Abbiamo esposte le ragioni che ci permettono di credere che se il castigo - un castigo troppo
meritato - ci colpisce, non saremo però abbandonati dalla misericordia.
Sicuramente, Dio non desidera che di soccorrerci; le manifestazioni della Santissima Vergine e del
Sacro Cuore ce lo attestano. Ma fa d'uopo che noi vi corrispondiamo. Egli non vuole, né può
salvarci se non col concorso delle nostre libere volontà, ed è per ottenere il loro concorso ch'Egli
sarà senza dubbio obbligato di permettere alla Rivoluzione di giungere alle sue ultime conseguenze.
Noi cadremo, e siamo già in uno stato da cui è manifesto che Egli solo può salvarci. Abbiamo inteso
uomini eminenti esprimere la speranza che Egli verrà in nostro aiuto, in un modo tale da riempiere
di stupore le menti, e da penetrare i cuori di fede e di riconoscenza. In questo entusiasmo gli animi
troveranno il coraggio necessario per rimettersi pienamente nelle vie della verità e del bene.
Intanto, fin d'ora, gli uomini di cuore devono orientarsi a fine di poter attirare gli altri, giunto che sia
il momento. Lo devono tanto più che le speranze di salvezza che conserviamo nei nostri cuori,
malgrado che il male vada precipitando, ci sono avvalorate da parole che son venute dal Cielo. Ora,
queste parole sono necessariamente condizionate. Esse annunziano la misericordia, purché noi ci
mettiamo in grado di riceverla. Sarebbe stoltezza far tanto calcolo sopra di essa, da aspettarne
l'effetto rimanendo in una codarda inerzia.
Joseph de Maistre
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G. de Maistre, in una delle sue lettere, ha tracciato in modo lepido la condotta da tenersi in tempi
come i nostri.
"L'uomo deve operare come se potesse tutto, e rassegnarsi come se non potesse nulla. Ecco, io
credo, il fatalismo della sapienza. Se un uomo cade in mezzo ad un fiume, certamente deve nuotare;
poiché se non nuota, sarà certamente affogato, ma non ne segue che egli approdi ove vuole, perché
la corrente conserva sempre i suoi diritti. Noi siamo tutti immersi nella corrente, e nei tempi di
rivoluzione è più rapida. Nuotiamo dunque; e se le forze non ci vengono meno, andremo ad
asciugarci, io non so dove". L'onda rivoluzionaria, da se stessa, ci conduce alla morte; contrariata
dai nostri sforzi ci farà dare in secco là ove Dio vuole condurci, allo stato sociale che, nella sua
sapienza, vuol far uscire dal conflitto impegnato già da un secolo tra le passioni settarie, l'uso della
nostra libertà e la condotta della sua Provvidenza.
Perché si compia una rinnovazione è necessario e basta far rientrare nello spirito umano il vero
concetto della vita. Tutto il resto verrà da sé; costumi ed istituzioni si trasformeranno quasi da se
medesime, come si sono trasformate in bene alla predicazione del Vangelo di Gesù Cristo, e si son
trasformate in male al principiar dalla predicazione del Vangelo degli umanisti.
Il vero concetto della vita può essere restituito alla nostra società ?
Cominciamo a restituirlo a noi medesimi; lavoriamo poscia ad illuminare ed a guarire quelli che ci
stanno d'intorno, la nostra famiglia, la nostra parrocchia. In tal modo contribuiremo dal canto nostro
a riformare la società dalla sua base.
Juan Donoso Cortés
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Donoso Cortes scriveva da Berlino a Mons. Gaume, il 24 agosto 1849: "Io non ho mai avuto fede,
né fiducia nell'azione politica dei buoni cattolici. Tutti i loro sforzi per riformare la società per
mezzo delle pubbliche istituzioni, vo' dire per mezzo di assemblee, di governi, saranno
perpetuamente inutili. Le società non sono quello che sono per causa dei governi e delle assemblee;
ma le assemblee e i governi sono quello che sono per causa delle società. Per conseguenza sarebbe
necessario seguire un sistema contrario: sarebbe necessario cambiare la società, e poi servirsi di
questa società per produrre un cambiamento analogo nelle istituzioni". Ma ogni cambiamento nella
società, e specie un cambiamento sì radicale, deve avere il suo principio nei cuori.
In quale disposizione d'animo si sarebbe dovuto esser dopo i castighi del 1793, del 1848 e del 1870-
1871? In quella, sembra, in cui era Tobia e i suoi compagni di schiavitù: "Signore, noi non abbiamo
obbedito ai tuoi comandamenti, perciò fummo spogliati dei nostri beni, menati in schiavitù ed
esposti alla morte. Siam divenuti oggetto di scherno e di disprezzo a tutte le nazioni. Ora. o Signore,
noi proviamo la giustizia dei tuoi giudizi, perché non ci siamo condotti secondo i tuoi
comandamenti e perché non abbiamo camminato davanti a te con rettitudine di cuore".(1)
"Noi peccammo, e cosa iniqua facemmo allontanandoci da te commettendo l'ingiustizia; in tutte
cose, noi abbiam fatto il male. Noi non porgemmo ascolto alla tua parola, non osservammo i tuoi
comandamenti né facemmo secondo quello che ci hai ordinato, perché noi fossimo felici.
"Perciò, giustamente tutti questi mali sono piombati sopra di noi, e meritatamente ci hai trattato
come hai fatto, dandoci in balìa di nemici iniqui ed accaniti contro di noi ... Ma ora, o Signore, con
tutto il cuor nostro ti vogliamo seguire; ti temiamo, e vogliamo camminare alla tua presenza. Non
compiere la nostra perdita, ma fa' che noi proviamo gli effetti della tua bontà e che siamo trattati
secondo la tua immensa misericordia".(2) E tutta questa magnifica preghiera di Azaria si trova al
capitolo III della profezia di Daniele.
A queste preghiere, a questo pentimento sarebbe stato necessario aggiungere il proposito, e un
fermo proposito che manifesti colle opere la sua sincerità e la sua efficacia. La prima opera da fare,
era ravvivare lo spirito cristiano in se stesso e nel maggior numero possibile di Francesi, fare che
ognuno risponda pienamente alle grazie ricevute, e si elevi al grado di virtù a cui Dio lo chiama.
"Tale dovea essere - dice Mons. Isoard - il primo obbiettivo di tutti i predicatori, di tutte le guide di
anime, di tutti gli scrittori cattolici. E questa condotta era loro imposta da una considerazione
superiore a quella che l'esperienza della vita fa a prima vista prevalere. Infatti, che possiamo noi
senza Dio, senza una grazia distinta, e, come parla il Vangelo, sovrabbondante? Ma, d'altra parte,
Dio accorderà Egli mai ad un popolo la sua grazia, una grazia di rinnovazione e di salute, se la
massima parte dei cittadini che compongono questo popolo, vivono nei loro peccati, e menano, con
proposito deliberato, una vita che è in opposizione manifesta collo spirito di Nostro Signore, cogli
esempi lasciati dalle generazioni comprese del sentimento cristiano e viventi nella carità di Gesù
Cristo? No, Dio non accorderà la grazia a siffatti uomini. La Scrittura ce lo attesta in molti luoghi.
Ricordiamo solamente qui in qual maniera gli Ebrei furono preparati alla predicazione del Vangelo,
alla conoscenza del Salvatore. San Giovanni Battista diceva ad ognuno: "Adempite meglio che è
possibile i doveri del vostro stato particolare. Voi avete una legge: osservatela". Egli s'indirizzava
all'individuo ed eccitava ad un lavoro personale di riforma e di santificazione.
"È questo il linguaggio che ascoltiamo da una ventina di anni? (ora trentacinque). Siamo noi
testimoni degli sforzi compiuti dal maggior numero dei nostri cristiani per esser oggi quello che non
erano ieri? Una breve osservazione basta per farci vedere che le cose vanno ben diversamente.
"Si sono tenuti migliaia di sermoni su questo tema: La Francia ha una missione provvidenziale nella
Chiesa. Per la forza delle cose essa deve essere salvata, e lo sarà. Poi si scrissero e si fecero delle
conferenze sulle relazioni essenziali dei poteri pubblici fra di loro, sulle migliori combinazioni da
attuare fra le diverse forze sociali, sull'organizzazione del lavoro cristiano. Gli uomini che
esaltavano queste formule, che le facevano valere con tutti i mezzi che erano in loro potere,
terminavano invariabilmente la loro esposizione con questo grido: "La salvezza è là e non altrove!"
Che tutte queste tesi sieno conformi alla verità, che le formule sieno esatte, ben volentieri amiamo
di crederlo e riconoscerlo. Ma perché i mezzi di riforma si possano applicare ad un popolo,
primieramente è necessario che l'individuo sia quale deve essere, e che osservi fedelmente la legge
che regola tutti i suoi atti, nella famiglia e nella sfera in cui si muove la sua vita quotidiana; è
parimenti necessario ed indispensabile che l'individuo non opponga in se stesso un ostacolo alla
grazia di Dio, e che non sieno molti in una nazione coloro di cui è detto: Non aestimet homo ille
quod accipiat aliquid a Domino.
"Il grande e formidabile inconveniente di queste tesi, per quanto possano essere fondate in ragione,
si è che esse non lasciano vedere una necessità ineluttabile, cioè l'impiego di attività che ciascuno
deve fornire nell'opera di ricostituzione generale, di rigenerazione comune. Di tutti i disordini e
mali che ne conseguono noi accusiamo entità astratte, inafferrabili, lo spirito moderno, il governo,
la Rivoluzione, la disgregazione sociale, lo sparpagliamento degli elementi costitutivi della società.
Aspettiamo il rimedio dall'infusione dello spirito cristiano nelle leggi, dalla sostituzione d'una forma
di governo in un'altra forma, da un più saggio equilibrio delle forze e delle influenze. Che queste
felici trasformazioni non possano operarsi se non mediante una grazia speciale di Dio, non lo
diciamo quanto basta; che ciascun di noi possa e debba ottenere, meritare per tutti questa grazia di
Dio, non lo diciamo manco per sogno. Noi conserviamo bene o male le nostre abitudini di star bene,
ci teniamo come altre volte medesimamente lontani dal patire, dallo sforzo, dalle privazioni, dalla
vita ritirata, e per tutto dire con una sola parola, mortificata, che Dio esige da' suoi, e sopratutto da'
suoi ministri.
"Viviamo tranquilli, adattandoci alle circostanze per soffrire personalmente meno che sia possibile,
ed aspettiamo che il tempo si cangi!
"Ma il tempo del mondo morale, spetta a noi di cambiarlo. E che cosa si deve intendere per questa
parola, noi? Bisogna intendere tutti i buoni cristiani, viventi nella fede. Affinché la calma succeda
alla tempesta, la grazia di Dio è necessaria: ma la grazia di Dio, ogni peccatore l'allontana dal
popolo col suo peccato, come ogni giusto l'attira sopra i suoi cogli atti delle sue virtù.
"Uomini di sentimenti religiosi, di una vita esteriore in accordo colle credenze, subiscono anch'essi
l'azione dello stato generale degli animi. Essi hanno questo di comune coi cristiani incoerenti ed
estranei alla pratica della religione, che vogliono conservare le abitudini prese, e si schermiscono
implicitamente dalla fatica(3) e dal sacrificio. Ma differiscono da loro in ciò che si rivolgono con
fede verso la Provvidenza di Dio ed aspettano da essa un colpo improvviso, irresistibile, non si può
rendere con una sola parola che avrà per effetto di rimettere in un attimo tutte le cose al loro vero
posto. Questo intervento straordinario della Provvidenza con quali mezzi sperano ottenerlo? Forse
mediante la pratica della penitenza? Mediante un ritorno sincero e completo alla santità della loro
vocazione cristiana e sacerdotale? Noi abbiamo motivo di temere che non sieno queste le
disposizioni di animo del maggior numero. Si vuole far violenza a Dio, è questa l'espressione più
ordinariamente usata, ma lo si vuol fare con esercizi di religione, che sono o nuovi di nome e di
forma, o circondati da uno strepito insolito. Da tre o quattro anni (ed anche di più) forse non passa
mese senza che i Vescovi non ricevano un pressante invito, e che tiene parecchio del comando, di
diffondere nelle loro diocesi questa devozione, che deve piegare la giustizia divina e trionfar
definitivamente del nemico. Dio aspettava, vi si dice con un linguaggio assai singolare, Dio
aspettava che la preghiera gli fosse indirizzata in questa maniera e sotto questa nuova appellazione.
Spesso la salvezza deve venire da un atto al quale i fedeli non prenderanno alcuna parte diretta. È
così che la Provvidenza ci viene sovente rappresentata, in atto di aspettare, per cambiar la faccia del
mondo, la canonizzazione di Giovanna d'Arco. Giovanna d'Arco sugli altari! si grida con fervore, e
Dio sarà obbligato a mostrarsi ed a salvarci!
"E intanto che Dio aspetta un decreto della Congregazione dei Riti, noi dal canto nostro aspettiamo
un colpo della sua grazia, senza introdurre la minima riforma, senza recare la minima correzione
nella vita di semplice onestà morale, di virtù incerta e vacillante, che ci è piaciuto di adottare.
Considerando da presso queste illusioni di molte anime, ci viene sulle labbra la sentenza di Gesù
Cristo: Haec oportuit facere et illa non omittere. Sì, sono belle e buone cose gli onori resi ai servi di
Dio, le consacrazioni solenni della patria al Cuor di Gesù o alla SS. Vergine, i pellegrinaggi a tutti i
Santuari; ma questi atti di devozione devono, o accompagnare gli sforzi d'una conversione generale
delle anime, o manifestare dei progressi di conversione già ottenuti: badiamo però di non
persuaderci che essi possano farne le veci".(4)
Uno straniero, un inglese, protestante, lord Montagne, in una lettera indirizzata al sig. Le Play,
tenne pressoché il medesimo linguaggio del vescovo d'Annecy.
"Quando io venni a Parigi, nell'ultimo dicembre - egli dice - qualcuno mi domandò s'io era venuto
per assistere a delle feste o per recarmi al teatro. Io risposi: "Son venuto per sapere se i Prussiani
ritorneranno". Allora il mio interlocutore mi fece una lunga tiritera sull'armamento, sui soldati e
sulla risoluzione dei Francesi di avere una rivincita. Quando al fine cessò di parlare, io dissi a lui:
"Io penso che vi sarebbe possibile di averla, questa rivincita". "In qual modo adunque? " replicò
egli: "Divenendo cristiani migliori dei vostri vincitori".
"Dicendo cristiani migliori, non intendo parlar solamente di quelli che assistono alla santa Messa o
adempiono certi atti. Io rammento che per essere cristiano, bisogna osservare la legge di Dio,
praticare la giustizia e la carità. Voi attribuite le disgrazie della Francia alla mancanza d'uomini di
guerra, alla divisione dei partiti, ai pregiudizi della nazione ed ai sofismi dei letterati. Io lo concedo.
Ma allora il problema consiste nel trovare il rimedio a questi mali. Or esso non si può trovare che
nella legge di Dio, la quale, reprimendo gli errori e le passioni, richiama gli uomini al dovere e
ristabilisce in essi l'armonia. Alla metà del secolo XVII, i Francesi apprezzarono più sanamente che
oggi non fanno la vera causa della prosperità e della decadenza delle nazioni. L'aneddoto seguente
me ne fornisce la prova. Alla presa di Dunkerque, quando i Francesi entrarono nella fortezza,
mentre che i nostri si ritiravano, un ufficiale inglese disse: "Noi ritorneremo ben presto". "Voi
ritornerete, rispose un ufficiale francese, se i nostri peccati sorpasseranno un giorno i vostri"".
Nell'istruzione pastorale pubblicata nell'occasione del giubileo del 1886, Mons. Isoard, disse
ancora:
"Quando i mali che soffre la Chiesa, a Roma, in Francia, ed anche in altri paesi, ci cagionano un
giusto dolore non perdiamo il tempo nell'accusare i nostri avversari. È mestieri accusare noi stessi;
essi non sono forti, ma noi siamo deboli, e deboli per nostra colpa. Non corriamo dietro a nuove
devozioni, ad Unioni che ci sono offerte dai loro promotori, come se avessero la virtù di operare da
se stesse, ed in giorno determinato, la salvezza della Chiesa e della società! Ciò che deve fare una
nazione pervertita per ritornare a Dio, per vivere di nuovo della sua parola e della sua grazia, ce lo
insegna S. Pietro d'Alcantara.
"Un gentiluomo lamentavasi col santo dello stato di cose in Ispagna e lo consultava sul da farsi per
apparsi al disordine della società. S. Pietro, dopo un giorno di riflessione, rispose semplicemente:
"Mettete ordine nella vostra casa, nei vostri affari, trattate come s'addice ad un cristiano coloro che
dipendono da voi, ed avrete fatto il vostro dovere. Se tutti i cristiani facessero così ne risulterebbe
un bene immenso per la società "".
Giovanni III del Portogallo |
Giovanni III, re di Portogallo, parlando un giorno a' suoi cortigiani disse quali sono coloro che i
primi devono applicarsi a questa riforma personale: "Se gli uomini di alta condizione fossero una
buona volta persone dabbene, il popolo che si forma sempre su di loro, non mancherebbe di
riformare i suoi costumi. La riforma di tutti gli ordini dello Stato consiste principalmente in una
buona educazione della nobiltà". Oggi si direbbe delle classi dirigenti.
Gli è infatti dalla educazione, e specialmente dalla educazione di coloro che son chiamati a dirigere
gli altri, che deve principiare la riforma. Sarebbe una illusione il credere che le classi dirigenti sieno
mai per cambiare i loro costumi, per darsi ad una vita veramente cristiana se il loro spirito non è
profondamente penetrato della dottrina di Cristo. Lo spirito comanda al cuore e il cuore dirige la
vita.
San Pio X |
Il Papa Pio X, nella sua Enciclica del 15 aprile 1905, ha chiamato l'attenzione di tutto l'episcopato,
di tutto il clero cattolico, sulla necessità di riformare l'insegnamento della dottrina cristiana: "Quelli
- egli dice - che nutrono zelo della gloria di Dio vanno cercando le ragioni e le cause di questa crisi
che subisce la religione; e mentre altri altre ne assegnano, conforme all'opinar di ciascuno, diverse
son le vie che seguono per tutelare e ristabilire il regno di Dio sulla terra. Noi, venerabili Fratelli,
checché sia di altre ragioni e cause, ci uniamo di preferenza a coloro che veggono nella ignoranza
delle cose divine la cagione della decadenza attuale e dell'infiacchimento degli spiriti e dei mali sì
gravi che ne derivano. Il che corrisponde pienamente a quello che Dio stesso affermò pel profeta
Osea ... "Perché non havvi verità né scienza di Dio sulla terra, la bestemmia, e la menzogna, e
l'omicidio, e il furto, e l'adulterio l'hanno inondata, e il sangue versato s'accumula sul sangue
versato.(5) Perciò la terra sarà in pianto e tutti i suoi abitanti saranno in languore".
"E infatti ai nostri giorni tutti si lamentano che di mezzo al popolo cristiano tanti ignorino
profondamente le verità necessarie per l'eterna salute, e questi lamenti, sono, pur troppo! fondati. E
quando noi diciamo fra i cristiani, non intendiamo solamente fra la plebe o le persone di ceto
inferiore, scusabili talvolta, perché, soggetti al comando d'inumani padroni, appena è che abbiano
agio di pensare a sé ed ai propri vantaggi; ma noi parliamo altresì e sopratutto di coloro, che pur non
mancando d'ingegno e di cultura, mentre delle profane cose sono eruditissimi, vivono spensierati e
come a caso in ordine alla religione. Può dirsi appena in quali profonde tenebre questi tali sieno
sprofondati; e, ciò che più accuora, tranquillamente vi si adagiano! Niun pensiero quasi sorge loro
di Dio autore e moderatore dell'universo e di quanto insegna la Fede cristiana. E conseguentemente,
sono cose affatto ignote per essi e l'Incarnazione del Verbo di Dio e l'opera di Redenzione dell'uman
genere da lui compiuta; e la Grazia che è pur il mezzo precipuo pel conseguimento dei beni eterni, e
il santo Sacrificio e i Sacramenti, pei quali la detta grazia si acquista e si conserva. Nulla poi
conoscono della malizia e turpitudine del peccato, e quindi non pensano affatto ad evitarlo.
Immenso è il numero - e s'aumenta di giorno in giorno - di quelli che ignorano del tutto la religione,
o che hanno della fede cristiana una cognizione tale che loro permette, fra gli splendori della verità
cattolica, di vivere alla maniera degli idolatri.
"S'egli è vano sperare un raccolto da una terra in cui non sia stata deposta la semente, come
aspettarsi generazioni costumate, se non sieno state istruite per tempo nella dottrina cristiana? Dal
che segue, che, languendo ai dì nostri ed essendo in molti quasi svanita la fede, convien
conchiudere adempiersi assai superficialmente, se non anche del tutto trascurarsi, il dovere
dell'insegnamento del catechismo".
Pio X ricorda e rinnova su questo soggetto le prescrizioni del Concilio di Trento. Poi fa ai vescovi
ed ai sacerdoti questa esortazione: "Molte cose utili e certamente lodevoli avete voi istituite nelle
vostre diocesi, a vantaggio del gregge affidatovi; tuttavia a preferenza di ogni altra cosa vogliate,
con tutto l'impegno, con tutto lo zelo, con tutta l'assiduità possibile, procurare ed ottenere che la
scienza della cristiana dottrina penetri e, intimamente pervada gli animi di tutti".
I genitori e i direttori della gioventù devono meditare queste osservazioni del Pontefice e riguardare
come rivolte a loro stessi le esortazioni e i precetti che fa ai sacerdoti. Le madri di famiglia non
devono ignorare che se la mente e il cuore del fanciullo non sono stati preparati dalla madre; come
il contadino prepara il suo campo prima di gettarvi la semente, la parola del prete cadrà sopra la
pietra o sarà soffocata dall'errore.
Alle lezioni della madre devono succedere quelle del maestro. Dal 1852 a questi ultimi anni, i
sacerdoti, i religiosi e le religiose hanno avuto in mano l'educazione della metà della gioventù
francese. Pare che la loro fatica non abbia prodotto tutto il frutto che si poteva sperare. Si ebbe
troppo riguardo dei programmi imposti dal mondo universitario, si è troppo badato al successo negli
esami fatti su questi programmi: l'insegnamento religioso che dovea tenere il primo posto non ebbe
troppo spesso che l'ultimo. Che ne avvenne? Usciti dai nostri collegi, dai nostri convitti, i nostri
giovani si son trovati in un mondo saturo di naturalismo e di liberalismo. I giornali, gli opuscoli, i
libri son venuti a recar loro su ogni soggetto impressioni ed idee contrarie al sentimento cristiano e
alla verità rivelata. Male armati, non hanno saputo difendersi, e ben tosto la loro mente si è riempita
d'una folla d'idee opposte alla dottrina cristiana, e non essendo più sostenuti dalla fede, si sono
smarriti.
Anche allora, che l'educazione della famiglia e quella del collegio fosse stata perfetta, il giovane,
l'uomo adulto non devono contentarsi della istruzione ricevuta, ma devono conservarla e
svilupparla. All'obbligazione del sacerdote di sempre insegnare, corrisponde quella del fedele di
sempre istruirsi, recandosi al catechismo di perseveranza, assistendo alla messa in cui si predica,
facendosi un dovere di leggere ogni settimana alcune pagine nei libri che insegnano le verità
dogmatiche e morali della religione.
Istruirsi nella religione è il primo passo nella via della riforma. Il secondo passo decisivo sta nel
conformare la propria vita alla propria fede. Un romanziere contemporaneo, non credente,
rimprovera ai cattolici odierni questo fatto che le idee religiose non sono punto per loro "idee
direttrici". Niente di più vero, la fede non è più, per molti di quelli che l'hanno conservata e che vi
aggiungono le pratiche di devozione, una luce e un principio di vita.
"La vita d'un cristiano che vuol rispondere pienamente a questa alta e felice vocazione - dice Mons.
Isoard - non può essere somigliante a quella di quei cristiani, i quali non hanno che un sentimento
assai vago di ciò che sono mercé il battesimo, di ciò che devono essere per la qualità di membri vivi
di Gesù Cristo. Questa è una di quelle verità pratiche che tutti ammettono appena sono enunciate.
Ma la prima conseguenza che si deve trarre da questa verità, si è che quei nostri fratelli che
chiamiamo praticanti e le cristiane che affermiamo essere pie, devono facilmente distinguersi nel
mondo.
"Le loro abitazioni, per esempio, devono essere semplici. I mobili devono essere affatto diversi da
quelli che si trovano nella casa di coloro che non intesero mai parlare di penitenza e di
mortificazione. Egli è vero, questo pensiero è giustissimo; noi dovremmo trovare in questi cristiani
una semplicità severa; ma in realtà che vediamo noi? Vediamo la medesima agiatezza e il
medesimo lusso che si scorge dappertutto altrove. Ciò che regola le loro spese, è la loro rendita e
non lo spirito della fede cristiana; tutti i godimenti di questo genere che possono procurarsi, se li
procurano.
"E le donne? E i loro vestiti? E le loro acconciature?
"Il profeta Isaia,(6) l'apostolo S. Paolo(7) hanno, a questo proposito, insegnamenti i più precisi; essi
entrano nei minimi particolari riguardanti questo genere dì lusso, di prodigalità e di follie; si potrà
dunque, in una conversazione, discernere facilmente una donna che vuol vivere da vera cattolica da
un'altra donna, la quale non ha che l'ambizione di vivere pel mondo? No, non si potranno constatare
fra l'una e l'altra differenze veramente apprezzabili. Mode, la foggia del vestire, stoffe, trine,
gioielli, tutto è somigliante.(8) "Si separano, almeno, le donne cristiane dalle donne mondane nella
scelta dei loro piaceri e delle loro ricreazioni? Niente affatto. Il contegno è il medesimo nel corso
ordinario della vita, benché le dottrine sieno assolutamente opposte".
Per farle uscire da questa contraddizione fra i loro sentimenti e la loro condotta, Mons. Isoard
propone alle donne serie e agli uomini che vogliono essere veramente cristiani questi austeri
pensieri:
"- Che cosa è la Religione, la vera Religione?
"- È il mezzo pel quale l'umanità decaduta si rialza.
"- E questo mezzo, posso io esprimerlo e porlo dinanzi agli occhi in un momento?
"Sì, io non ho a far altro che tracciare l'immagine d'una croce. Il mezzo di rialzare l'uomo peccatore,
è l'espiazione, l'umiliazione, il patimento e la morte in unione agli abbassamenti, alla passione e
morte del Figliuol di Dio fatto uomo.
- Ma allora che cosa è un cristiano qualsiasi? - È un penitente. - Ma se egli è il migliore e il più
virtuoso che si possa immaginare? È ancora un penitente. Perciò, osservate: nelle Litanie dei Santi,
la prima grazia che la Chiesa vi fa dimandare a Dio per noi personalmente, e per tutti i nostri
fratelli, si è di saper fare penitenza. Ut ad veram penitentiam nos perducere digneris, te rogamus
audi nos! Te ne supplichiamo, Signore, donaci lo spirito della vera penitenza!
"Il minimo grado dello spirito di penitenza, è l'accettazione delle leggi, delle regole, delle usanze
stesse che restringono la nostra libertà, che ci cagionano qualche pena: tali sono le leggi del digiuno
e dell'astinenza, quelle che proibiscono per un certo tempo la solennità delle nozze ... Se un fedele
ha qualche intelligenza dello spirito del cristianesimo, accetta queste proibizioni o queste
ordinazioni; egli acconsente volentieri a queste restrizioni della sua libertà, e non dimanda che a
malincuore e più raramente che può, di essere dispensato dall'osservanza della legge.
"Ma questa parola di penitenza ci manifesta ben altra cosa che una sommissione ai regolamenti
restrittivi della nostra libertà; ma ci fa pensare al castigo. Il peccatore farà penitenza, vale a dire
riceverà o si infliggerà da se stesso un castigo proporzionato alla natura e alla gravità della sua
colpa: è cotesta l'idea che risvegliano in noi le parole penitenza e penitenti ... Questo istinto di
giustizia che Dio ha posto in noi, questo senso intimo la cui attività si addormenta, ma non si può
spegnere, ci grida che dopo la colpa, è necessaria una riparazione, e il S. Vangelo ce lo dice con
maggior forza ancora ... Il perdono suppone una riparazione, una soddisfazione, una penitenza ... La
Rivoluzione respinge l'idea stessa del castigo e della espiazione; essa la rigetta come ingiusta,
insensata, la proscrive, la maledice ... Né il padre, né la società hanno il diritto d'infliggere allo
spirito un'umiliazione, al corpo una pena, una privazione. Tale è il linguaggio di quasi tutti i nostri
contemporanei. Gli uomini volgari odiano il castigo sotto tutte le sue forme, gli scrittori e gli oratori
lo dichiarano ingiusto, immorale e pericoloso. Queste concezioni, sorte dallo spirito della
Rivoluzione ed assolutamente false, si sono infiltrate nell'animo dei cattolici ed anche di coloro che
si possono considerare come i più istruiti nella loro fede ...
"Negare la legittimità del castigo, cancellarne la nozione, è lo stesso che cancellare il cristianesimo,
è, secondo l'espressione di S. Paolo, cancellare Gesù Cristo medesimo.
"La storia della religione esordisce colla narrazione del castigo inflitto ai primi uomini. Tutto il
progresso della religione, tutto lo svolgimento del dogma, altro non addimostra che l'adempimento
della pena data nel primo giorno. Il castigo sarà scontato: è legge immutabile. Solamente, mercé la
misericordia infinita di Dio, il Verbo fatto carne, patisce per noi, muore per noi. Questo non vuol
mica dire che la Redenzione operata da Nostro Signore dispensi gli uomini dal dare essi medesimi
una soddisfazione per i peccati dell'umanità, e per i peccati loro personali; no, ma i meriti del
Salvatore acquistarono ai nostri patimenti, ai nostri sforzi, un valore espiatorio che li rende utili alla
salute. Sta qui la Religione".
Tutto questo è ben lontano dai pensieri che regnano attualmente! Perciò non puossi ritornare alla
vera nozione e alla vera pratica del cristianesimo senza che un impulso vigoroso non sia dato allo
spirito pubblico.
D'onde verrà esso?
Mons. Isoard spera la venuta di quei giorni che intravedeva, che annunziava nel suo meraviglioso
linguaggio, il beato Grignon di Montfort, allorché, settant'anni fa, scriveva nel suo Traité de la vraie
dévotion à la Sainte Vierge:
"Si vedranno i veri discepoli di Gesù Cristo, i quali, camminando dietro le orme della sua povertà,
umiltà, disprezzo del mondo e carità, insegneranno la via angusta di Dio nella pura verità, secondo
il S. Vangelo, e non secondo le massime del mondo, senza darsi pena, né fare eccezione di persone,
senza risparmiare, ascoltare né temere alcun mortale per quanto sia potente.
"Essi avranno nella bocca la spada a due tagli della parola di Dio: porteranno sulle loro spalle il
vessillo insanguinato della Croce, il crocifisso nella mano destra, la corona nella sinistra, i sacri
nomi di Gesù e di Maria nel cuore, e la modestia e la mortificazione di Gesù Cristo nella loro
condotta. Ecco i grandi uomini che verranno ... Quando e come avverrà ciò? ... Dio solo lo sa; a noi
spetta di frenarci, di pregare, di sospirare e di aspettare: Expectans expectavi".
L'aspettazione è buona, la preghiera è necessaria, ma l'abbiamo detto, e nol diremo mai troppo, esse
non devono essere oziose. Lavoriamo a riformarci, e per riformarci ad istruirci.
Facciamo ciascuno quello che ci è dato di fare entro la sfera in cui siamo posti per istruire quelli che
ne circondano e per formare i loro costumi. In tal guisa meriteremo che, in una maniera o nell'altra,
l'impulso divino venga dato alla società intiera.
Note:
(1) Tob. III, 3, 4, 5.
(2) Daniele, cap. III, v. 26-46.
(3) Nel testo si dice: "effort" che è qualche cosa di più, che in italiano (Nota del traduttore)
(4) "Quando vedremo la fine del male?" si domandava a G. de Maistre, ed egli rispondeva: "quando
gli uomini piangeranno il male". - OEuvres complétes, t. XIV, p. 142.
(5) Il sangue incalza il sangue, cioè un peccato incalza l'altro; si aggiungono peccati a peccati. (Nota
del Martini).
(6) Isaia, cap. III, v. 18 e seg.
(7) Epist. a Timot., cap. II, v. 9.
(8) Un sacerdote del clero di Parigi, il can. Balme-Frézol, faceva, venti anni fa, questa osservazione:
"Il costume delle donne in chiesa è un segno caratteristico della degenerazione del sentimento
cristiano nelle anime. Quando la fede dominava in esse, il loro cuore era il santuario dell'amore
divino, esse regolavano il loro esteriore in una maniera conforme alle loro disposizioni interne. Si
abbellivano sopratutto di modestia, e le meno virtuose ne affettavano le apparenze. La loro maniera
di vestire serviva piuttosto a velare le loro fattezze, che a farle spiccare. Ciò ch'esse lasciavano
indovinare, era sopratutto un'anima pura, santamente assorta in Dio. Se avevano una toilette pel
mondo, ne aveano una per la Chiesa; ne aveano una sopratutto nei giorni che doveano compiere
qualche dovere religioso, come accostarsi al tribunale della Penitenza o presentarsi alla Sacra
Mensa. Esse si velavano, e comprendevano che in tali occasioni, dice male coronarsi di fiori,
incedere a testa alta cogli ornamenti della vanità e della civetteria. I tempi sono molto cambiati ...
Esse vengono alla Chiesa in una toilette che, venti anni fa, si sarebbe presa per una mascherata, e
colla medesima aria libera che ostentano in una passeggiata, in una sala". (Du pouvoir du
christianisme et de la mission de l'Eglise, p. 145-146).