venerdì 9 ottobre 2015

Il buon governo borbonico

Molta della corriva storiografia sul regno borbonico in Sicilia ancor oggi appare perlomeno viziata ideologicamente.

buon governo borbonico


     I Lavori Pubblici sotto i Borboni.
    di Salvo Garufi

La retorica post-unitaria ce lo aveva presentato sotto una luce truce, dove l’estrema crudeltà si accoppiava alla somma inefficienza. “La negazione di Dio fattasi governo” così fu definito da un uomo politico inglese dell’Ottocento. Nasceva un luogo comune e, come sempre accade per i luoghi comuni, esso finì per ingessare ingiustamente un’azione amministrativa dove insieme alle ombre ci furono molte luci (alcune delle quali, fra l’altro, di notevole intensità).
A cominciare dall’istituzione del catasto, invece, il periodo borbonico fu un momento di razionalizzazione delle entrate, al quale seguì un concetto più oculato di spesa. L’idea di “bene pubblico” sostuì definitivamente quella di “prestigio” (o del principe, o della città). Le opere, perciò, divennero meno appariscenti, ma più utili.
Per dirlo, lascio perdere la storia della città di Napoli, su cui già Carlo Allianello, col romanzo L’eredità della priora, ha avuto modo di iniziare a proporre alcune radicali, ed oggi largamente accettate, revisioni. Mi attengo semplicemente al piccolo osservatorio dell’Archivio Comunale di Militello. La corrispondenza tra il Decurionato e le autorità provinciali, giudiziarie e delle città vicine ci dà l’immagine di un’attività sorprendentemente dinamica. Non ci sono i grandi progetti urbanistici ed architettonici pensati individualmente e calati dall’alto, non le grandi cattedrali. V’è piuttosto un più umile e più tenace programma di interventi infrastrutturali, dove magari c’è molta ingegneria e poco genio creativo; ma dove indubbiamente la vita collettiva fa un deciso passo avanti verso la modernità.
Almeno fin quasi agli Anni Quaranta del secolo, cioè fino a quando le fibrillazioni rivoluzionarie del ’48 probabilmente avvelenarono i rapporti tra governanti e governati. Questo, infatti, ho potuto evincere, mettendo in ordine cronologico i Lavori Pubblici indicati dalle carte d’archivio e che qui sotto presento, lasciando parlare i fatti e non le convinzioni, come sempre dovrebbe succedere quando si esercita l’arte della scrittura storica.
La più antica notizia ottocentesca d’epoca borbonica di “Lavori Pubblici” a Militello è del 1815, quando il perito Fragalà realizzò la canalizzazione dell’acqua della fonte Zizza da Piazza Maggiore a via Porta della Torre. Seguirono a intervalli opere di manutenzione e di miglioramento. Nel 1819 l’architetto Francesco Capuana effettuò un sopralluogo nella sorgiva della Zizza. Nel 1821 vennero fatti dei lavori di manutenzione della linea dell’acquedotto. Nel 1825 il mastro Mario Messina e gli eredi di Francesco Messina eseguirono “viattazioni e ripari” nella sorgiva della Zizza e tentarono la canalizzazione dell’acqua del Lembasi. Il 30/6/1831 venne affisso nei comuni di Scordia, di Vizzini, di Mineo e di Caltagirone il “primo avviso” per appaltare i lavori nell’acquedotto di Militello (se ne conservano le ricevute date dai sindaci). Nello stesso anno venne scritta dal perito Tinnirello una relazione sui “catusi” realizzati e fu data notizia dell’acquedotto cosiddetto della Strada Corta, costruito con “tombonelli(?) di calce e cenise(?), ed indi coperto di balatato nero, in cui passaro le acque piovane che raccogliono varie strade interne, non solo, ma pure lo scolo dei pubblici canali di detta Comune…” Nel 1832 vi fu l’appalto per la “conservazione dell’acquedotto e fontane.” Nel 1838 il mastro Salvatore Lo Drago di Messina si prese l’incarico di una “guida dell’acquedotto pubblico” (con le annesse riparazioni). Le acque arrivavano dalle sorgive Zizza, Lembasi, Santo Vito, Vanella, Francello.
Del 1819 resta una corrispondenza nella quale Giovan Battista Patricolo si impegnava a costruire dei fanali “a lume inglese” nei pressi del palazzo comunale, primo nucleo dell’illuminazione pubblica.
Il sette febbraio del 1820 venne pubblicato l’avviso per procedere all’appalto per la costruzione del nuovo orologio pubblico, seguendo i criteri stabiliti nella relazione del perito mastro Domenico D’Agata di Aci Sant’Antonio. Il macchinario doveva collocarsi sulla facciata della Chiesa Madre. Il successivo atto per procedere alla costruzione è datato 2 agosto 1820.
Il più antico avviso da me trovato per la costruzione della strada Scordia-Militello è datato 18 novembre 1823. Nel 1832 il Decurionato di Scordia procedette alla gara d’appalto per la costruzione della “Strada del Beveratojo, e di quella de’ Mulini”. Nel 1832 si avviarono le procedure per la “costruzione della strada di Militello.”Nel 1833 venne affisso l’avviso di gara d’appalto per la Strada delli quadri, che univa Scordia a Militello. Il 19 luglio 1833 uscì l’avviso per la “costruzione di Strada Purgatorio e riattazione Strada Colonna” a Scordia.
Nel 1827 il Sindaco di Scordia Giuseppe Brocchieri pubblicò un avviso per appaltare la costruzione di un “Beveratojo in Contrada Cava.”
Nel 1828, con buona pace di Ugo Foscolo, dal Governo Borbonico arrivò a Militello la notizia del decreto che imponeva di realizzare i camposanti fuori dall’abitato.
Il 20 aprile 1830, siccome non si vive (e non si costruisce) con la sola buona volontà, venne fissato con apposito avviso, datato 26 giugno 1830, il dazio di pedaggio “nelle strade rotabili di Sicilia.” In relazione a ciò, il 18 maggio 1830, venne annunciata l’apertura della rotabile che univa Catania con Palermo e Messina “per mezzo di due lunghi tronchi di strada che incontrano la consolare, uno ad Adernò, e l’altro a Ponte Minissale sopra Diana.” Nel dicembre del 1832, poi, si ricevette notizia che “si dee procedere allo appalto dei lavori necessari in alcuni punti della Strada di Villallegra, onde rendersi sicuro e continuato il tragitto dei passi pericolosi nella stagione invernale.”
Il 17 settembre 1830 dall’Intendente arrivò comunicazione ai Decurionati (come allora venivano chiamati i Comuni) “di quanto giovamento sieno gli alberi di ormeggio lungo le carrozzabili strade provinciali, pel comodo de’ viandanti, per la salubrità dell’aere, e pel legno che producono.” Per cui, concludeva l’intendente “sono sicuro che codesto Decurionato come fervescente del pubblico bene, bisogno non ha che d’un impulso, per procurare tra gli altri ai suoi concittadini, utilità siffatte.”
Il 7 ottobre 1830 a Scordia si procedette all’appalto per costruire il palcoscenico del Teatro Comunale. Nel corso di quello stesso anno a Palagonia s’iniziarono le procedure per restaurare le prigioni comunali e a Caltagirone vennero emessi avvisi per appaltare la cosruzione di “strade interne.”
Nel 1831 dall’Intendenza del Valle di Catania arrivò una lettera circolare a stampa nella quale si dette avvio ad un’indagine sullo stato dei ponti e sulla loro riparazione nelle strade della provincia (o valle, come all’epoca si chiamava).
L’8 settembre 1832 venne pubblicato un “primo avviso”, nel quale “si concede al pubblico incanto l’appalto delle opere di adattamento e di formazione della casa di correzione nel terzo piano” del carcere centrale di Catania. Contestualmente uscì il “secondo avviso” per “l’aggiudicazione dell’appalto delle opere di formazione e perfezionamento delle due strade di Levante e di Ponente, e de’ due piani di mezzogiorno e tramontana al dintorno” del carcere, “nonché della fida ossia manutenzione delle stesse opere per anni cinque consecutivi.” L’avviso venne reiterato il 10 dicembre 1832 per le due strade e l’11 per il carcere. Nello stesso anno vennero affissi avvisi di gare d’appalto per la riparazione delle pubbliche prigioni a Vizzini, Caltagirone, Mineo e Palagonia. Vi fu pure in quell’anno una denuncia del Regio Giudice Rosario Ventimiglia sul diroccamento del carcere di Militello, per cui nel 1834 tali acconci vennero realizzati. Il 5 novembre 1836 uscì il “primo avviso” per procedere all’appalto per la costruzione di sei gratoni di ferro per le finestre dell’ospedale del carcere.
Sempre nel 1832 vengono realizzati dal Decurionato di Militello “acconci ne’ casamenti dell’ex feudo di Francello.”
Nel 1833 vi furono lavori di riparazione nella Casa Comunale di Palagonia.
Il 7 ottobre 1836 fu pubblicato il primo avviso per costruire “taluni muri parapetti sopra tutti i riempimenti che si alzano dal suolo al di sopra di palmo uno nella strada provinciale da S. Antonio a Diana.” Altro “primo avviso” vi fu il 7 novembre dello stesso anno per un identico lavoro nella strada provinciale da S. Antonio a Minissale. Mentre, datato 31 ottobre 1836, si trova un “secondo avviso” per “riattazione, e manutenzione della strada da Nicolosi, Gravina alla Barriera nella strada del bosco.” Il 6 novembre successivo si procedette, poi, all’appalto per la manutenzione della strada provinciale dal Borgo a S. Antonio, chiudendo il collegamento per arrivare a Diana, e quindi a Ponte Minissale, e quindi inserirsi nella consolare per Palermo e Messina.
Il sistema repressivo borbonico fece capolino sul finire del Regno, dopo i disordini del 1848, con un bando per la censura sulla stampa emesso nel 1850(1).

Fonte: http://lacasadelsognoantico.altervista.org/ilgarufiedizioni/il-buon-governo-borbonico/