GLI HOCH UND DEUTSCHMEISTER SUL FRONTE DELL’ISONZO
Emil Fey, Croce all'Ordine di Maria Teresa per lo straordinario impegno e valore nella difesa di Zagora nel dicembre del 1915. |
Zagora, 1 novembre 1915 culmine della terza offensiva dell’Isonzo. L’Esercito italiano sta cercando di sfondare da Nord nella stretta di Plava per aprirsi la strada verso l’agognata Gorizia. In questo imbuto naturale dominato a Est dai Monti Kuk, Vodice, Santo, San Gabriele, e a Ovest dalla quota 379, caposaldo difensivo del Monte Sabotino, la “fortezza” invalicabile posta a difesa di Gorizia, scorre il fiume Isonzo segnando per lunghi tratti la linea difensiva austroungarica.
Il paese di Zagora sorge sulla riva sinistra del fiume, abbarbicato alle pendici del Monte Kuk, ed è l’estremo baluardo difensivo austriaco nel settore settentrionale del campo di Gorizia. La sua perdita avrebbe conseguenze disastrose permettendo agli attaccanti di scardinare le linee difensive poste sull’asse Kuk, Vodice, Monte Santo, Monte San Gabriele, aggirando così da tergo la prima linea difensiva di Gorizia e determinandone la caduta.
Dal 20 ottobre Zagora è sotto attacco continuo condotto dalle Brigate Ravenna e Forli della 3ª divisione di fanteria italiana. Ormai del paese rimangono solo cumuli di rovine. Difeso tenacemente prima dai dalmati del 22° reggimento di fanteria, poi dai cechi del 102° reggimento, dai rumeni del 64° reggimento e dal IV° battaglione Hoch und Deutschmeister, dopo scontri durissimi Zagora cade in mano italiana il 31 ottobre.
Ma la reazione austriaca è immediata: Zagora deve essere riconquistata ad ogni costo senza permettere al nemico di riorganizzarsi e di sfruttare la vittoria parziale. L’attacco viene affidato ancora una volta ai Deutschmeister. Le truppe d’elite dell’esercito austroungarico, gli indomiti fanti viennesi già copertisi di gloria sull’altopiano di Doberdò. Sono chiamati i “crociferi” dagli italiani per via della croce dell’ordine teutonico su campo celeste che portano cucita sul berretto. E sono temutissimi e rispettati dagli italiani. Tanto che i loro comandanti mettono una ricompensa di 5 lire per ogni copricapo con la croce teutonica recuperato.
A condurre l’assalto sarà il duramente provato IV° battaglione appena ritirato dalla prima linea per la ricostituzione dopo tre giorni ininterrotti di combattimenti nell’inferno di Zagora. Il generale Novak Von Arienti comandante la Iª brigata da montagna è convinto che se i Deutschmeister fossero stati a Zagora gli italiani non sarebbero riusciti a sfondare e ad occupare l’importante posizione. Egli è certo che solo i Deutschmeister potranno risolvere la grave crisi apertasi nella breccia difensiva di Gorizia.
Il IV° battaglione, che ha perso il 50% dei suoi effettivi nei combattimenti dal 21 al 25 ottobre, è stato rinforzato con due compagnie di marcia, ma risulta comunque sotto organico. Sono circa 800 gli uomini che lasciano la retrovia di Britof nella grigia mattina del 1 novembre diretti nuovamente al fronte. La marcia di avvicinamento nella nebbia autunnale prosegue senza particolari problemi fino alla quota 524, poi il battaglione arriva sulla cima del Kuk: sono le 12.30.
La nebbia si dirada rendendo visibile il campo di battaglia sottostante. Le truppe italiane hanno ormai superato Zagora e risalgono in gran numero le pendici del Kuk. Arrivano gli ordini dal quartier generale: il contrattacco comandato dal maggiore Natiesta dovrà essere condotto assieme al I° battaglione del 102° reggimento che attaccherà da Prilesje, mentre i Deutschmeister punteranno direttamente su Zagora scendendo dal Kuk.
Comincia la discesa da quota 611 verso Zagora, ma ora i Deutschmeister che avanzano ben visibili sono inquadrati dall’artiglieria italiana e vengono investiti da un pesante fuoco di sbarramento. Centinaia di proiettili si abbattono sul battaglione martoriando le pendici del Kuk. L’artiglieria pesante è in questa situazione quella più pericolosa. I colpi degli obici da 210 e 280 millimetri sollevano eruzioni di roccia carsica ed arano il bosco. Il solo spostamento d’aria delle esplosioni dei grossi calibri è altrettanto letale. I fanti vengono scaraventati a decine di metri di distanza. Poi arrivano gli sharpnell, annunciati dal caratteristico fischio, con le loro schegge mortali. Le perdite delle quattro compagnie dei Deutschmeister aumentano, ma il battaglione non si disunisce e continua l’avvicinamento a Zagora. Nell’inferno del rutilante fuoco di sbarramento i fanti viennesi si ricompattano ogni volta che i loro commilitoni cadono sotto il piombo nemico.
I Deutschmeister arrivano così a cento metri da Zagora. I visi coperti dal giallo verdastro color morte dell’ecrasite. Qui avviene il ricongiungimento con i cechi del 102° reggimento. L’attacco al villaggio inizia in mezzo ad una fitta nebbia, le truppe italiane asserragliate tra le rovine sparano alla cieca ma mietono numerose vittime tra gli assalitori. Gli austriaci avanzano ora strisciando fino a pochi metri dagli avversari e lanciano le bombe a mano. Poi l’assalto alla baionetta. La lotta è breve ma cruenta e alla fine gli italiani arretrano verso il centro del paese.
Qui però le riserve appostate tra le macerie accolgono con un nutrito fuoco di fucileria e di mitragliatrici gli austriaci e i cechi. I Deutschmeister si dividono in piccoli gruppi e strisciano tra le rovine. I combattimenti si frammentano in decine di scontri spesso all’arma bianca. Ogni cumulo di rifiuti, ogni muretto diroccato, diventano fortezza. “Fortezze” che passano di mano decine di volte nel corso di quel pomeriggio infernale. E dove difensori ed attaccanti rimangono avvinghiati nella morte, uniti in questa primordiale lotta senza quartiere.
Cala la sera e dopo ore di crudeli combattimenti la linea italiana sembra tenere agli assalti austriaci. Le compagnie del IV° battaglione Deutschmeister più provate sono la 13ª, la 15ª, e la 16ª. Il maggiore Natiesta affida ora alla 14ª guidata dal Tenente Emil Fey il compito di continuare l’attacco con un colpo di mano notturno. Fey dovrà contare sull’appoggio dei resti del 63° battaglione formato da rumeni. Si tratta peraltro di truppe duramente provate e della consistenza numerica di una compagnia. La sezione mitragliatrici del IV° battaglione prende ora posizione ai margini del paese e si tiene pronta a coprire l’attacco. Attacco notturno, i Deutschmeister si muovono sotto i razzi illuminanti. Uno degli obiettivi principali è costituito dal piccolo cimitero di Zagora già al centro di durissimi scontri nel pomeriggio.
Qui l’assalto viene condotto dal plotone guidato dal cadetto Beral. Il cimitero è fortemente presidiato dalle truppe italiane che aprono un micidiale fuoco incrociato contro gli attaccanti. I Deutschmeistervengono inchiodati nelle buche scavate dalle granate, appiattiti contro la madre terra. Continuare ad avanzare sembra umanamente impossibile. Il cadetto Beral avanza da solo sotto lo sventagliare dei proiettili e scavalcando il muro del cimitero incita i suoi uomini. Una pallottola nemica lo colpisce in testa. Beral muore, ma i suoi soldati scattano rabbiosi all’attacco seguendo il suo esempio. Molti cadono colpiti a morte prima di arrivare al muro di cinta del cimitero. Qui i superstiti si devono fermare. Inizia una nuova fase dello scontro: ora austriaci ed italiani divisi da un muro diroccato si lanciano bombe a mano e scariche di fucilieria. Il combattimento proseguirà fino alla mattina mietendo vittime nei due schieramenti senza che peraltro la posizione venga intaccata.
Dopo i durissimi scontri notturni in cui i Deutschmeister riescono ad insediarsi nel settore meridionale di Zagora, il tenente Fey deve assumere il comando rilevando il tenente colonnello Filipescu del 63° reggimento in preda a collasso psichico. Alle 6 del mattino del 2 novembre Fey raggruppa i soldati rimasti per tentare un nuovo disperato attacco. Ora ha a disposizione solo 300 uomini, contro gli effettivi soverchianti degli italiani equivalenti ad almeno un reggimento. Eppure i Deutschmeister vanno all’attacco e dopo nuovi duri combattimenti raggiungono la piazza centrale del paese dove incredibilmente in mezzo alle macerie è ancora in piedi il monumento alla Madonna. Il 50% degli uomini cade in questi feroci scontri corpo a corpo. Tra essi i cadetti Mautner e Kautsky. Un plotone guidato dal cadetto Kober che spintosi molto oltre la piazza rischia l’accerchiamento riesce a prezzo di gravi perdite a ritornare nella propria linea.
Alle 7.30 comincia il fuoco tambureggiante dell’artiglieria italiana. Pezzi pesanti e bombarde. Un vero diluvio di fuoco che si abbatte sul settore occupato dagli austriaci e che completa l’opera di devastazione e di morte. I corpi dei caduti vengono dilaniati e dispersi nel raggio di decine di metri. E così vengono “terminati” i feriti dei combattimenti notturni di entrambe le parti. Una pioggia di pietre mescolate a brandelli umani si abbatte sugli inorriditi Deutschmeister acquattati nelle loro improvvisate trincee.
Il bombardamento cessa improvvisamente, seguito da un silenzio irreale. Ed ecco la fanteria italiana che esce dalle proprie postazioni e scatta all’assalto. Colonne di fanti compatte si muovono rapidamente per superare le poche decine di metri che le separano dalla esile prima linea austroungarica tenuta da una compagnia e mezza. Ma la sezione mitragliatrici del IV° battaglione guidata dal tenente Seifert e dal cadetto Seibold è ora appostata nel centro di Zagora e con le sue schwarzlose fa strage tra le ondate delle truppe italiane che attaccano ammassate.
La esile prima linea dei Deutschmeister resiste eroicamente. I fanti sparano a tiro rapido con i loro mannlicher M1895 a ripetizione. Ogni soldato ha più di un fucile accanto a se, sono quelli dei compagni caduti e che ora vengono utilizzati: un colpo dopo l’altro, scaricando un fucile dopo l’altro. Altri fanti lanciano le bombe a mano con grande rapidità una dopo l’altra prendendole dalle casse e dalle sacche. I serventi delle mitragliatrici sparano con pistole e fucili e lanciano bombe a mano. I primi mitraglieri manovrano abilmente le pesanti schwarzlose, i serventi intervengono rapidamente per cambiare i nastri di proiettili le cui casse sono sistemate attorno ai treppiedi. Una postazione di mitragliatrici viene centrata in pieno da una bomba di mortaio, muoiono tutti i serventi.
Il tenente Fey si erge eroicamente tra i suoi uomini pistola in pugno incitandoli e raggiungendo tra il fuoco infernale ogni punto dello schieramento difensivo dove vi sono segni di cedimento. La battaglia prosegue così per l’intera mattinata. Poi gli italiani si ritirano lasciando sul terreno centinaia di morti.
Un calma surreale subentra nel pomeriggio del 2 novembre. Nuovi rinforzi italiani stanno ora arrivando. Ma anche gli austriaci stanno facendo affluire riserve per rilevare l’esausto IV° battaglione dei Deutschmeister. Bisogna resistere almeno fino alla sera. Fey sistema tutti i suoi uomini, compresi i feriti, sulla linea di fronte. Scendono le tenebre sulla valle dell’Isonzo. Alle 9 l’artiglieria italiana apre un fuoco intenso ma breve, e poi nell’oscurità della notte i fanti italiani attaccano le posizioni tenute dai sopravvissuti dei Deutschmeister. Ma i viennesi non cedono. Si dividono in piccoli gruppi e continuano la lotta corpo a corpo tra le macerie pistole in pugno, pugnali e bombe a mano. Anche le pietre diventano arma micidiale in questo combattimento feroce. Anche questa volta l’attacco viene così respinto alle 11.
Uno degli ultimi ad essere colpito è proprio l’indomito tenente Emil Fey che viene ferito gravemente al piede. Fey non può più muoversi ma rifiuta di farsi portare al pronto soccorso abbandonando i suoi Deutschmeister. Si fa fasciare la ferita e rimane in prima linea continuando a condurre i suoi uomini disteso sulla barella.
Il 3 novembre alle 5 del mattino i dalmati del 22° reggimento della 18ª divisione di fanteria austro-ungarica danno il cambio ai resti del IV° battaglione Hoch und Deutschmeister. Il tenente Fey in barella alla testa dei suoi uomini lascia invitto il campo di battaglia di Zagora.
L’attacco italiano si esaurisce il 5 novembre con il termine della terza offensiva dell’Isonzo. Il tentativo del generale Cadorna di conquistare Gorizia aggirando attraverso il saliente di Plava il dispositivo difensivo Kuk-Monte Santo si è infranto contro gli eroi di Zagora: i Deutschmeister.
Nei combattimenti della testa di ponte di Zagora il IV° battaglione degli Hoch und Deutschmeister lascia sul terreno i due terzi dei propri effettivi. Il tenente Emil Fey verrà insignito della croce di cavaliere dell’ordine di Maria Teresa per il suo eroico comportamento nella difesa del caposaldo di Zagora.