Nacque a Parigi, gran nobile del regno di Luigi XVI, in quanto figlio del duca di Fronsac e nipote di uno dei favoriti di Luigi XV, il Maresciallo di Richelieu, a sua volta pro-pro-nipote del famoso cardinale di Richelieu.
Nel 1782, a quindici anni, sposò , per volere della famiglia, Rosalie de Rochechouart, una bambina di dodici anni, affetta da deformità, con la quale non ebbe mai relazioni più che formali. Tant'è che, subito dopo il matrimonio, Armand partì, accompagnato dal proprio tutore, per il Grand Tour, recandosi, fra le altre città d'Europa , a Ginevra, Firenze e Vienna.
Rientrato nel 1785, dopo tre anni di permanenza all'estero, ottenne di essere arruolato nel reggimento dei Dragoni di Maria Antonietta e, nel 1786, ottenne dal nonno l'onore di sostituirlo quale premier gentilhomme de la chambre di Luigi XVI: suo compito diretto a Versailles era assistere il Sovrano nelle giornaliere cerimonie del risveglio e del coricarsi istituite come rito da Luigi XIV. In quei brevi anni il, sia pur assai giovane, Armand si fece una fama a corte di persona austera e quasi puritana.
Sino alla morte del nonno, avvenuta nel 1788, era conosciuto come Conte di Chinon. A quel punto il padre ereditò il titolo di Duca di Richelieu, e passò ad Armand il meno prestigioso ma al tempo stesso importante titolo di Duca de Fronsac.
Nel 1789, Armand era divenuto capitano del reggimento degli Ussari Esterhazy. Ma, nel frattempo,i complotti della setta arrivarono al culmine e gli eventi precipitarono: l'8 agosto 1788 Luigi XVI annunciò la convocazione degli Stati Generali per il 5 maggio 1789. Qui convocato, il 17 giugno di quell'anno il Terzo Stato, composto da eminenti personaggi della Borghesia liberal-settaria, si auto proclamò Assemblea Nazionale, il 20 giugno si ebbe il così detto Giuramento della Pallacorda, il 9 luglio il Terzo Stato nuovamente si riunì illegalmente come Assemblea nazionale costituente e, il 14 luglio, venne presa d'assalto la Bastiglia per ordine della setta.
Il 5 ottobre di quell'anno, Armand era a Parigi quando cominciò la marcia degli sgherri rivoluzionari su Versailles. Giustamente preoccupato della sicurezza della famiglia Reale, si confuse nella folla e si incamminò per prevenire i suoi signori, per poi prendere una scorciatoia nei boschi e raggiungere la Regina, che convinse a rifugiarsi negli appartamenti del Sovrano: Maria Antonietta era stata assai attaccata attraverso libelli sovversivi e il consigli del Richelieu , probabilmente, le salvò la vita.
Su istruzione della Regina, nel 1790 lasciò Parigi per Vienna, per comunicare con il di lei fratello, Giuseppe II. Non poté, però, giungervi prima del 20 febbraio, data della morte dell'Imperatore. Assistette, invece, in Francoforte alla incoronazione del fratello, Leopoldo II, che fu Granduca di Toscana, e che poi seguì a Vienna.
Nel 1791 morì il padre e Armand gli successe nel titolo di Duca di Richelieu. A quel punto ritornò a Parigi, per riassumere il proprio ruolo di primo gentiluomo di camera e servire il proprio Sovrano (trasferito in maniera coatta alle Tuileries sin dalla marcia su Versailles) in tempi tanto angusti. Per la delicata situazione non venne informato dei segretissimi preparativi per la fuga a Varennes, avvenuta la notte del 20 giugno 1791.
Dopo una breve permanenza a Vienna, Armand ruppe gli indugi e si arruolò nell'esercito Realista del Principe di Condé. Questi, già luogotenente generale, brillante comandante alla guerra dei sette anni e colonnello generale della fanteria, era stato uno dei primi ad emigrare dalla Francia dopo la presa della Bastiglia.
Venne, quasi subito, la campagna d'Egitto che offrì l'occasione per la ripresa dei combattimenti in Europa, con la guerra della seconda coalizione, segnata dalle disfatte di Marengo e Hohenlinden. A Lunéville, Napoleone impose lo scioglimento dell'unità dell'armata Realista: il Principe di Condé si trasferì con il figlio in Gran Bretagna, dove rimase sino alla Restaurazione. Mentre il nuovo Zar Alessandro I (nipote di Caterina II e succeduto il 23 marzo 1801 al padre Paolo I, assassinato dopo solo quattro anni di regno) offrì agli émigrée posti da ufficiale nel proprio esercito. Armand accettò, raggiungendo il lusinghiero grado di maggior generale.
Alessandro I ottenne, con personale intervento, anche, da Napoleone, la sua cancellazione dalle pericolose liste degli émigrée (un favore già richiesto dal Duca, in occasione di un breve rientro in Francia, nel 1801, ma non concesso dal Bonaparte). Lo zar si affezionò al suo protetto, tanto che, nel 1803, lo nominò per merito governatore di Odessa. Nel 1805, pienamente soddisfatto, estese la carica all'intera provincia della Nuova-Russia (Novorossija), ovvero tutto il sud della Russia recentemente conquistato agli Ottomani. Essa includeva i territori del Chersoneso, Ekaterinoslav (oggi Dnipropetrovsk) e la Crimea.
Gli incarichi non si limitarono al campo civile: nel 1806-07 Armand comandò una divisione russa nel corso della successiva guerra russo turca, quella del 1806-1812. E venne coinvolto da frequenti spedizioni coloniali nel Caucaso.
Conservò l'incarico sino al 1814. Quell'anno prese congedo dallo zar vittorioso su Napoleone e seguì Luigi XVIII nel 1814, che lo nominò Pari di Francia. Dopodiché accadde l'imprevisto: il 1º marzo 1815 il deposto "Imperatore dei francesi" lasciò l'Elba, sbarcò nel golfo di Cannes e il 20 marzo fece il suo ultimo ingresso a Parigi.
Nel corso dei Cento giorni che seguirono il ritorno di Napoleone dall'Elba, Armand seguì Luigi XVIII à Lilla e Gand. Da lì, ancora una volta, si recò a Vienna, con l'intenzione di raggiungere Alessandro I presso il Congresso di Vienna. Nella sostanza si trattò di un incarico di collegamento diplomatico, del quale venne incaricato dal Sovrano.
Il Buonaparte fece ogni possibile tentativo per ottenere dalle potenze coalizzate una pace che gli consentisse di mantenere l'usurpato Trono di Francia per sé, o per il figlio, principe di sangue asburgico. In gioco non era il predominio francese, bensì il mero tentativo di sostituzione di Luigi XVIII, che si era dimostrato , anche se liberaleggiante, assai scomodo per la setta. L'operazione non ebbe successo, proprio perché la maggioranza delle Potenze coalizzate conservavano il rispetto sufficiente per la legittimità anche se affette dal mal settario. Tenendo sempre presente che la caduta dell'usurpatore aveva motivato il sacrificio di un'intera generazione sui campi di battaglia di tutta Europa. Ma, certamente, non furono inutili le richieste dello stesso Richelieu. Egli in maniera disinteressata, al contrario del settario Talleyrand, mise in gioco se stesso nel sostenere la buona causa del legittimo Sovrano Luigi XVIII.
In vista del rientro a Parigi, Luigi XVIII decise il restaurò del titolo di primo ministro, affidando la carica al Talleyrand reduce dal Congresso di Vienna.
Nessuno si aspettava un simile esito, a cominciare dal Sovrano e dal primo ministro: il primo la definì, anzi, Chambre introuvable (Parlamento introvabile), in quanto come uscita da chissà dove, scollegata da una società francese corrotta (e, dunque 'introvabile', introuvable).
Ma l'esito elettorale fu talmente netto da spingere Luigi XVIII ad accomodare l'opinione pubblica, ancora non totalmente corrotta, sostituendo, il 24 settembre, il Governo Talleyrand con il Governo Richelieu. Si trattava di una scelta saggia, essendo il nuovo Primo ministro, un grande aristocratico il quale, in forza della propria incrollabile lealtà alla casa dei Borbone di Francia, era pronto ad offrire un tentativo di politica di conciliazione nazionale.
Il mantenimento di tali truppe era a carico della Francia, per la enorme cifra di circa 130 milioni all'anno (per rapporto, l'intera campagna di Waterloo era costata agli alleati circa 150 milioni): significativamente, Richelieu ebbe anche il portafoglio degli Affari Esteri. Richelieu accettò, probabilmente volentieri.
Il settario Talleyrand ovviamente la prese male, benché conservasse un seggio alla camera dei pari e venisse (subito) gratificato del titolo di gran ciambellano: avrebbe commentato, sarcastico: “Buona scelta, è il francese che conosce meglio la Crimea!”. Ma, cinico e macchiavellico, seppe sfruttare l'occasione per rifarsi un adeguato e rinnovato pedigree liberale: ciò che gli avrebbe consentito di passare indenne (ancora una volta ed al contrario del suo sodale Fouché) i quindici anni della Restaurazione e di tornare sulla scena con l'avvento della successiva illegittima, e figlia della Rivoluzione, Monarchia di Luglio.
Nel primo anno di governo, Richelieu ebbe il suo daffare con la maggioranza ultra-realista della Chambre introuvable, che si distinse per giustificatissimi provvedimenti quali: la creazione di corti di giustizia gestite dal clero (cours prévôtales), la condanna perpetua per tutti quei membri dell'Assemblea nazionale che avevano votato a favore del gighliottinamento di Luigi XVI, il sostegno alla condanna (votata dalla camera dei pari) del maresciallo Ney (giustiziato il 7 dicembre). Ovvero la soppressione della legge sul divorzio (l'8 maggio 1816), su iniziativa del visconte di Bonald.
In definitiva tale politica mirava alla piena e reale restaurazione dell'Ancien Régime. Qualcosa che contrastava con il liberale interesse del Sovrano alla riconciliazione nazionale e, anzi, costituiva una seria minaccia alla fasulla Restaurazione filo settaria . Il Richelieu tentò di mitigare l'atmosfera che si era creata . Egli diede personalmente il buon esempio, evitando di rivendicare gran parte dei propri antichi possedimenti, già sequestrati durante gli anni dell'esilio, anche in virtù di una florida posizione economica (grazie al continuato favore dello zar). Un vantaggio che contrastava con la condizione della maggior parte degli émigrée.
Le nuove elezioni ebbero luogo ad ottobre, e il lavoro svolto in precedenza dagli agenti della setta diede i suoi frutti : gli Ultra passarono da 350 a 100 deputati (eletti specialmente nell'Ovest e nel Midi), i liberali detti costituzionali da 30 a 250 deputati (specie dai collegi urbani del centro e del nord), il resto andando ad indipendenti o liberali più radicali non ancora "utili" all'opera della loggia.
Nei mesi successivi, i liberali costituzionali, sotto la guida del Royer-Collard e del Guizot, si costituirono in un partito detto dei liberali dottrinari (Doctrinaires), che intendevano sfruttare i poteri della Camera, per limitare i poteri Reali, profittando della politica più moderata che il Re "voltariano" desiderava, e Richelieu , pur di obbedire al Sovrano, era pronto ad offrire.
L'urgenza principale era rappresentata dal pagamento delle riparazioni di guerra: già nel 1814 lo Stato era praticamente in bancarotta: si dice che Luigi XVIII, giunto a Parigi, non avesse trovato nel tesoro di Stato che la miseria di 100 000 scudi. il ministro delle finanze, Joseph-Dominique Louis detto baron Louis, aveva emesso nuovo debito all'8%, messo in vendita nuovi beni dello Stato e soprattutto ridotto al massimo le spese militari: la drastica riduzione degli effettivi ed il dimezzamento dei salari ai soldati di truppa, ebbero un salutare effetto finanziario ma certamente contribuirono alla discreta accoglienza militare che Napoleone ricevette al ritorno dall'Elba.
Le cose erano a questo punto, quando entrò in carica il governo Richelieu con un nuovo ministro: il giurista di origine genovese Luigi Emanuele Corvetto, che fu capace di migliorare la ragione di credito del Regno, emettendo prestiti a condizioni maggiormente accettabili, favorito da una prima riduzione delle truppe di occupazione, che Richelieu aveva ottenuto già nel 1816.
Obiettivo primario di Corvetto era mettere da parte abbastanza denaro, per rimborsare le indennità di guerra e ottenere la fine della occupazione straniera. Le condizioni vennero poste con la presentazione del budget per l'esercizio 1818, assai migliore del precedente. Ciò consentì al Richelieu di proporre agli alleati lo scambio che attendevano: il pagamento anticipato delle riparazioni di guerra (drasticamente ridotte), in cambio dello sgombero. Uno scambio che gli Alleati accettarono.
Il grande momento del Richelieu venne dal 1º ottobre alla fine del novembre 1818, con il Congresso di Aquisgrana: esso riuniva, per la prima volta dopo Vienna, le quattro potenze vincitrici su Napoleone : Impero Austriaco, Impero Russo, Regno di Prussia e Regno Unito, rappresentati ognuno al massimo livello dal' Imperatore Francesco I d'Asburgo Lorena (vero e unico garante della legittimità), dallo Zar Alessandro I (ancora imbevuto dalla setta), il Re di Prussia Federico Guglielmo III (framassone), primi ministri Britannici (alti esponenti della Gran loggia londinese) e dal Cancelliere Metternich ( con l'Imperatore d'Austria fu un grande oppositore della setta).
- aveva raggiunto l'obiettivo, vitale per la Francia: la liberazione dal peso dell'occupazione,
- venne invitato ad aderire pubblicamente alla dichiarazione formale: quanto bastava a presentare all'opinione pubblica il ritorno nel consesso delle potenze,
- ma, cosa ancora più importante, il Richelieu venne informato del protocollo segreto. E ne fu tutt'altro che dispiaciuto: anzitutto, perché ciò rappresentava una sicura garanzia alla stabilità del Trono del legittimo Sovrano, e poi per la forma segreta, che un'alleanza pubblica avrebbe rappresentato una possibile umiliazione per il restaurato e legittimo governo.
Il ristabilimento delle finanze passava, anche, per la riorganizzazione dell'esercito, che aveva assorbito la gran parte delle risorse del Primo Impero. Essa venne affidata al Gouvion-Saint Cyr, Maresciallo dell'Impero ma mantenutosi estraneo ai Cento giorni. Divenuto ministro della guerra il 26 settembre 1815, in sostituzione del Clarke.
L'intervento ebbe tale successo, da essere a lungo mantenuto dai diversi regimi che si succedettero nel XIX Secolo in Francia.
Richelieu aveva accettato di condurre un ministero costituzionale. Ciò che non faceva, di lui, assolutamente, un liberale.
Essenzialmente, egli metteva al servizio del Sovrano le proprie capacità e relazioni, per condurre la politica che questi, in quel 1816, desiderava: sostenere una politica conforme alla 'Carta' appena ottriata (dal francese octroyée: concessa dal Sovrano), al fine di mantenere il consenso interno e ristabilire, in tal modo, il prestigio della dinastia; ottenere lo sgombero delle truppe di occupazione, al fine di permettere il risanamento finanziario.
In politica interna, tuttavia, Richelieu, non rinunciò all'assunto indispensabile della Restaurazione francese, ovvero il bando della vita pubblica (e non dal Paese, come volevano alcuni Ultra) dei soggetti compromessi: (I) con la votazione di ghigliottinare Luigi XVI (i regicidi), (II) con incarichi pubblici durante i Cento giorni. Tant'è che, nel 1816, Richelieu accettò un seggio della Académie française, lasciato libero dall'Arnault, che era stato cacciato (il 1º marzo, insieme ad altri 11), in quanto ministro dell'educazione nel corso dei Cento giorni. Poco dopo venne inviato in esilio il sommo generale Carnot in quanto regicida e ministro dell'interno dei Cento giorni. Il 13 aprile venne chiusa per indisciplina l'École polytechnique, riaperta solo il 17 gennaio 1817, riformata e ribattezzata royale.
Da ultimo, la legge elettorale del febbraio 1817, che prevedeva un nuovo sistema di voto, con gli elettori (circa 100 000 in tutta la Francia) concentrati nei capoluoghi dei dipartimenti a formare un collegio elettorale e, lì, eleggevano direttamente i deputati. Una legge governativa, in quanto consentiva un diretto controllo dei collegi, da parte dei prefetti e delle autorità locali attuato per evitare eccessive manipolazioni liberali.
L'operato del governo Richelieu deve, quindi, essere giudicato non tanto in base al metro di un maggiore o minore reazionarismo, bensì del rispetto agli obiettivi che Luigi XVIII gli aveva posto: lui li raggiunse tutti: e questo è tra le altre cose ciò che consente di giudicarlo un politico di grande successo.
Tale successo venne ottenuto, nonostante due incidenti di percorso, che val la pena di ricordare perché ancora oggi se ne è conservata memoria:
L'affare della Medusa
Il primo occorse il 2 luglio 1816, con il naufragio de la Méduse: una fregata francese, in navigazione verso il Senegal, si incagliò. 250 passeggeri vennero imbarcati su sei scialuppe, 139 marinai e soldati su una zattera. Poco dopo l'inizio della navigazione, la zattera andò alla deriva e dei 139 ne sopravvissero 13.
L'Affaire Fualdès
Le cose si complicarono quando emerse che l'assassinato, in passato, e non solo, acceso rivoluzionario, fosse a conoscenza di una supposta evasione del (eventualmente sopravvissuto) Luigi XVII, il figlio maschio di Luigi XVI e Maria Antonietta, strappato dai rivoluzionari a sette anni dalla madre, incarcerato, costretto ad accusare di incesto la madre, torturato e morto ad appena nove anni, nel 1795. Tesi che, e non c'è da meravigliarsi, vennero rilanciate anche dalla assai letta stampa britannica, che diede un bel contributo al successo del feuilleton. Non mancò nemmeno un quadro del buon Géricault, intitolato les Assassins de Fualdès.
In un simile contesto, la situazione politica precipitò e il successo dei liberali aumentò alle elezioni parziali del 1818, che seguiva un analogo esito alle parziali del 20 settembre 1817, che costrinse il Richelieu alle dimissioni. Luigi XVIII cercò a quel punto un ministero più liberale, affidandolo al poco raccomandabile Dessolles, il 29 dicembre 1818.
La parentesi del governo Dessolles
La parentesi del governo Decazes
Luigi XVIII ne fu talmente terrorizzato, da indurre Dessolles alle dimissioni, sostituendolo, il 18 novembre 1819, con il moderato ma pur sempre liberale Decazes. Con l'impegno di introdurre una modifica della legge elettorale che rendesse impossibile il ripetersi di uno scandalo come l'elezione dell'abate Grégoire.
Il primo ministro cominciò ad essere accusato come il nuovo Seiano, il moderno Catilina e simili. Sinché venne l'assassinio del Duca di Berry, avvenuto il 13 febbraio 1820. Decazes venne, nel clima di tensione generatosi, accusato di complicità con il clamoroso delitto politico. A quel punto il Conte d'Artois , padre del duca di Berry e fratello del Re, impose le dimissioni del governo, il 17 febbraio. Che il primo ministro, accettò. In cambio venne nominato Duca ed ambasciatore a Londra.
Non attribuì, però, direttamente l'incarico al leader della fazione ultra, il Villèle, ma gli preferì un uomo di sicura fede: Richelieu. Affiancandogli il Chateaubriand (all'epoca, notevole anti-liberale) ministro degli esteri. E, soprattutto, due leader della fazione ultra, nella persona del Villèle, appunto, e del Corbière: era la prima volta che un governo di Luigi XVIII faceva spazio ad esponenti di tale partito.
La stabilità del nuovo governo, tuttavia, non sarebbe stata assicurata, sinché la Camera dei deputati fosse stata controllata dalla maggioranza liberal settaria. Luigi XVIII chiese, quindi, al Richelieu di ottenere una nuova maggioranza.
Il secondo governo Richelieu entrò in carica il 21 febbraio 1820. E Richelieu prese ad eseguire la missione affidatagli.
I liberali alla Camera costituivano una netta maggioranza. Ma reagirono debolmente, condizionati com'erano dalla generale indignazione seguita all'assassinio del Duca di Berry. E dalla coscienza che la Francia era ancora una nazione a sovranità limitata e l'unica garanzia dalle ingerenze straniere era rappresentata da Luigi XVIII. Ciò secondo i termini del protocollo (abbastanza) segreto di Aquisgrana e come appena dimostrato dal caso Dessolles - abate Grégoire. Dal che conseguiva che i liberali avrebbero potuto governare unicamente d'accordo con il Re, che Reazionario di certo non er.
Richelieu seppe profittare della situazione, imponendo, già nel marzo 1820, alla Camera l'approvazione delle leggi che ristabilivano la censura, con tanto di autorizzazione preventiva. Contestualmente vennero aumentati i poteri di polizia e ridotte le libertà personali (con il termine "liberta personali" ci si riferisce a tutte quelle azioni di chiaro stampo sovversivo). Simili provvedimenti consentirono al governo di procedere contro i giornali radicali e liberali, chiudendoli d'autorità o agendo con processi e vari interventi di autorità.
Richelieu, infatti, era primariamente interessato al completamento della ‘missione' affidatagli dal Sovrano: una volta messa sotto controllo l'opinione pubblica(Borghesia), non restava che cambiare (un'ennesima volta e per motivi di forza maggiore) la legge elettorale ed indire le desiderate elezioni.
L'atto successivo venne il 2 giugno 1820, con l'approvazione della legge del doppio voto, disegnata per aumentare la rappresentatività del quarto più influente e fedele dell'elettorato: l'insieme del corpo elettorale (circa 96 000 uomini, con un censo annuale pari a 300 franchi) votava per un parco di 258 deputati (il 60%), dopodiché il quarto prima citato votava una seconda volta, per 172 deputati supplementari (il 40%).
Si trattò di un passaggio fondamentale nella storia del tentativo della reale Restaurazione francese:
- la legge rappresentava un fidato strumento giuridico (tanto singolare da passare alla storia del diritto costituzionale), che colpiva le mire sovversive dell'opinione pubblica liberale , sia moderata che radicale, portandola alla comprensione che la famiglia Reale non era garante dei loro egoistici interessi ,
- essa produsse un trionfo degli ultra alle elezioni del novembre 1820 della Camera dei Deputati.
La nuova maggioranza parlamentare consentì al Richelieu di dare nuovo impulso ad un programma legislativo che si poteva dire, ormai, pienamente reazionario. Si ricordano, in particolare:
- l'ordinanza del 27 febbraio 1821, che mise le università sotto la sorveglianza delle istituzioni ecclesiastiche,
- la riproposizione del progetto di concordato già bocciato nel 1816, le cui disposizioni vennero, in parte, accolte con una legge approvata il 4 luglio. Esse integrarono il concordato del 1801, che restò, formalmente, in vigore.
Richelieu venne, quindi, dimissionato il 12 dicembre 1821. Villèle, subito promosso Conte, si dimostrò un adeguato prosecutore della politica del predecessore: rinforzò la censura, denunciò numerose congiure liberali, seguite da azioni repressive e completò il reingresso della Francia nel consesso delle grandi potenze, autorizzando la trionfale spedizione di Spagna, cantata dal Chateaubriand nelle Memorie d'oltretomba.
Nel frattempo, Richelieu aveva lasciato definitivamente la vita politica. Dopo una vita dedicata alla politica della rettitudine sociale e alla fedeltà alla legittima dinastia, morì di un colpo apoplettico, il 17 maggio 1822, cinquantaseienne.
Fonte:
Wikipedia
Vive le Roy
Scritto da:
Il Principe dei Reazionari.