giovedì 8 gennaio 2015

Il cavallo di Troia: Jacques Maritain nella Dignitatis Humanae

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di Gianluca Di Pietro - http://radiospada.org/
 
 
Da quando Pio XI la istituì con la bolla Quas Primas, nella festa di Cristo Re la Chiesa era solita prorompere in un inno , il Te sæculorum principem, in cui Essa, nella parte finale, esortava il potere secolare ad ispirarsi alla volontà e alla legge di Dio: « Lo riconoscano ed onorino così,pubblicamente, i Capi delle Nazioni; Lo adorino i maestri e i giudici; si ispirino alla Sua Legge il diritto e le arti; le bandiere delle nazioni sottomesse e benedette da Lui risplendano di vera luce; le case e gli Stati Gli obbediscano».
Possiamo leggere queste commuoventi parole come l’ultimo accorato grido e l’estremo amorevole ammonimento di una Chiesa che si accinge a tornare irrimediabilmente nelle catacombe, dopo anni di lotte valorose contro il separatismo Trono-Altare (Cfr. lettera di Papa Pio IX a Vittorio Emanuele II del 9 settembre 1852; l’Allocuzione del 27 settembre 1852 sulla Nuova Granada; Lettera Enciclica Vehementer Nos di San Pio X; Lettera Enciclica Iamdumdum di San Pio X). Il secolarismo aveva vinto la prima battaglia.
Purtroppo, si accingeva a vincere anche la guerra, con lo stesso metodo con cui Virgilio nell’Eneide narra la presa di Troia. Eugenio Pacelli avverte il rischio di un Cavallo di Troia condotto al cuore della Chiesa : “ Io sento intorno a me dei novatori che vogliono smantellare la Cappella Sacra,distruggere la fiamma universale della Chiesa […]”. Il suo grido non è dissimile dal “timeo Danaos et dona ferentes” dell’inascoltato Laocoonte. Giovanni XXIII, anche se con buone intenzioni, come il greco Sinone, conduce all’interno della Chiesa l’idea del Concilio, quello stesso che tornò, sotto Paolo VI, a discorrere anche di libertà religiosa in campo civile.
A proposito di questo, la dottrina cattolica tradizionale si articola in tre diversi punti:
 
  1. nessuno può essere costretto ad abbracciare con la forza la Fede;
  2. l’errore non ha diritto;
  3. il culto pubblico delle religioni false può eventualmente essere tollerato dai poteri civili, in vista di un bene più grande da ottenersi o di un male maggiore da evitarsi, però per se stesso deve essere represso anche con la forza se necessario;
 
Eloquente e magisteriale è l’Allocuzione “Ci riesce”di Pio XII, di cui significativo è il seguente passo:
 
“[…]Un’altra questione essenzialmente diversa è se in una Comunità di Stati possa, almeno in determinate circostanze, essere stabilita la norma che il libero esercizio di una credenza e di una prassi religiosa o morale, le quali hanno valore in uno degli Stati-membri, non sia impedito nell’intero territorio della Comunità per mezzo di leggi o provvedimenti coercitivi, statali. In altri termini, si chiede se il “non impedire”, ossia il tollerare, sia in quelle circostanze permesso, e perciò la positiva repressione non sia sempre un dovere.”Noi abbiamo or ora addotta l’autorità di Dio. Può Dio, sebbene sarebbe a lui possibile e facile di reprimere l’errore e la deviazione morale, in alcuni casi scegliere il “non impedire”, senza venire in contraddizione con la Sua infinita perfezione? Può darsi che in determinate circostanze Egli non dia agli uomini nessun mandato, non imponga nessun dovere, non dia perfino nessun diritto d’impedire e di reprimere ciò che è erroneo e falso?”Uno sguardo alla realtà dà una risposta affermativa. Essa mostra che l’errore e il peccato si trovano nel mondo in ampia misura. Iddio li riprova; eppure li lascia esistere. Quindi l’affermazione: Il traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quanto è possibile, perché la sua tolleranza è in se stessa immorale – non può valere nella sua incondizionata assolutezza. D’altra parte, Dio non ha dato nemmeno all’autorità umana un siffatto precetto assoluto e universale, né nel campo della fede né in quello della morale. Non conoscono un tale precetto né la comune convinzione degli uomini, né la coscienza cristiana, né le fonti della rivelazione, né la prassi della Chiesa. Per omettere qui altri testi della Sacra Scrittura che si riferiscono a questo argomento, Cristo nella parabola della zizzania diede il seguente ammonimento: Lasciate che nel campo del mondo la zizzania cresca insieme al buon seme a causa del frumento. Il dovere di reprimere le deviazioni morali e religiose non può quindi essere una ultima norma di azioni. Esso deve essere subordinato a più alte e generali norme, le quali in alcune circostanze permettono, ed anzi fanno forse apparire come il partito migliore il non impedire l’errore, per promuovere un bene maggiore.”Con questo sono chiariti i due prìncipi, dai quali bisogna ricavare nei casi concreti la risposta alla gravissima questione circa l’atteggiamento del giurista, dell’uomo politico e dello Stato sovrano cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale del contenuto sopra indicato, da prendersi in considerazione per la Comunità degli Stati. Primo: ciò che non risponde alla verità e alla norma morale, non ha oggettivamente alcun diritto né all’esistenza né alla propaganda, né all’azione. Secondo: il non impedirlo per mezzo di leggi statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato nell’interesse di un bene superiore e più vasto.”Quanto alla seconda proposizione, vale a dire alla tolleranza, in circostanze determinate, alla sopportazione anche in casi in cui si potrebbe procedere alla repressione, la Chiesa – già per riguardo a coloro, che in buona coscienza (sebbene erronea, ma invincibile) sono di diversa opinione – si è vista indotto ad agire ed ha agito secondo quella tolleranza, dopo che sotto Costantino il Grande e gli altri Imperatori cristiani divenne Chiesa di Stato, sempre per più alti e prevalenti motivi; così fa oggi e anche nel futuro si troverà di fronte alla stessa necessità. In tali singoli casi l’atteggiamento della Chiesa è determinato dalla tutela e dalla considerazione del bonum comune, del bene comune della Chiesa e dello Stato nei singoli Stati, da una parte, e dall’altra, del bonum comune della Chiesa universale, del regno di Dio sopra tutto il mondo[…]”.
 
 
Da questo cavallo di Troia, che è stato –purtroppo- il Concilio, tra i tanti, ne è disceso anche Jacques Maritain  ( Parigi 1882- Tolosa 1973), il maggior rappresentante della rinascita tomistica del XX secolo.
La sua vasta produzione filosofica ha influito in modo disastroso e determinante nella discussione e nella elaborazione della Dignitatis Humanæ.
Tra l’annuncio del Concilio , il 15 gennaio 1959, e la sua apertura, l’11 ottobre 1962, la Curia Romana è stata teatro di una lotta intestina all’interno della Commissione Teologica Centrale,presieduta dal card. Ottaviani, deputata a formare la spina dorsale dell’assemblea in preparazione. Ben presto,il Card. Bea, presidente del Segretariato per l’Unità dei Cristiani, richiamandosi ad un Documento di Friburgo, si scontrò coll’Ottaviani: la questione teorica centrale dibattuta erano i rapporti tra la Chiesa e lo Stato. Essa era stata trattata tanto dallo schema De Ecclesia, al capitolo 9, tanto da quello sulla libertà religiosa del Card. Bea,originariamente sotto un titolo praticamente identico nei due testi, ma secondo ispirazioni diametralmente opposte.
Il testo del Segretariato per l’unità dei cristiani del Card. Bea sostituiva la dottrina tradizionale della tolleranza dell’errore con quella del diritto alla libertà. Quando questo fu presentato davanti alla Commissione preparatoria centrale, un certo numero di membri lo dichiarò inaccettabile.
La Commissione teologica aveva da parte sua precisato il contenuto del capitolo 9 del De Ecclesia per regolare il problema della libertà religiosa, partendo dai principi. Questo testo non sarebbe stato altro che la ripresa da parte del Padre Gagnebet, incaricato della redazione, di un documento che aveva già preparato per il Sant’Uffizio nel 1958. Questo scritto doveva condannare le idee di Jacques Maritain e di John Courtney Murray per naturalismo integrale. Solo la morte di Pio XII ne aveva impedito la pubblicazione.
Alcune voci di corridoio,invece, raccontano che la condanna non venne comminata per evitare lo scandalo dell’evidente influenza letteraria del filosofo nelle opere dell’Arcivescovo di Milano,Mons. Montini.
Esempi sono proprio le Lettere Pastorali  o il Discorso dell’8 Febbraio 1955 agli assistenti della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (in cui il tomismo è presentato come esistenzialismo).
L’amicizia dei due risale sin dai tempi della FUCI e si rafforza durante il soggiorno di Maritain a Roma. Numerose sono gli incontri; Maritain nel suo Diario annota,ad esempio: “Visita a Mons. Montini,gli parlo degli Ebrei e dell’antisemitismo […]”.
La presenza di Maritain sarà costante nella vita del Pontefice e di tutta la Chiesa. Nel 1964 Paolo VI invia Mons. Macchi da Maritain per avere le sue riflessioni su alcune questioni importanti.  Con grande ritardo il filosofo recapita al Pontefice i quattro memoranda con una lettera di accompagnamento: “ In queste quattro note ho espresso il mio pensiero in una forma molto libera,che è la mia. Sono sicuro che il Santo Padre si mostrerà indulgente verso questo stile di un vecchio solitario”.
Già ne L’Uomo e lo Stato il filosofo francese scrive:
 
“Lo Stato non ha l’autorità di imporre o vietare alla sfera interiore della coscienza una fede religiosa qualunque essa sia. Ma lo Stato,come abbiamo visto in un precedente capitolo,deve,secondo le proprie modalità, promuovere la moralità generale, mediante l’esercizio della giustizia e l’attuazione della legge, e procurando che si sviluppino,nel corpo politico, le condizioni e i mezzi idonei a favorire una buona vita umana, tanto materiale che razionale. Quanto alle cose religiose, lo Stato deve occuparsene a un certo livello,che è quello della pace e della prosperità civile, e dal suo specifico punto di vista,che è quello del bene comune temporale; ad esempio, come abbiamo detto sopra, il potere civile, in quanto rappresenta il popolo, deve, in occasione dei suoi atti più solenni, come anche nel caso, poniamo, di pericolo pubblico, ricorrere alle preghiere dei rappresentanti della o delle confessioni religiose storicamente radicate nella vita del popolo.”
 
 
Nel memorandum,articolato in 5 punti,oltre a riprendere questo passaggio,Maritain stabilisce anche il criterio metodologico secondo cui bisogna esaminare il problema delle verità in due contesti sociali differenti,anche se inter-reagiscono, perché un conto è parlare di libertà religiosa in campo ecclesiale, un altro in campo politico.
Maritain osserva:
 
“La Chiesa è il Regno spirituale della Verità, della Verità rivelata da Dio per la salvezza degli uomini ed essa ha la missione divina di insegnare la Verità. Essa ha dunque diritto sulle anime e sulle coscienze; […] Essa non può ammettere l’errore in materia di fede. Lo Stato, che è il regno temporale del bene comune terrestre, non ha alcuna missione e alcuna competenza per insegnare la verità o per guidare verso di essa. È per questo che non ha alcun potere sulle anime e sulle coscienze. È di fronte a lui che la libertà religiosa dev’essere proclamata e garantita,come uno dei diritti fondamentali della persona”
 
e continua:
 
“nella vita sociale i soggetti di diritto non sono entità astratte,come la verità o l’errore, bensì  sono persone umane,prese individualmente o collettivamente […] Ogni persona umana, membro della società civile, ha diritto alla libertà religiosa, essa ha il diritto di cercare liberamente la verità religiosa come ogni altra verità, ha diritto  a praticare liberamente la religione alla quale ha deciso di aderire e a diffondere e a propagandare questa religione”
 
Il quarto momento di questa riflessione sottolinea come il riconoscimento della libertà religiosa non significhi per lo Stato essere indifferente ai valori, portando come esempio il seguente:
 
“Se per le avventure della sua storia il popolo in questione,come per esempio è il popolo americano protestante,cattolico,ebreo, è a nome di queste tre confessioni religiose che avrà luogo la preghiera pubblica nelle occasioni nelle quali l’insieme del popolo si troverà in qualche modo rappresentato; ed è rivolgendosi a queste tre confessioni religiose che il corpo politico richiederà l’assistenza alle famiglie  religiose nei diversi settori come l’educazione,l’assistenza sociale, lotta contro la povertà …”
 
Il quinto ed ultimo punto del memorandum porta uno sguardo sul passato e sul futuro. Constata che, dopo la fine del Sacro Romano Impero, gli Stati moderni, “pur continuando a reclamare i titoli che loro provenivano da questo regime e a proclamarsi difensori della religione, di fatto hanno praticato una politica del tutto machiavellica e del tutto oppressiva o denigratoria verso la religione,ad esempio cuius regio eius religio” perché hanno subordinato la coscienza allo Stato.
Il teologo svizzero Charles Journet, amico comune di Maritain e Montini,elevato alla dignità cardinalizia dallo stesso Paolo VI, il 21 settembre 1965, discute in seduta plenaria dell’assise conciliare le idee di base di Maritain e lo schema è stato esaminato e approvato a maggioranza.
Il 7 dicembre 1965, Paolo VI , servus servorum Dei ad perpetuam rei memoriam, promulga la Costituzione Dignitatis Humanæ, in cui leggiamo: «Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l’hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione (2). Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società» (Dignitatis Humanæ,1:2).
 
A commento il Card. Journet scrive al Papa: «Santità,si è infine giunti ad un documento degno del Concilio!» (14 ottobre 1965)