La «testimonianza»[1]è continua nella Chiesa da parte degli Apostoli e dei discepoli di Cristo fino alla fine dei tempi; essi devono per «mandato»[2] trasmettere fedelmente la dottrina di Gesù anche a costo della vita[3]; questa è la condizione indispensabile per essere riconosciuti da Gesù davanti al Padre[4]. Non c’è trasmissione della dottrina, non c’è testimonianza e non può esserci neanche martirio, non c’è adempimento al mandato, se non secondo la Chiesa, nella retta fede integrale, insegnata e dimostrata da Gesù.
Dio,inoltre,non permette che la Scrittura venga «usata» in malo modo, ma solo secondo il principio di «convergenza dei Padri»[5], mediante il ricorso per l’appunto a Dio stesso, allo Spirito Santo, ovvero alla Chiesa, dunque alla Tradizione[6] che «precede la Scrittura stessa, la completa e la spiega»[7]. Così si esprime la Chiesa:
«Conoscete ancora, Venerabili Fratelli, altre mostruosità di errori ed altre frodi, con cui i figli del secolo acerbamente impugnano la divina autorità e le leggi della Chiesa, per conculcare insieme i diritti della potestà civile e di quella sacra. A questo mirano inique macchinazioni contro questa Romana Cattedra del Beatissimo Pietro, nella quale Cristo pose l’inespugnabile fondamento della sua Chiesa. A questo mirano altresì quelle sette segrete che occultamente sorsero dalle tenebre per corrompere gli ordini civili e religiosi, e che dai Romani Pontefici Nostri Predecessori più volte furono condannate con lettere apostoliche che Noi, con la pienezza della Nostra Potestà Apostolica, confermiamo e ordiniamo che siano diligentissimamente osservate. Questo vogliono le scaltrissime società Bibliche[8] mentre, rinnovando le vecchie arti degli eretici, senza badare a spese non si peritano di spargere fra gli uomini anche più rozzi i libri delle divine Scritture, volgarizzati contro le santissime regole della Chiesa e sovente corrotti con perverse spiegazioni, affinché, abbandonate la divina tradizione, la dottrina dei Padri e l’autorità della Chiesa cattolica, tutti interpretino la parola del Signore secondo il loro privato giudizio e, guastandone il senso, cadano in errori gravissimi».[9]
[...] L’oggetto primario del Magistero costituisce il Deposito della fede, ovvero tutto quello che Dio ha rivelato al genere umano, sia esplicitamente che implicitamente, e che deve essere creduto, praticato e seguito. Esso riguarda i dogmi, le leggi (anche la legge naturale), l’Istituzione Chiesa, i poteri, il governo, i mezzi di santificazione e consacrazione, quindi anche il culto che si deve al vero Dio ed il vero culto che si deve a Dio,ecc … Sostanzialmente tutto ciò che riguarda l’ordine rivelato e soprannaturale. [10]
L’oggetto secondario del Magistero riguarda l’obbligo di vigilare sulla dottrina affinché il Dato rivelato venga conservato integro ed esattamente interpretato; prevede quindi il diritto di condannare ogni opinione contraria; all'occorrenza il Magistero pontificio può definire quella verità che, pur senza essere rivelata (neanche implicitamente), si ricava come conclusione logica delle basi poste dalla Rivelazione medesima.
Secondo l’«Enciclopedia del Papato»[11]la missione dottrinale del Papa, così come anche la sua stessa autorità, si estende per importanza «con piena competenza e senza eccedere i limiti del suo potere e della sua missione apostolica»:
«1) Giudicare, definire e imporre all'assenso dei fedeli le conclusioni teologiche dei dogmi rivelati, le quali, sebbene non siano rivelate, si deducono con un ragionamento evidente e certo dalle premesse poste dalla Rivelazione. Spiegare autenticamente il dogma significa necessariamente farne vedere tutte le conseguenze e discriminare quelle che si impongono;2) Giudicare, censurare e qualificare con note teologiche ogni opinione o ipotesi, anche filosofica o scientifica, economica o politica, proporzionatamente alla sua contraddizione con una verità rivelata oppure con le conclusioni che procedono direttamente da essa. Affermare una verità significa negare necessariamente la sua contraddittoria. D'altronde, affinché la dottrina cattolica si conservi integra, non basta evitare e proscrivere l’eresia, negazione categorica del domma; “è necessario ancora evitare diligentemente gli errori che più o meno la toccano da vicino”;3) Affermare e definire la verità dei fatti dogmatici, fatti non rivelati ma talmente legati ai dogmi che non si possono mettere in dubbio senza compromettere immediatamente la stessa verità rivelata, la sua interpretazione autentica o la sua difesa efficace. L’insegnamento e la dimostrazione del dogma suppongono infatti come ammessi e accertati alcuni fatti quali l’autenticità della “Volgata”[12], la legittimità del Sommo Pontefice e l’ecumenicità del Concilio autori di una definizione dogmatica; così pure la condanna efficace d’un errore non potrebbe lasciar dubbio sul carattere eretico del libro che lo contiene;4) Giudicare e definire, mediante la canonizzazione, che un defunto si trova nel numero degli eletti e come tale è degno di essere proposto al culto della Chiesa universale, in modo che la sua vita terrestre possa essere legittimamente considerata come un esempio da imitare, una concreta realizzazione della vita cristiana ideale;5)Approvare gli ordini religiosi, vale a dire giudicare e assicurare che la loro regola, conforme alla morale cattolica, è per di più una via sicura per tendere e giungere alla perfezione delle virtù cristiane».
Tutti i teologi, i Padri e Dottori della Chiesa, i Papi ed i Concilii- senza alcuna eccezione, tranne certi contemporanei ribelli - ammettono che in tutte queste materie il Sommo Pontefice possiede una competenza ed un’autorità indiscusse. Non c’è dubbio che l’oggetto primario o secondario del Magistero pontificio, sia esso diretto o indiretto, si estende a questi diversi ordini di verità e di giudizi, implicando certamente il carisma dell’infallibilità su tutte quelle questioni che il Pontefice «ha da Dio attraverso i suoi Apostoli di cui è il legittimo successore». Sostiene F. Franzelin nel «De Magisterio»[13]:
«[…] definendo ex cathedra una verità che in sé non è rivelata, per il fatto stesso il Sommo Pontefice definirebbe l’estensione della sua infallibilità a una verità di [queste, NdA] categorie. […]In effetti, se la Chiesa è infallibile nella custodia del Deposito della fede strettamente detto, e dunque nella determinazione del vero senso dei dogmi rivelati, per il fatto stesso è infallibile nel giudicare il vero senso, l’intenzione e l’estensione della sua autorità e infallibilità, oppure, il che è lo stesso, nel giudicare le condizioni e gli oggetti sui quali di Diritto divino essa ha autorità e per cui le è stata promessa l’assistenza dello Spirito Santo. Infatti questa autorità e questa infallibilità sono un dogma rivelato».
Tratto da Apologia del Papato, Carlo Di Pietro, EffediEffe (c) 2014 (c)