Fonte: http://www.radiospada.org/
Perché la Siria? Cristiani, guerre ed escatologia
La conferenza “Perché la Siria? Cristiani, guerre ed escatologia” è stata tenuta il 23 ottobre 2015 presso il “23° Convegno di Studi Cattolici” da Andrea Giacobazzi, collaboratore di Radio Spada. Riportiamo le trascrizioni delle quattro parti:
III parte
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Trincee della Cristianità: la Siria come millenario campo di battaglia
La Siria, possiamo ormai dirlo, non fu solamente una “terra cristiana” o un privilegiato campo di battaglia per la Chiesa militante. Questa area fu, e lo vedremo anche in seguito, un fondamentale crocevia escatologico, una regione contesa per la sua valenza strategica, tanto nel campo politico quanto in quello religioso. Ciò che inevitabilmente constateremo sarà il parziale ripetersi nelle fasi storiche siriane di situazioni affini a quella attuale, in cui le forze sul campo terreno rappresentavano e rappresentano qualcosa di più significativo di un semplice confronto tra potenze umane.
Già ai tempi dell’imperatore Eraclio si potevano intravedere modelli di conflitto che valicavano ampiamente l’epoca in cui si manifestavano, si pensi ai sentimenti favorevoli degli ebrei verso la conquista musulmana, considerando “i conquistatori arabi come salvatori. Non a caso il ritorno di ebrei a Gerusalemme avvenne sotto l’ombrello della protezione arabo-musulmana, così come pare certo che anche i cristiani monofisiti* guardassero la conquista musulmana favorevolmente, in considerazione del detestato governo bizantino”[1].
Il ruolo di determinate forze centrifughe nella transizione da un “vecchio ordine” ad un “nuovo ordine” è un dato ovviamente ineliminabile nell’intera storia umana. In modo analogo, la gradualità della sostituzione delle caratteristiche fondanti di un ordine rispetto ad un altro, risulta altrettanto frequente, seppur in forme diverse. Si pensi, in relazione al periodo successivo alla conquista araba della Siria, che
Il greco rimase lingua ufficiale, non ci furono spostamenti di popolazione e le poche moschee costruite furono alzate ai margini dei centri cittadini le cui componenti culturali e materiali rimasero intatte. Senza soffermarci sull’argomento, si può ben dire che il vero trait d’union, che incolla il periodo umayyade a quello bizantino, sia la fecondità delle comunità cristiane locali la cui produzione artistica e architettonica non subisce traumi lungo il VII secolo […][2]
La situazione, come noto, cambierà significativamente in seguito. Ciò che non muterà sarà il ruolo centrale della Siria, ancora al tempo delle Crociate e fino alla resistenza “nazionale” araba antiottomana. In relazione a quest’ultimo aspetto sarà curioso notare come le frizioni rispetto ai turchi ottomani saranno un fatto rilevante che accomunerà in secoli diversi, e per ragioni distinte, i siriani e i cristiani europei. Si guardi, tra le altre, alle battaglie di Belgrado (1456, cui prese parte San Giovanni da Capestrano), Lepanto (1571, la cui coalizione cristiana fu promossa da San Pio V), Vienna (1683, che vide coinvolto il Beato Marco d’Aviano): l’avanzata turca e i tentativi di assoggettare le terre europee incarnavano ambizioni di dominio simili a quelle che, per altri versi, vedevano colpite le popolazioni arabe sottomesse alla “Sublime Porta” alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.
Se le battaglie appena citate erano una sostanziale prosecuzione sul territorio europeo di quella “tutela della Cristianità” che toccò il suo apice con le Crociate, va detto che le stesse Crociate ebbero in Siria un teatro fondamentale, in cui si possono individuare scenari e rapporti di forza che poi si ripeteranno in vari modi. Valga per tutti, alla fine del XI secolo, il caso dei Maroniti, quel “popolo cristiano di origine sira”[3], che – ispirandosi a San Marone – risulta, come già abbiamo visto, uno degli elementi più attivi ed importanti nel quadro sociale della regione. Occupata Tripoli
nel 1098, i Crociati domandarono ai fedeli Siri di quella parte del Monte Libano, discesi per congratularsi con loro, quale fosse la strada migliore per arrivare a Gerusalemme, e quindi seguirono la via della costa sotto la guida di alcuni di quei fedeli (Gugliemo di Tiro). Come si è visto, detti fedeli non potevano che essere i maroniti, e lo stesso Guglielmo altrove li chiama maroniti aggiungendo: “ed erano uomini forti e valorosi nel combattimento… e per i nostri furono utilissimi”[4]
Le Crociate furono anche “pellegrinaggi armati” ma non furono solo questo, implicarono alleanze complesse e condivisione di progetti, in esse i “diritti di Dio” si intersecarono e si scontrarono con le pretese dell’uomo, insomma: di una vasta e articolata umanità che mescolava idealità e desideri materiali. Se è vero che l’immagine prevalente che si attribuisce a questa fase è avvolta in una leggenda nera ingigantita per scopi anticlericali, è altrettanto vero che la complessità della situazione deve portarci a guardare anche questo periodo della storia cristiana come un particolare aggregato di celeste e di terreno, di divino e di umano, di ordine e di disordine. Come nella Siria di oggi, anche allora certi accordi strategici valicarono alcune appartenenze forti.
Nel 1140, Folco, re cattolico di Gerusalemme, si era alleato con l’atabeg (governatore) mamelucco di Damasco, Mu’in ad-Din Unur, contro l’atabeg Zankī (Zengi) – arcinemico dei crociati, descritto dalle cronache arabe come animatore della guerra santa e dell’antagonisno anticristiano[5]. Questi rappresentava per entrambi un “principe d’Oriente” pericoloso per la regione: se avesse preso Damasco sarebbe arrivato fino al mare[6].Divisioni che non devono stupire, ancora oggi abbondantissime, seppur di diversa matrice, nel teatro siriano.
Le fratture interne all’Islam, ieri come ora, contribuiscono a confermare l’approccio tattico in base al quale nella pratica politica “il nemico del mio nemico è mio amico”, così
Nel 1147, l’anno dopo l’avvento al potere di Nūr al-Dīn [Norandino], prendeva avvio la seconda crociata guidata da Corrado III e Luigi VII. I successi della propaganda sciita e ismailita nel vicino oriente, all’epoca del califfato abbaside e del sultanato selgiuchide, [contribuirono] inoltre ad indebolire le capacità di reazione dell’Islam[7].
Come in Europa l’opposizione al Sacro Romano Impero – anche ad opera di re cristiani – passò attraverso simpatie e collaborazione con potenze islamiche, così all’interno dell’Islam l’opposizione sciita ai potentati sunniti, non mancò di essere allineata agli interessi cristiani, in alcune vittorie come in alcune sconfitte. Va infatti ricordato che l’affermazione della dinastia turca zengide (dal nome dell’atabeg “Zankī” o “Zangi”)
contribuì alla vittoria delle tendenze musulmane sunnite a spese degli sciiti nel nord della Siria, ad Aleppo in particolare, e degli ultimi imam Sciiti fatimidi del Cairo, spianando così la via al Saladino per la riconquista di Gerusalemme nel 1187 e la successiva e completa scomparsa dei regni latini dalla costa Siriana[8].
Senza voler fare parallelismi improbabili, nella Siria odierna molti cristiani si trovano sullo stesso fronte degli sciiti alauiti in opposizione a un parte significativa della maggioranza sunnita, talvolta ideologizzata da un fondamentalismo islamico fomentato da monarchie sunnite. La complessità della situazione sembra un dato immutabile nella storia della regione, ricorda a questo proposito Antonino Pellitteri parlando delle Crociate:
Damasco a quel tempo era al centro di una situazione regionale difficile, caratterizzata dal confronto-scontro tra diverse forze, i cui interessi erano contrastanti: i Selgiuchidi e i turchi di Bagdad e d’Oriente, i fatimidi in Egitto, seppur indeboliti, i crociati nella zona costiera della Siria e Palestina. Va rilevato inoltre che per la grande città della Siria centro-meridionale era essenziale il controllo della regione della Biqā’a, nell’attuale libano, ricca per la sua agricoltura, e dell’altopiano del Hawrān, nell’attuale Siria, da cui arrivavano grano e cereali che approvvigionavano i grandi mercati damasceni[9].
Non mancarono addirittura casi di festeggiamento[10] per vittorie cristiane, non a caso alcuni tra le fila degli islamici non-sunniti si trovò chi nel 1148 aveva mal celato il suo “entusiasmo per la sconfitta subita dal sultano zengide a Yaghrà ad opera dei franchi crociati e dagli ismailiti”[11]. Insomma, pur semplificando, si può affermare che la tensione sunniti-sciiti, così come il ruolo politicamente ambivalente della presenza turca e il significativo radicamento di minoranze cristiane si interfacciarono con approcci che non si possono non riscontrare anche oggi. Il peso della presenza sunnita, così come la sua “carica ideologica” erano, e rimangono ancora oggi, elementi propulsivi inevitabilmente orientati a mettere in moto scenari di guerra.
Le minoranze, o le parti deboli in un conflitto, tendevano, e tendono, a valutare con urgenza la sconfitta del soverchiante nemico comune. Le grandi potenze “cristiane” e “islamiche” geograficamente esterne a questo gioco, ma indirettamente e inevitabilmente coinvolte, parteciparono e partecipano alla partita mescolando, come già accennato più volte, i loro interessi “spirituali” e “materiali”: se non possono stupire i sorrisi degli islamici sciiti per le vittorie cristiane contro gli islamici sunniti al tempo delle Crociate, ancor meno può apparire sorprendente l’alleanza franco-turca inaugurata nel XVI secolo[12], giustificata da nemici “materiali” comuni[13] sebbene aventi la stessa Fede di una delle due parti in causa. Quella “unione sacrilega di Giglio e Mezzaluna”[14] aprì un capitolo importante delle relazioni franco-asiatiche, relazioni giunte – per altri versi e senza un ordine specifico – fino al mandato francese sulla Siria dopo la Prima Guerra Mondiale e, ancora oggi, con la simpatia comune franco-turca per alcune fazioni ribelli coinvolte nella lotta contro il presidente Assad.
Senza voler assimilare cose diverse e tenendo presente che nella storia le mutazioni di strategia sono state molto frequenti, risulta davvero difficile non notare questi elementi, così come risulta impossibile non vedere il ruolo della teocrazia sciita iraniana nell’appoggio al governo Assad e alle milizie libanesi (sciite) di Hezbollah, più volte implicate in operazioni di contrasto alla barbarie anti-cristiana dei ribelli antigovernativi. Il governo siriano come quello libanese, non a caso, sono caratterizzati da una presenza importante di cristiani. I dati riportati non devono tuttavia portarci alla tentazione di ridurre tutto a questioni semplicemente tattiche: la storia, questa complessa e scabrosa partita in cui si intrecciano le vicende umane, ha infatti un giocatore esterno, fondamentale: Dio. A Lui si rivolgono la vera e la falsa escatologia, in funzione Sua si guarda in un modo, piuttosto che in un altro, alla fine dei tempi. Le analisi storiche (e politiche) materialiste, che hanno tentato di escludere Dio, hanno fallito. L’articolazione dell’escatologia in questo campo è l’argomento della prossima parte.
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Per vedere le parti precedenti:
‘La fama di Lui per tutta la Siria’ (Perché la Siria? – I parte) => http://wp.me/p3Bugf-5II
‘Siria, Terra Cristiana’ (Perché la Siria? – II parte) => http://wp.me/p3Bugf-5IP
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[1] A. Pellitteri, Nūr al-Dīn al-Shaīd e l’unificazione della Siria nel XII secolo, in: AA.VV., a cura di M. Guidetti, Siria, Dalle antiche città-stato alla primavera interrotta di Damasco, JacaBook, 2006, p. 101-102: Quando, secoli dopo, ebbe luogo la presa di Damasco del 1154 “pochi soldati bastarono a scalare le mura dalla parte orientale aiutati, come raccontano le fonti, da una donna ebrea che lanciò loro dall’alto delle mura una corda”. (Ivi, p. 112) / *eretici monofisiti.
[2] M. Guidetti, L’antichità nella formazione dell’arte medioevale siriana, in: AA.VV., a cura di M. Guidetti, Siria, Dalle antiche città-stato alla primavera interrotta di Damasco, JacaBook, 2006, p. 66-67.
[3] Enciclopedia Cattolica, 1952, Vol. VIII, col. 177.
[4] Ivi, col. 179.
[5] E. Burgio, Oddone di Deuil, “La spedizione di Luigi VII in Oriente”, in: (a cura di) G. Zaganelli, Crociate, Mondadori (i Meridiani), 2004, p. 1871.
[6] (a cura di) G. Zaganelli, Crociate, Mondadori (i Meridiani), 2004, p. 868.
[7] A. Pellitteri, Nūr al-Dīn al-Shaīd e l’unificazione della Siria nel XII secolo, in: AA.VV., a cura di M. Guidetti, Siria, Dalle antiche città-stato alla primavera interrotta di Damasco, JacaBook, 2006, p. 96.
[8] Ivi, p. 97.
[9] Ivi, p. 105.
[10] Va qui distinta, e nuovamente chiarita, la differenza che corre tra comunione di “interessi spirituali” (che può esservi veramente solo quando si condivide la Fede) e comunione tattica di “interessi materiali”. Si pensi, giusto per portare un esempio, che l’instabile califfo fatimita d’Egitto, al-Hākim, fu persecutore e distruttore nel 1009 degli edifici cristiani di Gerusalemme. (Cfr.: a cura di G. Zaganelli, Crociate, Mondadori (i Meridiani), 2004, p. 1809.). La prima Crociata fu indetta nel 1095.
[11] A. Pellitteri, Nūr al-Dīn al-Shaīd e l’unificazione della Siria nel XII secolo, in: AA.VV., a cura di M. Guidetti, Siria, Dalle antiche città-stato alla primavera interrotta di Damasco, JacaBook, 2006, 106. /* detto “Norandino”.
[12] Per lo scenario italiano, cfr: M. M. Rabà, Il Giglio e la Mezzaluna. Strategie di logoramento. “Infedeli” e fuoriusciti al servizio della Francia nelle Guerre d’Italia (1536-1558), Rivista di Studi Militari, 3 (2014), pp. 71-97.
[13] A. Giacobazzi, Degli ultimi Capetingi, Terra e Tradizione (tetra.spazioblog.it), 26 agosto 2006.
[14] Di tenore diverso ma animata da strategie assimilabili, fu l’alleanza franco-abbaside (o abbaside-carolingia), inaugurata nel VIII secolo, volta a indebolire gli omayyadi che insidiavano contemporaneamente l’Impero e lo sviluppo politico di quella che sarebbe stata la nuova dinastia califfale.