oggettivo, e ai suoi raziocinii viene concessa una forza morale assoluta, cui l'uomo sia tenuto obbedire. Correndo così la bisogna, ci rimane ancora una via aperta a combattere la ragione traviata con quel poco della ragione retta, che è pur dagli increduli riconosciuto. Per la qual cosa possono questi essere tratti in contradizione, potendosi a rigore di logica lor dimostrare che la ragione stessa richiede la possibilità e il fatto della rivelazione, e che la medesima ragione dimostra la esistenza di un Dio infinito nella sua essenza e nelle sue perfezioni, onnipotente, e ravvolto negli inaccessi splendori del sopraintelligibile e del mistero. L'uomo, in forza del razionalismo della seconda forma si è fatto a Dio ribelle, ma non ha ancora eretto in sistema una totale indipendenza, nè si è sostituito al medesimo Dio.
A cotesto stremo si venne a' dì nostri con la proclamazione della formula della libertà del pensiero, formula che affranca l'uomo da ogni legge e dichiara la assoluta sua indipendenza da Dio e toglie ogni discrepanza tra la virtù ed il vizio, tra l'errore e la verità. Infatti, intanto la volontà può considerarsi soggetta alla legge, in quanto essa è subordinata alla norma della ragione, la quale per lei è l'immediata regola dell'operare, e il prossimo principio della coscienza. La ragione fornita di un imperio morale assoluto intima alla libera volontà le divine ordinazioni, e la parola della ragione è parola di Dio. Dio, quale legislatore naturale e quale autore di leggi positive e soprannaturali, non lega l'umana volontà immediatamente, non la costringe a battere quel sentiero cui egli vuole, spiegando sopra essa sola la sua virtù, ma la muove mediante la ragione; quantunque, così pur movendola, operi sopra essa in arcana maniera immediatamente, rendendola più disposta e preparata a secondare l'indirizzo della medesima ragione illuminata dalla fede.
Ora il moderno principio della libertà del pensiero, toglie ogni ordine e soggezione. A ben intendere ciò conviene distinguere libertà elicita da libertà imperata, libertà fisica da libertà morale. La libertà elicita è la facoltà di operare o di non operare, di operare in uno o in un altro modo, poste tutte quelle condizioni, le quali sono sufficienti ad operare. Questa libertà appartiene solo alla volontà, la quale dal bene contingente (ch'è qui il suo oggetto) non viene punto necessitata ad operare. Le altre facoltà tutte quante, compreso l'intelletto, non hanno questa elicita libertà, perchè dagli oggetti convenientemente loro presentati, sono all'operazione propria determinate, ossia fisicamente necessitate. Come l'occhio sano ed aperto, in presenza dell'oggetto illuminato, non può non vederlo, così l'intelletto cui immediatamente rifulga, nella sua oggettiva evidenza, il vero, non può non concepirlo, formandone il verbo mentale, in cui lo dice e lo afferma. Per altro, quantunque queste potenze non abbiano libertà elicita, l'hanno imperata perchè, la volontà elicitamente libera, può impedire i loro atti o può spignerle ad operare. Così la volontà può chiuder l'occhio sì che non vegga, e può stornare l'intelletto dalla considerazione di una cosa, impedendo così ch'egli sopra la medesima pronuncii un qualche giudizio. Anzi quando l'intelletto non è mosso dalla evidenza del vero, od ha ragioni probabili che lo tengono come in bilancia, indeterminato od incerto, la volontà può determinarlo a concepire un verbo mentale, nel quale affermi esser vero, quello che come tale non è evidentemente conosciuto. In questo caso il giudizio dell'intelletto sarà libero in virtù della libertà della volontà onde viene determinato alla sua operazione.
Fisicamente poi dicesi libera la volontà, perchè ella (quando la ragione non è offuscata) può in tutte le sue elezioni attenersi ad una parte o ad un'altra, prescindendo da qualsisia legge od obbligazione di scegliere piuttosto quella che questa. Moralmente poi direbbesi libera affatto la volontà, se fosse franca da ogni legge od obbligazione, così che ella non fosse soggetta giammai a disordine morale o colpa operando in un modo piuttostochè in un altro.
Ciò posto che significa la novella formula della libertà di pensiero? Significa che la volontà più non debbe essere misurata dal pensiero, ossia dalla ragione, cotalchè questa imponga col suo imperio a quella la norma di operare; ma bensì che la libera volontà determini a suo piacere l'intelletto in tutti i suoi pensieri, di guisa che questi debbansi dire liberi, non per intrinseca ed elicita libertà (la quale è impossibile nel caso presente) ma per libertà imperata, ossia derivata dalla libertà della medesima volontà. Il pensiero determinato dall'oggettiva verità è reietto, secondo la predetta formula; od almeno quantunque siffatto pensiero possa e debba naturalmente sorgere nell'intelletto, tuttavia la volontà ha il diritto di correggerlo e tramutarlo in un pensiero contrario, secondo il suo piacimento.
E poichè l'obbligazione morale discende dalla legge, la quale è intimata alla volontà per mezzo della ragione, egli è chiaro che nel sistema della libertà del pensiero, cessa ogni obbligazione morale; perchè si ascrive alla volontà il potere morale assoluto di creare liberamente a sè medesima quella norma di operare che più le talenta. Per la qual cosa, siccome la colpa consiste nel trasgredire che fa la volontà una norma di operare cui è soggetta, posta la libertà del pensiero e posto che alla volontà stessa appartenga determinare il pensiero ch'è norma del suo operare, la colpa è impossibile, essendo la volontà (in questa assurda supposizione) causa a sè medesima della sua rettitudine.
In questo sistema della libertà del pensiero la ribellione dell'uomo a Dio è compiuta, ogni vincolo è spezzato, ogni freno è tolto, è proclamata la assoluta indipendenza della libertà individuale, l'uomo è sostituito a Dio.

VIII.

Che così a' dì nostri s'intenda la libertà di pensiero la è cosa indubitatissima, e per convincersene basta leggere quelli scritti dei liberali increduli ch'escono alla luce, sia riguardo alla religione, sia riguardo alla politica ed alla filosofia. In questi tre rispetti ciascuno vuole aver diritto di pensare com'egli vuole, e quantunque le sue dottrine religiose, politiche, filosofiche sieno contrarie ai fatti, alla verità e dai saggi si dimostrino a tutta evidenza falsissime ed assurde; nondimanco si vuole che sieno rispettate non solo, ma i contradittori si hanno in conto di uomini che attentano alla libertà individuale, di uomini intolleranti, degni di essere messi al bando dalla società.
Da questa libertà di pensiero consegue logicamente la libertà di coscienza, la libertà della religione e dei culti, in quanto che si vuole che ciascuno abbia il diritto di operare come gli talenta, di professare quella religione che più gli aggrada, se pur gli aggrada. Ne viene la libertà della parola, della stampa; nè di queste libertà altri limiti si riconoscono, tranne quel di non recare danno altrui nell'esercizio delle medesime. Della intrinseca bontà o pravità degli atti, della moralità vera o della vera disonestà nel sistema moderno della libertà del pensiero, non più si parla: al diritto è sostituita la forza ed al dovere la convenienza e la utilità. Ognuno vede che in cotesto sistema è sottratto alla società il suo fondamento, ed ella deve necessariamente tendere alla dissoluzione ed alla ruina.
A vero dire, di primo aspetto, parrebbe impossibile che fosse generalmente accettata quella formula della libertà del pensiero nel senso che dicevamo, tant'essa è assurda. Mercecchè è naturale alla ragione conformarsi nè suoi giudicii alla verità delle cose, ed è pur naturale alla volontà che, come dicesi, è di per sè potenza cieca, seguire qual duce la ragione medesima. Ma chi non sa che in tutte cose, a' dì nostri, alla pravità ed all'assurdità più non si pensa? Dite a' legislatori che la legge che vogliono fare è ingiusta e però assurda: rideranno eglino della vostra semplicità, opponendovi il numero de' votanti in virtù del quale stat pro ratione voluntas. Non sono evidentissimamente assurde le dottrine della massima parte dei seguaci della scienza moderna, i quali affermano che l'anima sono gli atomi cerebrali, e il pensiero è il moto loro meccanico; che la memoria altro non è che moto immagazzinato negli atomi stessi, che gli atomi sono eterni, increati, infiniti, che operano a distanza, che colle loro posizioni danno successivamente le specie di tutte le cose dal monero all'uomo? Queste e mille altre dottrine sono evidentissimamente assurde, e sono sostenute dagli scienziati con quella forza di logica, che desta la compassione o il riso nei discreti lettori; ma tant'è, si propugnano, si diffondono, si tengono in luogo della quinta essenza della scienza moderna, e si grida l'anatema alla Chiesa di Dio perchè non accetta quelle dottrine, nè fa loro buon viso. Oggimai alla assurdità della dottrina, alla incoerenza, alla contradizione non si vuole avere riguardo di sorta alcuna; e questo si vuole avere in conto di progresso, il quale (a detta de' liberali increduli moderni) non può assolutamente acconciarsi colla immobilità dei principii speculativi e pratici, e richiede in tutto quella voltabilità e quella arbitraria diversità che debbe naturalmente originare dalla libertà di pensiero.

IX.

Che il razionalismo siasi a' dì nostri trasformato nella libertà di pensiero egli è un fatto, sebbene non affermiamo che tale trasformazione sia avvenuta da per tutto; per la qual cosa dove non è fatta cotesta trasformazione, di leggieri vi troviamo il razionalismo della seconda od anche della prima forma. Ma il guasto si diffonde con incredibile rapidità, nè vi vediamo mezzo da arrestarlo, senza una straordinaria intervenzione della provvidenza divina. Diciamo questo per due ragioni. La prima è, perchè il potere politico ai nostri giorni tutto ha in sè concentrato ed è divenuto socialmente onnipossente. Per la qual cosa avendo esso quasi da per tutto apostatato non solo dalla Chiesa cattolica ma da Dio, in maniera efficacissima, specialmente colla istruzione, e colla educazione cui egli vuole ordinare e reggere; può direttamente o indirettamente promuovere non solo il razionalismo, ma quella libertà di pensiero, ch'è il principio careggiato dai legislatori ammodernati. Quel potere poi può di leggieri inceppare l'azione del sacerdozio cattolico e de' saggi e pii cattolici, i quali vorrebbono sostenere l'antica e vera fede e con essa quelle dottrine speculative e pratiche che sono il fondo dell'umana ragione, e la sorgente del vero bene della famiglia e della patria.
La seconda ragione è che nella massima parte de' collegi od altri luoghi d'istruzione retti ancora da' cattolici, di ottime intenzioni e di fermissima fede, un po' perchè la leggerezza del secolo è una specie di epidemia che si apprende inavvedutamente eziandio ai gagliardi, e molto più per la dura necessità in cui si ritrovano i reggitori de' medesimi collegi di uniformarsi, per quanto possono, alle leggi universali intorno alla istruzione della gioventù, quasi tutto il tempo è consecrato allo studio delle lingue, alla così detta filologia, alla storia, alla geografia, alle discipline naturali o scienze fisiche, alle matematiche, e della filosofia altro non si dà che una superficialissima incipriata, della quale non rimane vestigio nei giovani, poco tempo dopo che lasciarono il tirocinio della loro educazione. Laonde noi veggiamo co' nostri occhi un fatto lagrimevolissimo; ed è, che una gran parte dei giovani educati ed istrutti in collegi eziandio cattolici, non regge alla prova del secolo reo e traligna miseramente, lasciandosi travolgere dalla corrente che tutto allaga ed invade. Que' giovani sono pianterelle che non hanno messe profonde radici, comechè appaiono coperte di frondi verdeggianti e di fiori: il loro intelletto non è, quanto a' dì nostri sarebbe necessario, illuminato e convinto delle fondamentali dottrine speculative e pratiche della sincera filosofia. E poichè ora la lotta contro la fede è mossa dalla filosofia e dalla scienza, la loro fede e la pietà loro non bastano assai spesso a reggersi saldi alla prova, ed irretiti dai sofismi si danno per vinti.
Sebbene adunque siamo certissimi che la Chiesa di Gesù Cristo non potrà perire giammai, tuttavia non siamo punto rassicurati che da essa molti non si toglieranno per gittarsi nei vortici del secolo perverso. E qui tra noi non so se vi sia più da sperare che da temere, discorrendo, come testè dicevamo, secondo le vie ordinarie della divina provvidenza. Ma chi regge la mistica navicella è Gesù Cristo, il quale con un cenno, con una sola parola può appianare i marosi, e sedar la procella. Il perchè adoperiamoci, per quanto le nostre forze il comportano, per opporci alla diffusione dei principii rei, illuminando le menti con quel poco d'istruzione che ancora possiamo dare alla gioventù, con la stampa di periodici di sana dottrina, e di libri, in cui non solo la religione venga sostenuta, ma specialmente vengano diradate quelle tenebre, onde da una scienza fallace la medesima religione si vuole ottenebrare; e insieme mettiamo tutta la nostra fiducia in Dio: quoniam ipsi cura est de nobis. I tempi per certo corrono tristi, ma forse non più tristi di quelli di Nerone, quando tutto il mondo era pagano ed attaccato ferocemente alle sozze superstizioni idolatriche. Alludendo a que' tempi procellosi, ne' quali sarebbonsi trascinati i credenti al carcere ed al martirio, diceva Cristo: Messis quidem multa, operarii autem pauci. Ma ancora pochi operai, animati dallo spirito di Dio, dimostrando nella purità e nella santità della loro vita vive e vere quelle virtù che predicavano con la parola, assistiti dalla grazia divina poterono condurre i popoli al grembo della cristiana religione, e dalla ferocia trarli alla mitezza de' costumi, dalla disonestà alla purità, dalla superbia alla più schietta umiltà. E forse anche adesso possiam dire: messis multa: e se bene rispetto al numero si possa dire: operarii pauci; nondimeno qualora tutti uniti con una sola mente e con un solo cuore al Vicario di Gesù Cristo idem sapiant et dicant, la loro operazione, confortata dal divino aiuto, sarà efficace e potrà, almeno in parte, riparare quella immensa iattura che ha patito la Chiesa in questi ultimi tempi, nei quali la diffusione delle perverse dottrine e tra queste specialmente quelle del razionalismo e della libertà del pensiero, han guasto la fede d'innumerabili suoi figliuoli.


Ernst Heinrich Haeckel (1834–1919) biologo, zoologo e "filosofo" darwinista tedesco, teorizzò il moneron (monero), ipotetico presunto essere vivente primitivo costituito da protoplasma ma privo di  nucleo, progenitore comune di tutte le specie, animali e vegetali. Elaborò un suo sistema filosofico panteistico denominato monismo, in cui materia e spirito costituiscono un'unità. Ateo e razzista, fu lui a coniare il termine ecologia (cfr. Ernst Haeckel, Generelle Morphologie der Organismen, Berlin 1866. (N.d.R.)