lunedì 12 maggio 2014

LETTERA DEI NAPOLETANI AI SICILIANI (1861)









Noi vivremo sempre fratelli, e fratelli fummo per sangue, per leggi, per indole, per costumi; fratelli nelle prospere vicende, fratelli nei momenti supremi del pericolo, fratelli nei godimenti della pace, fratelli nell’ardor delle battaglie, e sempre fummo stretti per dolce collegamento di vincoli comuni. Noi avemmo una serie di Sovrani, che furono del nostro bene solleciti e bramosi, che ‘la nostra patria innalzarono ad un grado di floridezza e di ricchezza, da non farci invidiare la sorte dei Popoli più avventurosi di Europa, una marina potente, oggetto di giusto orgoglio, e che estendeva per tutti i mari il nostro commercio; una politica sempre franca, e sicura che non impallidì, e non indietreggio mai in faccia a quelle Potenze che brigavano a far traboccare sulla bilancia la ragion del più forte su quella del diritto. La Corte de’ nostri Regi , se folgoreggiò da secoli per lo splendore esterno, non meno risplendette per le domestiche virtù, e la nobiltà dell’esempio, che era nell‘ animo nostro potente ad imitare le eccellenti virtù dei Regnanti. Ora chi v'ha più che ci ravvisi? Siam’ fratelli, e v’ha fra noi chi comune ha la causa col nostro nemico! Siam fratelli, e v’ha chi il suo braccio del inimico congiunge per lordarne nel nostro petto di sangue la mano spietata? Chi più ci ravvisa? non più nostra la lotta, non più esercito, non leggi all‘ indole nostro conforme , non più ornamento di soglio, non retaggio di rare prerogative, non colto di religîone, non dovizia, non calma dello spirito pubblico, non movimento di commercio, non reciprocanza di fede non guarentigia di vita e di sostanza, non amista, non più un sorriso, ma tutto spira: il cupo silenzio del sepolcro. Chi più ci ravvisa fratelli? E ancor vi saranno fra noi dei dissidenti come non fossimo tuttora abbastanza disingannati? Noi amammo, e amiamo la patria,‘ purchè non ci si getti nel vortice delle passioni, né si lasci nell’affannoso esilio l’amatissimo nostro Re; noi amiamo l‘ Italia ma purchè non addivenga oggetto di compassione all'Europa; noi aneliamo alla grandezza di questo italico suolo, ma purchè non si conculchi la Religione di Cristo, che è fra tutto l’ornamento più insigne né si proscrivano i nostri Vescovi, i nostri sacri Pastori con fulminanti e secrati decreti. Insorgiamo adunque ma tutti concordi, e non con quell’odio brutale, che è solo foriero di sangue e di strage ma con quella nobile indignazione di grandezza d‘ animo, e che sara’, chiaro a tutti i Monarchi di Europa, che questa terra fù contaminata con infidi tradimenti, ne sentimmo l'orrore, e vogliamo cancellata la macchia. Tutti insorgiamo ma con quella alterezza che ti spiega la coscienza del nostro conculcato diritto, e che col solo imponente aspetto farà conoscere alle milizie del re Piemontese; che non è più per loro la purezza di queste aree, che invece di questo azzurro e sereno cielo, sono loro serbati gli orridi burroni, e le aspre gole de monti. Egli regni, che a noi non cale, ma si tenga la guardia delle gelide e nevose Alpi, e libera ci lasci quest'aree spirare di vita. Niun di noi più, fissi il volto nel volto nemico, se non per fargli intendere, che noi più non vogliamo servaggio, e che abbiamo già unanimi innalzata la bandiera di una temperata libertà sotto l'ombra del nostro legittimo Rè.

VIVA FRANCESCO II

VIVA l POPOLI DELLE DUE SICILIE

Napoli 22 Agosto 1861 Il comitato di Napoli

                                                                          O.S.Q.G.D.

Fonte: UN Popolo Distrutto.