Nel 1555 Carlo V, abdicando, aveva lasciato il titolo imperiale al fratello Ferdinando, arciduca d’Austria e re di Boemia e di quanto restava dell’Ungheria; ma i troni iberici al figlio Filippo II, che, a onta delle titolature, ereditava il nerbo della potenza asburgica; ed esercitarono, egli e i suoi successori, una supremazia di fatto sui congiunti di Vienna. Questi con la Guerra dei trent’anni perdevano anche di diritto l’autorità imperiale, dovendo riconoscere l’autonomia dei moltissimi troni germanici; e, proprio per questo, ripiegando sopra una meno vasta ma più compatta identità danubiana, e stringendo attorno alla Casata i diversi popoli tedeschi, slavi e ungheresi dell’Europa Centrale. Praticarono una politica di matrimoni (“bella gerant alii, tu, felix Austria, nube”) e alleanze, che li condusse a riconquistare l’Ungheria e a pesare di più negli equilibri instabili del continente.
In più documenti della letteratura e storiografia meridionali del XVIII secolo troviamo cenni che fanno pensare a un dibattito in atto sulla successione; e mentre qualcuno come l’economista Giuseppe Serra si spingevano fino a propugnare l’indipendenza, pensatori come il padre Fiore o il gesuita Destito appaiono molto vicini a simpatie per gli Austria. Non si trovano simpatizzanti per i Savoia, che pure affacciavano pretese. Troviamo persino una sia pur vaga notizia di congiure antispagnole e probabilmente filo austriache, tra cui un progettato attentato alle autorità nel teatro di Cosenza per mezzo di esplosivo!
Carlo II, nonostante la sua palese debolezza anche personale, non moriva; e quando ciò accadde addirittura nell’anno 1700, si apprese che aveva lasciato erede Filippo di Borbone, pronipote suo ma anche di Luigi XIV; questo così inopinato dono alla Francia non poteva essere sopportato, e scatenò la Guerra di successione spagnola, inizialmente a favore di Carlo d’Asburgo, che conquistò i troni italiani; ma quando per eredità, divenne l’imperatore Carlo VI, il problema dell’eccessiva potenza borbonica si rovesciò in eccessiva potenza asburgica, e si venne a un compromesso: Filippo di Borbone sarebbe stato re di Spagna e delle Americhe, ma avrebbe ceduto a Carlo VI i Paesi Bassi (attuale Belgio) e Milano, Napoli e la Sardegna; la Sicilia sarebbe passata a Vittorio Amedeo II di Savoia con titolo di re, ma nel 1720 venne scambiata con la Sardegna. Le paci del 1713 e ‘14 sancirono l’intesa.
Viceré e amministratori austriaci e milanesi tentarono con oneste intenzioni di riordinare un Regno che da decenni era un po’ abbandonato a se stesso e in debolezza economica; ma erano troppo freddi, rigidi e burocratici, e non riuscirono a suscitare molta affezione di nobiltà e popolo. Ciò fece rinascere un partito spagnolo, che, come diremo un’altra volta, porterà al 1734.
Ulderico Nisticò
Fonte:
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