Sembra si sia rimosso il ricordo del fatto che solo la Chiesa, nell’era dei nazionalismi, contrastò con tutti i mezzi la coscrizione obbligatoria, la leva coatta di tutti i giovani. E ciò non per utopico pacifismo; ma perché, nella consapevolezza che l’aggressività umana è ineliminabile, i cattolici si batterono per secoli per limitare, per imbrigliare con norme la guerra, per evitare quella “guerra totale” che – con il mito “patriottico” e sanguinario della “Nazione Armata” – fu iniziata dalla Rivoluzione francese.
Per dirla con un testimone insospettabile, il laico Giovanni Spadolini: “Pochi hanno riflettuto sulla posizione della Chiesa di fronte alla creazione degli eserciti moderni. L’atteggiamento del Papato fu di assoluta opposizione. “La coscrizione obbligatoria, in quanto giustifica con un principio ideale un enorme abuso della libertà personale, fu aspramente condannata anche dai gesuiti del XIX secolo che sostenevano che ”la leva forzata produce all’unanimità un male immenso e inutile”.
Basti ricordare che, al Concilio Vaticano I del 1870, ben quaranta vescovi sottoscrissero una proposta per condannare la politica statale, inaugurata dai giacobini, degli eserciti di massa e permanenti. Per continuare con il laico ma imparziale e informato Spadolini: “Il pensiero cattolico in materia fu sempre coerentissimo: l’istruzione militare obbligatoria non era forse una giustificazione ideale della guerra e, soprattutto, della sua morale, che ripugna insanabilmente alla coscienza cristiana? Perché fare della vocazione militare di alcuni, di una necessità di pochi, un ”sacro dovere patriottico di tutti?”.
Le compagnie mercenarie non contraddicevano così profondamente all’insegnamento cattolico: riflettevano una dura necessità che si cercava di contenere nei limiti dell’indispensabile (i 25.000 ”combattenti” mercenari ad Anghiari che, dopo dieci ore, contarono come caduto solo un maldestro cavaliere, scivolato di sella; il permesso di guerreggiare, sotto pena di scomunica, solo in poche ore di pochi giorni di poche settimane dell’anno; l’obbligo di liberare a Pasqua tutti i prigionieri; il divieto di coinvolgere nelle operazioni i civili…).
Ancora nel 1894, Leone XIII alzava la voce contro la leva obbligatoria che, scriveva, “toglie i giovani nel fiore degli anni alla coltura dei campi, ai buoni studi, alle officine e alle arti per costringerli alle armi”. Chiedeva, quel Papa: “È forse tale da natura la condizione del civile consorzio?”. La sconfessione della coscrizione di massa era, per la Chiesa, nient’altro che una conseguenza diretta della condanna della statolatria, dei poteri assoluti dello Stato moderno, “hegeliano” che, ai missionari opponeva i militari, al clero regolare le forze armate, alla pace del Vangelo le “virtù militari”.
Nella loro polemica, i cattolici ricordavano che la “novità” della Nazione Armata voluta dai rivoluzionari parigini (e usata poi in modo spietato da Napoleone il quale, grazie a quel mito, dissanguò non solo la Francia ma l’Europa) era un ritorno all’indietro, al paganesimo.
La liberazione dei giovani dall’obbligo militare fu uno dei risultati della predicazione cristiana: la quale, troppo realista per essere pacifista, chiamò però ciascuno a essere pacifico, “mite” secondo la beatitudine evangelica. Eppure, proprio il servizio militare obbligatorio fu opposto alla Chiesa come segno di “modernità”.
L’opposizione cattolica fu, anche per questo, considerata “oscurantista”. Oggi, dopo avere conosciuto gli orrori della “guerra totale” che solo la coscrizione obbligatoria ha reso possibile, vediamo da che parte stesse “l’oscurantismo”. È tra gli aspetti da non trascurare nell’attuale revisione degli schemi da manuale di storia benpensante. E, forse, anche tanti cattolici dovrebbero riscoprire la loro storia.