Di Piergiorgio Seveso - http://radiospada.org/
Ringrazio come sempre Daniele Gandi, presidente del centro studi “Leone X”, che anche per quest’annata mi consente di scrivere qualche riga d’editoriale ad una rivista gradevole come “Il Guelfo Nero”. A costo di ripetermi, continuo a ricordare che questa piccola pubblicazione, antimodernista, antimassonica, antirivoluzionaria, clericale e papalina (e quindi sedevacantista) è redatta esclusivamente da giovani laici, quindi per sua natura ha un respiro più battagliero e pugnace, meno incline ai giri di parole e a quelle garbate ciance che lasciano sulle sfondo le abissali differenze, in nome di una “unione sacra”, tra i c.d. “tradizionalisti”. Ed i suoi redattori non possono, su queste misere pagine, sviscerare con tutta quella ponderazione e quella soda dottrina le capitalissime questioni teologiche e morali che invece i nostri ottimi sacerdoti affrontano su ”Sodalitium” o su “Opportune importune”. Ben lontani dalla tutta umana “bonomia” roncalliana, qui cerchiamo, semplicemente, non quello che ci unisce ma quello che ci divide, perché solo in questo marcare la differenza ci può essere quella chiarezza dottrinale ed ecclesiologica, unico e sicuro pegno di una vera Restaurazione della Chiesa. Ci sforziamo di essere quello che DOVREBBE essere una rivista giovanile cattolica, se la Chiesa cattolica avesse oggi un Papa e fosse quindi in ordine e non “in stato di privazione”, come invece drammaticamente si trova ad essere. Tra le conseguenze del Vulnus montiniano inferto al Corpo mistico il 30 novembre 1969, non possiamo ignorare le conseguenze sociali e politiche del tentativo di abolizione del rito cattolico della Santa Messa in tutto il mondo. Come in una dispersione babelica, il laicato cattolico è scivolato per i mille rivoli di una politica lontana dal cattolicesimo romano: l’illusione rivoluzionaria marxista e la “teologia della liberazione”, il socialismo aconfessionale e poi laicista, l’americanismo dell’ipocrisia liberale e conservatrice, il sottile inganno demoniaco delle “democrazie cristiane”, l’incatenamento neoghibellino del cattolicesimo ai nazionalismi e ai cesarismi novecenteschi e da l’ultimo la pericolosa deriva neoconservatrice.
Eppure basterebbe ricordare che la nostra società non si salva con un’opzione semplicemente partitica, con un frenetico agire politico e solo con iniziative meramente umane.
La nostra società non si salva senza cattolicesimo romano integralmente creduto e praticato, senza una vera e intima vita cristiana, senza preghiera, senza la pratica sacramentale. Nessun impegno, nessuna lotta, nessuna organizzazione temporale può pensare di portare frutti duraturi se si colloca al di fuori di questa prospettiva. Altro che visione laica della politica e della vita! Altro che distinzioni fraudolente e subdole tra “pubblico” e “privato”! Altro che “religione confinata nell’intimo della coscienza dei singoli”! Altro che “credente ma non praticante”! Altro che “Cristo sì ma Chiesa no”! Altro che ridurre il cattolicesimo a mero segno di “civilizzazione” e cultura e a mero segno di appartenenza identitaria, sia pure “tradizionale” e “popolare”.
Un talentuoso teologo e filosofo tomista, monsignor Andrea Cappellazzi, all’inizio del secolo scorso scrisse un bel trattato sugli aspetti sociali e politici del culto eucaristico, asserendo che non vi potesse essere una vera attività politica che non passasse attraverso il culto della Regalità sociale di Gesù Eucaristico. Verità sostanziali, certo scomodissime e lontane dal sentire di oggi ma sostanziali. Ecco perché in fondo la Santa Messa (di San Pio V, giova ribadirlo) è il vertice di ogni agire sociale, è e deve essere l’Alpha e l’Omega di ogni azione politica, ecco perchè è il centro della Civiltà. Ora se questo centro si oscura QUASI ovunque per molti decenni e poi riappare più o meno marginalmente, coperto dai cascami dell’estetismo, del ritualismo o della banalizzazione ideologica, oppure separato dal Corpo dottrinale bi-millenario del Depositum Fidei , è come un capo mozzato e non bastano le ciprie ed i belletti di sontuose liturgie a renderlo meno orribile e più “vivo”. A voi, cari lettori, le debite conclusioni e gli ulteriori approfondimenti.
La nostra società non si salva senza cattolicesimo romano integralmente creduto e praticato, senza una vera e intima vita cristiana, senza preghiera, senza la pratica sacramentale. Nessun impegno, nessuna lotta, nessuna organizzazione temporale può pensare di portare frutti duraturi se si colloca al di fuori di questa prospettiva. Altro che visione laica della politica e della vita! Altro che distinzioni fraudolente e subdole tra “pubblico” e “privato”! Altro che “religione confinata nell’intimo della coscienza dei singoli”! Altro che “credente ma non praticante”! Altro che “Cristo sì ma Chiesa no”! Altro che ridurre il cattolicesimo a mero segno di “civilizzazione” e cultura e a mero segno di appartenenza identitaria, sia pure “tradizionale” e “popolare”.
Un talentuoso teologo e filosofo tomista, monsignor Andrea Cappellazzi, all’inizio del secolo scorso scrisse un bel trattato sugli aspetti sociali e politici del culto eucaristico, asserendo che non vi potesse essere una vera attività politica che non passasse attraverso il culto della Regalità sociale di Gesù Eucaristico. Verità sostanziali, certo scomodissime e lontane dal sentire di oggi ma sostanziali. Ecco perché in fondo la Santa Messa (di San Pio V, giova ribadirlo) è il vertice di ogni agire sociale, è e deve essere l’Alpha e l’Omega di ogni azione politica, ecco perchè è il centro della Civiltà. Ora se questo centro si oscura QUASI ovunque per molti decenni e poi riappare più o meno marginalmente, coperto dai cascami dell’estetismo, del ritualismo o della banalizzazione ideologica, oppure separato dal Corpo dottrinale bi-millenario del Depositum Fidei , è come un capo mozzato e non bastano le ciprie ed i belletti di sontuose liturgie a renderlo meno orribile e più “vivo”. A voi, cari lettori, le debite conclusioni e gli ulteriori approfondimenti.