Adriano Lemmi.
Chiesa Viva n°372
Negli anni seguenti il 1851, Lemmi era chiamato “il banchiere della rivoluzione” e veniva accusato, insieme a Mazzini, Kossuth, A.A. Ledru Rollin, Felice Orsini, Alexander Herzen e Michael Bakunin di essere i responsabili della maggior parte delle sommosse e degli attentati terroristici che costellarono l’Europa in quel periodo.
Dal 1851, Lemmi assunse un ruolo cruciale in tutti gli assassini politico-massonici e in tutti i moti popolari che insanguinarono l’Italia in quegli anni; egli era l’esecutore degli ordini di Mazzini e il coordinatore dei diversi gruppi rivoluzionari della penisola.
Fu lui, il 21 ottobre 1852, che ispirò il tentato assassinio, in pieno giorno, del presidente del Consiglio del Gran Duca di Toscana, il ministro Baldasseroli; fu lui che spedì dalla Svizzera il proclama di Mazzini e Kossuth che provocò a Milano l’insurrezione del 6 febbraio 1853; fu lui ad armare il braccio del fanatico che attentò alla vita dell’imperatore d’Austria, il 18 febbraio 1853, su ordine di Mazzini e di Kossuth per punire l’imperatore per aver emesso un decreto sulla confisca dei beni dei rivoluzionari emigrati.
Il 4 gennaio 1852, Mazzini, capo del Comitato Centrale Europeo - titolo che egli aveva dato alla Giovane Europa - aveva riunito cinque suoi complici a Londra per decidere chi doveva essere assassinato, se il duca di Parma o il duca di Modena. Kossuth attirò il voto sul duca di Parma che egli presentò come il più pericoloso, leggendo un rapporto del suo segretario Lemmi che denunciava le tendenze austriache del duca.
Per l’esecuzione del delitto, Mazzini mandò a Lemmi un passaporto falso col nome di “Lewis Broom”, col quale egli lasciò subito Malta per portarsi nel ducato di Parma dove fissò un incontro dei mazziniani a Castel Guelfo. I congiurati si riunirono il 25 marzo in una casetta di campagna situata presso il fiume Taro; l’assemblea fu presieduta da Lemmi che fece giurare il segreto; un certo Lippi aveva preparato un fantoccio sul quale fu insegnato il modo di dare i più terribili colpi di pugnale e fu tirato a sorte il nome dell’assassino. Lemmi gli disse: “Oggi è la festa dei gesuiti e delle suore; essi celebrano l’apparizione di un angelo alla loro Madonna per annunziare il Messia e che ella ne sarebbe la Madre. Ebbene, fratello, io ti annunzio che tu sarai il liberatore della Rivoluzione a Parma. Ti consacro liberatore degli oppressi, salvatore degli uomini oggi tiranneggiati. Il nostro Dio, che non è quello dei preti, ti proteggerà”.
Il giorno dopo, Carlo III cadeva sotto i colpi del sicario, di cui Lemmi aveva stimolato il fanatismo. Si sa che l’assassino, Antonio Carra, riuscì a fuggire, né si ignorano le circostanze della congiura, perché Lemmi se ne vantò spesso con Frappolli e con altri che ripeterono il racconto. Adriano si vantò sempre di essere l’emissario di Mazzini in un gran numero di assassini e Mazzini stesso diceva volentieri: “Il mio piccolo giudeo vale dieci buoni diavoli, tanto egli è abile a scegliere gli uomini che servono nelle imprese importanti, e per ispirare loro l’energia necessaria all’adempimento del dovere”.
L’assassinio del duca di Parma fece crescere molto Adriano Lemmi nella stima di Mazzini, di Kossuth e degli altri principali capi.
Verso gli ultimi di giugno del 1852, Lemmi ritornò nel ducato di Parma, e si deve proprio a lui la tentata insurrezione del 22 luglio, quasi subito schiacciata.
Nel 1855, munito di un passaporto ungherese di un uomo di Kossuth, Lemmi si recò a Roma sotto il nome di “Ullrik Putsch, cuoco”, e poco dopo, il 12 giugno, vi fu un tentato assassinio del cardinale Antonelli!…
Lemmi ripartì immediatamente per Genova dove, il 30 dello stesso mese, fu pubblicato un manifesto di Mazzini per spingere il popolo all’insurrezione. È ormai cosa nota che fu Lemmi a diffonderlo anche in altre città ed anche a Roma dove, coincidenza bizzarra, il 9 luglio, lo stesso giorno che egli fece ritorno alla città dei Papi, ci fu un tentativo di assassinio su Padre Beckx, Generale dei Gesuiti.
L’attività di Lemmi per il male era proprio sorprendente. Egli era davvero l’incarnazione di Satana!.. In tutti i moti, in tutti i delitti, se non vi era sempre il suo braccio, vi era sempre, però, quello dei suoi amici.
Lemmi e Orsini – agente anche quest’ultimo di Mazzini – avevano trasmesso al Comitato Rivoluzionario di Milano le istruzioni di Mazzini, in vista di una prossima insurrezione, che doveva inaugurarsi con la strage di tutti gli ufficiali del presidio. Lemmi e Orsini diedero le istruzioni e poi se ne andarono, ma Orsini fu tratto in arresto e condannato a morte il 20 agosto 1855, come reo di alto tradimento. Imprigionato nel Castello San Giorgio, ma venne fatto fuggire. Il 13 novembre dello stesso anno, due altri agenti di Mazzini furono tratti in arresto a Roma.1
1 Cfr. Domenico Margiotta, “Ricordi di un 33”, Delhomme e Briguet, Editori, Parigi 1895. pp 9-14.