Gen. Ludwig Riedl |
Altro "protagonista", il gen. Ludwig Riedl è stato un testimone, lasciando memorie della sua partecipazione alle battaglie di Gorice e di Kobarid, ricevendo la Croce dell'Ordine di Maria Teresa per la prima campagna.
Figlio di un ufficiale ungherese lealista anche nel 1848 ed eroe di guerra a Villafranca.
Vedi il resto della sua biografia al seguente link:
Nel suo saggio sulla battaglia di Kobarid, mette in luce come, lo spiegamento di artiglieria austro tedesco riuscì a raggiungere localmente la superiorità di un pezzo ogni 4-5 metri di fronte, nonostante l'inferiorità totale di bocche da fuoco, citando ad esempio la superiorità italiana del novembre 1918 con la media di 12 metri di fronte per pezzo.
La superiorità locale fu anche assicurata dal numero di colpi a disposizione di ogni pezzo, assicurata con lo svuotamento di tutte le riserve dell'Impero e con la ricchissima dotazione tedesca, raggiungendo un numero di colpi per metro di fronte, più elevata che nelle due azioni già citate ma anche nelle altre alle quali partecipö come quella del Monte Lovcen, quella dei 7 comuni nella südtiroleroffensive del maggio 1916, quella di Magyaros nella campagna contro la Romania.
In ogni caso, tirare molti colpi per pezzo non era facile e necessitava non solo di sforzi fisici e logistici notevoli, ma anche di ottime tecnologie; vedi le cronache delle battaglie dell'Isonzo degli italiani, con i loro cannoni specie quelli di ghisa, che deterioravano le canne molto rapidamente e spesso esplodevano con il colpo in canna.
La concentrazione del fuoco su obbiettivi mirati, fu uno dei tanti elementi di successo della battaglia di Kobarid. Egli ricorda che la sua batteria di obici da 15 cm, aveva come unico obbiettivo, un cannone italiano incavernato.
Ancora peggio accadeva a Bovec, dove decine di cannoni incavernati nelle pendici del Rombon minacciavano l'avanzata a valle e potevano essere colpiti solo uno per uno, senza possibilità di tiri di prova. Il mattino del 24 ottobre, nessun colpo proveniente da quei cannoni, disturbò l'avanzata degli Schützen stiriani.
Riedl ricorda anche, come lo spirito del "zusammenarbeit" e della delega, permise di conseguire tutti gli obbiettivi e di andare ben oltre. Narra che il collonnello di artiglieria tedesco Gerstenberger che comandava il settore di S.Lucia, fece riunioni con tutti i comandanti delle batterie chiedendo le loro opinioni personali e chiedendo loro, "il massimo spirito di iniziativa". Tutto l'opposto della controparte, dove quasi, non ci si si azzardava ad andare alle latrine senza un ordine scritto dei superiori.
Altri autori ci informano che tutti gli ufficiali e sottufficiali avevano cartine colorate per orientarsi nella battaglia, mentre dall'altra parte i tenenti non sapevano nemmeno dov'erano e solo alcuni capitani avevano accesso alle carte topograrfiche, gelosamente custodite dai loro superiori.
Rispose anche al generale tedesco Cramon, che nelle sue opere degli anni '30, fingeva che la battaglia di Kobarid fosse stata vinta solo dai tedeschi, che erano in inferiorità rispetto agli austro ungarici, totalmente assenti dal secondo punto di attacco a Bovec e che anche a Tolmin dove la direzione dell'attacco e la superiorità numerica spettava ai tedeschi, avessero in realtà 488 pezzi di artiglieria contro i 700 AU.
Italiani e tedeschi presto alleati, si trovarono subito d'accordo tra le due guerre per attribuire il merito dell'offensiva di Kobarid, solo ai tedeschi. Ma non era così e l'artiglieria AU specie quella di montagna, continuava a rimanere la migliore del mondo, mentre l'alleato germanico si serviva delle batterie di mortai Skoda da 30,5 dall'inizio alla fine della guerra, perchè non aveva niente di meglio da mettere in campo.
Altre particolarità della supremazia dell'artiglieria nell'attacco di Kobarid, ci provengono da altre cronache, che narrano di come i nostri, riuscissero a mettere in puntamento tutti i pezzi con pochissimi tiri di prova. Si tirava a falsi bersagli, si tirava a schrapnel per non insospettire il bersaglio e si calcolava il probabile punto di caduta con triangolazioni e calcoli molto complessi, possibili solo a grandi matematici ed esperti di trigonometria e di parabole, com'erano i nostri ufficiali di artiglieria.
Dopo puntato un pezzo tramite i calcoli, si mettevano in parallelo gli altri pezzi che avevano lo stesso obbiettivo, con calcoli e rilevamenti ancora più complessi.
Un paio di tiri per i battaglioni di artiglieria dislocati in compagnie e batterie anche distanti tra di loro la sera prima dell'attacco e 20 minuti di tempo per i tiri di prova all'alba del 24 ottobre, servirono per gli aggiustamenti grossolani, il resto degli aggiustamenti vennero fatti in corso d'opera.
Ma ne servirono pochi, già la sera del 23 furono eliminate dal tiro a gas e dal tiro distruttivo, quasi tutte le batterie incavernate che sovrastavano il teatro dell'avanzata in modo tanto massiccio ed apparentemente invulnerabile, che tutti gli italiani fino a Cadorna e Vittorio Emanuele, in ispezione il giorno prima dell'attacco, avevano dichiarato "impossibile". E così avevano dichiarato anche molti dei nostri ufficiali, prima di aver visto nelle 3 settimane di preparativi, di cosa sarebbe stata capace l'alleanza austro-tedesca, per ricacciare gli invasori a casa loro.
Fonte: -La Prima Guerra Mondiale-