lunedì 7 novembre 2011

Quello strano 1859 (Parte 1): La situazione del Regno Sardo, l'inizio del conflitto, e L'Imperial-Regio Esercito Austro-Lombardo-Veneto negli Stati Sardi.




Prefazione:

Poco è stato detto su un punto cruciale del cosi detto "Risorgimento", mi riferisco a quel 1859 che segnò l'inizio della tragedia per i Popoli della Penisola Italiana. Quell'anno fatidico  segnò la rottura  definitiva con  l'Italia culla di cultura e prosperità sociale e civile dando inizio  all'Italia che conosciamo tutti : corrotta , miserabile , e oggetto di critiche da parte di tutto il mondo. Detto ciò , in questa serie di articolo mi porro l'obbiettivo di far conoscere a tutti voi l'ennesima verità tra il cumulo di retorica Risorgimentalista che ancora oggi avvelena le menti di studenti e semplici cittadini. Questa volta  il mio sguardo non andrà a Sud ,come di sovente capita,  ma sarà puntato a Nord della Penisola .  In particolare riporterò le reali vicende accadute in "quello strano 1859" nel Regno di Sardegna, che per gli storici risorgimentalisti era ricco, prospero e ben felice e totalmente d'accordo con le idee unitarie, e quelle del Regno Lombardo-Veneto  che,  come ci hanno voluto far credere in tutte le salse,  "desiderava la liberazione dallo straniero e l'unità Nazionale".


L'Inizio della fine

Nel 1859 la Penisola Italiana si presentava come di sua natura divisa in sette stati legittimi, sei dei quali totalmente indipendenti, e uno (Regno Lombardo-Veneto ) controllato dall'Austria. La situazione economico-sociale di tutti gli stati era presso che efficiente , con in testa il Regno Delle Due Sicilie e il Granducato Di Toscana, seguiti dal Regno Lombardo-Veneto ,  dallo Stato Pontificio e dai Ducati Emiliani: l'unico stato da cui si levava "il gridi di dolore" era il Regno Di Sardegna, ormai devastato da un  debito pubblico stratosferico, con una tassazione sul popolo massacrante. In dieci anni(1848-1858) non solo erano aumentate le tasse già presenti , ma se ne erano aggiunte altre. In più il popolo degli Stati Sardi pagava cifre esorbitanti per il mantenimento di un esercito sproporzionato per le reali necessita dello Stato.

Alcune tasse aggiunte e aumentate nel Regno di Sardegna.


Il 23 Marzo 1849 l'esercito Sardo-Piemontese subì a Novara una pesante sconfitta da parte dell'Imperial Regio esercito Austro-Lombardo-Veneto. I soldati Sardo-Piemontese sconfitti e allo sbando si diedero al saccheggio della città di Novara, saccheggio che venne fermato dall'intervento dei soldati Imperial Regi comandati dal Radetzky . Pochi giorni dopo, il 27 Marzo 1849, scoppio una rivolta indipendentista a Genova, ridotta alla miseria dalla politica centralista Sabauda. L'insurrezione popolare durò fino al 19 Aprile. Per reprimerla il governo di Torino inviò il Generale Alfonso La Marmora al comando di 30.000 uomini , appoggiati a loro volta da una nave da guerra Inglese(Vengeance) ancorata nel porto. La Marmora ordinò di attaccare gli insorti , bombardando la città . L'attacco provocò circa 500 morti (purtroppo non  è stato possibile sapere se i morti furono solo 500 ).Ci fu chi venne ucciso per rubargli solo un po' di verdura! La soldataglia dei Savoia stuprò e violentò le donne, anche alla presenza dei figli. Furono profanate e saccheggiate le chiese ed i Santuari, le case dei Missionari, e i conventi.

Il mal contento del popolo degli Stati Sardi si manifestò in modo acceso nel 1853: si insorgeva contro tasse, caro vita, e crisi economica. Nell'Agosto del 1853 scoppiarono sommosse ad Arona-Genova-Torino(a Torino vennero uccise circa 500 persone che chiedevano pane e lavoro), si gridava "abbasso Cavour, abbasso il dazio sul grano". Il 12 Ottobre  dello stesso anno il popolo assaltò la casa di Cavour. A Natale insorse la Valle D'Aosta, e da lì il tumulto si estese per tutto il Regno Sardo. Si gridava "abbasso il tricolore": anche  qui l'esercito Regio represse duramente le sommosse con centinaia di morti: furono arrestati 300 ribelli. Le sommosse continuarono , ed ovunque gli insorti chiedevano:
 
1)allontanamento di tutti i fuoriusciti dei vari stati che andavano a mangiare il pane dei loro figli
 
2)soppressione della bandiera tricolore, e della guardia Nazionale.

E' questa la situazione del Regno di Sardegna alla vigilia della guerra del 1859, uno stato in banca rotta , che accumulava sempre più debiti e tassava il popolo riducendolo alla fame. Un popolo realmente oppresso da un cosi detto governo "liberale", uno stato governato dal cinico Cavour intenzionato a portare avanti una fantomatica causa nazionale, tanto da spedire in Crimea un piccolo contingente di 18.000 soldati  così da poter sedere tra le potenze vincitrici e trovare l'appoggio militare al folle progetto unitario. Come tutti noi sappiamo il piano del Conte finì a "buon fine": infatti la Francia , governata da Napoleone III°, promise un suo aiuto militare , di uomini e di mezzi, nel caso in cui l'Austria avesse attaccato il Regno di Sardegna. Il cinico Conte non rimase immobile, e si mise all'opera per provocare le ire dell'Austria e una successiva invasione. Il governo Sardo cominciò ad aumentare lo spostamento delle truppe lungo il confine con il Regno Lombardo-Veneto. Incominciarono già mesi prima dello scoppio della guerra a studiare nuovi metodi di difesa, erigendo sistemi difensivi in grado di resistere almeno fino all'arrivo dell'alleato Francese. Ad esempio, già nel Febbraio del 1859 il Generale Niel e Cialdini visitarono i campi della bicocca a Novara per studiare con cura le posizioni Sardo-Piemontesi prese dieci anni prima , dicendo: <<Nous corrigerons les fautes de Chzarnowski>> (la frase si riferiva alla condotta del Generale Polacco Chzarnowski nel 1849).

Alla vigilia del conflitto, nei comuni vicini al confine Lombardo-Veneto, la situazione era tesa: il popolo era in fermento, ma non per paura dell'"invasore", ma per impazienza di essere "liberati" dal mal governo Sabaudo, ma anche per paura di rivivere situazioni analoghe a quella del 23 Marzo 1849 che interesso Novara . In questi paesi e in queste città in fermento l'"ordine veniva messo nelle mani della guardia nazionale che nata undici anni prima si presentava "nulla , ormai scaduta, i capi inetti e svogliati, i gregari insofferenti di disciplina o chiamati ad opera di utilità più diretta e personale.Quell'organismo che pareva dovesse compiere prodigi di abnegazione , ed essere valido presidio dei comuni , sfasciato e scomposto, vegetava privo di idealità e guardato con la più completa indifferenza". Questa descrizione fu scritta da un personaggio di parte Sabauda, il sindaco di Novara Gibellini-Tornielli Bonperti, liberale e accanito sostenitore di Cavour e della sua politica. A Novara , come in altri comuni ,   venne "riorganizzata"  la guardia nazionale: il 17 Marzo 1859 a Novara vennero eletti gli ufficiali minori , il 7 Aprile i superiori, a comandarla col grado di Colonnello venne chiamato il Marchese Luigi Tornielli di Borgola vezzaro(vecchio Ufficiale dell'Aosta cavalleria), maggiori dei due battaglioni erano, Avogadro Cav. Giuseppe(1814-1870), e Morozzo Marchese Filippo, tutti mostravano riluttanza nell'accettare il mandato.



Guardia Nazionale del Regno di Sardegna.

 
 
 
Sempre a Novara la notte tra il 18 e 19 Aprile girò la voce di un imminente arrivo delle truppe Austriache. Il Generale Broglia comandante del presidio militare nei presi della città , con una corta si avvicino al Ticino. Al suo ritorno la popolazione li domandava cosa stesse succedendo ,e quando seppero che la situazione era tranquilla si pensò ad un accordo pacifico che non avrebbe portato la guerra. I cittadini espressero sincera felicità alla notizia di un concordato che avrebbe reciso i nervi ad ogni tentativo di unità . Ma il governo di Torino, intenzionato a far scoppiare la guerra a tutti i costi , aumentò le provocazione verso l'Austria continuando ad ammassare truppe lungo il Ticino e a intensificarne le manovre. Ma quando la guerra ormai sembrava imminente il governo ritirò le truppe dalle vicinanze del fronte e nel frattempo il Municipio  si affrettò a preparare il modulo per le requisizioni dividendolo in tre parti: una per l'esercito Piemontese, l'altro per quello Francese, e per finire uno per quello Austriaco. Il Sindaco liberale in stretto contatto con Cavour , si accordava già su presunte requisizioni Austriache che sarebbero state risarcite dallo stato (nemmeno era stato mandato l'ultimatum  che si preparavano la loro "fetta"). In un colloquio personale tra il sindaco di Novara e Cavour, il Conte  disse che sarebbe stato risarcito, ma ciò non avvenne.



Le armi in tutti i comuni nei pressi del confine, e quindi anche nella città di Novara , vennero requisite e spedite a Torino e Alessandria. Il sindaco temeva di non poter contenere eventuali e molto probabili rivolte popolari, così furono incarcerati tutti i sospetti o presunti tali . Il 25 Aprile un decreto Reale nominava i " commissari straordinari" per le province prossime al confine. Alla città di Novara venne assegnato il liberale Sebastiano Tecchia (futuro presidente del senato). Il governo intanto ritirava le ultime guarnigioni , compresi i Carabinieri, tutti i funzionari pubblici che furono fatti trasferire in attesa di nuove direttive a Vercelli .  Il 28 Aprile però il Tecchia li richiamo a Novara.

Già il 23 Aprile 1859 , si presentarono a Cavour i plenipotenziali di sua Maestà Imperiale il Barone di Kellesperg (Vice presidente della luogotenenza di Lombardia), e il Conte Ceschi di Santa Croce (Provveditore generale delle armi Austriache), che il 26 Aprile ricevettero la risposta negativa all'ultimatum da parte del governo Sardo( Kellesperg  fu addirittura arrestato e condotto a Vercelli). Mentre i fatti di maggior spessore diplomatico si avvicendavano, il sindaco di Novara , come tutti i sindaci delle città limitrofe al confine, prese il pieno potere sulla città  attuando requisizioni e abusi di potere con l'aiuto di pochi manutengoli da lui stipendiati. Vi furono di risposta rivolte di contadini che assaltarono le caserme, gli uffici doganali, e le proprietà della Borghesia liberale. Tale reazione fu dettata soprattuto da anni di mal governo oppressore. Il 27 Aprile 1859 , i sindaci liberali dei vari comuni, comunicavano tra loro sulla situazione telegraficamente (Novara-Galliate-Arona-Oleggio-Mortara-ecc...). Il Sindaco di Galliate scrisse,  riferendosi ad un telegramma ricevuto precedentemente,  il seguente telegramma  al sindaco di Novara:

27 Aprile 1859

Signor sindaco di Novara
Il sottoscritto accusa ricevuta della nota sovraindicata, pervenutagli alle ore dieci pomeridiane ed ha l'onore di assicurare la libertà d'azione, ma che nessun fatto importante si avverò finora fatta eccezione per rivolte contadine in seguito a requisizioni, nessun fatto importante nemmeno alla frontiera, se si eccettua il fatto accertato che verso le due pomeridiane d'oggi dì venne dai nemici minato il ponte sul Ticino presso Buffalora. Già da alcuni giorni si perlustra accuratamente  la frontiera, fin oggi possiamo tranquillamente continuare nell'opera nostra col benestare dello stato,di ogni fatto importante che fosse verrete avvertito.

Il sindaco di Galliate Ajroldi.

Dal telegramma sopra riportato , si può capire in che situazione di totale anarchia si trovò il popolo del Regno Sardo in quei giorni, i sindaci requisivano beni ai contadini, tenevano il potere con un gruppo di mercenari della guardia nazionale fatti rimanere apposta, ma il terrore imposto dagli ingordi sindaci liberali ebbe vita breve, il 30 Aprile 1859 , alle ore due pomeridiane l'esercito Austriaco entrava a Novara da porta Milano, il contingente era composto da 200 fanti del 1° Reggimento Kaiser, seguiti a poca distanza da 50 uomini di cavalleria guidati da un ufficiale degli Ulani(avanguardia), i Novaresi accolsero gli Austriaci come liberatori, accogliendoli festosamente.





Ulano.
 
 
 
La stessa cosa successe in tutte le città e i paesi occupati dall'Imperial Regio esercito(Mortara-Galliate-Arona-Biella-Vercelli-ecc...), il comandante Austriaco a Novara rifiutò di far all'oggiare lui e i suoi uomini nella caserma , chiedendo solo un po di vino e di paglia, richiese anche cinque pompieri come guida per la pattuglia di sicurezza, in quei momenti il popolo credette di essere finalmente libero e davvero tutelato nella sua sicurezza, i sindaci liberali tentarono di rabbonirsi gli ufficiali Austriaci ma senza riuscirci, contadini e popolani vendevano hai soldati i loro prodotti in cambio di monete o altri oggetti di valore in possesso dei militari, gli stessi Austriaci(le cui fila erano composte da decine di migliaia di Lombardi e Veneti), soccorsero con generi di prima necessità il popolo ridotto alla miseria dal governo liberale. Essi erano ben accetti da chiunque ,  eccezion fatta per i liberali, trincerati nelle loro case con il terrore di vedersi irrompere in casa i contadini in cerca di vendetta per i soprusi subiti, ma l'ordine nelle città occupate non era mai stato così ben gestito. Le città assaporavano finalmente una brezza del buon governo Asburgico: nella città di Biella,  dove erano presenti dall'8 Maggio reggimenti Austriaci, la situazione era a dir poco migliorata, anche li il sindaco della città tale Felice Coppa , altro liberale convinto, si diede a requisizioni senza fine ai danni del popolo. All'arrivo degli Austriaci cercò di restare al sicuro chiuso in municipio con i suoi manutengoli più fedeli  tra cui il suo socio in requisizioni ed in opere di strozzinaggio, l'avido Quintino Sella , Banchiere, azionista, maggior esponente della Borghesia Biellese. Questi ferventi liberali chiusi in municipio cercavano in tutti i modi di modificare il reale ammontare delle loro requisizioni incolpando gli Austriaci, così come accadde praticamene ovunque , anche a Novara . Stupisce in particolare l'ammontare delle spese provocate dalle requisizioni Austriache e dai loro presunti danni  nel documento datato in Biella l'8 Maggio 1859.



Documenti d'archivio riportanti le presunte spese dovute alle requisizioni Austriache a Biella.



Già dalla prima visione dei documenti sorge un dubbio: ma come è possibile che l'esercito Austriaco, entrato in Biella il giorno 8 Maggio 1859, presenti già un conto di lire 5.000 tra requisizioni e danni nel medesimo giorno del suo arrivo? Ve lo dico io, è stato una semplice dimenticanza  del Felice Coppa e del Quintino Sella, nella fretta di scrivere falsi documenti che li scagionassero. Bisogna anche contare che si aggiunsero successivamente i danni e le rapine perpetrate dai Cacciatori delle Alpi al comando di Garibaldi, tra il 18 e il 20 Maggio 1859. Anche ha Novara il conto delle presunte requisizioni Austriache riportato dal sindaco ammontava a lire 2.989. Anche qui nei primi giorni di occupazione , e  la cifra ammontava al valore delle requisizioni e ai danni provocati dal saccheggio delle truppe Francesi e Sardo-Piemontesi avvenuto dopo la ritirata Austriaca.
Il comportamento del popolo e la sua situazione in quei momenti così come li ho  narrati io, vengono riportati dal corrispondente del Times che seguiva l'esercito Austriaco. Egli era il Capitano Brakley, e in uno dei suoi articoli apparsi sul giornale Inglese diceva :

"Le truppe sono ben accolte, quando la Sesia ruppe le dighe, i contadini Piemontesi prestarono volontariamente l'opera loro per prevenire i danni che l'inondazione avrebbe all'armata invadente. Questa circostanza prova chiaramente come fossero false le relazioni pubblicate circa l'animosità degli Italiani contro gli Austriaci. Io stesso sono stato tre giorni in Piemonte , in questa occasione ho cavalcato per circa centoquaranta miglia nel suo territorio, mi sono fermato in ogni villaggio e gl'indigeni non avrebbero celato i loro sentimenti ad un Inglese. Posso assicurare che tutte le loro querele erano dirette contro il governo, non solamente a causa della guerra, ma specialmente per una politica che li aggravava di tasse di ogni genere affine di mantenere un esercito superiore ai bisogni del paese, parlo della gente di campagna, i Borghesi e gli avvocati la pensavano forse in altro modo. In una città in cui penetrarono, gli Austriaci furono acerbamente rimproverati per non essersi mossi quindici giorni prima. Nella aspettazione del loro arrivo,essi, dicevano, aveano tentato tutti i mezzi per ritardare il loro contingente alla riserva dell'esercito. I Piemontesi vi avevano requisito tutti i cavalli e le provvigioni. A Stroppiana avevano portato via le donne per lavorare a Casale. Gli Austriaci mandarono provvigioni per gli abitanti affamati che vi erano  rimasti.

D'altra parte fu asserito che la popolazione delle campagne non fu potuta indurre, sia con minacce, sia con promesse a dare agli Austriaci alcuna informazione circa il movimento degli alleati. Ma sembra molto probabile chèssi non dessero informazioni semplicemente perché non ne avevano alcuna da dare; mentre durante la marcia su Torino e la susseguente ritirata tutte le truppe alleate erano parecchie miglia lontano, dall'altra parte del Po".

Capitano Brakley.



Quello che il Brakley a riportato per quanto possa sembrare "strano"  è semplicemente la verità. Molti suoi colleghi Inglesi  lo diffamarono  perché raccontò ciò che successe realmente, e fu detto che lui scrisse spinto da un non ben chiaro sentimento di vendetta verso il suo governo. Ma le calunnie verso di lui sono totalmente infondate.


Prima pagina del Times (1859).


Tra il 29 Aprile  e la prima metà di Maggio del 1859,  l'esercito Austriaco si attestò su parecchie città e paesi arrivando a 50 Km da Torino. Pur essendo un esercito ben organizzato , ben armato e motivato , peccava nell'amministrazione da parte dei Generali e Comandanti. Alcuni erano veterani del 1848/1849, ma non riuscivano a trovare un punto di accordo sulla strategia da seguire. Avrebbero potuto annientare l'esercito Sardo-Piemontese prima dell'arrivo dei Francesi, avrebbero potuto marciare su Torino , e concludere la guerra nel modo palesemente auspicato dal popolo, invece diedero tutto il tempo alle forze alleate di congiungersi, e dato che l'esercito Sardo-Piemontese  era attestato a sud di Alessandria e a Torino, l'Imperial Regio esercito ebbe il suo primo scontro a fuoco presso Montebello , a ovest di Alessandria , ma non incontrarono l'esercito Sardo-Piemontese , ma si trovarono di fronte le truppe Francesi che erano giunte a Genova agli inizi di Maggio. Il 20 Maggio 1859, le truppe Austriache guidate dal comandante Franz Stadion, durante le manovre di perlustrazione si imbatterono , presso Montebello, nell'esercito Francese con un piccolo contingente di cavalleria Piemontese posto nelle retrovie. Fin da subito ci furono i primi spari tra i beligeranti, lo scontro si concentro tra Austriaci e Francesi , mentre la cavalleria Piemontese si mosse a battaglia quasi finita, e l'esercito Austriaco si ritirò non per la sconfitta come fu detto , ma ben si per un ordine impartito dal Giullay , che a sua volta aveva ricevuto nuove direttive da Vienna. Alla fine dello scontro si contarono tra gli Austriaci 1.423 uomini fuori combattimento tra morti, feriti, dispersi e prigionieri, mentre tra gli alleati 748 uomini fuori combattimento tra morti, feriti, dispersi e prigionieri Francesi: 81 morti 492 feriti 69 catturati o dispersi Piemontesi: 52 morti.
 
 
 Campagna militare nell'Aprile - Maggio 1859.
 
Battaglia di Montebello
 
 
 
 La battaglia di Montebello fu uno scontro di poco conto, ma si verificò  un fatto alla vigilia della battaglia che ha contribuito a diffamare l'esercito Austriaco e a denigrare i generale e comandanti, mi sto riferendo alla cosi detta "Strage della famiglia Cignoli". Ma cosa successe realmente? furono davvero i soldati Austriaci che, col solo pretesto di una fiaschetta di polvere da sparo, arrestarono tutti i maschi della famiglia  che successivamente vennero fucilati per ordine del   feldmaresciallo Karl von Urban? In realtà le cose andarono diversamente. Nelle prime ore del mattino del 20 Maggio 1859 una pattuglia Austriaca arrivo nei pressi di  Torricella Verzate, dove in una fattoria abbastanza isolata posta a ovest dell'abitato di Torricella, li  risiedeva la famiglia Cignoli  fittavoli del fondo. La famiglia accolse benevolmente i militari in transito, ponendogli domande sui loro spostamenti e altre informazioni di tipo militare che poco si addicevano agli interessi di un contadino  di solito interessato ad aspetti molto meno tecnici della guerra. I soldati accettarono le offerte della famiglia all'apparenza simile a tutte le altre famiglie contadine che accoglievano festosamnte l'esercito Austriaco. Un soldato separatosi dagli altri che si trovò  nei pressi del fienile sorpreso trovò diversi barili di polvere da sparo e armi tra cui diversi fucili, e pistole. Il soldato intento ad avvisare gli altri del fatto fu colpito alle spalle violentemente e venne ucciso. Mentre il colpevole cercava di nascondere il corpo del povero soldato venne sorpreso da altri militari giunti nel posto. La famiglia fu interrogata , e il padre confesso di essere un militare in congedo pagato dal Governo Sardo per organizzare attentati  verso l'esercito Austriaco e per trasformare in una "casa matta" la sua abitazione. D'altronde, si scoprì che il Padre era anche un liberale convinto, e che tutto ciò  lo faceva per il suo ideale e non tanto per soldi. Le sue deviate simpatie e idee condannarono anche altre persone ingenuamente trascinate nel misfatto, come i loro complici di simpatie simili (Riccardi-Setti-Achille-Sanpelligrini). Mentre si procedeva all'arresto dei congiurati, i membri più giovani della famiglia Cignoli  Carlo Cignoli di anni 19, Bortolo Cignoli di anni 18, seguiti da Luigi Achille di anni 18, trascinarono con se un povero ragazzino Ermenegildo Sampelligrini di anni 14, contro i militari Austriaci sparando dei colpi che ferirono gravemente dei soldati , uccidendone due. Furono catturati anch'essi , ed il  feldmaresciallo Karl von Urban , uomo molto severo ma coerente con le leggi militari, condanno  , Pietro Cignoli di anni 60-Antonio Cignoli di anni 50-Gaspare Riccardi di anni 48-Girolamo Cignoli di anni 35-Antonio Setti di anni 26-Carlo Cignoli di anni 19-Bortolo Cignoli di anni 18-Luigi Achille di anni 18 (mentre il giovanissimo Ermenegildo Sampelligrini di anni 14 rimase ucciso durante la precedente sparatoria). Vennero giudicati come sovversivi (ciò che erano), e la condanna fu la fucilazione per aver ucciso 3 soldati e averne feriti gravemente altri 6 . I prigionieri vennero fucilati sul ciglio della strada, ne fu poi controllato l'avvenuto decesso e li fu data degna sepoltura. Cavour non si fece perdere l'occasione, falsando gli eventi e condannando l'esercito Austriaco di barbaria mai commesse così da giustificare la buona causa della sua guerra.
 

Immagine di propaganda risorgimentale che mostra la fucilazione della famiglia Cignoli



 
L'esercito Austriaco incomincio ad abbandonare le posizioni in Piemonte non per sconfitta  ma per un ordine da Vienna che dava istruzioni al Giullay di spostare il teatro delle operazioni nella zona del Mincio. Gli abitanti dei paesi videro andar via la loro speranza di un futuro migliore. A Biella , fu detto che gli Austriaci si ritirarono appena seppero dell'arrivo di Garibaldi, ma in realtà, fu Garibaldi ad aspettare che l'esercito Austriaco lasciasse la città prima di entrarvi, e l'accoglienza dei Biellesi all'arrivo di Garibaldi non fu di certo idilliaca come la propaganda risorgimentale ha sempre detto e scritto. La gente letteralmente disperata piangeva, e lo stesso si ripeté in tutti gli altri paesi e città, come a Novara, dove i soldati Francesi(per lo più Algerini e Tunisi) saccheggiarono nuovamente la città, commettendo stupri e barbarie d'ogni genere, dopo la battaglia di Palestro: anche se battaglia vera e propria non fu dato che il contingente Austriaco rimasto era molto esiguo e ci fu poco più che una scaramuccia impari. Le truppe Imperial-Regie rientrarono definitivamente nei territori Lombardo-Veneti con grande sconforto del popolo piemontese che fu fiducioso fin dall'inizio del conflitto in una vera liberazione, quella dal mal governo Sabaudo.

Requisizioni da parte degli Zuavi Francesi

Fine parte 1°...



Fonti:

Archivio di Stato di Biella.

Archivio di Stato di Novara.

Archivio di Stato di Vercelli.

Archivio di Stato di Torino.

Documenti militari del comandante Franz Stadion.

Rapporti del feldmaresciallo Karl von Urban.

Resoconti del comandante  Elie Frédéric Forey.

Carteggio di Camillo Benso Conte di Cavour.

Racconti e testimonianze popolari


Scritto da:

Il Principe dei Reazionari.