Sant'Alfonso Maria de' Liguori
(1696 - 1787)
Nel 1777, pochi anni prima dell’esplodere della bufera rivoluzionaria, S. Alfonso Maria de’ Liguori, Vescovo di Sant’Agata dei Goti, fondatore della Congregazione dei Redentoristi ed insigne dottore e apologeta, diede alle stampe, a Napoli, un interessantissimo volumetto, intitolato La fedelt à de ivassalli . Con tale breve operetta il grande santo partenopeo “dimostra che i sovrani debbono difendere i diritti della religione e reprimere gli eretici e la stampa empia, se vogliono salvaguardare i diritti della loro corona. Si appella all’esempio di Costantino il Grande, di San Luigi, di Santo Stefano d’Ungheria e di altri re cristiani”. Alcuni passi di questo aureo libretto dimostrano pure come S. Alfonso, sul finire del secolo XVIII e nell’infuriare delle dispute tra fautori e detrattori delle tesi eretiche giurisdizionaliste (è noto, tra gli altri, il suo intervento a difesa del Papato contro gli errori di Fabronio) mantenesse ancora salda e chiara la dottrina della necessaria alleanza e collaborazione tra potere spirituale e autorità sacra dei Re, anche nel senso sopra decritto. Il De’ Liguori, così, non nega affatto che sia legittimo ad un monarca cattolico scegliere i candidati alle cariche ecclesiastiche. Ciò che gli sta veramente a cuore è, infatti, che tali designazioni siano oculate e mosse da sincero zelo per le ani- me: “Alle cariche ecclesiastiche, alle quali tocca ai principi di nominare – sono le sue testuali parole - devono promuovere i soggetti più degni. E quindi conviene ancora che provvedano le pensioni ecclesiastiche a coloro che han più faticato per la chiesa.” Egli consiglia poi al Principe cattolico di vigilare che i membri delle congregazioni religiose del suo regno rispettino la regola dell’Ordine: “Devono ancora [i sovrani] vigilare affinché i superiori delle religioni facciano osservare dai sudditi le regole del loro istituto; poiché quando i religiosi mancano al loro dovere ed i loro capi son trascurati per l’emenda, ne avviene gran danno ai secolari ed a tutta la repubblica”. Compito infine del monarca cristiano è quello di favore la diffusione della Fede: “Non è solo officio del vescovo, ma anche del sovrano, promuovere tra i vassalli gli esercizj di devozione e l’onore di Dio […] È vero che il mandar le missioni è officio dei vescovi; ma l’esperienza fa vedere che alle volte vale più la diligenza d'un principe santo e prudente a convertire i suoi vassalli, che non valgono mille vescovi, mille missioni e mille missionarj”.