La Lombardia austriaca, per esempio, che occupava un’ampia porzione del Ducato di Milano, nonostante il radicamento di istituzioni assolutistiche, risultava ancora nel 1800 una «[…] costellazione di poteri locali a radice cittadina dotati di autonomia politica, che operano in un rapporto dialettico con gli uffici periferici dello Stato (ciò che consente loro di mantenere il controllo dei loro territori storici)» [19]. I provvedimenti politico-istituzionali adottati nell’età della Restaurazione — il decreto imperiale del 7 aprile 1815 e le successive integrazioni e modificazioni — fecero poi della Lombardia la porzione occidentale del Regno del Lombardo-Veneto, il quale continuerà a serbare un elevato livello d’indipendenza che esprimerà tramite la nomina di un proprio governatore o luogotenente generale, come previsto dal decreto imperiale del 25 ottobre 1849.
Anche il ducato emiliano di Parma e Piacenza si presentava alla vigilia dell’accentramento risorgimentale come «[…] espressione di società cittadine storicamente parcellizzate che si erano fatte Stato in epoca postmedievale, conservando istituzioni, tradizioni amministrative, ambiti territoriali e civici fondati nell’età delle libertà comunali» [20].
Lo Stato Pontificio, dal canto suo, esce dal Medioevo con la tradizionale divisione nelle cinque Legazioni — o province —, a loro volta divise in Governi e in Stati, ma «molte delle città prive del contrassegno di capoluoghi di legazione riescono col tempo a sganciarsi dalle maglie provinciali e a intrattenere rapporti diretti con Roma, grazie alla nomina papale dei propri governatori» [21]. Con Papa Clemente VIII (1592-1605) le province salgono a sei, ma non mancano i «governi separati» che, in linea di fatto, se non di diritto, sono equiparati alle province.
Con le leggi di Urbano Rattazzi (1808-1873) sull’ordinamento comunale e provinciale del 23 ottobre 1859, sulla pubblica sicurezza del 13 novembre 1859, sulle opere pubbliche, sulle opere pie e sull’amministrazione sanitaria — tutte e tre del 20 novembre 1859 —, si dà luogo invece a «[…] strutture governative salde ed efficienti, in grado di assicurare al potere centrale il pieno controllo della vita locale, così da contenere anche le istanze municipalistiche e federalistiche e consolidare l’Unità» [22]. Nelle relazioni annesse alle relative proposte di tali leggi il richiamo costante era ai paesi giudicati più «civili» d’Europa e in particolare alla Francia.