Una risposta eloquente la si può trovare leggendo il "Diario di Josè Borjes". Egli nello sbarcare in Calabria avrebbe dovuto, secondo le intenzioni del generale Clary, trovare appoggi e costituire un nuovo esercito napolitano costituito perlopiù da volontari.
In linea di principio non era malvagio il progetto ma, come sempre accade in queste occasioni, non si è tenuto conto di un fattore importante, quale?
La parola a Borjes:
Nove ore della sera.
- Il capo della banda Leonardo Baccaro giunge dal suo paese, Serra Peducci, ove avevo mandato in cerca di lui per vedere se era possibile far qualche cosa in senso realista; ma la sua risposta, come quelle di molti altri, e negativa. Gli ho domandato il perchè, e la sua replica è stata conforme a quelle altrui: “Che il Re venga con poca forza, e il paese si solleverà come un solo uomo: senza di ciò, non vi è da sperare”.
Ed io lo credo al pari di essi. Questa gente vuole la sua autonomia e il suo Re, ma il timore di veder bruciate le loro case, imprigionate le donne e i fanciulli, li trattiene. Se conoscessero la loro forza, ciò non avverrebbe.
È un danno, perchè questo popolo è più sobrio e più sofferente di ogni altro; ma è debole di spirito quanto è forte nel corpo. Se io fossi sbarcato tre settimane prima, avrei trovato 1067 uomini e 200 cavalli a Carillone, e ciò bastava per far loro vedere quanto valevano e in conseguenza per moralizzarli.
Per mala ventura al mio arrivo in quel luogo si erano da diciassette giorni sbandati e presentati al nemico, e alcuni di essi arruolati nelle file della Guardia nazionale mobile. Il tempo che mi fecero perdere a Marsiglia e a Malta ha recato un grave danno alla buona causa da un lato, senza contare dall’altro che io vò errando a caso, e ciò che è più grave, questa circostanza mi toglie una gloria che avrebbe costituito la felicità della mia vita.
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