Non credo di rivelare nulla di particolarmente straordinario se dico che l’idea che la gran parte delle persone ha dell’Inquisizione sia frutto di una triplice sedimentazione propagandistica: la libellistica protestante del Cinquecento, la propaganda illuminista del Settecento, la letteratura anticlericale dell’Ottocento. Chi non si ricorda de “Il Pozzo e il pendolo” di Edgar Allan Poe o del più modesto ma non per questo meno letto “Il nome della Rosa” di Umberto Eco? Anche opere molto popolari narrative hanno contribuito a creare quella che è oggi per noi l’immagine dell’Inquisizione. In sintesi un cumulo di roghi, torture, nefandezze e delitti di ogni tipo.
Quali sono state storicamente le centrali di diffusione di questa letteratura a tema? Innanzitutto, l’Olanda che si stacca dalla Spagna per mano dei ribelli protestanti e diventa la testa di ponte per la sovversione in Europa, oltre che un ricettacolo per tutti gli agitatori sociali in fuga dai rispettivi paesi di appartenenza. Poi l’Inghilterra prima dei Tudor omicidi, poi degli Stuart protestantizzati ed infine della definitiva rivoluzione del 1688. Successivamente tocca alla Francia di Voltaire e dell’Enciclopedia ed infine all’Italietta unificata. Francesco Crispi, rivoluzionario professionista, già camicia rossa e poi Capo del governo per la Sinistra storica, fomenterà il culto per i martiri del “libero pensiero”, arrivando a fare erigere una statua a Giordano Bruno, in Campo De’ Fiori a Roma.
Su questa “letteratura storica” hanno poi ampiamente grufolato le storiografie marxiste e liberali del Novecento, nella maggior parte dei casi senza nemmeno utilizzare fonti primarie, dato che una gran parte degli archivi inquisitoriali sono stati oggetto di distruzione e vandalismi durante tutte le grandi rivoluzioni europee tra Settecento e Ottocento.
In questo l’opera di molti storici che hanno lavorato per mostrare il vero volto dell’Inquisizione si scontra con un mito popolaresco e giornalistico che sarà molto duro a morire. Delle tre grandi inquisizioni storiche, la medievale nasce de jure nel 1233 quando Papa Gregorio IX dei Conti de’ Segni affida ai domenicani il compito di “legati pontifici”che presiedano i tribunali inquisitoriali. È un inquisizione provvidenziale, sotto due punti di vista. L’Europa è agitata in quegli anni dall’eresia catara, ben più che un’eresia religiosa quanto una piaga sociale, che predica l’abolizione dei poteri costituiti, il rifiuto della generazione e del matrimonio ed infine il suicidio di massa: una combinazione esplosiva di violenza, banditismo e pratiche pseudoascetiche che spesso ingenerava rivolte sociali negli strati più poveri della popolazione. I poteri costituiti reagiscono con severità, spesso con stragi di massa, altre volte con processi sommari e raffazzonati, condotti spesso da giudici digiuni di teologia o da vescovi locali non all’altezza. L’Inquisizione si occuperà di ricondurre nell’alveo di una prassi giuridica non iniqua gli improvvisati tribunali locali antiereticali (con notevoli garanzie per gli imputati, un uso cauteloso della tortura, un sostanziale garantismo per tutti gli imputati, anche quelli condotti nei tribunali a furor di popolo, l’utilizzo della pena capitale per arsione solo per casi estremi, oltre ogni ragionevole dubbio, che veniva poi esercitata, conformemente ai costumi del tempo, dalle autorità laiche). L’inquisizione medievale innovativa, sia nell’utilizzo delle testimonianze, sia nell’irrogare le pene, fu certamente di straordinario impulso per la formazione del diritto pubblico europeo.
L’inquisizione spagnola fu invece uno dei frutti della Riconquista spagnola antimusulmana, ne potremmo dire il coronamento. Papa Sisto IV Della Rovere permise alla Spagna appena unificata di avere un tribunale inquisitoriale suo proprio e che quindi agisse sul territorio, senza dipendere direttamente dall’autorità romana: lo stesso Inquisitore generale era di fatto nominato dalla corona spagnola.
Fu utilizzata come dice lo storico Matteo d’Amico per “consolidare sul piano etnico, religioso e ideologico un paese pieno di religioni, razze e tradizioni diverse”. Primo scopo dell’inquisizione spagnola fu la difesa ad oltranza dell’identità religiosa delle Spagne, unico fattore che potesse tenere insieme regni dalla secolare storia di indipendenza ed autonomia. Un’inquisizione quindi religiosa ed al contempo politica, una delle modalità con cui liberamente uno stato europeo dell’epoca poteva gestire i propri rapporti di forza interni, individuando quei fattori destabilizzanti che potevano minare l’esistenza stessa dello stato. La Spagna, appena unificata dalle armi e dall’unione delle corone di Aragona e Castiglia, faceva i conti coi musulmani ancora presenti sul suo territorio e col fenomeno del marranesimo (ovvero con ebrei convertiti al cristianesimo ma che mantenevano occultamente pratiche religiose ebraiche e operavano da quinte colonne nemiche sul territorio spagnolo).
Questa opera di controllo capillare portò a circa cinquantamila processi giudiziari, di cui meno de due per cento conclusi con la pena capitale, altri con pratiche espulsive, moltissimi altri ancora con solenni ritorni (Autos da fè, atti di fede) nel seno della comunità spagnola. La stessa Spagna ebbe in molti di questi (veri) conversos e nei loro discendenti figure di primissimo livello in tutti i campi della vita pubblica e religiosa.
Sotto i grandi inquisitori Torquemada e poi Cisneros, questo difficile e spesso umanamente difficile compito fu condotto a termine: il tutto, non senza qualche inevitabile eccesso ed abuso, prodotto dalla gravità della posta in gioco, da un certo parossismo popolare, dalle ingerenze laicali e politiche. Di fatto bisogna dire che l’Inquisizione spagnola preservò le Spagne dalle terribili guerre di religione che insanguinarono l’Europa nel secolo successivo e dopo il Concilio di Trento si dedicò essenzialmente all’applicazione del norme conciliari sulla vita del clero e dei religiosi.
La terza Inquisizione, figlia di quella medioevale, fu il Santo Uffizio romano, fondato Paolo III Farnese con la bolla Licet ab inizio del 1542, in funzione antiprotestantica, che operò soprattutto negli stati della Penisola, se escludiamo Venezia che volle emanciparsi per motivi ben più politici che religiosi.
Anche questa inquisizione anticipò di alcuni secoli il diritto pubblico europeo: libertà nella scelta del difensore, difesa d’ufficio, prudenza nell’utilizzo della custodia cautelare, severo vaglio delle istanze accusatorie, possibilità di contro-interrogatorio per i testimoni dell’accusa, una dimensione “carceraria” ben più che confortevole. Dal 1542 al 1761 il Santo Uffizio emise solo 97 condanne a morte, rispetto alle medie elevatissime di qualunque tribunale laico dell’epoca.
Le attuali ricerche storiche in senso revisionista vogliono mostrare la reale portata storica di un fenomeno, oggetto più di caricatura malevola ed interessata che di conoscenza , e stimolare ad un lettura più attenta degli odierna Idola Tribus. Se posso aggiungere un personale annotazione: al tramonto forzato e mai abbastanza deprecato di tali “tribunali della coscienza”, è seguita una notte assai oscura e tetra, quella delle “inquisizioni” (e mai termine fu più improprio) variamente disumane dei totalitarismi ottocenteschi, novecenteschi e odierni (in primis quello democratico e liberale che viviamo oggi, sulla nostra pelle).
Piergiorgio SevesoQuali sono state storicamente le centrali di diffusione di questa letteratura a tema? Innanzitutto, l’Olanda che si stacca dalla Spagna per mano dei ribelli protestanti e diventa la testa di ponte per la sovversione in Europa, oltre che un ricettacolo per tutti gli agitatori sociali in fuga dai rispettivi paesi di appartenenza. Poi l’Inghilterra prima dei Tudor omicidi, poi degli Stuart protestantizzati ed infine della definitiva rivoluzione del 1688. Successivamente tocca alla Francia di Voltaire e dell’Enciclopedia ed infine all’Italietta unificata. Francesco Crispi, rivoluzionario professionista, già camicia rossa e poi Capo del governo per la Sinistra storica, fomenterà il culto per i martiri del “libero pensiero”, arrivando a fare erigere una statua a Giordano Bruno, in Campo De’ Fiori a Roma.
Su questa “letteratura storica” hanno poi ampiamente grufolato le storiografie marxiste e liberali del Novecento, nella maggior parte dei casi senza nemmeno utilizzare fonti primarie, dato che una gran parte degli archivi inquisitoriali sono stati oggetto di distruzione e vandalismi durante tutte le grandi rivoluzioni europee tra Settecento e Ottocento.
In questo l’opera di molti storici che hanno lavorato per mostrare il vero volto dell’Inquisizione si scontra con un mito popolaresco e giornalistico che sarà molto duro a morire. Delle tre grandi inquisizioni storiche, la medievale nasce de jure nel 1233 quando Papa Gregorio IX dei Conti de’ Segni affida ai domenicani il compito di “legati pontifici”che presiedano i tribunali inquisitoriali. È un inquisizione provvidenziale, sotto due punti di vista. L’Europa è agitata in quegli anni dall’eresia catara, ben più che un’eresia religiosa quanto una piaga sociale, che predica l’abolizione dei poteri costituiti, il rifiuto della generazione e del matrimonio ed infine il suicidio di massa: una combinazione esplosiva di violenza, banditismo e pratiche pseudoascetiche che spesso ingenerava rivolte sociali negli strati più poveri della popolazione. I poteri costituiti reagiscono con severità, spesso con stragi di massa, altre volte con processi sommari e raffazzonati, condotti spesso da giudici digiuni di teologia o da vescovi locali non all’altezza. L’Inquisizione si occuperà di ricondurre nell’alveo di una prassi giuridica non iniqua gli improvvisati tribunali locali antiereticali (con notevoli garanzie per gli imputati, un uso cauteloso della tortura, un sostanziale garantismo per tutti gli imputati, anche quelli condotti nei tribunali a furor di popolo, l’utilizzo della pena capitale per arsione solo per casi estremi, oltre ogni ragionevole dubbio, che veniva poi esercitata, conformemente ai costumi del tempo, dalle autorità laiche). L’inquisizione medievale innovativa, sia nell’utilizzo delle testimonianze, sia nell’irrogare le pene, fu certamente di straordinario impulso per la formazione del diritto pubblico europeo.
L’inquisizione spagnola fu invece uno dei frutti della Riconquista spagnola antimusulmana, ne potremmo dire il coronamento. Papa Sisto IV Della Rovere permise alla Spagna appena unificata di avere un tribunale inquisitoriale suo proprio e che quindi agisse sul territorio, senza dipendere direttamente dall’autorità romana: lo stesso Inquisitore generale era di fatto nominato dalla corona spagnola.
Fu utilizzata come dice lo storico Matteo d’Amico per “consolidare sul piano etnico, religioso e ideologico un paese pieno di religioni, razze e tradizioni diverse”. Primo scopo dell’inquisizione spagnola fu la difesa ad oltranza dell’identità religiosa delle Spagne, unico fattore che potesse tenere insieme regni dalla secolare storia di indipendenza ed autonomia. Un’inquisizione quindi religiosa ed al contempo politica, una delle modalità con cui liberamente uno stato europeo dell’epoca poteva gestire i propri rapporti di forza interni, individuando quei fattori destabilizzanti che potevano minare l’esistenza stessa dello stato. La Spagna, appena unificata dalle armi e dall’unione delle corone di Aragona e Castiglia, faceva i conti coi musulmani ancora presenti sul suo territorio e col fenomeno del marranesimo (ovvero con ebrei convertiti al cristianesimo ma che mantenevano occultamente pratiche religiose ebraiche e operavano da quinte colonne nemiche sul territorio spagnolo).
Questa opera di controllo capillare portò a circa cinquantamila processi giudiziari, di cui meno de due per cento conclusi con la pena capitale, altri con pratiche espulsive, moltissimi altri ancora con solenni ritorni (Autos da fè, atti di fede) nel seno della comunità spagnola. La stessa Spagna ebbe in molti di questi (veri) conversos e nei loro discendenti figure di primissimo livello in tutti i campi della vita pubblica e religiosa.
Sotto i grandi inquisitori Torquemada e poi Cisneros, questo difficile e spesso umanamente difficile compito fu condotto a termine: il tutto, non senza qualche inevitabile eccesso ed abuso, prodotto dalla gravità della posta in gioco, da un certo parossismo popolare, dalle ingerenze laicali e politiche. Di fatto bisogna dire che l’Inquisizione spagnola preservò le Spagne dalle terribili guerre di religione che insanguinarono l’Europa nel secolo successivo e dopo il Concilio di Trento si dedicò essenzialmente all’applicazione del norme conciliari sulla vita del clero e dei religiosi.
La terza Inquisizione, figlia di quella medioevale, fu il Santo Uffizio romano, fondato Paolo III Farnese con la bolla Licet ab inizio del 1542, in funzione antiprotestantica, che operò soprattutto negli stati della Penisola, se escludiamo Venezia che volle emanciparsi per motivi ben più politici che religiosi.
Anche questa inquisizione anticipò di alcuni secoli il diritto pubblico europeo: libertà nella scelta del difensore, difesa d’ufficio, prudenza nell’utilizzo della custodia cautelare, severo vaglio delle istanze accusatorie, possibilità di contro-interrogatorio per i testimoni dell’accusa, una dimensione “carceraria” ben più che confortevole. Dal 1542 al 1761 il Santo Uffizio emise solo 97 condanne a morte, rispetto alle medie elevatissime di qualunque tribunale laico dell’epoca.
Le attuali ricerche storiche in senso revisionista vogliono mostrare la reale portata storica di un fenomeno, oggetto più di caricatura malevola ed interessata che di conoscenza , e stimolare ad un lettura più attenta degli odierna Idola Tribus. Se posso aggiungere un personale annotazione: al tramonto forzato e mai abbastanza deprecato di tali “tribunali della coscienza”, è seguita una notte assai oscura e tetra, quella delle “inquisizioni” (e mai termine fu più improprio) variamente disumane dei totalitarismi ottocenteschi, novecenteschi e odierni (in primis quello democratico e liberale che viviamo oggi, sulla nostra pelle).
Qualche spunto bibliografico
Jean Baptiste Guiraud, voce “Inquisition” in Dictionaire apologetique de la foi catholique, Parigi, 1911-13
Jean Baptiste Guiraud “Elogio dell’inquisizione”, Leonardo, Milano, 1994 (versione italiana del precedente)
Jean Dumont “L’inquisizione fra mito e interpretazioni”, Cristianità, numero 131, marzo 1986, pp. 11-13
John Tedeschi “Il giudice e l’eretico. Studi sull’inquisizione romana”, Milano,Vita e Pensiero, 1997
Gustav Henningsen “L’avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione Spagnola”, Milano, Garzanti, 1990
Bernardus Gui O.P.”Manuale dell’inquisitore”, Gallone, Milano, 1998
Adriano Prosperi “Tribunali della coscienza, inquisitori, confessori, missionari”, Einaudi, Torino, 1996
Joseph De Maistre “Elogio dell’inquisizione di Spagna”, Il Cerchio, Rimini 1998
Pubblicato anche sul numero 12 (Gennaio-febbraio 2006) de “Il Cinghiale corazzato”, foglio di informazione e cultura dell’allora MUP dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano
Fonte:
http://radiospada.wordpress.com/