Si narra nel Prato Fiorito, cap. 40, che una donna divota desiderava sapere quali anime fossero a Gesù più care; un giorno stando a sentire la Messa, nell’elevarsi la sacra ostia, vide Gesù bambino sull’altare ed insieme con lui tre verginelle. Gesù prese la prima e le fece molte carezze. Andò alla seconda, e toltole dalla faccia il velo, le diè una gran guanciata e voltò le spalle; ma tra poco vedendola rattristata, il Fanciullo con finezze d’affetto la consolò. Si accostò in fine alla terza, la prese quasi adirato per un braccio, la percosse e la cacciò da sé; ma la verginella quanto più vedevasi straziata e discacciata, tanto più si umiliava e gli andava appresso; e cosi finì la visione. Essendo poi rimasta quella divota con gran desiderio di sapere il significato di ciò, le apparve di nuovo Gesù e le disse ch’egli tiene in terra tre sorte d’anime che l’amano. Alcune l’amano, ma il loro amore è così debole, che se non sono accarezzate con gusti spirituali, s’inquietano e stanno in pericolo di voltargli le spalle: e di ciò era stata figura la prima verginella. Nella seconda poi le avea figurate quell’anime che l’amano con amore men debole, ma che han bisogno di essere da quando in quando consolate. La terza poi era figura di quell’anime più forti, che benché sempre desolate e prive di consolazioni spirituali, non lasciano di far quanto possono per compiacerlo; e queste disse ch’erano le anime a lui più dilette.
Riferisce il Padre Cagnolio (in Conc. Nativ.) appresso il P. Patrign. (Corona d’esempi ecc.) che una religiosa dopo molti peccati giunse a questo eccesso: comunicatasi un giorno, si trasse dalla bocca la sacra particola, la pose in un fazzoletto e poi chiusasi in una cella buttò in terra il Sacramento e si pose a calpestarlo. Cala poi gli occhi e che vede? vede l’ostia cangiata in forma d’un vago bambino, ma tutto pesto e intriso di sangue che le disse: E che t’ho fatt’io che così mi maltratti? Allora la meschina ravveduta e pentita, piangendo si buttò genuflessa e gli disse: Ah mio Dio, mi dimandi che m’hai fatto? m’hai troppo amata. Sparì la visione ed ella in tutto mutata diventò un esempio di penitenza.
Nelle Cronache Cisterciensi (die 24 nov.) si porta che viaggiando nella notte di Natale un certo monaco del Brabante, nel passare per una selva sentì un gemito come di bambino di fresco nato; si accostò verso dove sentiva la voce, e vide un bel fanciullo in mezzo alla neve che tutto tremante di freddo piangeva. Mosso a compassione il religioso, intenerito smontò subito da cavallo, ed accostatosi al fanciullo, disse: O figliuolo mio, come ti trovi così abbandonato in questa neve a piangere e morire? Ed allora intese rispondersi: Ohimè, e come posso non piangere, mentre mi vedo così abbandonato da tutti, e vedo che niuno m’accoglie né ha compassione di me? E ciò detto disparve, dandoli ad intendere ch’egli era il Redentore che con tal visione volle rimproverare l’ingratitudine degli uomini, i quali, vedendolo nato in una grotta per loro amore, lo lasciano a piangere senza neppur compatirlo.
Si narra dal Bollando (die 6 martii) che un giorno comparve Maria SS. alla B. Colletta mentre quella la pregava ad intercedere per li peccatori; e dandole a vedere come in un bacile il suo Figlio bambino lacerato e trinciato a pezzi, le disse: Figlia mia, compatisci me e ‘l mio Figlio; mira come lo trattano i peccatori.
Narra il Pelbarto (Stellar. lib. 12, part. ult., c.7) che un certo soldato era pieno di vizi, ma aveva una moglie divota, la quale non avendolo potuto ridurre, almeno gli raccomandò a non lasciare di dire ogni giorno un’Ave Maria avanti a qualche immagine della Madonna. Un dì andando costui a peccare, passò per una chiesa, entrò a caso in quella e vedendo l’immagine della santa Vergine, genuflesso le disse l’Ave Maria; ed allora che vide? vide Gesù bambino in braccio a Maria tutto ferito, che mandava sangue. Allora disse: Oh Dio, chi barbaro ha così trattato quest’innocente Bambino? Voi siete, rispose Maria, peccatori, che trattate così il mio Figlio. Egli allora compunto la pregò ad ottenergli il perdono, chiamandola madre di misericordia; ed ella disse: Voi peccatori mi chiamate madre di misericordia, ma non lasciate di farmi madre di dolori e di miseria. Ma il penitente non si perdé d’animo, seguitò a pregar Maria che intercedesse per lui. La B. Vergine si voltò al Figlio e gli domandò il perdono per quel peccatore. Il Figlio parea che ripugnasse; ma allora disse Maria: Figlio mio, non partirò da’ piedi tuoi, se non perdoni questo afflitto che a me si raccomanda. Allora disse Gesù: Madre mia, io non vi ho negato mai niente; desiderate voi il perdono per costui? sia perdonato; ed in segno del perdono ch’io gli do, voglio ch’esso venga a baciarmi queste ferite. Andò il peccatore, si accostò, e siccome baciava, si chiudevano le ferite. Indi partitosi dalla chiesa, cercò perdono alla moglie, e di comun consenso lasciarono ambedue il mondo e si fecero religiosi in due monasteri, dove con santo fine terminarono la vita.
Si narra nella Vita del fratello Benedetto Lopez, che essendo costui applicato alla milizia stava coll’anima piena di peccati. Un giorno entrò in una chiesa nel Travancor, vide un’immagine di Maria con Gesù bambino. Il Signore gli pose avanti gli occhi la sua vita perduta. A tal vista quasi disperava del perdono; ma rivolto a Maria piangendo a lei si raccomandava: ed allora vide che il santo Bambino anche piangeva, e le sue lagrime cadevano sull’altare; tanto che se n’avvidero anche gli altri che corsero a raccoglierle in un pannolino. Benedetto dopo ciò, contrito lasciando il mondo, andò a farsi fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, ed in quella visse e morì divotissimo della santa infanzia di Gesù Cristo.
Narra il P. Patrignani (Tom. IV, es. 11) che in Messina vi fu un nobile fanciullo chiamato Domenico Ansalone. Soleva questi visitare spesso in certa chiesa un’immagine di Maria, la quale teneva in braccio Gesù bambino di rilievo, che l’avea di sé tutto innamorato. Or Domenico venne a morte. Cercò a’ genitori con tanto desiderio che gli avessero fatto venire l’amato Bambino. Ne fu consolato, ond’egli tutto contento lo collocò nel suo letto. E sempre amorosamente rimiravalo, e da quando in quando or rivolto al Bambino gli dicea: Gesù mio, abbi pietà di me; or rivolto agli astanti: Mirate, dicea, mirate com’è bello questo mio Signorino! Nell’ultima notte di sua vita chiamò i genitori, e avanti di loro prima disse al santo Bambino: Gesù mio, io vi lascio mio erede; e poi pregò il padre e la madre che di certa piccola somma di danaro ch’egli tenea ne facessero celebrare nove Messe dopo la sua morte, e col resto facessero una bella vesticciuola al suo erede bambino. Prima di spirare poi, alzando gli occhi in alto con viso allegro, disse: Oh quanto è bello! oh quanto è bello il mio Signore! E così dicendo spirò.
Si narra nello Specchio degli esempi (Distinz. 8) d’un certo divoto giovinotto per nome Edmondo, inglese, che stando un giorno in campagna con altri fanciulli, egli ch’era amante dell’orazione e della solitudine, soletto si pose a passeggiare per un prato trattenendosi in affetti verso Gesù Cristo. Ecco gli apparve un vago bambino che lo salutò: Dio ti salvi, o Edmondo mio caro. E poi l’interrogò se sapea chi era? Rispose Edmondo che no. Ma che no – riprese a dire il celeste fanciullo – quando io vi sto sempre a fianco? Or se volete conoscermi, guardatemi in fronte.Guardò Edmondo e gli lesse in fronte le parole: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum. Ed allora gli soggiunse: Questo è il mio nome, e voglio che in memoria dell’amore che ti porto ogni notte ti segni la fronte con quello, ed esso ti libererà dalla morte improvvisa; come anche libererà ognuno che farà lo stesso. Edmondo seguitò a segnarsi sempre poi col nome di Gesù. Il demonio una volta l’afferrò le mani, acciocché non si segnasse, ma egli lo vinse coll’orazione, e poi lo costrinse a dire qual fosse l’arme di cui egli più temesse; rispose il demonio ch’erano quelle parole colle quali esso si segnava la fronte.
Riferisce il P. Nadasi (Hebdom. 16 Pueri Iesu) che essendosi introdotta in un monastero la divozione di mandare attorno per le religiose l’immagine di Gesù bambino un giorno per ciascuna, una di quelle vergini a cui toccò la sua giornata, dopo lunga orazione venuta la notte prese l’immagine e la chiuse in un picciolo armario. Ma appena postasi a riposare sentì che ‘l santo Bambino picchiava all’uscio di quell’armario: levossi allora ella dal letto e collocata di nuovo l’immagine sull’altarino orò per molto altro tempo. Indi ritornò a chiuderlo; ma il Bambino ritornò a bussare. Di nuovo ella lo cacciò ed orò. Finalmente stanca dal sonno, presane la licenza, si ripose a letto e dormì sino al far del giorno, e svegliata benedisse quella notte passata in santa conversazione col suo Diletto.
Si riferisce nel Diario Domenicano a’ 7 d’ottobre che predicando S. Domenico in Roma, vi era una peccatrice chiamata Caterina la bella. Ricevé ella un rosario dalle mani del santo e cominciò a recitarlo; ma non lasciava la sua mala vita. Un giorno le apparve Gesù in forma prima di giovine, e poi si mutò in figura d’un grazioso bambino, ma con una corona di spine sulla testa e colla croce sulle spalle, e che mandava lagrime dagli occhi e sangue dal capo, e poi le disse: Basta; non più, Caterina; basta, lascia di più offendermi: vedi quanto mi sei costata, mentre io cominciai da bambino a patire per te, e non lasciai di patire fino alla morte. Caterina andò subito a trovar S. Domenico, si confessò da lui, e da lui ammaestrata dopo aver dispensato tutto quello che aveva a’ poveri ed essersi chiusa in una stretta cella murata, si ridusse a vita così fervorosa ed ebbe tali favori dal Signore, che il santo ne restò ammirato. Ed in fine visitata da Maria SS. ebbe una felicissima morte.
La Ven. Suor Giovanna di Gesù e Maria francescana, mentre un giorno ella meditava Gesù bambino perseguitato da Erode, sentì un gran romore come di gente armata che inseguisse alcuno, e poi videsi innanzi un bellissimo fanciullo tutto affannato che fuggiva e che le disse: Giovanna mia, aiutami e salvami: io sono Gesù Nazareno, fuggo da’ peccatori che mi vogliono toglier la vita e mi perseguitano peggio di Erode; salvami tu (Ap. P. Genov. serv., Dol. di Maria).
Si narra nella Vita del P. Zucchi della Compagnia di Gesù, divotissimo di Gesù bambino, delle cui immagini egli servivasi per guadagnare molte anime a Dio, ch’egli un giorno donò un’immaginetta di queste ad una signorina, la quale per altro era di costumi innocentina, ma stava lontana dal pensiero di farsi religiosa. La donzella accettò il dono, ma poi sorridendo disse: Ma che ho io a fare di questo Bambino? Egli rispose: Niente più che porlo sulla spinetta che voi frequentate – dilettavasi la dama molto del sonare -. Così ella fece, ed avendo sempre innanzi quel Bambino, spesso le toccò a mirarlo, e dal mirarlo cominciò a sentir qualche tocco di divozione, indi se le accese un desiderio d’esser migliore, in modo che la spinetta servivale poi più ad orare che a sonare. Finalmente si risolvé di lasciare il mondo e farsi religiosa. Allora tutta allegra andò a riferire al P. Zucchi che quel Bambino l’avea tirata al suo amore, e distaccandola dagli affetti della terra, l’avea renduta tutta sua. Si fe’ religiosa e si diede ad una vita di perfezione.
Fonte e note: http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_PNQ.HTM
Pubblicazione a cura di CdP Ricciotti - http://radiospada.org/