Cambiamento di fronte
I temi affrontati nei precedenti capitoli sarebbero un'inutile commemorazione se da essi non si deducessero lezioni di esemplarità, sia relativamente a quel che fummo che a quel che avremmo potuto essere se la successiva europeizzazione non ci avesse macchiato. E' possibile formulare un quadro della monarchia tradizionale delle Spagne basandosi per una metà sul passato e per l'altra metà immaginando quel che la storia tragicamente non giunse ad essere. A questo é dedicato il presente capitolo.
E' chiaro che la monarchia tradizionale che avremmo potuto avere, e che l'esotismo europeizzante ci ha troncato, nell'ambito istituzionale non ha molto in comune con nessuna delle forme di governo vigenti nel mondo. Anche l'attuale monarchia britannica é qualcosa di diverso, direi persino per molti aspetti contrario, dalla nostra vera concezione di regalità.
Chi avesse la pazienza di meditare su queste questioni dissotterrando il lascito vivo dei nostri morti, percepirebbe il fatto che la nostra monarchia ebbe ed avrebbe avuto una realtà sociale molto diversa da quelle che sistematicamente caratterizzano le attuali macchine di governo. Essa ebbe - per usare la felice espressione di Vicente Marrero (1) - un "potere viscerale". Per capire cosa fu e cosa sarebbe stato tale potere viscerale, é forzatamente necessario schiodare le tavole di luoghi comuni in cui si muovono i nostri trattatisti di diritto politico e persino rifare le mappe dell'amministrazione. Perché la monarchia tradizionale esistesse così come essa fu e sarebbe stata, il potere reale o supremo dovrebbe assumere un carattere molto diverso nei suoi principi, nelle sue limitazioni e nelle sue strutture.
Ed ecco quel che, senza archeologie calunniose, ma anche senza mimetismi europei, l'ordinamento centrale della monarchia tradizionale delle Spagne sarebbe stato se non si fosse tagliato il legame vivo delle nostre tradizioni politiche.
La Corona
L'asse della monarchia, inutile dirlo, risiede nella Corona. Al vertice della piramide istituzionale, la Corona costituisce il motore che dà attività agli ingranaggi di ciascuno dei rami dell'amministrazione statale o delle amministrazioni dei vari popoli spagnoli,
I caratteri di questa Corona sarebbero:
A) La cattolicità attiva, non espressa in verboserie di solenni dichiarazioni simili a ricette, bensì in autentico atteggiamento di raccolta degli aneliti missionari e a servizio efficace dell'unità cattolica dei nostri popoli, o per favorirla dove quell'unità fosse scomparsa. Dalla quale cattolicità deriverebbero tre doveri primari: l'assoggettare la politica generale ai postulati della morale cattolica, l'adottare una stretta fedeltà alla cattedra di Roma e il favorire in ogni occasione gli interessi spirituali della Cristianità.
B) La Corona - benché sia istituzionalmente una sola, come una sola é la persona del monarca -, consiste nell'accumulazione di diritti storici sempre discernibili perfettamente. Nella nostra monarchia secolare abbiamo sempre avuto quel che alla fin fine é un espediente recentissimo della tecnica costituzionale anglosassone: la possibilità che un re lo sia di regni diversi. La Corona presuppone sovranità in Castiglia, sovranità in Aragona, signorìa in Biscaglia, contado in Barcellona. Quando ciascuno di quei regni, principati, provincie e signorie, si incorporò alla Corona castigliana, riconoscendone la capitanerìa primogenita, non si suicidò mai - storicamente e socialmente - nell'olocausto di un'uniformità incompatibile coi fatti. Un biscaglino, per esempio, non si rivolgeva all'unica Corona in quanto depositaria della sovranità aragonese o castigliana, bensì in quanto essa era il soggetto maggiore del diritto pubblico della sua signoria di Biscaglia; perché Biscaglia - e non Castiglia o Aragona - era il solo cammino per il quale poteva far parte della monarchia comune significata dalla Corona.
C) Il re eserciterebbe i suoi poteri di governo in ciascuno dei suoi domini secondo i diritti che gli spettano storicamente e costituzionalmente. Solo nelle funzioni inerenti il potere centrale i suoi poteri sarebbero uguali in tutti i luoghi.
D) A parte le limitazioni religiose e morali di indole generica e le barriere legali - che in ogni popolo assicurano la libertà in riferimento ai rispettivi Fueros -, il Governo dovrebbe regolarsi in base alle decisioni delle Cortes, giunte o assemblee forali che regolano la rappresentatività libera di ciascun capo famiglia nei diversi popoli spagnoli. Altre Cortes centrali rappresenterebbero l'insieme generale di tutte queste, avendo come compito l'esporre le linee guida per la politica e l'economia comuni.
E) Nella monarchia tradizionale non ci sarebbe la classica distinzione liberale tra il regnare ed il governare, che rende i re legalmente irresponsabili nella giurisprudenza ma sempre largamente responsabili davanti ai tribunali delle rivoluzioni. Il re assumerebbe direttamente il governo, aiutato da una serie di istituzioni centrali denominate complessivamente Consigli della Corona.
F) Le facoltà regali, in tono con le loro funzioni, si potrebbero classificare nel seguente modo:
I- Generali per tutta la monarchia.
A loro volta divise in:
1) Di politica interna ed estera, amministrazione ed economia.
2) Di amministrazione della giustizia in tutti i suoi rami.
3) Di comando delle forze armate.
4) Di politica sociale e miglioramento delle classi economicamente deboli.
5) Di educazione e insegnamento (2).
6) Di coordinamento
II - Particolari per ogni regno.
Ciascuna delle facoltà centrali si incarna in un organismo separato. Saranno di competenza delle Cortes generali solo quelle segnalate ai commi 1) e 6); le altre spettano alla Corona indipendentemente dalle Cortes, per mezzo dei suoi corrispondenti Consigli.
G) La Corona od i suoi agenti sarebbero soggetti a responsabilità quando il loro operare eccedesse i precetti legali. Il Supremo Tribunale di Giustizia potrebbe trasformarsi - in casi determinati da una legge speciale - in Corte di Giustizia Maggiore, sul modello dei precedenti aragonesi ampliati a tutti gli altri popoli ispanici come garanzia delle libertà forali, adeguandoli alle circostanze della vita moderna.
H) La successione alla Corona sarebbe ereditaria. Leggi speciali regolerebbero l'unità dei procedimenti per assicurare l'unità della monarchia nel riconoscimento della legittimità d'origine nel dettato di successione.
I) L'esercizio dei diritti, poteri e facoltà regali sarebbe assunto dal monarca solo dopo aver ottenuto la legittimità d'esercizio attraverso il giuramento dei vari Fueros dei popoli spagnoli.
Il Consiglio Reale
La Corona governerebbe con l'aiuto del Consiglio Reale, il più importante di tutti gli organismi e in certo qual modo prolungamento della Corona stessa. Si tratterebbe di un corpo ridotto, con cui componenti designati dal re tra le personalità più salienti della vita nazionale e dal cui seno uscirebbe la reggenza nel caso di vacanza del soglio o di assenza del sovrano. Avrebbe precedenza di onori nei confronti di tutti gli altri corpi dello Stato, anche del Consiglio dei Ministri; il suo parere sarebbe necessario negli affari di maggior importanza; gli si affiderebbero funzioni di investigazione politica e di direzione degli altri Consigli o alti organismi; costituirebbe la rappresentanza individuale o collettiva ed in situazioni eccezionali dovrebbe anche governare. I suoi membri sarebbero considerati come un'estensione del sovrano stesso e come riserva nazionale nei momenti di suprema difficoltà. E' questo il motivo della cura nella selezione dei membri e l'alta considerazione che il Consiglio Reale presupporrebbe.
Il Consiglio dei Ministri
La politica e l'amministrazione generale sarebbero rette dalla Corona con l'aiuto del Consiglio dei Ministri, composto, in linee generali, da: a) il Presidente; b) il Ministro dello Stato, per le relazioni estere e gli affari ecclesiastici; c) Interni; d) Finanze; e) Bilancio; f) Opere Pubbliche; g) Agricoltura; h) Industria; i) Commercio; j) Comunicazioni, includendovi l'aviazione civile.
Il Consiglio dei Ministri svolgerebbe frequenti riunioni sotto la presidenza del monarca o di un membro del Consiglio Reale. Ogni ministro sarebbe responsabile davanti al re per i problemi a suo carico, accordando tuttavia le sue politiche nel rispetto delle direttrici segnate dalle Cortes nei limiti costituiti dalla Legge costitutiva di queste. Tuttavia i ministri non dovrebbero essere giudicati dalle Cortes che per detti casi obbligatori, relazionati per iscritto o personalmente a fini informativi, ma senza cadere nello sfiancante sistema parlamentare.
L'incarico di ministro sarebbe incompatibile con quello di deputato alle Cortes, dato che la funzione di governare é in fondo incompatibile con la rappresentanza popolare. Un ministro non potrebbe essere eletto deputato se non dopo un ampio periodo trascorso dalla cessazione dall'impegno in cariche di governo.
Lasciando il portafoglio - come per tutti gli altri funzionari pubblici -, ogni ministro verrebbe sottoposto a una "inchiesta di permanenza" davanti ad un tribunale dedicato ai ministri e costituito da un membro del Consiglio Reale e quattro o più magistrati del Tribunale Supremo, scelti a sorte. Detto processo durerebbe sei mesi, e in quel periodo egli non potrebbe allontanarsi dal paese né disporre dei suoi beni in modo da eludere il possibile risarcimento di danni e nocumenti causati nel tempo del suo incarico ufficiale.
Le Cortes generali
Le Cortes generali - composte da rappresentanti dei diversi corpi integranti la società, raggruppati per categorie economiche o politiche -, avrebbero parere consultivo e voto con effetto obbligatorio nelle questioni generali di carattere politico ed amministrativo, nei termini fissati dalla legge. Il criterio generale sarebbe quello della rappresentanza in esse di tutti gli spagnoli: una rappresentanza vera, ossia con riferimento all'effettivo peso nella vita collettiva; suffragio per tutti ma non con lo stesso valore per ciascuno, perché nelle Cortes gli uomini non si "contano", ma si "pesano".
Le elezioni sarebbero libere, regolate da una legge speciale, con garanzie non politiche ma giudiziali: non di competenza delle Cortes - forza politica troppo coinvolta per essere imparziale -, ma dei Tribunali di Giustizia. Organismi particolarmente adatti ad essere rappresentati nelle Cortes sarebbero le Confraternite agrarie, i Gruppi industriali, le Camere di commercio o di navigazione, le Comunità di pescatori e le Confraternite corporative delle varie classi, purché tali organismi nascano autarchicamente e senza il minimo intervento statale. La proporzione numerica di deputati che spetterebbe a ciascuno di tali organismi sarebbe fissata non in riferimento alla quantità di popolazione, ma sulla base del loro peso economico o sociale nella vita del paese.
La legge delle Cortes determinerebbe le questioni su cui queste devono esprimere parere e quelle per le quali la loro opinione sarebbe obbligante per il Consiglio dei Ministri. In ogni caso non potrebbero discutere nessuna legge né affare sino all'approvazione del bilancio annuale, la cui presentazione dovrebbe essere depositata dal ministro competente nella Giunta (3) delle Cortes, al più tardi il 15 di ottobre di ogni anno.
I deputati potrebbero ricevere delega a decidere dai loro rappresentati nelle materie che sarebbero stabilite ogni anno dal proclama reale occasionato dalla data di convocazione della prima riunione, e a questa delega si applicherebbe una "inchiesta di permanenza"; nelle altre, ovvero in quelle che si presentassero incidentalmente nel corso delle varie sessioni, opererebbero secondo le loro effettive competenze e conoscenze, cercando tuttavia di vegliare sempre sugli interessi dell'organismo che li manda alle Cortes.
I deputati diverrebbero tali solo quando l'atto delle loro elezione fosse stato convalidato dal Tribunale Penale corrispondente al vertice dell'organismo o entità da essi rappresentata; le Cortes si costituirebbero quando i due terzi dei certificati degli atti di convalida fossero stati depositati nella Deputazione Permanente. La Giunta definitiva sarebbe eletta dalle stesse Cortes scegliendo tra i suoi membri.
Le Cortes durerebbero cinque anni, svolgendo i propri lavori convocate dalla Corona. Si riunirebbero periodicamente a partire da ogni 15 ottobre per costituire la Giunta e discutere i bilanci, non essendo loro permesso di affrontare altre questioni sino alla definitiva approvazione dei medesimi.
Nel periodo di non riunione delle Cortes, sarebbe in funzione una Deputazione Permanente, con facoltà stabilite dalla legge, la cui missione sarebbe quelle di rappresentarle in quei tempi di chiusura.
Le spese dei deputati, i loro salari e trasferte, sarebbero stabiliti in piena libertà dagli organismi che rappresentano, essendo i primi obbligati a rendere sempre conto degli importi ricevuti a tale scopo.
Il Consiglio di Giustizia
Le funzioni regali nell'amministrazione della giustizia sarebbero indipendenti dalle funzioni di governo, non per il classico prurito di Montesquieu - violato apertamente nelle costituzioni liberali nel momento stesso in cui ammettono un Ministero di Giustizia -, ma per circondare la giustizia con le maggiori garanzie di imparzialità.
Come é logico, la scala giudiziaria sarebbe costituita da una serie gerarchica di giudici e tribunali, guidati dal Tribunale Supremo; ma per l'ordinamento giudiziario accanto al re esisterebbe un Consiglio di Giustizia, alle sue dirette dipendenze, presieduto dal Presidente del Tribunale Supremo ed integrato da cinque ministri, incaricati rispettivamente dell'ordinamento dei tribunali, del registro dei beni, della fede pubblica o notarile nei suoi diversi gradi, dell'organizzazione delle prigioni e dei tribunali a carattere eccezionale o speciale (laborales, ecc.). Tale Consiglio opererebbe periodicamente e frequentemente sotto la presidenza del sovrano stesso o di un membro del Consiglio Reale. Dovrebbe rendere annualmente conto degli scostamenti dal suo bilancio, concessogli dalle Cortes gli concederanno e compreso in quello generale dello Stato dal ministro del Bilancio; ma in tutto il resto godrebbe di piena e totale indipendenza.
Al Consiglio di Giustizia o agli organismi ad esso subordinati, oltre alla stretta funzione di amministrare la giustizia, di legalizzare o punire, toccherebbero alcuni compiti politici, come la convalida degli atti dei deputati alle Cortes, i ricorsi per danni secondo il Fuero, i giudizi sulle "inchieste di permanenza" dei ministri ed altri analoghi. Ma é chiaro che in ogni caso il suo legame con gli altri organismi pubblici sarebbe radicato nella Corona attraverso il monarca od il Consiglio Reale, mantenendo sempre il carattere autonomo delle proprie istituzioni e la speciale peculiarità dei suoi incarichi.
Il Consiglio di Guerra
Nello stesso modo resterebbero separate dalle funzioni di governo politico le materie di carattere militare, regolate direttamente dal re per mezzo del suo Consiglio di Guerra, integrato dai comandanti delle truppe di terra, mare ed aria. Il Consiglio funzionerebbe in modo analogo a quello di Giustizia, riunendosi anch'esso periodicamente e frequentemente sotto la presidenza del sovrano o di qualche membro del Consiglio Reale.
I bilanci delle forze armate sarebbero inclusi in quelli generali dello Stato dal Ministro del Bilancio, e dell'uso dei fondi ricevuti si dovrebbe rendere conto alle Cortes; ma in tutto il resto il Consiglio di Guerra opererebbe in modo indipendente, senza ulteriori relazioni con gli altri organismi pubblici di quelle analogamente mantenute dal Consiglio di Giustizia.
Il Consiglio Sociale
Esisterebbe qualcosa di simile a quel che oggi si denomina previdenza sociale, ramo così importante della vita moderna. Nei ministeri che oggi si chiamano del Lavoro, degli Affari Sociali o di Previdenza, si é soliti confondere due funzioni perfettamente distinguibili, con pregiudizio per i diritti che spettano agli individui: la funzione amministrativa della sicurezza o assicurazione sociale e la funzione giurisdizionale delle contese sindacali. Passando la seconda al Consiglio di Giustizia, la prima sarebbe svolta dal Consiglio Sociale, propulsore della politica di protezione ai più deboli economicamente e al quale dovrebbero, pertanto, essere incorporati anche la direzione e l'ispettorato delle istituzioni di beneficenza, quali che siano. Anche questo Consiglio dipenderebbe direttamente dalla Corona, con dignità identica a quelli di Giustizia o Guerra, e si riunirebbe con le loro stesse regole.
Gli organismi con finalità simili esistenti in ogni regione o regno, sarebbero autonomi secondo le loro leggi costitutive; ma toccherebbe sempre al Consiglio Sociale il formulare i programmi generali di miglioramento dei livelli di vita, di protezione dei lavoratori, di assicurazione sociale e delle altre manifestazioni di una politica che porti al raggiungimento della fratellanza cristiana.
Il Consiglio della Cultura e la Giunta della Cultura
L'ultima e più delicata funzione di tutte quelle che competono alla Corona, sarebbe quella di orientare la vita intellettuale dell'insieme dei popoli spagnoli e di ognuno, punto in cui sarebbe necessario coordinare l'unità degli interessi generali con l'indispensabile e liberissima autonomia dell'aratura necessaria alla semina del sapere o della creazione artistica.
Un principio basilare a questo scopo sarebbe che il diritto ad insegnare spettasse a tutti coloro che possono farlo con competenza e rettitudine morale - senza rompere l'unità spirituale dei nostri popoli -, nelle condizioni richieste dalla legge. La fondazione di università o di centri di studio di ogni grado, sarebbe un libero diritto riconosciuto a tutti sotto la logica ispezione statale.
Lo Stato concederebbe una graduale autonomia culturale, amministrativa ed economica alle università; incorporerebbe ad esse le istituzioni di insegnamento medio, le scuole elementari e quelle di specializzazione; permetterebbe di formulare dei propri programmi di insegnamento; incanalerebbe in esse gli enti di ricerca di ogni genere, e ridurrebbe la stessa azione statale a semplice opera di controllo e approvazione.
Allo scopo di svolgere questo compito di controllo e approvazione esisterebbe un Ispettorato Centrale, dipendente dal Consiglio di Cultura. Il Consiglio dovrebbe essere composto da sei membri, incaricati della Presidenza, dell'insegnamento primario, dell'insegnamento superiore, della stampa, dei musei e delle biblioteche. Come i precedenti, si riunirebbe sotto la presidenza del sovrano o di un membro del Consiglio Reale. Essendo superiore agli analoghi organismi creati dai regni o dalle regioni, avrebbe come compito l'orientare, il coordinare e il controllare le attività degli studi, ricerca e insegnamento, assicurare l'autonomia universitaria e risolvere le contese amministrative. Per il suo bilancio si seguirebbe quanto detto per i Consigli di Giustizia, della Guerra e Sociale.
Detto Consiglio sarebbe responsabile davanti al re, ma nei limiti fissati dalla legge dovrebbe adattarsi alle decisioni di una Giunta di Cultura, composta da un centinaio di membri liberamente eletti da accademie, università, istituti di ricerca e centri culturali analoghi. Questa Giunta dovrebbe riunirsi almeno due volte all'anno per periodi non inferiori a quindici giorni, e sarebbe l'organo rappresentativo della vita intellettuale dei popoli spagnoli, la via per la quale gli uomini di studio verrebbero incorporati ai compiti generali senza cadere nel veleno di confondere la politica culturale con la politica generale quotidiana.
Annotazione finale
Nelle linee generali più sopra riassunte si colgono le caratteristiche della monarchia tradizionale: essa distingue le funzioni politiche e di amministrazione generale da quelle che richiedono un orientamento speciale per motivi di difesa delle libertà concrete (giustizia), del territorio (forze armate), della necessità di azione continua ad ampio respiro (previdenza sociale) o della non confusione dell'uomo di cultura col salariato dell'istruzione (cultura); provvede a separare la rappresentanza popolare dall'atto di governare, anche se la voce di quella pesa in modo decisivo su questo; cerca di estirpare la politica come fine a se stessa, senza assoggettarla alla tecnica, ma anche senza farla dominare su di essa; guarda alla difesa dei postulati fondamentali della fede e della lealtà verso la Corona, senza pregiudizio per le feconde libertà forali.
Uno studio sereno di quel che furono i vecchi ordinamenti liberi dei nostri popoli e di quel che probabilmente sarebbero diventati senza l'intervento delle deviazioni europeizzanti, mi fa pensare che questo sarebbe stato il quadro odierno, a grandi linee, della monarchia tradizionale.
NOTE
1) Vicente Marrero Suàrez: El poder entrañable, Madrid, Esplandiàn, 1952.
2) Questa funzione, come quella sviluppata nel successivo paragrafo sul Consiglio di Cultura, mi pare opinabile. Mi sono chiesto se De Tejada volesse esprimere le relazioni complementari storicamente tenute dall'Inquisizione e dallo Stato (N.d.T.).
3) Traduzione di "Mesa" (N.d.T.).