domenica 7 ottobre 2012

La Civiltà Cattolica serie XVI, vol. VIII, fasc. 1113, 26 ottobre 1896. R.P. Salvatore M. Brandi S.J. LA CONDANNA DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE (1)

 

I.

Nel nostro primo quaderno dello scorso mese d'ottobre pubblicammo il testo della Bolla pontificia in cui Sua Santità Leone XIII, dopo un lungo e maturo esame [1], confermando i decreti de' suoi Antecessori, riguardanti il medesimo soggetto, motu proprio, certa scientia, pronunziava e dichiarava che « le Ordinazioni fatte col rito anglicano sono state e sono del tutto invalide e assolutamente nulle »: Pronuntiamus et declaramus ordinationes rito anglicano actas, irritas prorsus frisse et esse, omninoque nullas.
Questa solenne e definitiva sentenza, desiderata da molti e temuta da pochi, ha destato, com'era da aspettarsi, in Inghilterra svariati commenti. Da parte de' cattolici inglesi essa è stata accolta con unanime plauso e con sincera espressione di soddisfazione e di gratitudine. Grande è stata la consolazione provata da tutti, ma specialmente dagli anglicani convertiti; i quali, abbandonato l'errore, ritornarono, durante gli ultimi anni, all'obbedienza piena e perfetta del Romano Pontefice nell'unico e vero ovile di Cristo [2]. La condizione falsa e dolorosa loro creata dalle recenti polemiche è oramai terminata; la Bolla di Leone XIII, mentre giustifica pienamente la loro passata condotta, aggiunge loro nuova lena, e gli sprona ad altre e più nobili imprese in pro de' loro connazionali tuttora separati dal centro dell'unità cattolica. Il Tablet di Londra, autorevole interprete de' cattolici inglesi, così parla della Bolla pontificia:«Innanzi a questo documento della Santa Sede, il nostro primo dovere è di manifestare l'espressione della filiale nostra gratitudine al Vicario di Cristo per lo zelo paterno col quale si è degnato di porre termine alla grave e importante questione delle Ordinazioni anglicane; per l'ampia e scrupolosa cura che ha messo nell'esaminarla; per la carità ed equità che ha mantenuto nelle diverse fasi in cui essa si è svolta ; infine per la rettitudine veramente apostolica delle sue intenzioni e per la mirabile chiarezza, con la quale ha pronunziato su di essa il suo giudizio supremo e definitivo. Noi siamo certi che la gratitudine da noi espressa sarà partecipata, non pure da' cattolici d'Inghilterra e di tutti quelli di lingua inglese, ma eziandio, nella debita misura, da' cattolici dell'intero mondo [3]. » Al Tabletha fatto eco il Congresso cattolico di Hanley, il quale nella sua prima tornata del 28 settembre, presieduta dall'Em.o Cardinale Vaughan, tra le acclamazioni di tutti i congressisti votò, per le medesime ragioni, una nobile azione di grazie al Santo Padre.
Anche la stampa quotidiana del gran mondo inglese, quella che noi diremmo secolare, ha, in generale, fatto rispettosa e ottima accoglienza al documento papale, pubblicandolo per intero, commentandolo e anche schiettamente confessando che chi crede e accetta le dottrine cattoliche, non può non accettare la conclusione del Papa. Il Timespoi, in modo particolare, ringrazia e loda il Santo Padre per la sua lealtà e moderazione, e per la chiarezza e precisione del linguaggio da lui adoperato. «Oramai, scriv'esso, apparisce evidente che chi vuol essere cattolico e avere i Sacramenti, come gl'intendono i cattolici con tutti i poteri soprannaturali del sacerdozio, deve unirsi e sottomettersi a Roma. La via media inventata da alcuni e l'unione sognata da altri, senza la sottomissione alla giurisdizione di Roma, sono cose sfatate. Meglio cosi! Noi inglesi non abbiamo mai preteso di avere ordini validi nel senso del Papa, cioè tali che conferiscano i poteri misteriosi del sacerdozio cattolico. Rimaniamo dunque ciò che eravamo.»

II.

Nel medesimo senso hanno parlato e scritto gl'Inglesi protestanti della scuola erastiana, i quali costituiscono purtroppo la maggioranza de' membri della Chiesa anglicana. Anzi costoro, pur ostentando una certa indifferenza pel nuovo documento papale, si dicono contenti della sua pubblicazione, e sì rallegrano di trovarsi d'accordo col Papa nel mantenere una verità indubitatamente attestata dalla storia, vale a dire, «essere stata sempre ferma ed esplicita l'intenzione de' Riformatori inglesi del secolo XVI, di escludere assolutamente e interamente dalle loro chiese il sacerdozio e il sacrificio cattolico. » Si ascolti, ad esempio,, quanto dice su questo soggetto il Rock[4], portavoce della loro scuola: « Il Papa ha parlato sulla questione delle Ordinazioni anglicane con una prontezza e determinazione che molti non aspettavano... Siamo pienamente d'accordo col Papa in questa materia e possiamo sottoscrivere a quasi tutti i suoi argomenti. È precisamente quel che noi abbiamo sempre sostenuto, cioè che con la Riforma i capi della Chiesa d'Inghilterra si separarono deliberatamente e effettivamente dalla Chiesa di Roma, ripudiarono il suo insegnamento sul Sacerdozio e sull'Episcopato, e perciò non ebbero mai nell'ordinare alcuna intenzione di conferire un Sacerdotium, considerando essi il Sacerdotalismo come un'ingiuria al Sacerdozio di Cristo, senza fondamento nella Scrittura e ripugnante a tutte le dottrine cardinali dell'Evangelo.» Il Western Times [5] della città di Exeter, dopo d'aver censurato acremente, in un notevole articolo, le innovazioni di certi Anglicani «i quali vogliono ad ogni costo scimmiottare la Chiesa di Roma», osserva che il Papa, nella sua Bolla, ha detto ciò che doveva dire, che mostra di conoscere benissimo l'indole della Riforma inglese, e come, in forza de' principii da lei professati, non esiste, nè può esistere nella Chiesa anglicana un sacerdozio sacrificante; conchiude infine con queste gravi parole: «Se una conseguenza disastrosa dovrà seguire la pubblicazione della Bolla pontificia, il disastro non sarà per la Chiesa Romana, ma piuttosto per quelli che si sono allontanati da' principii della Riforma.»
Gli Anglicani che professano le dottrine di questa scuola sono per lo più gente onesta, benché piena di vecchi pregiudizii contro il Papa e la Chiesa di Roma. In loro lode può dirsi questo almeno che, nella esclusione del Sacerdozio e del Sacrificio, sono coerenti coi principii su' quali è fondata la loro Chiesa. Questa infatti, nell'articolo XXXI de' suoi Trentanove articoli di Religione, crede e insegna a' suoi membri di tenere fermamente che «Missarum Sacrificia, quibus vulgo dicebatur Sacerdotem offerre Christum in remissionem poenae aut culpae pro vivis et defunctis, blasphema figmenta sunt et perniciosae imposturae [6]

III.

Non sapremmo dire se per buona o mala ventura, non tutti gli Anglicani appartengono a questa scuola. Il fatto é che ve ne sono alcuni fra loro, i quali, senza essere protestanti come i loro confratelli, neppure sono cattolici come noi. Un Prelato inglese gli ha ben definiti, chiamandoli Protestanti camuffati da cattolici. Costoro, sorti in Inghilterra una sessantina di anni fa, dal così detto movimento di Oxford e de' Trattariani, sono oggi conosciuti sotto il nome di Ritualisti. Questi adunque pretendono di credere in qualche modo al Sacerdozio, al Sacrificio della Messa e alla presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia. Diciamo in qualche modo, poiché essi non intendono questi dommi nel senso in cui gli ha sempre intesi e intende la Chiesa Cattolica. Il Sacrificio della Messa è da loro riconosciuto soltanto nel senso di un sacrificio commemorativo; insegnano bensì la presenza di Cristo nell'Eucaristia, ma la spiegano nel senso luterano e di una presenza spirituale indefinibile; tutti poi rigettano le dottrine cattoliche della transustanziazione, della costituzione della Chiesa, del Primato di giurisdizione del Romano Pontefice ed altre molte. Professano nondimeno di credere che la vita soprannaturale dell'anima viene creata, nutrita e perfezionata da' Sacramenti, e che i sacerdoti che ne sono i ministri posseggono il potere di consecrare, di sacrificare e di rimettere i peccati. Un tal potere, dipendendo essenzialmente dalla valida successione nel Sacerdozio cattolico, s'intende perchè sia stato sempre tanto a cuore de' Ritualisti l'accertarsi della validità delle Ordinazioni da loro ricevute nella Chiesa anglicana [7]. A questo scopo essi sollecitarono più volte un riconoscimento qualsivoglia de' loro ordini da' Greci, da' Giansenisti d'Olanda e recentemente da' Vecchi-cattolici di Germania [8]; ma tutti i loro sforzi andarono sempre falliti. Si pensò pertanto di tentare la Santa Sede, col pretesto specioso (svolto con mirabile arte da Lord Halifax, capo di un minuscolo gruppo del già piccolo gruppo de' Ritualisti [9], che se il Romano Pontefice riconoscesse, fosse anche condizionatamente, la validità di quegli Ordini, si spianerebbe la via ad una possibile unione in massa della Chiesa Anglicana con la Chiesa Romana !

IV.

A costoro dunque la solenne e definitiva condanna pronunziata da Leone XIII, non poteva riuscire se non molto ingrata e di non piccolo aggravio. Con un sol colpo il Papa ha fatto svanire il loro sogno, che la «sezione romana» della Chiesa Cattolica riconoscesse i sacramenti della «sezione anglicana» come uguali in valore ed efficacia a' suoi. Con quel sogno essi hanno veduto svanire altresì la loro prediletta teorica (detta in inglese Branch theory) della Chiesa, la quale sarebbe una, non già per la sua unità di fede e di governo, come insegna Leone XIII nell'Enciclica Satis cognitum; ma soltanto per l'unità de' suoi sacramenti, comuni alle diverse e indipendenti «sezioni» o chiese nazionali, in cui ella si trova divisa. Il loro disinganno poi è stato tanto più doloroso, quanto più grandi erano le speranze di una soluzione diversa fatte loro concepire, durante gli ultimi due anni, non solo dall'opera de' caporioni della Church Union, ma altresì dallo zelo non sempre discreto di alcuni scrittori cattolici [10].
Tutto ciò, se può spiegare il dispetto e l'irritazione, onde i loro giornali [11], dopo la pubblicazione della Bolla, hanno dato deplorevole prova, non potrà mai scusare e molto meno giustificare le offensive insinuazioni o le invereconde accuse, con le quali alcuni di loro, e nominatamente Lord Halifax, si sono affrettati a screditare il documento pontificio [12].
A tutte queste insinuazioni ed accuse risponderemo come si conviene nel seguito di questo nostro studio; ci preme intanto di rassicurare i nostri fratelli dissidenti, come già fece l'Em.o Card. Vaughan nel suo discorso di Hanley, che nulla può avere indotto Leone XIII a pronunziare il suo definitivo giudizio sulla invalidità delle loro Ordinazioni, fuorchè l'incontrastabile evidenza, l'urgente carità e l'imperioso dovere. Egli, posto da Dio a governare la sua Chiesa in terra, è il supremo Capo della medesima, l'infallibile Maestro, il principale custode de' Sacramenti, la sola guida sicura pe' sentieri, sovente incerti, della verità e della giustizia. Debitore a Dio ed alle anime dell'adempimento di questo suo ufficio, egli non poteva lasciare in un errore pernicioso tanti suoi figli, i quali, sebbene sieno ora da lui separati, pure sinceramente cercano il Regno di Cristo nell'unità della fede. Egli in ogni caso, ma singolarmente in questo di che qui trattiamo, si è lasciato muovere soltanto da quella sollecitudine e carità apostolica, nella quale, come egli stesso dice nell'esordio della sua Bolla, Pastorem magnum ovium, Dominum nostrum Iesum Christum referre pro munere et imitari, aspirante eius gratia, studemus.

V.

A ben intendere tutto il valore e il significato delle Lettere apostoliche di Leone XIII sulle Ordinazioni anglicane, è necessario anzitutto ricordare brevemente a' nostri lettori italiani la storia dello scisma in cui esse ebbero la loro origine. Il re Enrico VIII fu il primo de' monarchi inglesi, il, quale costringesse il clero ed il popolo di una chiesa, fino allora giustamente altera del titolo di nobilissimum Sedis Apostolicae membrum[13], a separarsi dalla Cattedra di Pietro. Ribellatosi nel 1534 al Papa Clemente VII, perchè questi non aveva potuto permettergli il divorzio dalla sua legittima consorte, Enrico VIII si proclamò da sé Capo della Chiesa d'Inghilterra, obbligando i suoi sudditi a giurare sottomissione allo strano suo domma [14]. Così ebbe principio lo scisma anglicano, e l'anarchia religiosa in Inghilterra. A un semplice laico di nome Cromwell, quale Vicario generale della Corona per le cose spirituali, fu affidato il governo ecclesiastico; le principali sedì furono occupate da Vescovi notoriamente eretici e fautori accaniti del protestantesimo, mentre i predicatori della Riforma si lasciavano impunemente andare da per tutto propagando le loro eresie. Nel resto, sebbene sia incontrastabile, e lo hanno confessato di recente a Roma anche due Ministri anglicani [15], che sotto lo scismatico Enrico, morto i128 gennaio 1547, «quaedam (multa?) facinorosa, quaedam adhuc ploranda evenerunt [16]»:nondimeno è certo che, durante tutto questo primo periodo dello .scisma anglicano (1534-1547), fu mantenuta intatta la Liturgia cattolica, e osservata la forma Ecclesiae consueta nelle sacre Ordinazioni. Sulla validità dunque di queste Ordinazioni, non cade dubbio, nè ad esse si riferisce la recente Bolla di Leone XIII.

VI.

Se non che Tommaso Cranmer, l'indegno Arcivescovo di Canterbury, prescelto da Enrico a strumento nel consumare lo scisma, ardeva della brama di abolire in Inghilterra la Liturgia cattolica e di trasformare le formule e le pratiche religiose sulla foggia delle sètte protestanti di Germania, coi fondatori delle quali tenevasi in regolare e intima corrispondenza. Con la morte di Enrico, scoccò l'ora da lui tanto desiderata. Trovandosi per volontà del defunto Sovrano al secondo posto nel consiglio della Reggenza di Eduardo VI, succeduto al trono di suo padre nella tenera età di appena nove anni, Cranmer si affrettò a compiere i suoi malvagi disegni. Tra le novità di maggior peso che egli fece allora approvare dal Parlamento [17], gravissime furono quelle della soppressione del Messale, per dar luogo ad un ufficio di Comunione protestante, e della istituzione di un nuovo rito, detto Ordinale da seguirsi nelle sacre Ordinazioni invece dell'antico Pontificalecattolico per tanti secoli usato nella Chiesa d'Inghilterra.
Abbiamo chiamato l'Ordinaleun NUOVO rito (e così esso è chiamato altresì nella Bolla: novus plane ritus), poichè in realtà, abbandonando il rito del Pontificale romano, i compilatori dell'Ordinale non vollero, nè poterono accettare alcuno degli antichi riti riconosciuti validi dalla Chiesa Cattolica. La ragione poi di questo fatto appare evidente dallo scopo che si voleva conseguire, di escludere cioè dalla Liturgia anglicana ognisacerdotalismo e qualsiasi traccia della dottrina cattolica sulla presenza reale e sul sacrificio eucaristico. Ora se si rigettava deliberatamente il rito prescritto nel Pontificale, appunto perchè era pieno zeppo di formule e di cerimonie, le quali asserivano, supponevano o significavano il sacerdozio, la presenza reale e il sacrificio, come mai si potevano accettare i riti, per esempio de' Greci, de' Maroniti, de' Nestoriani, dei Giacobiti d'Alessandria, degli Armeni o d'altri [18], i quali, non meno del rito romano antico e moderno, sono informati da' medesimi concetti?
Ecco alcune delle note caratteristiche dell'Ordinale anglicano pel conferimento degli Ordini in esso riconosciuti del Diaconato, del Presbiterato e dell'Episcopato [19]. Nell'Ordinale, come già notammo, non v' é parola che accenni a' poteri sacerdotali di consecrare e offerire in sacrificio a Dio il corpo ed il sangue di Gesù Cristo realmente presente sotto le specie del pane e del vino; si tralascia ogni consecrazione del candidato coi sacri olii ; si omettono parimente, con le forme che l'accompagnano, tutte le cerimonie usate dalla Chiesa per significare quei poteri, come sarebbe la «consegna (traditio) degli istrumenti » e. g. del Calice e della Patena con l'Ostia nel Presbiterato. La stessa preghiera eucaristica detta consecratoria, antichissima e comune a tutti i riti, è nell'Ordinale, non solo mutilata e adulterata, ma altresì separata dalla imposizione delle mani, e si recita come una qualsiasi altra preghiera di preparazione. Nessuna poi delle nuove formeusate nell'Ordinale [20] esprime la potestà o l'ordine che si vuol conferire.
Quanta parte di questo Ordinale, conosciuto sotto il nome di Ordinale di Eduardo VI, uscisse dalla penna stessa del Cranmer non puossi ben determinare ; ma è fuor di dubbio che egli ne ordinò la composizione, vi introdusse le nuove formee volle, insieme a'suoi complici, che fosse sostituito al Pontificalecon la esplicita, deliberata, eretica intenzione di escludere dalla Chiesa anglicana il sacerdozio e il sacrificio cattolico [21].
Quando trattasi degli Ordini anglicani, trattasi sempre e solo di quegli Ordini, i quali furono e sono conferiti con siffatto Ordinale. Parimente di questi Ordini soltanto sì parla nella Bolla, dove di essi è detto: «Ordinationes ritu anglicanoactas irritas prorsus fuisse et esse, omninoque nullas.»
Un altro fatto che giova qui ricordare, e su cui dovremo ritornare più volte ne' seguenti paragrafi, si è che durante il breve regno di Eduardo VI (1547-1553) si compierono in Inghilterra col nuovo suoOrdinale le consecrazioni episcopali di Poynet, di Hooper, di Coverdale, di Scory, di Taylor e di Harley. Questo fatto, che da qualcuno si é voluto negare, è pienamente accertato dalla storia. I documenti e i manoscritti autentici che ne dimostrano la verità sono riferiti dal Burnet, dal Fox, dall' Estcourt e da altri scrittori inglesi non meno autorevoli.

VII.

Alla morte di Eduardo, il 6 luglio 1553, fu proclamata Regina d'Inghilterra la sua legittima sorella Maria. Questa era rimasta sempre cattolica e fedele alla Sede apostolica dì Roma. Ascendendo dunque il trono, e finchè visse, ella si adoperò con ogni fervore a riparare le ruine religiose accumulate da suo padre e da suo fratello, e a ricondurre l'Inghilterra all'avita comunione con la Chiesa Romana. In questa opera Maria ebbe l'efficace e illuminata cooperazione del Cardinale Polo, inviatole espressamente dal Pontefice Giulio III in qualità di Legato pontificio con le più ampie e opportune facoltà. Uno de' primi atti del regno di Maria fu di rimuovere, per l'autorità del Legato, i sei summentovati «vescovi» dalle sedi da loro occupate, di abrogare la nuova Liturgia e con essa l'Ordinaleeduardino, rimettendo in pieno vigore per tutte le sacre Ordinazioni l'antico Pontificale cattolico.
A' primi tre anni del Regno di Maria appartengono i quattro importantissimi documenti pontificii citati da S. S. Leone XIII nella sua Bolla. Di questi, due sono di Giulio III e due di Paolo IV, e portano rispettivamente la data del 5 agosto 1553, dell' 8. marzo 1554, del 20 giugno e del 30 ottobre 1555. Da tutti e quattro poi, come dimostreremo in appresso, appare evidente che la questione della validità delle Ordinazioni anglicane fu fin d'allora seriamente studiata e risoluta dalla Santa Sede. sotto il rispetto non solo pratico, ma altresì dottrinale.
Se non che, per mala sorte, il regno di Maria fu ancor più breve di quello del suo fratello Eduardo; ella morì nel novembre dell'anno 1558, avendo regnato cinque anni e quattro mesi.
A Maria succedette Elisabetta, figlia illegittima di Enrico VIII e della famigerata Anna Bolena. A lei si deve il ritorno de' sinistri giorni dello scisma e dell'eresia in Inghilterra che da indi innanzi non se ne sono più dipartiti! Tre mesi erano appena decorsi dal giorno della morte di sua sorella quando, nel febbraio del 1559, con un atto del Parlamento da lei appositamente convocato, fu soppresso di nuovo il Pontificale romano e ripristinato l'uso della Liturgia e dell'Ordinaledi Eduardo VI.
I Vescovi cattolici legittimamente nominati e consecrati sotto il regno di Maria, furono allora richiesti di apostatare, prestando quel medesimo perverso giuramento che era stato ingiunto da Enrico e da Eduardo; essi dovevano separarsi dal centro dell'Unità cattolica, stabilito da Cristo nella Chiesa di Roma, rinnegare perciò la giurisdizione della Santa Sede e riconoscere Elisabetta quale suprema reggitrice della Chiesa d'Inghilterra! Però, se con dolore si riflette alla codardia di tanti Vescovi che si piegarono alla tirannide di Enrico, consola il sapere che tra tutti i Vescovi cattolici superstiti all'assidersi di Elisabetta sul trono, non fuvvi che un solo Giuda; mentre gli altri incontrarono piuttosto con fermezza la perdita delle sedi, la prigionia ed infinite altre vessazioni [22].

VIII.

Per Elisabetta cominciavano allora le difficoltà. Per la vaghezza di veder fondata la sua Chiesa scismatica su principii aristocratici, si ritenne dal manomettere i gerarchici ordinamenti, quantunque non curasse gran fatto se i suoi ministri fossero o no insigniti del carattere sacramentale. Or con siffatti criterii ella nominò i candidati che desiderava intrudere nelle sedi spogliate de' legittimi loro Pastori. Fra questi candidati era Matteo Parker, già cappellano di Anna Bolena, destinato alla sede primaziale di Canterbury. Ma come farlo consecrare? Tutti i Vescovi cattolici ricusavano di prestare la loro opera, non escluso il Vescovo Kitchen, quel solo, cioè, che si era sacrilegamente sottomesso al giuramento. In tale perplessità, dopo avere aspettato qualche tempo, Elisabetta mise fuori il suo mandato di consecrazione, che fu accettato da Coverdale e da tre frati apostati, Barlow, Scory e Hodgkins. Barlow era stato nominato da Enrico VIII al Vescovado di St. David nel 1536, vale a dire ne' primordii dello scisma. È incerto però se egli ricevesse mai la consecrazione episcopale, non trovandosi alcuna prova positiva di un tal fatto [23]: Scory e Coverdale, erano stati consecrati, come vedemmo nel paragrafo VI, col nuovo Ordinale di Eduardo VI. Quanto a Hodgkins é fuor di dubbio che egli fosse consecrato Vescovo col Pontificale cattolico sotto il regno di Enrico VIII.
Questi dunque furono i consecratori di Parker e, se dobbiamo prestar fede all'Atto che si conserva nel Registro arcivescovile di Parker al«Lambeth Palace», dobbiamo ritenere storicamente certo, che il 17 decembre 1559, Parker fu consecrato coll'Ordinale di Eduardo VI da Barlow, assistito dagli altri tre mentovati «Prelati», i quali a lui si associarono, non soltanto nell'imporre le mani sul consecrando, ma altresì nel proferire le parole della forma anglicana: Accipe Spiritum Sanctum ac memento ut exsuscites gratiam Dei quae in te est per manuum impositionem. Non enim dedit nobis Deus spiritum timoris, sed virtutis et caritatis et sobrietatis.
Essendo così consecrato, l'«Arcivescovo» Parker a sua volta consecrò gli altri candidati nominati da Elisabetta, e questi i loro successori e così di seguito, conformandosi tutti al nuovo Ordinale, il quale, da quel tempo sino a' giorni nostri, è stato, con una sola modificazione, costantemente e fedelmente seguito in tutte le Ordinazioni compiutesi nella Chiesa anglicana.
La modificazione, pur ora accennata, consiste nell'avere aggiunte alla forma di Eduardo VI alcune parole, le quali esprimono la potestà che s'intende conferire. Così, in quella usata nella consecrazione episcopale, alle parole Accipe Spiritum Sanctum, si è aggiunto in officium et opus episcopi in Ecclesia Dei. Se non che tale cambiamento, essendosi introdotto centotrèanni dopo la consecrazione di Parker, quando, cioè, posta la invalidità della forma originale di Eduardo, non v'era alcun Vescovo validamente ordinato, non poteva allora, nè può adesso avere alcun peso nella trattazione di questo soggetto, se non forse quale indizio che gli stessi Anglicani si erano a quel tempo convinti del difetto della forma da loro usata per più di un secolo. In altri termini, come sapientemente osserva il Santo Padre nella sua Bolla, «eadem adiectio, si forte quidem legitimam significationem apponere formae posset, serius est inducta, elapso iam saeculo post receptum Ordinale eduardianum; quum propterea, Hìerarchia extincta, potestas ordinandi iam nulla esset.»

IX.

Prima di porre fine a questi brevi cenni storici, utili certo, se non necessarii, alla piena intelligenza e difesa del documento pontificio, non sarà fuori di proposito toccare un altro punto, al quale pure ivi si allude, e che riguarda la già accennata consecrazione di Parker.
Secondo un'antica tradizione, al principio del Regno di Elisabetta i suoi candidati all'Episcopato si sarebbero riuniti in una locanda di Londra, che aveva per insegna una testa di cavallo (in inglese Nag's head tavern); ivi si sarebbe compiuta la loro ordinazione in questo modo. Stando in ginocchio il Parker con gli altri candidati, il vescovo Scory, nel mettere la Bibbia aperta sulla testa di ciascuno, avrebbe pronunziata la forma seguente: Ricevi l'autorità di predicare sinceramente la parola di Dio. Poscia, prendendo la mano a Parker, gli avrebbe detto: Alzati Vescovo di Canterbury! Che siffatto racconto venisse da' cattolici inglesi creduto in buona fede, è cosa indubitabile; ed il mistero, onde gli Anglicani di quei giorni circondarono la storia della consecrazione de' primi loro «Prelati»,spiega abbastanza l'origine di tale leggenda e il credito che essa acquistò. Si aggiunga che il Registrodella consecrazione di Parker, da noi mentovato alla pagina 270, e giudicato apocrifo dal Cardinale Pitra [24], sembra essere stato ignorato dagli stessi Anglicani, i quali non lo trovarono, nè lo pubblicarono se non cinquant'anni dopo il fatto di cui si dubitava.
Ma checché sia di ciò, ammettiamo la falsità della detta leggenda, e deploriamo che qualche scrittore cattolico moderno, estraneo all'Inghilterra e poco perito delle cose inglesi, l'abbia citata ne' suoi scritti [25] come un'argomento per rivocare in dubbio le Ordinazioni anglicane. Andrebbe però gravemente ingannato chi dall'opinione di uno o due scrittori volesse trarre argomento per discreditare tutto «l'insegnamento romano» opposto per altre ragioni alla validità di quelle Ordinazioni.
Quale sia stato fin dal primo nascere di questa controversia il genuino«insegnamento romano» avremo occasione di spiegarlo nel progresso del presente lavoro. Ci basti per ora accennare, sulla fede di documenti preziosi, che abbiamo la fortuna di avere sott'occhio, che la così detta favola tavernaria era conosciuta e screditata a Roma fin dall'anno 1684-1685, quando per la prima volta la questione degli Ordini anglicani fu sottoposta all'autorevole giudizio della Suprema sacra Congregazione romana del Sant' Ufficio [26].
Vedremo parimente come l'apodittica ragione del defectus formae et intentionis, su cui S. S. Leone XIII, dopo un nuovo e profondo esame di tutta la questione, fonda il suo definitivo giudizio contro la validità di quelle Ordinazioni, sia stata altresì la sola ragione, la quale determinò sempre le decisioni in tale materia de' Romani Pontefici suoi antecessori e della predetta Sacra Congregazione. Dal che apparirà manifesto con quanta verità gli Eminentissimi Porporati, giudici nella«Suprema», in una loro speciale Adunanza, tenuta coram Sanctissimo il giovedì 16 dello scorso mese di luglio, poterono asserire, come riferisce lo stesso Santo Padre nella sua Bolla: «Propositam causam iampridem ab Apostolica Sede plene fuisse et cognitam et iudicatam;eius denuo instituta actaque quaestione, emersisse illustrius, quantoilla iustitiae sapientiaeque ponderetotam rem absolvisset.»


NOTE:

[1] I principali particolari di questo esame, descritti dal Santo Padre nell'esordio della sua Bolla, furono da noi riferiti nelle « Cose Romane » del precedente quaderno, pag. 227.


[2] Dal tempo della conversione del Dr. Newmann (1845), poi Cardinale di S. R. Chiesa, sino ai giorni nostri, si contano tra i soli ministri anglicani più di 500 convertiti alla Chiesa cattolica.
[3] Num. del 26 settembre, pag. 484. Vedi anche il Monthnel quaderno d'ottobre, pag. 153.
[4] Num. del 25 settembre, nell'articolo Poor Lord Halifax!
[5] Num. del 26 settembre.
[6] Vedi The Book of Common Prayeretc. Ed. di Oxford 1880, pag. 533. La traduzione latina del testo inglese di questo libro fu fatta da Wm. Bright e P. Goldsmith Meed. Una sua recente edizione, pubblicata a Londra, porta la data del 1890. Il Cardwell(Annals, 1, 241) attesta che, fin dal nascere della Chiesa anglicana, i suoi Vescovi obbligarono il clero ad insegnare al popolo che «la Messa non è un sacrificio propiziatorio peri vivi e pe' defunti.»
[7] Il Benedettino D. Bède Camm, già Ministro anglicano convertito alla Chiesa Cattolica, in un suo articolo (Vedi Revue Bénédictine, Num. 12, Decembre 1894, pag. 536) asserisce del Dr. Lee, scrittore anglicano moderno, che «cet auteur après avoir écrit un livre fort savant en faveur de ces ordres, en conçut un tel doute qu'il se fit donner en secret les ordres valides par un prélat janséniste, et fonda au sein de l'Église Anglicane une société secrète qui administre à ses membres sous condition le baptême, la confirmation et l'ordre.»
[8] La risposta negativa data agli Anglicani dal Congresso de' Vecchi Cattolici, tenuto a Rotterdam nel settembre 1894, è riferita dal medesimo Camm (l. c. pag. 539).


[9] L'arcidiacono di Londra, W. Sinclair attesta che il numero de' Ritualisti in Inghilterra non supera i 35 mila. Il che, se esatto, sarebbe ben poca cosa quando si consideri che vi sono in Inghilterra 16 milioni di Anglicani.
[10] Di questi scrittori è detto nella Bolla che sono praesertim non angli, e che, documentis Apostolicae Sedis haud satis quam oportuerat cognitis, disputationem de ea (della validità delle Ordinazioni anglicane) libere habere non dubitarint.
[11] Si vegga, per esempio, The Guardian ne' numeri del 23 e del 30 dello scorso mese di settembre. Questo giornale è tra quelli che ne' primi mesi del corrente anno, facendo eco al Dr. Lacey, al «Padre» Puller e ad altri Ritualisti o fautori di Ritualisti ben conosciuti a Roma, lodavano tanto il Santo Padre per la sua sapienza, imparzialità, larghezza di vedute ecc.!
[12] Abbiamo sott'occhio il testo della sua Lettera del 28 settembre diretta al Guardian (num. del 30 sett.) e del suo Discorsodi Shrewsbury pubblicato dal Tablet(num. del 10 ottobre, pp. 574-575.
[13] Epist Gregorii IX ad Episcopos sufraganeos Eccles. Cantuar. Cf. Matthew Paris, Historia Major, 1246, Ed. Parigi 1694, pag. 245.
[14] Cf. Act of Supremacy 26 Henry VIII, cc. 1, 2, 3.
[15] Alludiamo al D.r Lacey e al« Padre » Puller. Questi, dopo d'essersi tanto affaticati nell'illuminare«la Curia» sulla questione delle Ordinazioni anglicane, pubblicarono secretamente a Roma nello scorso mese di maggio e distribuirono largamente fra i Cardinali e Prelati romani un loro Opuscolo intitolato De Re Anglicana. Trovandosi in esso numerosi errori che potevano facilmente ingannare chi non era perito delle cose inglesi, fu creduto necessario, per la sola difesa della verità, smascherarli. Ciò fu fatto magistralmente dal R.mo Can. J. Moyes e da Dom. F. A. Gasquet O. S. B. in una loro Risposta data alla luce con la data di «Roma, Festa di S. Guglielmo Arciv. di York, 8 giugno 1896». Di questa Risposta scritta in italiano è stata pubblicata in Inghilterra dal Church Timese dal Guardian una traduzione inglese disonestamente manipolata. In essa si omette il titolo di Risposta che spiega l'occasione e la solaragione per cui fu scritta, si omettono parimente nel testo tutte le numerose citazioni dell'Opuscolo De re anglicana, dando ad intendere a' lettori inglesi che essa sia un Pro-memoria scritto da' nemici dell'Unione per ingannare il Papa e strappargli la condanna degli Ordini anglicani! E dire che Lord Halifax e l'«Arcivescovo» di York, i quali hanno certamente avuti sott'occhio i due documenti, non hanno esitato di corroborare con la loro autorità l'inganno, ripetendo l'assurda frottola!
[16] Nell'Opuscolo citato pag. I.
[17] Il Messale fu soppresso con un Atto del Parlamento del 15 gennaio 1549. L'Ordinale che doveva sostituirsi al Pontificale fu approvato un anno dopo nel 1550. La revisione infine della nuova Liturgia fu eseguita nel 1552. Vedasi Dom Gasquet, Edward VI. and the Book of Common Prayer, pagina 261 e seg.
[18] Per i Riti citati nel testo si consulti l'Assemani, Codex LiturgicusEccles. Universae, Tomi VIII, IX, XI; Bibliotheca Orientalis, Tom. III; Morinus, De Sacris Ecclesiae Ordinationibus;Denzinger, Ritus Orientalium; Duchesne, Origines du Culte Chrétien; Maskell,Monumenta Ritualia ecc. ecc.
[19] Gli Anglicani rigettano il Suddiaconato e i quattro Ordini minori.
[20] Parliamo dell'ordinale quale usci dalle mani de' suoi primi compilatori. Della modificazione introdottavi nel 1662 discorreremo più tardi.
[21] Che Cranmer, non meno degli altri compilatori dell'Ordinale, rigettasse formalmente questa credenza cattolica, è cosa indisputabile. Ecco, ad esempio, quanto egli scrive nella sua opera De Oblatione (lib. V, cap. I): «Gravissima contumelia et iniuria quae inferri Christo potest, et per omne regnum Papisticum latissime patet, ea est quodSacerdotes Missam hostiam propitiantem esse asseverant, ad remittenda non modo peccata sua, verum etiam aliorum tum viventium tum mortuorum, quibus illam voluerint applicare. Ita, simulatione pietatis, papistici sacerdotes hoc sibi sumpserant, ut Christi successores essent, ut huiusmodi sacrificium facerent, quale nullum umquam a quoquam, praeterquam a Christo ipso, factum est, idque eo solum tempore, cum morte sua poenas peccatorum nostrorum in cruce lueret.»
[22] Nel Registrum diversarum scripturarum Angliae, Scotiae, Hiberniaeetc., conservato negli Archivii secreti del Vaticano, si trova una lettera scritta al Cardinale Morone che si riferisce a questi tempi. In essa si legge: «Nel regno d'Inghilterra al presente sono venti sette Chiese cattedrali, delle quali quindici sono vacanti per morte delli vescovi Cattolici, li quali erano stati posseduti legitimamente dalla Sede Apostolica. Altri dodici hanno li vescovi vivi, delli quali dieci ne sono prigioni nella Torre di Londra meramente per la fede Cattolica, e per l'autorità della Sede Apostolica, alla quale sono risoluti di voler obedire e più tosto patire ogni martirio che riconoscere altro capo nella Chiesa di Dio che il Papa. Dui altri vescovi sono pure vivi, cio il Assafense, il quale si trova al Concilio de Trento per ordine di N. S. e l'altro è Ladavense, il quale si lascio sedurre dalla Regina d'Inghilterra et obedisce a Lei.» Cf. W. Maziere Brady, Annals of the Catholic Hierarchy etc. Rome 1877, pag. 4.
[23] L'Ill.mo Mgr Gasparri, nel suo opuscolo De la valeur des Ordinations anglicanes (Paris 1895, pag. 22), tiene come storicamente certa la consecrazione di Barlow, e ci assicura che, avendo letta la Dissertazione Apologetica de Hierarchia anglicana pubblicata da' Ritualisti E. Denny e T. A. Lacey, aucun doute n'est resté dans mon ésprit. Anche noi abbiamo letta questa dissertazione, ma confessiamo che, avendo letto altresi quanto è stato scritto su questo soggetto dall'Estcourt, (The question of Anglican orders discussed, London 1873) e dal P. Sydney Smith (Reasons for rejecting Anglican orders, London 1895) e recentemente, in risposta all'anzidetta «Dissertazione», dal Month e dal Tablet di Londra, ci siamo fortemente confermati nei nostro dubbio. Nel resto importa poco o niente al nostro presente proposito se si tenga l'una o l'altra opinione. La condanna finale degli Ordini anglicani in nessun modo poggia su tale controversia.
[24] Nella Vita del Cardinale Pitra, scritta in francese dal R. P. Dom Fernand Gabrol(Parigi 1893, pag. 155), trattandosi delle ricerche fatte dall'eruditissimo Benedettino negli Archivii dell'Inghilterra e nominatamente in quello di «Lambeth Palace», si asserisce che « Dom Pitra put mettre la main sur l'acte de consécration de Mathieu Parker et avoir le dernier mot de cette controverse... Cet argument qui tranchait, à son avis, définitivement la question, il se crut obligé par la discrétion de le réserver; il en confia dans une note manuscrite le secret aux Archives de l'abbaye de Solesmes.» La nota manoscrittaCet acte porte toutes les traces d'un document apocryphe (Archives des missions scientifiques, t. IV, p. 159).
è del tenore seguente:
[25] Vedi Perrone, De Ordine, n. 137, not. 4; Gasparri, De sacra ordinatione, num. IIII. Questi, nel suo opuscolo francese già citato, ritratta il suo precedente insegnamento, dichiarando che «cette légende, dépourvue de toute probabilité, est et doit être absolument abandonnée». In quanto al P. Perrone, la giustizia richinde che si osservi, che, sebbene egli in una nota storica citi ad eruditionem la leggenda, aggiunge nondimeno essere essa rigettata dallo storico cattolico Dr. Lingard. Nel testopoi dottrinale così scrive :«Quod si invalidae censentur Ordinationes anglicanae, non ideo est, quia ab Episcopis haereticis et schismaticis conferuntur; sed tum ob defectum successionis episcoporum, tum ob vitiatam essentialiter formam
[26] Negli Atti autentici di quel tempo è detto espressamente che la sentenza concorde de' teologi consultori contro la validità di quegli Ordini fu pronunziata, senza tener alcun conto del dubbio riguardante il fatto dell'Ordinazione di Parker, fondato su testimonianze storiche sat confusa et implexa. Lo stesso appare ancor più evidente dagli Atti del 1704, riguardanti il caso di Giovanni C. Gordon, di cui discorreremo in un altro articolo.