Breve estrapolato dal volume di Carlo Di Pietro, Apologia del Papato, EffediEffe 2014 (c) (sito - facebook). L'autore risolve chiaramente in numerosi capitoli, Papa per Papa, tutte le polemiche, mistificazioni e strumentalizzazioni che riguardano alcuni Pontefici del passato. Terminato ciò, prima di chiudere la sezione dedicata alle obiezioni, acclude anche questo piccolo elenco per maggiori aggiunte extra (pagine 473 - 478, note 936 - 947).
Obiezione su Papa Liberio. Egli firmò una formula comunque semiariana, pertanto dove sta l’infallibilità promessa? Due sono le cose, o dovrebbe essere ricordato come antipapa o non è vero che è stata promessa l’infallibilità?[1] Risposta. Il vero pensiero di questo Papa si trova nella seguente dichiarazione riferita da sant’Atanasio: «La prima cosa che si deve fare è di conservare la fede della Chiesa secondo quanto è stato definito dai Padri nel Concilio di Nicea; è pertanto necessario che coloro i quali seguono la dottrina di Ario, siano esclusi (dal Concilio progettato), e quelli che hanno una fede pura, vi abbiano piena autorità»[2]. La formula sottoscritta da Liberio era quella di Sirmio, nel 351, alla quale il Pontefice aggiunse il ripudio categorico di coloro che non ammettevano che il Figlio fosse: «simile al Padre quanto alla sostanza e in tutto». L’unica debolezza - assai comprensibile, del resto, se si pensa alle pressioni cui fu sottoposto - è l’abbandono di Atanasio.[3]
Obiezione su Papa Vigilio. Egli sarebbe caduto in eresia, pertanto dove sta l’infallibilità promessa? Due sono le cose, o dovrebbe essere ricordato come antipapa o non è vero che è stata promessa l’infallibilità? Risposta. «Già nel 531 Giustiniano aveva dato la misura del suo disprezzo per il vescovo di Roma, facendo trascinar via Papa san Silverio (536-537) col pretestoche se l’intendesse con i Goti e dandogli subito un successore: operazione di violenza poliziesca prontamente eseguita. Invece dal 545 al 553 solo con una manovra di ricatti, di promesse menzognere, di minacce e, talora, di violenze fisiche potrà ottenere da Papa Vigilio un’adesione agli atti del V Concilio ecumenico (II di Costantinopoli, 553) e, in seguito, la condanna postuma dei tre vescovi (“Tre capitoli”) in causa» [...]«Poco importa che Papa Vigilio, dopo aver opposto dapprima una nobile resistenza, raggirato, isolato, tradito, abbia finito col cedere. Quello che bisogna ricordare di quei fatti dolorosi è la condotta inescusabile dell’imperatore e la viltà dei mezzi usati; sono le drammatiche peripezie di questa persecuzione durante la quale si vide un Papa obbligato a cercar asilo nell’una o nell’altra delle chiese di Costantinopoli e finalmente strappato a viva forza mentre era aggrappato all’altare (14 agosto 551); è lo scandalo di una destituzione oltraggiosa pronunciata contro di lui e imposta ai Padri dal V Concilio (26 maggio 553). Se Vigilio ha ceduto, come dopo di lui farà il suo diacono e successore Pelagio I (556-561) che dapprima l’aveva incoraggiato nel suo rifiuto, non fu soltanto effetto di stanchezza e di debolezza. Trattenuto lontano da Roma a tempo indefinito, il Pontefice dovette ricordarsi della sua città angustiata, della sua patria devastata dalla guerra e calpestata dagli eserciti occupanti. Senza dubbio stimò che la pacificazione della Chiesa e il sollievo dell’Italia straziatagiustificavano una concessione che egli fece salvando tuttavia espressamente la dottrina di Calcedonia. Il Pontefice a questo riguardo si tenne infatti invariabilmente alla posizione definita nella sua dichiarazione dell’11 aprile 548 (Judicatum): “Noi scomunichiamo chiunque ritiene come avente forza di legge ciò che nello scritto precedente potesse sembrare in opposizione col Concilio di Calcedonia o comunque ciò che scritto da noi o da altri presentasse lo stesso carattere. Questo Concilio irreformabile ha lo stesso valore di quello di Nicea, di Costantinopoli (381) e di Efeso”».[4]
Obiezione su Papa Onorio I[5]. Egli sarebbe stato scomunicato dal VI Concilio ecumenico, quello di Costantinopoli, per via del monotelismo[6], pertanto dove sta l’infallibilità promessa alla Chiesa? Due sono le cose, o è un conciliabolo o non è vero che è stata promessa l’infallibilità? Inoltre Papa Leone II si espresse contro il predecessore in questi termini: «Onorio, che ha trascurato di conservare pura questa Chiesa apostolica con la dottrina della tradizione apostolica, ma ha permesso, con un tradimento perfido, che la senza macchia fosse insozzata»[7], pertanto dove sta l’infallibilità promessa ad un Papa che ha condannato un altro Papa? Due sono le cose, o dovrebbe essere ricordato come antipapa o non è vero che è stata promessa l’infallibilità? Risposta. Oltre quello che è già stato scritto nel capitolo dedicato, si aggiunge: «Le lettere di Onorio e la sua condanna da parte del VI Concilio generale hanno sollevato, come si sa, accese controversie sull’infallibilità dei papi e sul diritto che avrebbe il concilio ecumenico di giudicarli. Appartiene ai trattati di teologia risolvere questa questione. Ma a noi pare che si siano esagerate le difficoltà. La colpa di Onorio era una colpa di condotta pratica, dovuta a mancanza di perspicacia e di riflessioni, e non un errore dottrinale propriamente detto, e soprattutto sotto questo aspetto i Papi suoi successori hanno approvato contro di lui la sentenza del Concilio[per colpa di condotta pratica, NdA]»[8].
Obiezione su Papa Giovanni XXII. Egli sarebbe caduto in eresia, pertanto dove sta l’infallibilità promessa? Due sono le cose, o dovrebbe essere ricordato come antipapa o non è vero che è stata promessa l’infallibilità? Risposta. Anche in questo caso il quesito non regge ed è solamente fazioso. Il re di Francia fece fare un esame dall’Inquisizione iniziato il 19 dicembre 1333. Da parte sua il Papa convocò una commissione di cardinali e di teologi per valutare se la sua concezione fosse stata trovata in contrapposizione alla comune dottrina della Chiesa. Ciò dimostra che non c’è alcuna pertinacia della volontà. «Contrariamente alla concezione teologica già allora comune[9], Giovanni XXII sosteneva l’opinione che le anime dei defunti dimoranti “sotto l’altare”[10] di Dio avessero solo la visione della natura umana di Cristo e venissero ammesse alla piena beatitudine unicamente dopo il Giudizio universale. Egli presentò questa sua concezione soprattutto in tre omelie: il 1° novembre e il 15 dicembre 1331, ed il 5 gennaio 1332. […] Nella seconda omelia il Papa spiega che il premio della visione di Dio è dovuto […] solo all’uomo come soggetto che nella resurrezione ha corpo e anima uniti, non già all’anima separata dal corpo. Nella terza omelia afferma che sia i demoni che gli uomini riprovati andranno al castigo eterno dell’inferno solo dopo il Giudizio universale. Per avvalorare la sua concezione Giovanni XXII redasse nell’anno 1333 anche una dissertazione. Il re Filippo VI di Francia fece fare un esame dall’inquisizione. L’esame iniziò il 19 dicembre 1333. Da parte sua anche il Papa convocò una commissione di cardinali e di teologi, che il 3 gennaio 1334 in concistoro lo indusse a dichiarare che avrebbe revocato la sua concezione, se essa fosse trovata in contrapposizione alla comune dottrina della Chiesa. Il 3 dicembre 1334, un giorno prima della sua morte, egli revocò solennemente in presenza del collegio dei cardinali la sua concezione con le parole tramandate in questa Bolla[11], che fu emanata dal suo successore Benedetto XII»[12].