lunedì 12 agosto 2013

Breve studio sulla predicazione e sulla testimonianza

Breve studio sulla predicazione e sulla testimonianza
 
 
Mc 6,7-13: “In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”.
La religione cattolica deve la sua fondazione e la sua propagazione principalmente alla predicazione di Gesù Cristo, a quella degli Apostoli, al ministero .. cioè della parola. La conservazione e la diffusione della stessa religione cattolica si compie pure attraverso il ministero della parola «Fides ex auditu». E’ solenne, è perentorio ordine di Gesù: «Euntes ergo … docete omnes gentes … Praedicate Evangelium omni creaturae» [cf. Dizionario del cristianesimo, 1992, E. Zoffoli, v. testimonianza o predicazione].
Uno dei compiti principali del cattolico, ovverosia del battezzato (colui che diviene parte integrante del Popolo di Dio e quindi stirpe di Abramo[1]), uno dei doveri fondamentali è quello della predicazione o della testimonianza della parola di Dio.
La predicazione e la testimonianza possono essere anche gioviali momenti di condivisione della parola di Dio con il prossimo, sia esso laico o chierico.
Gesù Cristo ordinò: «Praedicate Evangelium», perciò San Paolo scrive a Timoteo: «Tu fa l’ufficio di predicatore del Vangelo. Adempi al tuo ministero» (2Tim 5). «E’ il Vangelo virtù di Dio per dare salute ad ogni credente» (Rm 1,16); questo luogo può concordarsi con quello di Isaia: «La mia parola, uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza frutto » (Is 55,11).
La prima fonte della predicazione, quindi, è la Sacra Scrittura, l’Antico e Nuovo Testamento. La seconda fonte è la Patristica o Tradizione [2]. La Bibbia e la Patristica confluiscono nella Teologia; danno poi contributi preziosi alla sana predicazione ed alla testimonianza cattolica, la storia ecclesiastica, la scienza, l’agiografia e la liturgia. A queste fonti bisogna attingere per potere predicare veramente la parola di Dio; non la vana e sonante parola dell’uomo, che lascia il tempo che trova, ma quella sacra parola che discende al cuore; come spada, penetra nelle più intime fibre dell’anima di noi peccatori, e ci converte, accende i tiepidi e li infervora, guida i giusti e li perfeziona. Ecco il compito del predicatore o del testimone.
Chi conversa con il prossimo circa Dio gioverà degli studi e delle pubblicazioni presentati da autorevoli presbiteri o religiosi (io consiglio scritti di predicazione pre-conciliari con apposto in seconda di copertina il nihil obstat).
La predicazione e la testimonianza sono di aiuto all’uomo nella crescita e nell’intelligenza della fede, tuttavia non vi è obbligo di predicazione per tutti i battezzati; ogni laico saprà rapportarsi al mondo secondo la propria particolare attitudine, sempre indirizzandola al Bene (che è Dio) e facendosi guidare dalla Chiesa. Ogni laico ha però il dovere di testimoniare; nella libera scelta (dipende dai doveri di stato), predicazione (non da pulpito) e testimonianza procedono simultaneamente e lietamente. Cristo ha fatto di noi «un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre» (cf. Ap. 1,6; cf. 5,10; 20,6)
La predicazione pastorale (da pulpito) è propria di coloro i quali, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma certo di verità (Quando gli Apostoli erano in vita, gli uomini che dirigevano le comunità erano detti presbytèroi-episkopoi, descritti quali poimènes, hégoumenoi, proistamenoi, kyberneseis. Gesù usa il gesto dell’imposizione delle mani per conferire il mandato, poi v’è la successione. cf. Mt. 9,18; 19,13; Mc. 10,16; Lc. 4,14; 13,13; at. 6,6,; 8,19; 1Tm. 5,22); conoscenza precisa di quell’Assoluto che è chiaramente espresso in Deposito e nella vita stessa della Chiesa. Si giunge all’Ordine sacro seguendo un iter ben stabilito dalla Chiesa cattolica e canonicamente disciplinato.
Come parlare di Dio? Come predicare e testimoniare? Ce lo insegna anche il Catechismo del ’92 ai canoni 39 e successivi. Elencherò alcune proposizioni utili …
Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e con tutti gli uomini .. Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare. Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle perfezioni delle sue creature, “difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’Autore” (Sap 13,5).
Le impudicizie aberranti di talune creature di Dio non sono imputabili assolutamente all’imperfezione del Creatore, ma contraddistinguono esclusivamente chi, per libera scelta, preferisce Satana a Dio; lo fa non rispettando i Comandamenti e rinnegando la Chiesa.
Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non confondere il Dio “ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile” [Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre rappresentazioni umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio.
Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana, ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che “non si può rilevare una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di loro una dissomiglianza ancora maggiore”, [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm., 806] e che “noi non possiamo cogliere di Dio ciò che Egli è, ma solamente ciò che Egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a lui” [San Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles, 1, 30].
La Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, può essere conosciuto con certezza attraverso le Sue opere, grazie alla luce naturale della ragione umana [Cfr. Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3026].
Partendo dalle molteplici perfezioni delle creature, similitudini del Dio infinitamente perfetto, possiamo realmente parlare di Dio, anche se il nostro linguaggio limitato non ne esaurisce il Mistero.
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E’ opportuno che il laico, in quanto battezzato e quindi inquadrato nel Popolo di Dio, tenda a discutere con il prossimo quanto a Dio ed alla religione cattolica; in questo modo contribuirà, nel suo piccolo e senza mai esaltarsi, alla propagazione della religione cattolica e sul perché sacrificarsi e credere.
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È la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore, Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia , Te la santa Chiesa confessa su tutta la terra; con essa e in essa, anche noi siamo trascinati e condotti a confessare: “Io credo”, “Noi crediamo”. Dalla Chiesa riceviamo la fede e la vita nuova in Cristo mediante il Battesimo. Nel Rituale Romano il ministro del Battesimo domanda al catecumeno: “Che cosa chiedi alla Chiesa di Dio?”. E la risposta è: “La fede”. “Che cosa ti dona la fede?”. “La vita eterna”.
La salvezza viene solo da Dio; ma, poiché riceviamo la vita della fede attraverso la Chiesa, questa è nostra Madre: “Noi crediamo la Chiesa come Madre della nostra nuova nascita, e non nella Chiesa come se essa fosse l’autrice della nostra salvezza” [Fausto di Riez, De Spiritu Sancto, 1, 2: CSEL 21, 104]. Essendo nostra Madre, la Chiesa è anche l’educatrice della nostra fede.
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Il Sacerdozio universale di Cristo si estende a tutte le genti. Il laico ha il dovere della testimonianza e mai abiurerà la fede cattolica; diversamente sarà definito apostata o lapso (dipende dai casi).
E’ importantissima, nel cattolicesimo, la figura Sacerdote Predicatore che è il ministro ed il dispensatore dei misteri di Dio, è l’araldo della Rivelazione. Per questo il suo grande argomento sarà sempre quello dell’autorità di Dio.  I documenti della Rivelazione, cioè la Sacra Scrittura, e la Tradizione devono essere la base e gli appoggi dell’oratoria; Sacra Scrittura e Tradizione costituiscono le due fonti principali, purissime sorgenti, miniere preziosissime di tutta la predicazione cristiana. Ricordarono Leone XIII e San Pio X: E’ la Sacra Scrittura «quae oratori sacro auctoritatem addit, apostolicam praebet dicendi libertatem, nervosam victricemque tribuit eloquentiam».
Il predicatore deve avere piena conoscenza e padronanza di: argomenti morali, Passi scritturali, sentenze dei Padri e dei dottori, sentenze di autori profani e similitudini, esempi biblici ed evangelici, spiegazioni del Vangelo, disegni illustrativi, discorsi di circostanza e tanto altro. Ciò vale ma senza alcun obbligo anche per il testimone. Predicazione e testimonianza non devono limitarsi alla mera didattica teorica, ma devono essere accompagnati dall’esempio di vita, ciò produce nel prossimo il vivo desiderio di migliorare, di assomigliare al predicatore, al testimone; in contro una testimonianza o una predicazione non accompagnate dall’esempio di vita potrebbero portare finanche allo scandalo [3].
La strada della santità comunque non è facile da raggiungere, anche se noi sappiamo che «il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Matteo 11,30), «perché in questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi» (1Giovanni 5,3);  in caso di debolezze, di peccato, di tradimento, non dobbiamo scoraggiarci o ritenerci dannati, ma pentirci con contrizione, confessarci, comunicarci, in caso di scandalo rimediare, e non smettere poi di fornire la nostra viva testimonianza e la nostra missione di evangelizzazione che, come abbiamo visto, è stata affidata a tutte le genti che entrano a far parte del popolo di Dio: «Euntes ergo … docete omnes gentes … Praedicate Evangelium omni creaturae».
Romani 12,2 ci insegna anche: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto», questo affinché il predicatore ed il testimone devono operare nel mondo ma ben lontani dallo spirito del mondo.
Ci sarebbe tanto da aggiungere, ma penso che questo breve studio sarà gradito a chi vuol intraprendere un cammino di fede, così semplice, felice e giusto.
Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
 
note: