mercoledì 24 ottobre 2012

Lettera di Cavour a Ferdinando II di Borbone Due Sicilie

 
 
 
La lettera di Cavour ci è pervenuta tramite il sito http://www.eleaml.org/  che a sua volta gli è stata   fornita da  Nino Gernone.
Essa costituisce un documento importante ai fini di una corretta ricostruzione storica delle vicende risorgimentali.
Il Risorgimento fu un processo dinamico dove i giochi non erano predestinati, ma furono il prodotto di una serie di interessi e ideali diversi e contrapposti.
I Borbone decisero di non schierarsi contro il papato e contro i diritti degli altri Principi d'Italia  ed ebbero contrasti di natura economica con l'Inghilterra - una delle più grandi potenze economiche e marinare del tempo.
Questa scelta di campo fu loro fatale, come fu fatale a tutti gli altri Principi d'Italia che non si erano piegati alle pretese della setta.
Costituivano un ostacolo per taluni interessi forti (massoneria) e furono tolti di mezzo: la vicenda dei finanziamenti a Garibaldi, l'acquisto (nel senso letterale del termine!) della benevolenza di certa stampa lo dimostrano ampiamente.

 

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Camillo Cavour


Al Re delle Due Sicilie


Sire
"non sudditi di Vostra Maestà, ma Italiani di altre provincie, ed interessatissimi così al bene dei vostri popoli,- della vostra corona e della nostra patria comune, noi ci accostiamo in intenzione al vostro trono, o Sire, per supplicarvi di voler accedere alla politica di Pio IX, di Leopoldo e di Carlo Alberto; alla politica italiana, alla politica della Provvidenza, del perdono, della civiltà, e della carità cristiana.
"Sire, l'Italia v'aspetta, l'Europa vi guarda, Iddio vi chiama - oramai. Noi non entriamo in memoria di altri tempi; noi sappiamo che Iddio misericordioso tien conto a ciascuno delle difficoltà, degl'incitamenti stessi e delle buone intenzioni con che egli poté operare, od anche errare. E sappiamo che in terra come in cielo ogni uomo rimane poi giustificato o no, secondo che furono i fatti ultimi determinatori di sua vita.
Ed ora, o Sire, voi siete giunto al punto culminante, all'atto sommo della vita vostra, al fatto duce di ciò che ve ne resta; ora non può rimaner dubbia la vostra coscienza, dappoiché dubbio non rimane il volere della Provvidenza.
Guardate su, lungo tutta l'Italia, alla gioia dei popoli risorti alla satisfazione dei principi autori delle risurrezioni; alla unione reciproca, alla' pace, alla innocenza, alla virtù di tutti questi fatti nostri benedetti dal Pontefice, ribenedetti dal consenso di tutta la cristianità; e giudicate voi, se noi facciamo una stolta ed empia rivoluzione, ovvero non anzi una buona, santa, felicissima mutazione, secondante i voleri di Dio.
Sire, il vostro obbedire a tali voleri, il vostro accedere a tal mutazione, la farà più facile, più felice e più moderata che mai; ed aggiungendo un secondo al primo terzo degl'Italiani già risorti costituirà risorta in gran pluralità la nostra nazione; la farà inattaccabile da nemici, indipendente dagli stessi amici stranieri, libera e tetragona in sé le darà forza, gravità e tempo di svolgere pacatamente tutta l'ammirabile opera sua; farà insomma i destini d'Italia, quanto possa farsi umana cosa, assicurati.
"Ricuserete voi all'incontro di seguire la fortuna, la virtù d'Italia? Allora, o Sire, rimarrebbero sturbati sì nella loro magnifica via, ma non tolti di mezzo perciò i destini italiani.
Non può, non può l'Italia rimanere addietro, diversa, contraria alla civiltà cristiana onnipotente e trionfatrice; trionfatrice non che di tutti questi piccoli ostacoli interni, ma di tutte le potenze umane, di tutti i popoli, di tutte le civiltà acristiane.
Quali che siano ora o mai i nemici e i freddi o falsi amici d'Italia, l'Italia piglierà suo posto nel trionfo delle nazioni cristiane. Ma forse come già avvenne, gli abbrevierebbero la via; forse (che Dio non voglia!) il rifiuto vostro troncherebbe immediatamente colla violenza le questioni più importanti del risorgimento italiano! Se non che questo ne resterebbe forse guastato; forse non rimarrebbe più, come è finora, incolpevole, santo, unico al mondo e nel corso dei secoli! E perciò, o Sire, noi gridiamo dall'intimo del cuore e dell'anima nostra: Dio nol voglia! Dio nol voglia! E perciò noi Italiani, indipendenti da voi ci facciam supplici a pregar dopo Dio, voi che non vogliate!
"Siamo col più profondo, rispetto
"Di Vostra Maestà
"Gli umilissimi e devotissimi servitori
da " Il Risorgimento " di Torino del 21 dicembre 1847



Redazione A.L.T.A.