L’8 dicembre del 1861, 150 anni fa, a Tagliacozzo venne assassinato, insieme ai suoi soldati, il Comandante Legittimista José Borges, magnifico esempio di uomo giusto e di ufficiale capace e leale, determinato nella Fede e coraggioso nell’Ideale Legittimista.
Stava risalendo dalla Basilicata, seguendo un percorso elusivamente montano al fine di evitare le truppe piemontesi, per raggiungere re Francesco II in esilio a Roma, al quale avrebbe voluto rimettere l’incarico di capeggiare la riconquista del Regno ed al quale si proponeva di restituire, a conferma della sua profonda onestà e lealtà, il denaro affidatogli per organizzare la resistenza nel meridione.
Dopo una marcia difficile ed estenuante nella neve, tra monti e valle impervie, a pochi chilometri dal confine che lo separava dallo Stato della Chiesa Borges venne intercettato e circondato dai bersaglieri al comando del capitano Franchini. Dopo un accanito e cruento scontro a fuoco nei pressi della cascina Mastroddi, in località Luppa, nel comune di Sante Marie, dove stava passando la notte insieme ai suoi fedelissimi compagni di sventura, si arrese con le modalità della cavalleria militare.
Ma lo spirito che animava la soldataglia piemontese, venuta a depredare ed a sottomettere, era molto distante dai principi cavallereschi e di rispetto per i prigionieri. Violando le stesse disposizioni dei suoi superiori, impossessatosi del denaro del generale Borges, Franchini lo fece fucilare insieme a tutti i prigionieri e comandò di bruciarne i corpi, i documenti e gli indumenti.
Questo è in breve quanto accadde in quel fatidico 8 dicembre del 1861.
Molto si è scritto sulla vicenda di Josè Borges e della sua squadra, ma ad oggi l’opera più completa, la più ricca di documentazione e di riferimenti di archivio, è il libro scritto dal nostro amico, prezioso componente del nostro Comitato organizzatore, il compatriota Fulvio D’Amore.
Affidiamo a questo nostro rigoroso ricercatore il racconto dell’epilogo della tragica vicenda, estrapolando alcuni brani dalla sua recente ed importante pubblicazione “Uccidete Josè Borjés”, edito “Controcorrente”.
Stava risalendo dalla Basilicata, seguendo un percorso elusivamente montano al fine di evitare le truppe piemontesi, per raggiungere re Francesco II in esilio a Roma, al quale avrebbe voluto rimettere l’incarico di capeggiare la riconquista del Regno ed al quale si proponeva di restituire, a conferma della sua profonda onestà e lealtà, il denaro affidatogli per organizzare la resistenza nel meridione.
Dopo una marcia difficile ed estenuante nella neve, tra monti e valle impervie, a pochi chilometri dal confine che lo separava dallo Stato della Chiesa Borges venne intercettato e circondato dai bersaglieri al comando del capitano Franchini. Dopo un accanito e cruento scontro a fuoco nei pressi della cascina Mastroddi, in località Luppa, nel comune di Sante Marie, dove stava passando la notte insieme ai suoi fedelissimi compagni di sventura, si arrese con le modalità della cavalleria militare.
Ma lo spirito che animava la soldataglia piemontese, venuta a depredare ed a sottomettere, era molto distante dai principi cavallereschi e di rispetto per i prigionieri. Violando le stesse disposizioni dei suoi superiori, impossessatosi del denaro del generale Borges, Franchini lo fece fucilare insieme a tutti i prigionieri e comandò di bruciarne i corpi, i documenti e gli indumenti.
Questo è in breve quanto accadde in quel fatidico 8 dicembre del 1861.
Molto si è scritto sulla vicenda di Josè Borges e della sua squadra, ma ad oggi l’opera più completa, la più ricca di documentazione e di riferimenti di archivio, è il libro scritto dal nostro amico, prezioso componente del nostro Comitato organizzatore, il compatriota Fulvio D’Amore.
Affidiamo a questo nostro rigoroso ricercatore il racconto dell’epilogo della tragica vicenda, estrapolando alcuni brani dalla sua recente ed importante pubblicazione “Uccidete Josè Borjés”, edito “Controcorrente”.
Cap. Alessandro Romano
Josè Borges in divisa da generale catalano
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