lunedì 18 gennaio 2016

Tomistica. L’eccellenza del Tomismo

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Prosegue con questo testo del noto tomista del XX secolo, la raccolta “tomistica” di Radio Spada a cura di A. Giacobazzi e P. Seveso. Grassettature e sottolineature nostre. [RS]
di Réginald Garrigou-Lagrange
II. — L’eccellenza del Tomismo
Secondo le testimonianze di parecchi Papi, la dottrina di San Tommaso è la sintesi filosofica e teologica più perfetta e la più sicura espressione della verità tanto nell’ordine della natura che in quello della grazia.
Richiamiamo alla memoria le parole di Leone XIII nell’Enciclica Aeterni Patris: «Jam vero inter scholasticos Doctores, omnium princeps et magister, longe eminet S. Thomas Aquinas, qui, uti Cajetanus animadvertit, veteres doctores quia summe veneratus est, ideo intellectum omnium quodammodo sortitus est (In II. q. 148, a. 4 in finem). Illorum doctrinas, velut dispersa cujusdam corporis membra in unum S. Thomas collegit et coagmentavit, miro ordine digessit et magnis incrementis ita adauxit, ut catholicae Ecclesiae singulare praesidium et decus jure meritoque habeatur… Nulla est philosophiae pars, quam non acute simul et solide pertractarit… Illud etiam accedit, quod philosophicas conclusiones Angelicus Doctor speculatus est in rerum rationibus et principiis, quae quam latissime patent et infinitarum fere veritatum semina suo velut gremio concludunt, a posterioribus magistris opportuno tempore uberrimo cum fructu aperienda… Praeterea rationem, ut par est, a fide apprime distinguens, utramque tamen amice consocians, utriusque tum jura conservavit, tum dignitati consuluit, ita quidem ut ratio ad humanum fastigium Thomae pennis evecta, jam fere nequeat sublimius assurgere; neque fides a ratione fere possit plura aut validiora adiumenta praestolari, quam quae iam est per Thomam consecuta.». [8] Leone XIII cita pure le seguenti parole di Innocenzo VI:
«Hujus (Thomae) doctrina prae coeteris, excepta canonica, habet proprietatem verborum, modum dicendorum, veritatem sententiarum, ita ut nunquam qui eam tenuerint, inveniantur a veritatis tramite deviasse, et qui eam impugnaverit, semper fuerit de veritate suspectus» [9] (Serm. de S. Thoma).
S. Roberto Bellarmino dice egualmente di S. Tommaso nella introduzione al suo trattato della Santa Trinità: «Tanto si quidem ordine, tanta facilitate, tanta brevitate nobis omnia proponit, ut ego affirmare audeam, si quis diligenter has D. Thomae paucas quaestiones incumbat nihil ei difficile vel in Scripturis, vel in Conciliis vel in Patribus de Trinitate futurum; et plus omnino profecturum aliquem si duobus mensibus dat operam S. Thomae quam si per multos menses in Scripturis et Patribus legendis versetur» [10]. Il Papa Giovanni XXII ha detto pure: «Ipse (S. Thomas) plus illuminavit Ecclesiam quam omnes alii Doctores; in cuius libris plus proficit homo uno anno quam in aliorum doctrina toto tempore vitae suae. [11]».
La ragione intrinseca fondamentale della eccellenza del tomismo, sotto il punto di vista filosofico, è facile ad afferrarsi. Tale eccellenza proviene da ciò che essa e anzitutto una metafisica, che considera ogni cosa non in rapporto al movimento, al fieri, né in rapporto all’io umano o all’azione umana, bensì in rapporto all’essere (natura ed esistenza delle cose), cioè in rapporto al primo intelligibile, oggetto proprio della metafisica. Per questo il tomismo differisce notevolmente dalle dottrine che sono innanzi tutto una fisica o una filosofia naturale, oppure una psicologia, oppure una etica o un dogmatismo morale, e che non risalgono sufficientemente alle nozioni prime ed ai principî primi dell’essere in quanto essere o del reale [12].
L’eccellenza del tomismo, sotto il punto di vista filosofico, proviene in secondo luogo da ciò che esso risolve tutti i grandi problemi mediante la divisione dell’essere in potenza e atto, ammettendo il primato dell’atto.
Questa divisione s’impone, secondo il tomismo, per conciliare il primo principio della ragione e dell’essere (il principio d’identità o di non contraddizione) col divenire e la molteplicità degli esseri affermati dall’esperienza.
Secondo il principio d’identità «l’essere è l’essere e il non-essere è il non-essere», ciò che equivale a dire «l’essere non è il non-essere»: è questo l’enunciato, il più semplice del principio di non contraddizione. D’altra parte ciò che diventa non è ancora ciò che sarà, ma può esserlo; bisogna dunque distinguere in esso la potenza e l’atto: nella germinazione della pianta vi è l’attuazione progressiva d’una potenza reale, d’una capacità di perfezione che riceverà la forma specifica, la struttura essenziale della quercia o del faggio. Nello stesso modo la molteplicità delle querce non si spiega che distinguendo in ciascuna la forma specifica della quercia e la materia capace di riceverla, la quale è essa pure una reale capacità di perfezione. Da questi primi principî derivano i caratteri essenziali del tomismo dal punto di vista filosofico: dottrina realista, intellettualista, teocentrica.
È una dottrina realista giacché ammette il primato dell’essere sulla conoscenza, concepita come essenzialmente relativa all’essere; la nostra conoscenza intellettuale parte infatti dall’idea dell’essere presupposta da tutte le altre, e si compie nel giudizio, l’anima del quale è il verbo essere. Questo realismo non diminuisce in niente la vitalità e l’immanenza dell’atto del conoscere, ma afferma il suo valore in rapporto all’essere extramentale.
Il tomismo è inoltre una dottrina intellettualista giacché ammette la superiorità dell’intelligenza (facoltà dell’essere) sulla volontà che essa dirige. Questa dottrina, che vale per l’intelligenza divina come per l’intelligenza umana, si oppone fortemente all’arbitrario «stat pro ratione voluntas». Ma essa salvaguarda veramente il libero arbitrio rispetto ad ogni bene che non sia il bene universale nella sua pienezza. Essa garantisce pure perfettamente la superiorità della carità, affermando che quaggiù l’amore di Dio, in quanto conduce a Lui, è più perfetto della conoscenza di Dio che attira per così dire Dio a noi, imponendogli in certo modo il limite delle nostre idee ristrette e finite.
Infine il tomismo è una dottrina teocentrica che afferma il primato di Dio, Atto puro, su tutto il creato, perché l’atto è più perfetto della potenza. C’è di più in ciò che è, che in ciò che diviene. Dio è dunque, non il divenire universale, ma l’Essere stesso eternamente sussistente, infinitamente più perfetto nella sua pienezza di tutto ciò che partecipa alle sue perfezioni. Ne segue che nulla esiste e nulla persevera nell’esistenza se non per Dio creatore e conservatore e che nessuna creatura può agire senza il suo concorso, neppure la creatura libera. Nessuna creatura può infatti passare dalla potenza all’atto che sotto l’influenza d’una causa superiore in atto e, in ultima analisi, sotto l’influenza dell’Agente Supremo che solo è la sua attività, Atto puro, che solo è l’Essere stesso, il Bene stesso e la suprema libertà di cui la nostra non è che una partecipazione, nobile certamente, ma sempre limitata.
Questi tre caratteri: realismo, intellettualismo, teocentrismo sono l’essenza stessa del tomismo.
Da essi derivano gli altri caratteri: la sua unità organica, l’universalità, l’elevazione, la profondità dei suoi principî, la proprietà dei termini, la manifesta armonia e il perfetto equilibrio delle parti.
La sua unità non è artificiale o fittizia come quella di un sistema eclettico, privo di principi direttivi e che raccatta bene o male elementi a destra e sinistra; essa non è forzata o imperiosa, come farebbe un sistema troppo stretto, fondato sopra una idea-madre incapace di spiegare, senza violentarli, i diversi aspetti del reale. È una unità organica, simile a quella d’un vivente, una unità fondata sulla natura stessa delle cose, non solamente sulla coordinazione degli agenti creati e di Dio, ma sulla subordinazione di tutte le cause alla Causa suprema.
La necessità, l’universalità, l’elevazione e la profondità dei principî del tomismo provengono da ciò che nell’ordine naturale essi sono fondati su una nozione di tutte la prima, la più universale, quella dell’essere che ha per proprietà l’uno, il vero, il bene e il bello. Sono poi fondati sulla primissima divisione dell’essere in potenza ed atto, con l’affermazione della priorità dell’atto sulla potenza. Tutti i problemi filosofici si illuminano alla luce di questi principî che soli permettono di spiegare il divenire, le sue forme svariate e la molteplicità degli esseri in dipendenza dalla Causa prima.
Nell’ordine teologico, la necessità, l’universalità, l’elevazione e la profondità dei principî del tomismo provengono da ciò che essi sono fondati sulla natura stessa di Dio, sulla Sua Deità nella quale si identificano senza distruggersi le perfezioni assolute: l’Essere stesso eternamente sussistente, la suprema Sapienza e la sovrana Bontà. Tutti i trattati teologici di San Tommaso, quello di Dio, Uno e Trino, quello della creazione e del governo divino, quello della Incarnazione redentrice, quello dei Sacramenti, quello del fine ultimo degli atti umani, quello delle virtù e dei doni, quello della grazia, si illuminano alla luce di questi principî superiori, mentre si farebbe violenza al loro oggetto volendolo spiegare conprincipî meno elevati, e meno universali, come lo sarebbe una definizione discutibile della libertà umana, o principî d’una filosofia dell’azione (umana), capace di fondare tutt’al più un dogmatismo morale, in cui la verità si definisce non più in funzione dell’essere, ma in funzione della nostra azione umana la cui rettitudine profonda resterebbe sempre un problema.
La proprietà dei termini è sempre stata ritenuta dai Sommi Pontefici come una caratteristica del tomismo. Si legge nell’Ufficiatura di San Tommaso: «Stylus brevis, grata facundia: celsa, clara, firma sententia». Questa proprietà dei termini proviene dal fatto che i concetti e i giudizi che essi esprimono furono considerati alla luce obbiettiva dell’essere e dei principî, allo scopo di conoscere la natura delle cose e le loro proprietà e non solamente, come in ogni pragmatismo, allo scopo di dirigere l’attività umana verso un dato fine che si suppone buono. Per questo il tomismo esclude, quando gli è possibile, la metafora, sorgente di confusione e d’inesattezza; esso non vi ricorre che quando mancano i termini propri, e allora esso dice espressamente che parla in modo metaforico. Il filosofo che, all’opposto, comincia con l’esprimersi in metafore, quando potrebbe e dovrebbe conservare la proprietà dei termini, si condanna ad un eterno «press’a poco», in modo che non è più dato distinguere nelle sue prove e nelle sue asserzioni, quelle che sono solamente probabili da quelle che sono veramente certe.
L’armonia delle parti nella dottrina di San Tommaso si afferma non meno. Essa deriva da una virtù che egli possedeva in grado squisito: il senso cioè della misura, dell’equilibrio, che giammai gli permetteva di porre in maggior luce un elemento a svantaggio di un altro.
Sotto questo rapporto egli è il massimo classico della teologia, assai contrario a tutte le esagerazioni romantiche che drammatizzano a capriccio i grandi problemi e giungono a tali antinomie fra la tesi e l’antitesi da rendere impossibile il raggiungere la sintesi superiore che concilierebbe veramente e immutabilmente i diversi aspetti del reale. In tal modo alle grandi verità si sostituiscono i grandi problemi giammai risolti e che già si considerano come insolubili. Nella dottrina di San Tommaso vi ha un’armonia manifesta fra il senso e l’intelligenza, fra la conoscenza tradizionale e lo sforzo personale per approfondire la tradizione, fra l’intelligenza e la libertà, fra la ragione e la fede, e da qui deriva l’equilibrio delle altre parti subordinate.
I sensi forniscono alla intelligenza la materia della sua considerazione, ma essa stessa giudica del loro valore alla luce dei principî e delle nozioni prime astratte delle cose sensibili. La tradizione dirige il nostro sforzo, ma questo, assimilandosi il contenuto dell’apporto tradizionale, giudica sempre meglio del suo valore intrinseco. L’intelligenza dirige la libertà, ma il consentimento libero, accettando il giudizio pratico, fa che questo sia l’ultimo e termini la deliberazione. La ragione ci dimostra essere ragionevole credere, a cagione dei segni che accompagnano la rivelazione divina, e questa conferma a sua volta le viste superiori della ragione su Dio, su l’anima spirituale e la vita futura. Come diceva Leone XIII nell’Enciclica Aeterni Patris: Qua propter qui philosophiae studium cum obsequio Fidei christianae coniungunt ii optime philosophantur; quando quidem divinarum veritatum splendor, animo exceptus, ipsam juvat intelligentiam; cui non modo nihil de dignitate detrahit, sed nobilitatis, acuminis, firmitatis plurimum addit» [13].
La filosofia aristotelica non riceve così il suo pieno sviluppo nelle grandi questioni sull’anima spirituale ed immortale, sulla libertà, su Dio e la libertà dell’atto creatore se non con San Tommaso, mercé il cui profondo pensiero la filosofia giunge all’età adulta. Occorrevano il clima cristiano e la luce della divina rivelazione, stella rectrix, che mostrava dall’alto la mèta da raggiungere, la vetta alla quale con le sole sue forze la ragione doveva pervenire. Colui che ci addita il termine dell’ascesa ci è sì d’aiuto, ma dobbiamo noi stessi camminare con le forze nostre per giungervi.
Tali sono le ragioni dell’eccellenza del tomismo. Esso, come filosofia, è soprattutto una metafisica che considera ogni cosa non in rapporto al divenire, nè in rapporto all’io umano o alla nostra azione, ma in rapporto all’essere e all’essere distinto in potenza ed atto, affermando la superiorità dell’atto. Da tale punto di vista superiore esso giudica di tutti i problemi filosofici. Ne risulta perciò una dottrina realista, intellettualista e teocentrica. Questo appartiene alla sua stessa essenza. Altri suoi caratteri ne derivano: l’ammirabile unità, l’universalità, l’elevatezza, la profondità dei suoi principî, la proprietà del termini per chiarire le più difficili questioni, l’armonia manifesta delle sue parti e in particolare dei tre ordini: quello della conoscenza sensibile, quello della conoscenza intellettuale naturale, quello della conoscenza soprannaturale che, molto al di sopra della filosofia e della conoscenza naturale degli angeli più elevati, raggiunge la vita di Dio e i misteri della SS. Trinità, dell’Incarnazione redentrice e della beatitudine eterna.
Questi caratteri del tomismo diminuiscono e anche spariscono nell’eclettismo quale si trova nelle opere di Suarez e dei suoi discepoli. Suarez volle trovare una via di mezzo fra San Tommaso e Scoto, ma oscilla spesso fra l’uno e l’altro ed inclina a volte verso il nominalismo, senza rendersi conto della deviazione dì quest’ultimo. Ciò si vedrà più avanti per la posizione presa da Suarez riguardo alle principali tesi della metafisica tomista di cui noi richiameremo il fondamento e la connessione.
Questo eclettismo diminuisce le forze della ragione speculativa ed inclina praticamente verso un certo fideismo poco cosciente in cui ogni vita intellettuale, seria e profonda, sparisce.
Da qui il poco vigilante interesse, la scarsa reazione che provocano le tesi antitomistiche più arrischiate e sovversive.
*Réginald Garrigou-Lagrange O.P., Professore di Dogmatica alla Facolta di Teologia dell’Angelico di Roma, Da: Essenza ed attualità del Tomismo, Roma 1946, pag. 13-39, Fonte: Progetto Barruel