In foto J. Ratzinger presiede alla mensa neocatecumenale, riconoscendola cattolica, autenticandola, secondo il suo punto di vista, come ci ricorda anche il sito degli stessi neocatecumenali (link qui): «Già nel 1974 la Chiesa si espresse sulla Liturgia del Cammino Neocatecumenale […] Riproponiamo l’ intervento di Mons. Annibale Bugnini, allora segretario della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, sulle celebrazioni del Cammino Neocatecumenale. Correva l’anno 1974. Nelle foto, Il Cardinale Ratzinger e Papa Giovanni Paolo II celebrano secondo la prassi del Cammino». Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Notitiae, 01/08/1974): «tutte le riforme, nella Chiesa, hanno apportato nuovi principi e promosso nuove norme, che hanno tradotto in pratica gli intenti della riforma stessa. Così accadde dopo il Concilio di Trento; né poteva essere diversamente ai giorni nostri. Il rinnovamento liturgico incide profondamente sulla vita della Chiesa. C’è necessità che la spiritualità liturgica germini nuovi fiori di santità e di grazia, nonché di apostolato cristiano più intenso e di azione spirituale. Un modello eccellente di questo rinnovamento si trova nelle «Comunità neo-catecumenali» che sorsero a Madrid, nel 1962, per iniziativa di alcuni giovani laici, con il permesso, l’incoraggiamento e la benedizione dell’eccellentissimo Pastore madrileno, Casimiro Morcillo. Le comunità hanno lo scopo di rendere visibile nelle parrocchie il segno della Chiesa Missionaria, e si sforzano di aprire la strada all’evangelizzazione di coloro che hanno quasi abbandonato la vita cristiana».
Anche K. Wojtyla presiede alla mensa neocatemcumenale, riconoscendola cattolica, secondo il suo punto di vista, come si può vedere in foto ed in numerosi video.
Come ho già dimostrato, quindi non mi ripeterò, sia il primo che il secondo non hanno mai prestato molta attenzione alla liturgia, tanto che J. Ratzinger si spinge a scrivere: «Il Concilio di Trento conclude le sue affermazioni sul Corpo di Cristo con qualcosa che offende le nostre orecchie ecumeniche ed ha senza dubbio contribuito non poco verso lo screditare questo banchetto nell’opinione dei nostri fratelli protestanti. Ma se noi purifichiamo la sua formulazione dal tono appassionato del 16° secolo, saremmo sorpresi da qualcosa di grande e positivo […]» [in riferimento alla dichiarazione del Concilio di Trento, Sess. XIII, N° 5, circa la Santissima Eucaristia ed il Corpus Domini]. Anche «[...] oggi siamo testimoni di un nuovo integralismo che sembrerebbe di supporto a ciò che è strettamente Cattolico, ma in realtà lo corrompe dal di dentro. Produce sospetto e animosità lontani dallo Spirito del Vangelo. C’è una ossessione per la “lettera”, che stima la liturgia della Chiesa come invalida, ponendo se stessa fuori della Chiesa. Si è dimenticato che la validità della liturgia dipende primariamente, non da specifiche parole, ma dalla comunità della Chiesa [...]» (e tanto altro, come dimostro qui). Nel volume Apologia del Papato, EffediEffe 2014, riporto, a scopo di studio e come cronaca, numerose altre precise citazioni dove si conferma il dato. In questo articoletto l'avvocato Pietro Ferrari dimostra i salamelecchi conciliari al cammino neocatecumanle (Montini, Wojtyla, Ratzinger, Bergoglio). Di K. Wojtyla, che diversamente da J. Razinger non ha mai preteso di sembrare “tradizionalista” pur non essendolo (come dimostra l'erudito esegeta mons. Spadafora nel suo volume La Nuova Esegesi, dove documenta numerosi recenti scritti di modernismo di J. Ratzinger), è inutile parlare, come è già stato ampiamente dimostrato qui. La sola parola “tradizionalista”, nell’attuale accezione data, è un’invenzione dei modernisti, difatti il cattolicesimo è integrale, non esistono altre sfumature (ognuno interroghi la sua coscienza senza trascurare di informarsi).
E’ evidentissimo che ogni fedele (Chiesa discente), il quale riconosce autorevoli (veri Papi) i quattro personaggi citati (Montini, Wojtyla, Ratzinger, Bergoglio), nonché parimenti la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha poco da lamentarsi per numerose ragioni spiegate anche in maniera elementare nel Catechismo breve di san Pio X, almeno se vuol conservare la fede cattolica (qui il catechismo). Ha, invece, voce in capitolo, chi pubblicamente, in coscienza e senza alcun dubbio, alla luce in parte del Magistero della Chiesa ed in parte della teologia comune che lo spiegano, deve ritenere che i soggetti citati non furono affatto papi (o lo furono solo materialmente), pertanto il loro governo ed il loro insegnamento sarebbero nulli, da ignorare, da contrastare sempre e comunque.
La “liturgia” neocatecumenale, riconosciuta valida ed accreditata come salvifica da J. Ratzinger e da K. Wojtyla, è, invece, una delle tante aberrazioni volute dal Concilio Vaticano II per impedire la celebrazione di Messe gradite a Dio, come fa presente il pro-Prefetto della Santa Inquisizione, cardinale Alfredo Ottaviani, nel 1969. Riporto uno stralcio dall’editoriale di apertura dell’ultimo numero si «Si, Si, No, No», e concludo con delle mie note aggiuntive.
San Pio V, dopo il Concilio di Trento, “mise ordine” nel rito della Messa, sia in teoria che in pratica, tanto che ancora oggi si usa parlare “impropriamente” di Messa di san Pio V a riguardo del rito romano di sempre, il quale, invece, è di Tradizione apostolica (cfr. Michael Davies, La Riforma liturgica Anglicana). Monsignor Klaus Gamber (Die Zelebration “versus populum”, in Ritus modemus. Gesammelte Aufsàtze zur Liturgiereform) dimostra in numerosi studi che la Messa detta di San Pio V è la Messa di Tradizione apostolica e che nella Chiesa primitiva e durante il Medioevo, fu norma rivolgersi ad oriente durante la preghiera. Nel corso della XVIII Sessione, il Concilio di Trento designò una Commissione incaricata di esaminare il ‘Messale Romano’, di revisionarlo, e di restaurarlo. Non si trattava di fare un nuovo Messale, come ha fatto [Montini (Paolo VI), NdR] nel 1969, ma di restaurare quello di Tradizione apostolica, facendone un’edizione critica, servendosi dei migliori manoscritti e di altri documenti. Il 13 luglio 1570, con la bolla ‘Quo primum tempore’, san Pio V promulgava il Messale restaurato. Il titolo era “Missale Romanum ex decreto SS. Concilii Tridentini restitutum”. Ossia “riportato, restituito” filologicamente alla sua pura origine apostolica, che fu trasmessa da Gesù a san Pietro e da questi ai suoi successori, l’ultimo dei quali a mettervi le mani fu [Papa, NdR] san Gregorio Magno (+604). Il Messale del 1570, in maniera prossima, fu il risultato pratico delle direttive date durante e subito dopo il Concilio di Trento. Ma, per quanto riguarda l’Ordinario, il Canone, il Proprio del tempo e ben altri punti, fu, in maniera remota, una restaurazione filologica del Messale romano del 1474, il quale riprendeva a sua volta, su tutti i punti essenziali, la pratica della Chiesa romana all’epoca di [Papa, NdR] Innocenzo III (+ 1216), pratica che proveniva a sua volta dall’uso liturgico in vigore ai tempi di S. Gregorio Magno e dei suoi successori nel VI secolo. In breve, il Messale del 1570 era, per l’essenziale, l’uso liturgico dominante dell’Europa medioevale dei Padri ecclesiastici e dei Dottori scolastici.I cardinali Ottaviani [2] e Bacci [3] nel Corpus Domini del 1969 chiesero a [Montini (Paolo VI),NdR] di abrogare il Novus Ordo Missae in quanto “legge nociva per le anime” (“Lettera di presentazione al Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae”). La ‘nota n° 1’ del “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae” riporta le seguenti citazioni: «Le preghiere del nostro Canone si trovano nel trattato De Sacramentis (fine del IV-V secolo) [...]. La nostra Messa risale, senza mutamento essenziale, all'epoca in cui si sviluppava per la prima volta dalla più antica liturgia comune [circa trecento anni dopo Cristo], Essa serba ancora il profumo di quella liturgia primitiva, nei giorni in cui Cesare governava il mondo e sperava di poter spegnere la Fede cristiana; i giorni in cui i nostri padri si riunivano avanti l'aurora per cantare un inno a Cristo come a loro Dio [cfr. Plinio junior, Ep. 96]. Non vi è, in tutta la cristianità, rito altrettanto venerabile. quanto la Messa romana» (A. Fortescue, La Messe, Parigi, Lethielleux, 1921); «Il Canone romano risale, tale e quale è oggi, a San Gregorio Magno. Non vi è, in Oriente come in Occidente, nessuna preghiera eucaristica che, rimasta in uso fino ai nostri giorni, possa vantare lana tale antichità! Agli occhi non solo degli ortodossi, ma degli anglicani e persino dei protestanti che hanno ancora in qualche misura il senso della Tradizione, gettarlo a mare equivarrebbe, da parte della Chiesa Romana, a rinnegare ogni pretesa di rappresentare mai più la vera Chiesa Cattolica» (P. Louis Bouyer, Menschund Ritus, 1964).Esaminato e fatto esaminare [1] il Novus Ordo - proseguono i due Cardinali - «sentiamo il dovere, dinanzi a Dio ed alla Santità Vostra, di esprimere le considerazioni seguenti: Come dimostra sufficientemente il pur “Breve Esame Critico’ allegato [...] il Novus Ordo Missae,considerati gli elementi nuovi, [...] rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i “canoni” del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del Magistero. [...]. Sempre i sudditi, al cui bene è intesa una legge, laddove questa si dimostri viceversa nociva, hanno avuto, più che il diritto, il dovere di chiedere con filiale fiducia al legislatore l’abrogazione della legge stessa» (A. Ottaviani - A. Bacci). [4]
Breve estrapolato tratto dalle note 3 e 4, pp. 1 e 2, del periodico «Si, Si, No, No», anno XXXX, n° 9
Note aggiuntive (le prime 3 leggibili anche su Wikipedia: chi cerca trova!). Informazioni importanti da sapere:
[1] Il Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae è stato scritto dal teologo domenicano Michel Guérard des Lauriers (consacrato vescovo dall'arcivescovo vietnamita Pierre Martin Ngô Đình Thục, senza il consenso del Vaticano modernista, il 7 maggio 1981). Docente presso la Pontificia Università del Laterano, scrisse il Breve esame critico del Novus Ordo Missae, presentato a Montini (Paolo VI) dai cardinali Antonio Bacci e Alfredo Ottaviani il 25 settembre 1969. Già collaboratore di mons. Marcel Lefebvre e autore della tesi teologica detta di Cassiciacum, dal nome del periodico, che per primo pubblicò i suoi studi. Secondo la tesi di Cassiciacum, Montini (Paolo VI) e i suoi successori sono papi solo "materialiter" ("materialmente", nell'accezione della filosofia scolastica) poiché‚ non attuando il bene della Chiesa e insegnando l'errore e l'eresia, non possono in alcun modo, se non ritrattano prima i loro errori, ricevere da Cristo l'autorità per governare, insegnare e santificare la Chiesa.
[2] Alfredo Ottaviani (Roma, 29 ottobre 1890 – Città del Vaticano, 3 agosto 1979) è stato un cardinale italiano, rigoroso difensore della tradizione e oppositore di tendenze riformistiche della Chiesa cattolica. Il 12 gennaio 1953, papa Pio XII lo nominò pro Prefetto del Santo Uffizio (Santa Inquisizione), e contestualmente creato e pubblicato cardinale. Essendo conservatore ebbe forti contrasti con chi voleva innovare la secolare tradizione ecclesiale.
[3] Antonio Bacci (Giugnola, 4 settembre 1885 – Città del Vaticano, 20 gennaio 1971) è stato un cardinale, arcivescovo cattolico e latinista italiano. Partecipò al Concilio Vaticano II, sostenendo le posizioni dell'ala conservatrice. Il 24 ottobre 1962, nel corso della prima sessione, difese il latino come lingua liturgica. Nella stessa sessione sostenne lo schema preparatorio sulle fonti della Rivelazione, che riproponeva la dottrina tradizionale della Chiesa. Nella seconda sessione si espresse contro l'introduzione del diaconato permanente. Nella quarta sessione si batté affinché nei documenti conciliari fosse inserita una condanna esplicita del comunismo.
[4] Il resto dell’articolo rilanciato non posso condividerlo poiché apre al sedeplenismo (ammette un uso non cattolico delle “chiavi”) ed alle perniciose tendenze ermeneutiche (ammettono l’errore su fede e costume nel Magistero universale), ammette che un vero Pontefice possa promulgare un Rito universale nocivo per le anime e lontano dalla fede cattolica, dunque (secondo me, ma come dimostro usando il Magistero) va contro la dottrina integrale della Chiesa, come ho spiegato:
- http://radiospada.org/2014/06/chi-e-papa-e-chi-non-e-papa-da-apologia-del-papato-di-carlo-di-pietro/
- http://radiospada.org/2014/04/un-papa-che-canonizza-un-eretico-non-e-papa/
- http://radiospada.org/2013/11/puo-esistere-un-papa-notoriamente-eretico/
- http://radiospada.org/2014/06/riflessione-sulla-partecipazione-alla-santa-messa-in-stato-di-necessita/
- http://radiospada.org/2013/06/linfallibilita-della-chiesa-e-del-papa-magistero-universale-e-ordinario/
- http://radiospada.org/2013/07/sullinfallibilita-nella-canonizzazione/
- http://radiospada.org/2013/07/bendetto-xvi-rileggere-i-documenti-del-concilio-alla-luce-della-tradizione/
- ed altrove.