Il
25 dicembre 1792,
Luigi XVI scrisse il suo
testamento. Sarebbe morto il successivo
21 gennaio 1793, sulla
ghigliottina.
TESTAMENTO DI S.M. Cristianissima Luigi XVI di Francia
"Nel nome della Santissima Trinità, Padre, Figliuolo, e Spirito Santo. Oggi 25 dicembre 1792. Io Luigi XVI di nome, Re di Francia, chiuso da più di quattro mesi colla mia Famiglia nel Tempio a Parigi da coloro ch'eran miei sudditi, privo di ogni comunicazione qualunque, e dagli undici in qua del corrente, fino colla mia stessa Famiglia implicato di più in un processo, di cui è impossibile prevederne l'uscita a motivo delle passioni degli uomini, e di cui non si trova né pretesto, né mezzi di alcuna legge esistente, non avendo che Dio per testimonio dè miei pensieri, a cui possa rivolgermi: Io dichiaro qui in sua presenza le mie ultime volontà, e sentimenti.
Lascio la mia Anima a Dio mio Creatore, pregandolo ad accoglierla nella sua misericordia, di non giudicarla secondo i suoi meriti, ma da quelli bensì del nostro Signor Gesù Cristo che si è offerto in sacrifizio a Dio suo Padre per noi altri uomini, benché ne fossimo indegni, ed io più di tutti.
Muoio nell'unione della nostra Santa Madre la Chiesa Cattolica, Apostolica, e Romana, che ha la sua Podestà per una successione non mai interrotta dopo S.Pietro, a cui Gesù Cristo l'ha confidata.
Credo fermamente e confesso quanto è contenuto nel Simbolo, i Comandamenti di Dio e della Chiesa, i Sacramenti, e i Misterj come la Chiesa Cattolica gli insegna, e gli ha sempre insegnati. Non ho mai preteso di farmi Giudice nelle differenti maniere di spiegare i dogmi, che dividon la Chiesa di Gesù Cristo, ma sonomi riportato, e mi riporterò sempre se Dio mi dà vita alla decisioni che i Superiori Ecclesiastici uniti alla Santa Chiesa Cattolica danno, e daranno conformemente alla Disciplina della Chiesa costante da Gesù Cristo in poi.
Compiango di tutto cuore i nostri fratelli, che potessero essere in errore, ma non pretendo però giudicarli, e non gli amo tutti per questo di meno in Gesù Cristo, secondo che la Carità Cristiana ci insegna. Prego Dio a perdonarmi tutti i miei peccati: ho cercato scrupolosamente a conoscerli, a detestarli, e ad umiliarmi in sua presenza. Non potendo servirmi del ministero di un Sacerdote Cattolico, prego Dio di ricevere la confessione che gli ho fatta, e soprattutto il pentimento profondo che ho di aver messo il mio nome (benché ciò fosse contro mia voglia) ad atti che possan esser contrari alla disciplina, ed alla credenza della Chiesa Cattolica, alla quale sono sempre rimasto sinceramente unito di cuore. Prego Dio di ricevere la ferma risoluzione in cui sono, se mi dà vita, di servirmi tosto che il possa del Ministero di un Prete Cattolico per accusarmi di tutti i miei peccati, e ricevere il Sagramento della Penitenza.
Prego tutti coloro che potessi aver offesi per inavvertenza (poiché non mi ricordo di aver mai fatto scientemente offesa a veruno) o quelli a cui potessi aver dato cattivi esempj, o scandali di perdonarmi il male che credono possa loro aver fatto. Prego tutti coloro che han carità di unire le loro colle mie preghiere per ottenere da Dio il perdono dè miei peccati.
Perdono con tutto il mio cuore a coloro che si son fatti miei nimici, senza ch'io n'abbia loro dato motivo, e prego Dio di perdonare ad essi, come pure a coloro che per un falso zelo, o per un zelo malinteso mi hanno fatto assai male.
Raccomando a Dio mia Moglie, e i miei Figli, la mia Sorella, le mie Zie, e i miei Fratelli, e tutti coloro che mi sono uniti per vincolo di sangue, o per qualunque altro modo possa ciò essere. Prego Dio particolarmente a volgere un occhio di misericordia sopra la mia Moglie, i miei Figli, e mia Sorella che soffrono da lungo tempo con me, di sostenerli colla sua grazia se venissero a perdermi, e fino a tanto che resteranno in questo mondo peribile.
Raccomando i miei Figli a mia Moglie. Non ho mai dubitato della sua materna tenerezza per essi; le raccomando sopra tutto di farli buoni Cristiani, ed onest'Uomini, di non far loro riguardar le grandezze di questo mondo (se saran condannati a provarle) che come beni pericolosi, e transitorj, e di voltare i sguardi verso la sola Gloria solida, e durevole dell'Eternità: prego mia Sorella a voler continuare la sua tenerezza à miei Figli, e di tener loro luogo di Madre se mai avessero la disgrazia di perder la propria.
Prego mia Moglie a voler perdonarmi tutti i mali che soffre in grazia mia, e i dispiaceri che potrei averle recati nel corso della nostra unione, com'Ella può esser sicura che nulla ho contro di Lei, dov'ella credesse aver qualche cosa a rimproverarsi.
Raccomando vivissimamente à miei Figli dopo quel che devono a Dio che deve andare innanzi di tutto, di essere uniti sempre fra loro, sommessi, ed ubbidienti alla lor Madre, e grati a tutte le cure, e travagli, ch'ella si prende per essi, e per mia memoria. Li prego a riguardar mia Sorella come un'altra lor Madre.
Raccomando a mio Figlio, se avesse mai la disgrazia di esser Re, di pensare che deve tutto se stesso alla felicità dè suoi concittadini, che deve dimenticarsi d'ogni risentimento, d'ogni odio, e segnatamente di quanto ha rapporto alle disgrazie, ed ai dispiaceri che provo, che non potrà fare giammai il bene dei Popoli, fuorché regnando secondo le leggi; ma al tempo stesso che un Re non può far rispettarle, né fare il ben che vorrebbe se non è rivestito dell'autorità necessaria, e che altrimenti legato nelle sue operazioni, e non ispirando alcun rispetto farà più di danno, che di vantaggio.
Raccomando a mio Figlio di aver cura di tutte le Persone che m'erano attaccate quanto le circostanze in cui si troverà gli permetteranno di fare: di pensare ch'è un debito sacrosanto da me contratto verso i Figli, o i Genitori di quelli che son periti in grazia mia, e poscia di coloro che in grazia mia si trovano in uno stato infelice.
So che tra quelli che m'erano attaccati ve ne son molti, che non si sono condotti a mio riguardo, come doveano, e che mi hanno fino mostrata dell'ingratitudine; ma io perdono loro (spesso in momento di agitazione, e di effervescenza non si è padron di se stessi) e prego mio Figlio se ne ha l'occasione a non ricordarsi della loro disgrazia.
Vorrei poter qui attestare la mia riconoscenza a coloro, che mi hanno mostrato un vero attaccamento senza alcun interesse; se da un canto sono stato commosso sensibilmente alla slealtà, e sconoscenza di alcuni, a cui mai non avea dimostrato che bontà, ed essi personalmente, o ai loro parenti, o amici, sono stato dall'alto consolatissimo in vedere l'attaccamento, e l'interesse gratuito da molte persone mostratomi; li prego tutti a gradire i miei ringraziamenti. Nella situazione in cui tuttavia sono le cose temerei comprometterli se mai parlassi più chiaro; ma raccomando specialmente a mio Figlio di indagar le occasioni per poter riconoscerli.
Crederei calunniare ciò non ostante i sentimenti della Nazione se non raccomandassi apertamente a mio Figlio MM. de Chamilly e Huë che il vero loro attaccamento alla mia persona avea portato a richiudersi meco in questo tristo soggiorno, e che hanno creduto di divenire le vittime disgraziate. Gli raccomando ancora Cléry, delle attenzioni del quale ho avuto tutto il motivo di lodarmi dacché trovasi meco, essendo quegli che è restato con me sin alla fine: Prego i Signori della Comune di consegnargli i miei panni, i miei libri, il mio oriuolo, la mia borsa e gli altri piccoli effetti depositati ai Consiglio della Comune.
Perdono ancora volontierissimo a coloro che mi hanno fatta la sentinella i cattivi trattamenti, e malattie con cui han creduto dover usar meco. Ho ritrovato alcune anime sensibili, e compassionevoli; possano esse godere nel loro animo di quella tranquillità che il loro modo di pensare deve ad essi accordare.
Prego i Signori di Melesherbes, Tronchet, e de Séze a qui tutti ricevere i miei ringraziamenti, e l'espressione della mia sensibilità per tutte le cure, e fastidi che si son dati per me.
Finisco con dichiarare innanzi a Dio, e pronto a comparire alla sua presenza, ch'io non mi rimprovero alcun dei delitti che mi si sono opposti.
Dalla Torre del Tempio, li venticinque dicembre dell'anno mille settecento novanta due".
Luigi