Feldmaresciallo Carlo Gelb Edler von Siegesstern |
Il goriziano Carlo Gelb Edler von Siegesstern, nato il 2 luglio 1857, morto in esilio a Villach il 2 gennaio 1943. Il titolo nobiliare era "militare", il nome della famiglia è di probabile origine israelita; non sappiamo la sua religione perchè tale informazione non veniva mai riportata nei ruoli delle forze armate.
Nominato feldmaresciallo, fu comandante della 17. ID che aveva il comando a Nagy Varad (anche nota come "Varadino", la città della tomba di Arpad), in Transilvania.
La Divisione era composta dalla 33. Infanteriebrigade, dalla 34. dal reggimento di artiglieria da campagna 19. e dal 7. reggimento artiglieria da fortezza. La 33. brigata era composta da 2 battaglioni del 37. IR e 39. IR più 3 battaglioni del 101. IR.
La 34. Brigade era composta da 3 battaglioni del 37. IR, 3 del 46. IR e dal 46. battaglione pionieri.
Il 37. IR era un reggimento ungherese ma KuK con comando ed 1 battaglione a Zagabria, gli altri in Transilvania.
Il 39. IR era un altro reggimento ungherese ma KuK con comando e tre battaglioni a Vienna, il quarto a Debrecen.
Il 46. IR era un altro reggimento ungherese KuK, tutto di Szeged.
Il 101. IR era tutto di Nagy-Várád.
La divisione di Gelb era composta in maggioranza da transilvani di lingua romena, poi di lingua magiara, poi croata e poi austriaca.
La 17. ID era giunta sull'Isonzo nel breve periodo tra la fine della prima e l'inizio della seconda battaglia. Perse 10 mila soldati nel corso della seconda battaglia, fu mandata ad affiancare la 20. ID distrutta già nei primi giorni nella zona San Michele.
La 17. ID rimase sempre in campo nonostante le gravissime perdite; non ci fu mai tempo di mandarla nelle retrovie per ricostituire i ranghi con i rincalzi. Un suo reggimento perse quasi 500 uomini in poche ore.
Durante quei giorni le 4 vette del Monte San Michele furono conquistate dagli italiani, quasi una decina di volte; la vetta più alta 4 volte.
Ogni volta le Divisioni di fanteria sostenevano i bombardamenti italiani che li decimavano, opponevano la più strenua resistenza per eliminare quanti più invasori possibile, cedevano lentamente terreno nella difesa elastica di cui erano maestri. Questo nella parte boscosa, in quella già desertificata era tutto più banale.
Ogni notte, le cime perdute venivano riconquistate tramite i contrattacchi, cui partecipavano i nostri cari bosniaci della 2 Brigata da montagna, chiamati anche a singole compagnie, a svolgere il futuro compito delle Sturmtruppen.
Gli italiani erano già terrorizzati da essi, ne avevano conosciuti alcuni negli attacchi al Mrzli Vrh nella prima battaglia e le voci si erano diffuse rapidamente.
Dopo che i bosniaci avevano riconquistato le cime nei loro attacchi notturni apparentemente temerari ed impossibili, seguivano i reparti di fanteria che dovevano continuare e consolidare immediatamente le trincee, in previsione dell'attacco di artiglieria italiano che sarebbe scattato qualche ora dopo l'alba.
In quei giorni si distinse anche il 28. Hausregiment di Praha, già sciolto con ignominia sul Passo Dukla, tanto che fu riabilitato.
Quando le rare cronache occidentali entrano nel dettaglio etnico, si fermano sempre a dire che la 17. ID era "ungherese". La realtà linguistica ed etnica delle nostre truppe era in realtà molto più complessa e variegata, gli occidentali non riusciranno mai a comprendere che anche una singola persona poteva avere diverse identità linguistiche. Nel caso del Banato e del Siebenbürgen, le lingue reggimentali erano addirittura 5.
Nella seconda micidiale battaglia dell'Isonzo con mortalità doppia della già sanguinosa prima battaglia, era ormai chiaro che sul fronte italiano non esistevano problemi di "affidabilità etnica" delle truppe. Tutti e veramente tutti i popoli dell'Impero, covavano lo stesso sdegno contro l'infame Italia traditrice ed aggressiva, che specie nei combattimenti corpo a corpo sempre cercati dalle nostre truppe, si trasformava in furia omicida e vero e proprio odio per gli invasori e traditori.
Sempre nella 2 Battaglia dell'Isonzo, ci fu il sacrificio del X M/baon del 97° IR Reggimento di Trieste, a Bosco Cappuccio nei pressi di San Martino. Il battaglione fu annientato più di una volta, perchè perse oltre 1.000 uomini, non sappiamo se in una o due battaglie. I morti del X M/baon del 97. IR erano come sempre triestini, gradesi, friulani e sloveni del Litorale, qualche croato del Litorale.
Ogni volta che la gente del Litorale guarda il San Michele, potrebbe ricordarsi dei propri veri eroi che erano nonni, bisnonni e prozii. Non certo quegli strani esseri tanto diversi da loro che aggredivano e che avrebbero stravolto l'ordinato, civilissimo e progressita mondo dei loro nonni.
Le truppe di Gelb cercavano di metterci ancora più degli altri, perchè Gorizia era la città natale del loro amato comandante.
Grazie nostri cari avi mitteleuropei, il vostro comportamento fu esemplare per respingere gli invasori che volevano portare la loro corruzione nelle due Capitali dell'Austria Ungheria.
Le 12 battaglie dell'Isonzo furono uno scontro di civiità, più dell'assedio di Vienna del 1683. Se ora a Vienna, Budapest e Praga non si suona lo scacciapensieri, se non c'è la mafia e la corruzione, è merito di quei nostri nonni, prozii e dei loro camerati.
Fonte: -Prima Guerra Mondiale-
Di Redazione A.L.T.A.