Fonte: http://www.radiospada.org/
Perché la Siria? Cristiani, guerre ed escatologia
La conferenza “Perché la Siria? Cristiani, guerre ed escatologia” è stata tenuta il 23 ottobre 2015 presso il “23° Convegno di Studi Cattolici” da Andrea Giacobazzi, collaboratore di Radio Spada. Riportiamo le trascrizioni delle quattro parti:
II parte
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Siria, Terra Cristiana
Maroniti, armeno-cattolici, melkiti, cattolici caldei, siro-cattolici, latini[1]: sotto questi nomi si raggruppano la maggior parte dei cattolici siriani. Già solo il numero di queste Chiese particolari in piena comunione con la Sede Apostolica ci suggeriscono la complessità della Cristianità in questa regione.
Umanamente parlando, la Chiesa in Siria non avrebbe dovuto sopravvivere, battuta da eresie, scismi, invasioni e persecuzioni ad opera di infedeli, martoriata da secoli di guerre. Del resto, come disse G. K. Chesterton: “il Cristianesimo è stato dichiarato morto infinite volte. Ma, alla fine, è sempre risorto, perché è fondato sulla fede in un Dio che conosce bene la strada per uscire dal sepolcro”. Fu così che in Siria la Fede non solo non perì ma addirittura i cristiani di quella terra divennero una delle colonne portanti del Cattolicesimo, donando sette Papi[2]* (ne vennero meno da due nazioni cattoliche come Spagna e Portogallo, messe insieme), diversi Padri e Dottori della Chiesa, un numero abbondantissimo di Santi, e una quantità incalcolabile di opere artistiche ed architettoniche che rimangono ancora oggi un monumento visibile alla grandezza della Cristianità, costellando quelle stesse zone sassose dove si videro passare i “Padri del deserto”.
Se come si è detto, il Vero e l’errore trovarono – e trovano – in questa terra uno dei luoghi più idonei per il loro combattimento, pare difficile non riconoscere i risultati di questo scontro plurimillenario. Indagando l’enorme patrimonio cui stiamo volgendo lo sguardo risulta impossibile non notare il ruolo che ebbero i centri monastici,
luoghi sia di insegnamento che di produzione culturale. Il patrimonio dei manoscritti ad essi associato conservava non solo le parole degli autori e dei padri della Chiesa di Siria (per esempio e per restare solo al quarto secolo Efrem, Afraat e Cirillona), ma anche le ricche miniature che adornavano i libri liturgici: la circolazione a seguito di spostamenti e acquisizioni permise la loro diffusione nell’intero bacino del Mediterraneo[3]
Gli esempi che comprovano il peso e il ruolo del Cristianesimo dell’area siriana definiscono una serie di primati difficili da ignorare. Nel convento di Quzhayā, un antichissimo e meraviglioso gioiello[4], nel Libano settentrionale:
Fu realizzata la prima tipografia del Vicino Oriente. La data esatta in cui vi fu stampato il primo libro – un Salterio bilingue, arabo e siriaco – probabilmente […] risale […] al 1610, si tratta comunque di una novità rimarchevole se si pensa che i sultani ottomani avevano reiterato fino al 1515 un’ordinanza che sanciva la pena di morte per chiunque soltanto utilizzasse libri a stampa. Ad Aleppo, nel 1706 si ha notizia di un’altra stamperia maronita, così come fu un libanese, Niqūlā Masābkī (che aveva imparato la sua arte a Milano) a dirigere la tipografia di Būlāq, sorta al Cairo nel 1821. I contatti con l’Europa, e particolarmente con l’Italia, di religiosi cristiani maroniti avevano favorito una simile evoluzione: dopo aver lungamente soggiornato specialmente a Roma, molti di essi promossero nel loro paese d’origine ogni sorta di iniziative culturali[5]
Non deve stupire che l’insegnamento in Libano fosse stato soprattutto nelle mani della comunità cristiana[6]. Anche nella parte di “Siria” coincidente con la “repubblica araba siriana”, le testimonianze portateci dall’Enciclopedia Cattolica, riferiscono che “oltre agli ordini e congregazioni religiose dei vari riti orientali, molti ordini e congregazioni di rito latino, maschili e femminili, [svolgevano] il loro apostolato con scuole e opere di assistenza, di cui [beneficiavano] anche i dissidenti, gli ebrei ed i musulmani”[7]. Bisognerebbe, sempre in ambito cristiano, parlare lungamene della letteratura siriaca, di quel profondo senso religioso e di quella predilezione per la poesia che sono fra le sue caratteristiche più conosciute. Basti aggiungere, tra le altre cose, che “le versioni siriache di filosofi greci hanno poi servito di base per le corrispondenti versioni arabe di cui durante il medioevo sono state fatte traduzioni latine”[8]. Riguardo al Nuovo Testamento “la versione siriaca è la più antica di tutte, e fatta in un idioma vicino a quello usato da Gesù”[9]. Molto altro dovremmo dire ma per ora non possiamo che sfiorare questo vastissimo argomento: valgano, in rappresentanza del resto, i pochi esempi riportati e si tenga a mente che per la descrizione del ruolo che ebbe in questa terra la Vera Fede non basterebbe certamente un singolo volume.
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Per vedere la parte precedente:
‘La fama di Lui per tutta la Siria’ (Perché la Siria? – I parte) => http://wp.me/p3Bugf-5II
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[1] Enciclopedia Cattolica, 1953, Vol. XI, col. 735.
[2] T. Pope, The Council of the Vatican, and the events of the time, Dublino, 1871, p. 43. //*Il numero può variare in base ai criteri territoriali usati per contarli, lo stesso vale ovviamente per altre nazioni.
[3] M. Guidetti, Breve profilo del periodo bizantino in Siria, in: AA.VV., a cura di M. Guidetti, Siria, Dalle antiche città-stato alla primavera interrotta di Damasco, JacaBook, 2006, p. 63.
[4] http://www.qozhaya.com/
[5] P. Branca, Il ruolo della regione siro-libanese nella rinascita culturale araba in epoca moderna, in: AA.VV., a cura di M. Guidetti, Siria, Dalle antiche città-stato alla primavera interrotta di Damasco, JacaBook, 2006, p. 142.
[6] Ivi, p. 143.
[7] Enciclopedia Cattolica, 1953, Vol. XI, col. 736.
[8] “Gli autori più cospicui del periodo ortodosso sono Afaate, S. Efrem, il più celebre fra gli autori siriaci, Cirillona e Bālaj”. Cfr: Enciclopedia Cattolica, 1953, Vol. XI, col. 740-741.
[9] Ibidem.