giovedì 4 ottobre 2012

La Monarchia Sacra Parte terza : La Monarchia Sacra e la Teologia: Altre prerogative ‘sacerdotali’ della regalità sacra

Ritratto equestre dell'imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V d'Asburgo (Gand, 24 febbraio 1500Cuacos de Yuste, 21 settembre 1558)  nella battaglia di Mühlberg (Ritratto di Carlo V a cavallo, Tiziano, 1548)
 

L’elemento sacro presente nella potestà temporale cristiana spiega perché storicamente i sovrani cattolici rivendicarono con forza riti e prerogative che sottolineavano e dichiaravano tale condizione non-ordinaria.
Il potere sacerdotale, custode occhiuto della disciplina liturgica, sull’onda delle Riforma gregoriana del secolo XI, attenuò la portata dei riti di Consacrazione dei Sovrani.
Così per mitigare l’analogia tra la Consacrazione episcopale, dove pure era presente, seppure come rito accessorio, il Rito dell’unzione sul capo col Sacro Crisma, e le cerimonie d’Incoronazione, abolì in queste ultime l’uso del Crisma, sostituito col meno pregiato Olio dei Catecumeni, e confinò l’Unzione su parti meno nobili del candidato come le scapole, il gomito, e la mano, anziché sul capo, come era in antico e come si leggeva nella Bibbia.
Se tale cangiamento fu relativamente facile operare nella liturgia dell’Incoronazione imperiale, che dipendeva direttamente dal Papa, più difficile fu intervenire altrove. Così i Re di Francia, d’Inghilterra, e il Re di Germania (l’Imperatore Eletto) continuarono ad essere unti sul capo con il Sacro Crisma.
L’intenzione della potestà sacerdotale non era quella d’abolire l’idea della sacralità dei Re, quanto d’attenuarla. Essa, ciò nonostante, faceva capolino nei riti più insigni della Religione cattolica.
Così, in uno dei momenti più solenni della liturgia del Venerdì Santo (Feria VI in Parasceve) nelle Orationes, che si recitano per tutti i generi di persone, ed in primis a vantaggio di coloro che nella Chiesa sono costituiti in dignità, si cita espressamente anche l’Imperatore Romano:
“Oremus et pro Christianissimo (si non est coronatus, dicatur: electo Imperatore) Imperatore nostro N. ut Deus et Dominus noster subditas illi faciat omnes barbaras nationes, ad nostram perpetuam pacem. […] Omnipotens sempiterne Deus, in cuius manu sunt omnium potestates, et omnium iura regnorum: respice ad Romanum benignus Imperium; ut gentes quae, in sua feritate confidunt, potentiae tuae dextera comprimantur.
Per Dominum. Amen. [Preghiamo anche per il nostro Cristianissimo Imperatore (se non è coronato si dica: Imperatore eletto) affinché Dio, nostro Signore, gli renda soggette tutte le nazioni barbare per la nostra perpetua pace… Dio onnipotente ed eterno, nelle cui mani stanno tutti i diritti e i poteri dei regni, guarda benignamente l’Impero Romano, affinché le nazioni che confidano nella forza brutale siano domate dalla potenza della tua destra].
Anche il Sabato Santo, alla Benedizione del Cero Pasquale, simbolo del Corpo di Cristo Resuscitato, si fa esplicita menzione, dopo il Sommo Pontefice, del Sacro Imperatore.
La luce del Cristo Risorto deve illuminare le due supreme potestà della Chiesa:
“Precamur ergo Te, Domine: ut nos famulos tuos, omnemque clerum, et devotissimum popolum: una cum beatissimo Papa nostro N., et Antistite nostro N., quiete temporum concessa, in his pascalibus gaudiis, assidua protectione regere, gubernare, et conservare digneris.
Respice etiam ad devotissimum (si non est coronatus, dicatur: electo Imperatore) Imperatorem nostrum N. cuius tu, Deus, desiderii vota praenoscens, ineffabili pietatis, et misericordiae tuae munere, tranquillum perpetuae pacis accomoda: et coelestem victoriam cum omni populo suo. Per.” [Ti preghiamo dunque, affinché noi tuoi servi, il clero tutto, il devotissimo tuo popolo, assieme al beatissimo nostro Papa N., e col vescovo nostro N., concessa la pace dei tempi, ti degni, durante questi gaudi pasquali, reggere, governare, e conservare con assidua protezione. Degnati pure di riguardare favorevolmente il nostro piissimo Imperatore N., e, conoscendo i desideri del suo cuore, accordagli, nella tua misericordia e nella tua bontà ineffabile, che egli goda del riposo di una
pace duratura e che con tutto il suo popolo consegua quella vittoria che conduce al regno celeste].
Nell’occasione solenne del Triduo Pasquale, cuore della liturgia cattolica, pregando per la figura sacra dell’Imperatore, accanto a quella del Papa, si sottolineava ancora una volta l’unità e concordia dei due poteri ministeriali nella Chiesa, la loro origine divina, la loro sacralità.
Si noti, per inciso, come la rubrica prevedesse la recita di dette orazioni anche nel caso in cui l’Imperatore non fosse stato effettivamente Unto dal Pontefice Romano, ma fosse solo Imperatore ‘eletto’. Evidentemente, anche in questo caso, l’Imperatore non era meno Imperatore, che dopo l’Unzione.
Purtroppo l’epoca moderna vide cadere in desuetudine la solenne cerimonia della Consacrazione imperiale da parte del Pontefice Romano. Carlo V d’Austria (1519- 1556) il 24 febbraio 1530 fu l’ultimo Sacro Imperatore a farsi incoronare dal Papa Clemente VII (1523-1534).
Dopo di lui, fino alla fine del Sacro Romano Impero (1806), nessuno dei successori rinnovò l’antica cerimonia, che, iniziatasi ufficialmente nel Natale dell’800, con l’Incoronazione di Carlomagno, si protrasse, quasi senza interruzione, per poco più di sette secoli.