Francisco Pizarro, le prime spedizioni a Sud e l'incontro con l'Impero Inca.
Antica mappa dell'istmo del Darién e di Panamá |
Il condottiero Pascual de Andagoya, munito di una patente ufficiale partì, nel 1522, su una piccola nave , e si diresse verso Sud, lungo le coste sconosciute dell'attuale Colombia. Raggiunse un fiume, detto Birù dagli indigeni (dal quale deriva il nome Perù). Andagoya tornò alla guarnigione con scarsa soddisfazione e con la consapevolezza che le coste a sud di Panamá erano ostili e inospitali. Tuttavia portava anche delle notizie raccolte in alcuni villaggi incontrati durante il suo viaggio. Queste voci narravano di un grande e ricchissimo regno posto più a Sud dove l'oro era diffuso e d'uso comune.
Francisco Pizarro |
Le voci su un fantomatico regno dell'oro si sparsero per tutta la guarnigione sollevando ironiche battute dei più. Non tutti però erano disposti ad accantonare tali voci come semplici leggende. Tra questi v'erano Francisco Pizarro , Diego de Almagro ed Hernando de Luque.
I tre arditi avventurieri decisero di consorziarsi per dare corpo alla spedizione. Pizarro ne fu comandate. L'avvio della spedizione avvenne nel novembre del 1524. Come convenuto la comandava Pizarro che si imbarcò, alla testa di cento uomini, su un solo vascello. Almagro doveva raggiungerlo con un'altra imbarcazione, al momento in riparazione. Nell'attesa reclutò quanti più uomini avesse potuto radunare a Panamá.
Diego de Almagro |
Pizarro giunse agevolmente all'imboccatura del fiume Birù che era il limite estremo raggiunto da Andagoya, e un'esplorazione sommaria del luogo lo convinse a proseguire.
Pizarro ed i suoi uomini impiegarono l'attesa per esplorare il territorio, acquitrinoso e malsano, ma non incontrarono anima viva e non trovarono nemmeno di che cibarsi.
Il ritorno era ormai l'unica via da seguire e seppure combattuto , Pizarro infine decise per il ritorno . Non temeva l'ira di Pedrarias ma il mancato successo e lo smacco che , da uomo di coraggio, non voleva macchiasse la sua persona. Giunto a Chicamá, nei pressi di Panamá non si risolveva ad entrare in città. Mentre stava titubante in attesa del da farsi, apparve la nave di Almagro che essa pure rientrava alla base. I due avventurieri poterono riabbracciarsi e Almagro raccontò le sue peripezie.
Partito a sua volta da Panamá aveva incontrato le stesse difficoltà del suo commilitone e lui pure, in mancanza di viveri, aveva cercato oro e provviste inutilmente. Subì a sua volta l'attacco dei bellicosi indigeni, ma era riuscito a respingerli se pur a prezzo di alcune perdite, restando lui stesso ferito ad un occhio di cui avrebbe perduto, in seguito, l'uso. Era quindi tornato alla base preoccupato per la sorte dei compagni che non aveva incontrato.
Almagro e Pizarro decisero di ripartire nel 1526, questa volta insieme anche se su due navi distinte. Le vicende di questa spedizione non si discostarono molto da quelle della precedente.
Pedro Arias de Avila |
Chiunque, di fronte a tali difficoltà avrebbe abbandonato l'impresa, ma Pizarro era risoluto nel portre a termine la missione e decise di verificare le notizie che Ruiz aveva raccolto, alcuni mesi prima, dagli indigeni incontrati sulla zattera. Costoro avevano assicurato di provenire da una ricca città di nome Tumbez, situata più a Sud, e il coraggioso capitano fece arditamente dirigere la prora del vascello di soccorso in quella direzione.
Collocazione geografica della città di Tumbez |
Dopo venti giorni di navigazione la nave, entrando in una baia, si trovò, in effetti, di fronte ad una vera e propria città, dotata di templi e abitazioni in pietra. Si trattava di Tumbez. Gli uomini di Pizarro non si erano ancora riavuti dalla sorpresa quando un nugolo di canoe si staccò dalla riva e andò incontro al battello. La situazione sembrò divenire drammatica, ma gli indigeni non erano animati da intenzioni ostili ed anzi recarono provviste di ogni genere, composte da carichi di frutta, selvaggina e pesce appena pescato.
Si stabilirono presto dei rapporti amichevoli e un dignitario locale venne invitato a visitare il vascello. Pizarro ed i suoi non sapevano che si trattava di un rappresentante imperiale. Successivamente fu il loro turno di scendere a terra, cosa che fecero con saggia circospezione inviando un soldato. Al suo ritorno costui raccontò di aver visto dei templi lastricati d'oro e d'argento ma non venne creduto. Scese allora a terra uno degli avventurieri più capaci, Pedro de Candia, sulla cui avvedutezza tutti erano pronti a giurare, ma al suo ritorno anche lui confermò le impressioni di ricchezza che avevano abbagliato il semplice soldato.
Iniziò così una serie di amichevoli rapporti con gli indigeni locali che si protrassero per molti mesi. Gli uomini di Pizarro intrapresero nel frattempo una fugace esplorazione a Sud che palesò ulteriormente le ricchezze di quella terra. Al momento di lasciare Tumbez ottennero di portare con loro alcuni giovani locali, con l'intenzione di farne degli interpreti e, a loro volta, lasciarono nella cittadina tre volontari che si offersero di restare ad attenderli.
Dopo circa diciotto mesi di assenza Pizarro rientrò infine a Panamá. Portava con sé degli strani animali, delle stoffe finemente tessute e un ricco campionario di manufatti indigeni, oltre ad alcuni fanciulli ben più civilizzati dei soliti indigeni con cui gli abitanti di Panamá erano abituati a trattare.
Pizarro era certo di ottenere degli appoggi per un altra spedizione da parte del governatore di Panama il quale, però , disilluse presto le sue certezze.
Pizarro e Almagro si ritrovarono in una situazione di stallo , senza più denaro, non riuscendo a trovare nuovi creditori e con il nuovo governatore che si rifiutava di concedere l'autorizzazione per una nuova spedizione. In questa situazione non restava che una strada: l'appello diretto alla Corona, la sola autorità che avrebbe potuto scavalcare gli ordini del governatore Pedro de los Rios. Occorreva però trovare del denaro e scegliere l'uomo adatto per rivolgersi al sovrano. Almagro riuscì a raccogliere quasi duemila pesos tra gli amici disposti ad aiutarlo e Pizarro si offrì volontario. Le richieste da presentare a Corte furono meticolosamente convenute e, finalmente, Pizarro, accompagnato da Pedro de Candia si imbarcò alla volta della Spagna.
S.M.R.I. Carlo I di Spagna e V del Sacro Romano Impero. |
Il sovrano dette disposizioni perché venissero stesi degli accordi ufficiali per l'impresa nelle terre del Perù, come ormai veniva chiamato il territorio appena scoperto.
Le navi presero il largo, il 19 gennaio del 1530, con quanti avevano già aderito e lui rimase ad attendere i messi governativi con un ultimo legno e pochi compagni.
Almagro, assieme a Luque, aveva traversato l'istmo e si era portato ad attendere Pizarro a Nombre de Dios, il luogo abituale dello sbarco delle navi provenienti dalla Spagna.
Una volta giunto Pizarro, rientrarono a Panamá per organizzare i preparativi della spedizione.
Percorso della spedizione in Perù |
Nel gennaio del 1531 la spedizione ufficiale prese finalmente il largo da Panamá alla volta delle terre del Sud. La componevano meno di duecento uomini di cui solo trentasette muniti di cavalli. Alcuni uomini, poi, non avevano ancora esperienza delle Indie e il saggio comandante decise di farli impratichire nelle giungle tropicali prima di iniziare le operazioni.
Quando le operazioni ebbero inizio, la contrada che Pizarro ed i suoi dovettero attraversarono era però infetta e quasi tutti contrassero una sorta di infezione che si manifestava sotto forma di grosse verruche, dolorose e qualche volta mortali.
Mentre il comandante pensava al da farsi, lui ed i suoi uomini vennero avvicinati da una schiera di canoe provenienti dall'isola di Puna. Si trattava di un popolo bellicoso che si sapeva nemico di Tumbez. Pizarro, con pochi uomini , decise saggiamente di non prendere decisioni che avrebbero condotto ad uno scontro decisamente impari. Una volta giunti nell'isola di Puna , gli avventurieri approfittarono della situazione per riposare.
Sull'isola giunsero dei tumbezini . L'odio tra le due etnie era profondo e Pizarro si ritrovò nel mezzo . La tensione crebbe e Pizarro, alleato dei tumbezini , fece arrestare i capi dell'isola, riuniti in un concilio e li consegnò agli alleati . Questi li trucidarono tutti.
Sebastián de Belalcázar |
Pizarro aveva un ottimo ricordo della città. I suoi abitanti si erano dimostrati cordiali ed ospitali quando giunse per la prima volta , e furono cordiali per tutta la durata della sua permanenza. Egli, quindi, si aspettava un'accoglienza amichevole, tanto più che erano entrambi reduci da una guerra comune contro l'isola di Puna.
Ma, quando la prima balsa toccò terra venne attaccata e i suoi occupanti trucidati. Le navi non potevano intervenire per lo scarso fondale e le altre balse dovettero cavarsela da sole. Fu provvidenziale l'intervento di Hernando che, sbarcato in una zona isolata, rinvenne a cavallo sul luogo dell'attacco riuscendo a mettere in fuga gli aggressori.
Una volta sbarcati, Pizarro e i suoi si accorsero con tutta evidenza che le cose erano cambiate profondamente, che una sorta di anarchia aveva preso piede in quelle terre. Ovviamente , i due soldati che erano rimasti in città dopo il primo viaggio erano stati uccisi durante i disordini.
Quella ricca città lastricata d'oro e d'argento di nome Tumbez si presentò ridotta ad un cumulo di macerie. Pizarro diede ordine di mettersi alla ricerca degli abitanti sopravvissuti. Furono trovati al di là di un fiume schierati in assetto difensivo. Gli uomini di Pizarro costruirono una zattera e, attraversato il corso d'acqua, parlarono con il loro capo, Quillimassa, che si mostrò collaborativo. Dietro suo ordine gli abitanti superstiti rientrarono nelle loro abitazioni alleandosi con quegli avventurieri che avevano messo ordine nella città e si misero a loro disposizione.
Gli Spagnoli ebbero allora concreta cognizione della reale situazione del territorio in cui erano sbarcati. Gli indigeni parlavano di una guerra civile in corso sulle montagne che sovrastavano il paese.
A questo punto del racconto , una panoramica della società Inca è di rilevante utilità per il lettore.
Estensione territoriale dell'Impero Inca |
A questo punto del racconto , una panoramica della società Inca è di rilevante utilità per il lettore.
La società Inca non si discostava da quella Azteca. I "grandi capi" praticavano la poligamia; avevano dalle duecento alle trecento concubine; la favorita fra queste aveva giurisdizione sulle altre, le quali, in realtà, non erano che delle schiave di lei. L’adulterio era assolutamente permesso in questa società . I tributi dovuti alle altre tribù venivano pagati in donne. La donna era oggetto di mercato. Un parto gemellare era considerato la prova dell’avvenuto adulterio. I gemelli venivano appesi ad un albero per mezzo di un filo: il più debole moriva per primo; l’altro, se sopravvissuto a questa prova, era lasciato vivere.
Presso gl’Incas , come già accennato, la poligamia era la regola generale e il fratello del marito gli subentrava nel possesso delle mogli in caso di morte. I giovani venivano sottoposti ad una cerimonia d’iniziazione sessuale, nel momento in cui pervenivano alla pubertà. Questa cerimonia costituiva un obbligo per la tribù. Durante il rito gl’indigeni facevano grande consumo di bevande alcoliche: in particolare, gl’indios stanziati nel territorio dell’attuale Colombia, erano usi sacrificare, secondo un rapporto risalente addirittura all’epoca della Conquista, "un numero infinito di bambini". Questa strage di fanciulli maschi provocava un forte squilibrio fra i due sessi: il numero delle donne era infatti enormemente superiore a quello degli uomini e tutte erano a disposizione dell’Inca, incluse le bambine di dieci anni, che a quell’età, appunto, venivano iniziate alla vita sessuale.
Era una società teocratica, non però nel senso cristiano-classico e a noi familiare della parola (che rinviene in Dio la fonte legittima di ogni autorità) bensì nel senso di una società primitiva, tribale, governata direttamente dalle entità inferiche adorate negl’idoli e, indirettamente, da una casta di sacerdoti interpreti della loro volontà perversa.
Gli astrologhi e gli astronomi vi erano tenuti in grande considerazione e tuttavia vi si ignorava la ruota e la copertura a volta degli edifici, né si conosceva la possibilità di utilizzare gli animali per il traino dei veicoli.
Ma torniamo a Pizarro e alla guerra civile incorso nell'Impero Inca...
La guerra civile nell'Impero Inca , il Provvidenziale intervento degli Spagnoli e la conquista del Perù.
Quando Francisco Pizarro arrivò nell'America meridionale con pochi uomini , la voce del suo arrivo giunse all'orecchio del Sapa Inca Huayna Cápac che si spostò a nord per investigare su quella strana persona. Non incontrò nessuno spagnolo, ma contrasse il vaiolo , che uccise sia spagnoli che incas indistintamente, e morì nel 1527. Inoltre, il suo primogenito ed erede Ninan Cuyuchi morì poco dopo lui. La scelta sulla successione era limitata ai due figli rimasti del precedente imperatore , Huáscar e Atahualpa, nati da madri diverse. Huáscar era di puro sangue reale, e Atahualpa era un figlio illegittimo. Huáscar, appoggiato dalla maggioranza della popolazione, divenne quindi il sovrano assoluto degli Inca, mentre il fratellastro usurpò le terre di Quito. La fame di potere di Atahualpa fece nascere una guerra civile. Atahualpa venne descritto dagli autori del tempo, soprattutto da Garcilaso de la Vega (un indio convertito, figlio di un hidalgo, ciò di un nobile spagnolo, e di una principessa
Inca) come un "terribile persecutore, che commetteva ogni genere di atrocità di sua mano”.
Inca) come un "terribile persecutore, che commetteva ogni genere di atrocità di sua mano”.
Da sinistra: Huáscar e Atahualpa |
Il controllo di Cuzco, capitale dell'impero, passò a Huáscar alla morte del padre. Con la crescita del conflitto, Huáscar radunò un esercito sotto la guida di Atoc per prepararsi ad attaccare il fratellastro traditore. I generali di grado superiore che un tempo furono leali al padre,Chalcochima, Quizquiz e Rumiñahui, si schierarono , probabilmente per di promesse fatte loro dall'usurpatore, con Atahualpa, il quale stava radunando un esercito a Quito, nelle regioni settentrionali che era riuscito a tenere sotto il suo controllo.
I traditori leali all'usurpatore Atahualpa cercarono di creare una "nuova" capitale dell'impero nella città di Tumebamba , situata nei sobborghi di Quito. Atahualpa si proclamò re della "nuova" capitale. Huáscar, che aveva terminato di mettere insieme il proprio esercito, si diresse a nord quando seppe la notizia, nel tentativo di risolvere la questione creata dal fratellastro e rimettere ordine nell'Impero. Il suo esercitò attacco a sorpresa i traditori a Tumebamba. Sconfitta la guardia, Atahualpa fu catturato. L'esercito che comandava fu imprigionato durante la celebrazione della vittoria. Nel corso del banchetto gli uomini si lasciarono andare ubriacandosi e le guardie permisero ad una donna di vedere Atahualpa. Questa donna nascondeva un arnese col quale il prigioniero poté, nel corso della notte, crearsi un buco da cui evadere. Appena evaso , Atahualpa riprese il controllo del proprio esercito da Quito lanciandolo in un contrattacco.
Dal 1531 al 1532 i due eserciti si scontrarono numerose volte in battaglia. Il primo confronto si ebbe quando l'usurpatore Atahualpa si mosse a sud poco dopo la fuga, raggiungendo la città di Ambato. Qui, nelle pianure di Mochacaxa, trovò gli uomini fedeli ad Huáscar. I soldati attaccarono, sconfiggendo l'esercito lealista, e riuscendo a catturare ed uccidere il generale capo avversario, Atoc, assieme a molti altri soldati. Prima che Atoc venisse ucciso, i suoi nemici lo torturarono con dardi e frecce. Dopo la sua morte Atahualpa chiese la macabra trasformazione del teschio del generale in una coppa dorata.
Collocazione geografica della città di Cajamarca |
La campagna di usurpazione nel sud proseguì. Si tennero battaglie a Bonbon ed a Jauja. La successiva battaglia iniziò sulle pendici del colle di Vilcas, e stava per volgere verso Huáscar. Egli aveva stanziato le proprie truppe sulla cima della collina, nascosti dietro una fortezza in pietra. Con l'inizio degli attacchi, i suoi uomini persero la posizione e si ritirarono. Ci furono altri scontri a Pincos e Andaguayias mentre i soldati occupavano tutto il sud. Gli uomini di Atahualpa spinsero le truppe lealiste verso la capitale, a nordovest di Cuzco, provocando una battaglia tra Curaguaci e Auancay che fu per il despota un successo. Obbligarono gli avversari a spostarsi a Limatambo, a circa 30 chilometri da Cuzco, dove l'esercito di Huáscar fu sconfitto a Ichubamba.
Nel 1532, quando Cuzco sembrava sul punto di cadere, Huáscar inviò un nuovo esercito contro Atahualpa ma, dopo alcune battaglie, esso andò in rotta e Huáscar fu catturato. L'esercito di Atahualpa aveva vinto la guerra. La notizia raggiunse Atahualpa a Cajamara, dove l'esercito venne a conoscenza dell'arrivo degli uomini di Pizarro.
L'Imperatore Huáscar , fatto prigioniero dal fratellastro. |
Nel gennaio del 1532, a poche miglia da Cuzco, la ritirata di Huáscar fu bloccata a Quipaipan, ed il suo esercito annichilito. Huáscar fu catturato e la capitale Cuzco assediata da Quizquiz, il quale fece anche uccidere tutti i sostenitori di Huáscar che riuscì a trovare. Questa azione segnò la totale occupazione e usurpazione dell'impero Inca da parte di Atahualpa.
L'usurpatore Atahualpa |
Pizarro ed i suoi uomini, intanto, dopo essere venuti a conoscenza della situazione politica dell'impero , vennero inizialmente avvicinati dagli uomini di Atahuallpa. L'usurpatore inviò una vera e propria ambasceria, con lo scopo di raccogliere notizie sugli stranieri. Da Cuzco, invece, giunse Huaman Mallqui Topa, fedele a Huascar, che prese contatto con Pizarro facendogli comprendere la causa del suo signore.
Pizarro propendeva per l'appoggio al regnante legittimo spodestato che, secondo quanto aveva compreso, aveva la fedeltà dell'aristocrazia e della maggior parte della popolazione. Certamente , egli non aveva simpatie preconcette da quanto gli venne riferito sul conto di Atahuallpa.
Certo della fedeltà delle genti verso il legittimo sovrano spodestato Huáscar , con poche centinaia di uomini , offrì il suo aiuto a quelle genti spaventate e allo sbando. L’aristocrazia fedele al sovrano indigeno spodestato e gli schiavi, si levarono contro l’usurpatore Atahualpa, combattendo al fianco di Pizarro e dei cristiani.
Ebbene popoli interi presero partito per i cristiani: centocinquantamila indigeni si schierarono sul campo con gli spagnoli, che pure non allineavano che poche centinaia di soldati. Questi , erano tuttavia uomini coraggiosi e più civili, erano cristiani: non erano dei semplici soldati, ma dei veri e propri colonizzatori, che portavano, con la Fede, la civiltà europea e la
concezione cristiana della vita. Per questo, sin dall’inizio, riscossero la fiducia d’intere
popolazioni amerindie, come i Michoacan, gli Zapotecas, Chachapuyas, i Canaris, gli
Huancas ecc.
La battaglia di Cajamarca, in un'incisione di Johann Theodor de Bry. |
Atahuallpa, imprigionato , pensava di poter riottenere la sua libertà offrendo a Pizarro oro e argento ; ma le sue speranze si scontrarono con la risolutezza del condottiero. Era un personaggio furbo e manipolatore. Era interessato alla storia degli Spagnoli e non si sottrasse al confronto quando questi gli domandarono di quella del suo popolo. Solo sulla guerra civile , da lui scatenata, era reticente e lo aveva dimostrato più di una volta evitando di parlare di suo fratello il legittimo sovrano Huascar.
Tuttavia non aveva potuto sottrarsi alle richieste di precisazioni da parte di Pizarro che, appreso che il deposto sovrano era ancora vivo, gli aveva ingiunto di consegnarglielo.
La sconfitta e cattura di Huascar era avvenuta poco prima che gli Spagnoli giungessero a Cajamarca. Tutti i partigiani di Huascar fatti prigionieri, vennero passati per le armi. La panaca Cápac ayllu che si era schierata contro Atahuallpa risultò interamente sterminata e persino la mummia del suo fondatore Tupac Yupanqui, profanata e distrutta.
Huascar, in particolare, dovette patire violenze ed oltraggi particolarmente efferati. Le sue mogli e i suoi figli vennero trucidati sotto i suoi occhi e lui stesso imprigionato, assieme alla madre e ad alcuni dignitari, messo a disposizione del sanguinario usurpatore Atahuallpa.
Atahuallpa, anche se imprigionato, aveva deciso di procedere all'eliminazione del fratellastro e, dietro suo ordine, Huascar e tutti i suoi vennero strangolati e gettati nel fiume Yanamayo, presso la città di Andamarca.
Pizarro aveva ormai l'appoggio dell'aristocrazia e delle popolazioni locali, tutti fedeli al sovrano ormai assassinato. Il 26 luglio 1533, il sanguinario usurpatore , fratricida e guerrafondaio , traditore e manipolatore, Atahuallpa venne giustiziato nella piazza di Cajamarca.
L'Impero Inca era nel caos. Questo era esattamente ciò che voleva evitare Pizarro, ma non era facile evitare ciò che era già stato avviato da Atahuallpa con la sua sete di potere. Una grande confusione generalizzata percorreva tutto il territorio andino. L'intera regione era stata lacerata dalla guerra civile e il sud dell'impero era ancora strangolato da eserciti di occupazione. Al Nord gli Spagnoli si apprestavano a marciare verso Sud al seguito dei loro alleati indigeni.
Tupac Huallpa |
Dopo la cerimonia di incoronazione , un piccolo contingente di Spagnoli prese finalmente la strada per il Cuzco. La via era irta di pericoli e si temeva un attacco da parte di Quizquiz.
Quizquiz aveva scelto la tattica della terra bruciata e tutti i villaggi risultavano spogli e desolati. Gli abitanti si unirono in massa con gli spagnoli che potevano così contare su una moltitudine di truppe ausiliarie.
Pizarro cercava di attirare i partigiani di Atahuallpa in uno scontro frontale. Alcuni informatori indigeni alleati , gli comunicarono che considerevoli forze nemiche erano attestate a Jauja intenti a bruciare l'importante cittadina. Con i suoi uomini partì al galoppo, lasciando indietro i fanti con le salmerie e, a mezzo di marce forzate, riuscì a sorprendere gli uomini di Quizquiz attardati nei pressi della cinta urbana. L'esercitò nemico venne sconfitto e lo scontro insegnò a Quizquiz che i cavalli erano pressoché invincibili in pianura.
Pizarro cercava di attirare i partigiani di Atahuallpa in uno scontro frontale. Alcuni informatori indigeni alleati , gli comunicarono che considerevoli forze nemiche erano attestate a Jauja intenti a bruciare l'importante cittadina. Con i suoi uomini partì al galoppo, lasciando indietro i fanti con le salmerie e, a mezzo di marce forzate, riuscì a sorprendere gli uomini di Quizquiz attardati nei pressi della cinta urbana. L'esercitò nemico venne sconfitto e lo scontro insegnò a Quizquiz che i cavalli erano pressoché invincibili in pianura.
Intanto, l'Imperatore Tupac Huallpa,appena incoronato, morì. Il giovane sovrano era già malato quando era stato eletto al potere supremo, ma tra la truppa corse la voce che era stato avvelenato da Chalcochima, il generale fedele ad Atahuallpa che seguiva prigioniero la spedizione. L'anziano guerriero era già stato oggetto di forti sospetti.
Mentre l'esercito di Pizarro continuava la sua marcia verso Cuzco , tra scontri con i partigiani di Atahuallpa e l'arrivo di nuovi volontari dai villaggi che incontrava , comparve un personaggio che avrebbe avuto un ruolo determinante nei successivi avvenimenti. Si trattava di Manco, principe , figlio legittimo di Huayna Capac e fratello di Atahuallpa e di Huascar. Nella guerra civile aveva parteggiato per il legittimo sovrano e, alla vittoria dell'esercito di Quito aveva abbandonato la regione per salvarsi la vita. Aveva avuto notizia dell'arrivo di un gruppo di stranieri, e dell'esecuzione dell'usurpatore e suo mortale nemico Atahuallpa, e decise di offrire loro i suoi servigi.
Manco (futuro Manco II) fu bene accolto da Pizarro il quale vide risolversi la questione successoria al trono Inca dopo la morte di Tupac Huallpa. Per il momento il condottiero doveva pensare alla liberazione di Cuzco che Quizquiz si ostinava ad occupare. Il Principe Manco aveva denunciato il pericolo di un imminente incendio della capitale, per rappresaglia e Pizarro inviò due capitani con alcuni soldati al seguito in avanscoperta. Come giunsero in vista della città, costoro videro, effettivamente, delle volate di fumo che si innalzavano dai tetti. Nello stesso tempo scorsero anche un considerevole numero che tutto dun tratto gli furono addosso. Si erano ritrovati in uno scontro con la truppa scelta di Quizquiz.
Con quest'ultima azione Quizquiz cambiò tattica sgomberando la città dal grosso delle truppe che gli erano rimaste inoltrandosi nei territori montani dove fiumi profondi e gole scoscese gli fornivano un vantaggio.
Il 15 novembre del 1533, Pizarro con soli tredici commilitoni, giunse sotto le mura di Cuzco , popolata da molta gente: non sapevano esattamente cosa fare, temevano di essere uccisi.
Anche gli indigeni , dal canto loro, erano timorosi, perché non avevano mai visto uomini come questi, coperti d’acciaio, serrati nelle rilucenti armature.
Uno spagnolo, Pedro de Candia, prese allora una croce di legno e avanzò, bardato d’acciaio, verso gli indigeni , fin sotto le porte della città. Scrive Garcilaso de la Vega, che riporta l’episodio, che Pedro de Candia procedeva nobilmente, a passi imponenti, come se fosse il signore di quelle contrade, con un portamento magnifico, recando la Croce.
Gli indigeni fecero allora sortire dalle mura due pantere che andarono incontro a Pedro de Candia per assalirlo. Quando però gli furono dappresso, le belve gli s’inginocchiarono davanti. Egli allora depose a terra la Croce, sotto la quale le belve si accucciarono.
Nel vedere tutto questo gli indigeni lo credettero un dio o comunque un messaggero della divinità e, pensando che fosse stata la forza del segno, la virtù della Croce ad aver ammansito quelle belve , che avrebbero dovuto sbranare senz'altro lo sconosciuto cristiano, da quel giorno cominciarono a riprodurla fra di loro.
In questo modo miracoloso , la campagna di Cuzco era terminata.
Poco dopo Quinto venne liberata dalle forze avversarie. Vi furono successivamente scontri interni che sfociarono nell'assedio della stessa Cuzco. Nel 1536 la situaZione era ritornata all'ordine. Gl’Incas di sangue reale si dimostrarono fedeli a Pizarro (tranne alcune rare eccezioni) e di rimando egli gli onorò sempre.
Fu volontà espressa dei Sovrani di Spagna che gli autoctoni del Perù fossero governati dai loro capi naturali, dagl’Inca, i cui beni e la cui posizione sociale furono sempre conservati. E questo non tanto perché gli spagnoli non potessero sostituirli nel comando, quanto piuttosto perché conservare la gerarchia propria di questi indigeni parve meglio accordarsi con il rispetto della legge naturale.
Pensate soltanto che Pizarro conquistò il Perù praticamente con tredici armati, tredici e non uno di più. Se non avesse avuto l'appoggio di ogni segmento sociale che vide in lui e negli spagnoli la salvezza da una società barbara e violenta non sarebbe mai riuscito a conquistare il Perù: la Provvidenza operò manifesta in questa impresa.
Scrisse Alfredo Cevero, che non si può parlare, a rigore, di una conquista militare europea delle Americhe, quanto piuttosto di una conquista operata dagli indigeni stessi, i quali passarono in forze dalla parte degli spagnoli, come loro alleati.
Fine Seconda Parte...
Mentre l'esercito di Pizarro continuava la sua marcia verso Cuzco , tra scontri con i partigiani di Atahuallpa e l'arrivo di nuovi volontari dai villaggi che incontrava , comparve un personaggio che avrebbe avuto un ruolo determinante nei successivi avvenimenti. Si trattava di Manco, principe , figlio legittimo di Huayna Capac e fratello di Atahuallpa e di Huascar. Nella guerra civile aveva parteggiato per il legittimo sovrano e, alla vittoria dell'esercito di Quito aveva abbandonato la regione per salvarsi la vita. Aveva avuto notizia dell'arrivo di un gruppo di stranieri, e dell'esecuzione dell'usurpatore e suo mortale nemico Atahuallpa, e decise di offrire loro i suoi servigi.
Manco II |
Con quest'ultima azione Quizquiz cambiò tattica sgomberando la città dal grosso delle truppe che gli erano rimaste inoltrandosi nei territori montani dove fiumi profondi e gole scoscese gli fornivano un vantaggio.
Il 15 novembre del 1533, Pizarro con soli tredici commilitoni, giunse sotto le mura di Cuzco , popolata da molta gente: non sapevano esattamente cosa fare, temevano di essere uccisi.
Anche gli indigeni , dal canto loro, erano timorosi, perché non avevano mai visto uomini come questi, coperti d’acciaio, serrati nelle rilucenti armature.
Uno spagnolo, Pedro de Candia, prese allora una croce di legno e avanzò, bardato d’acciaio, verso gli indigeni , fin sotto le porte della città. Scrive Garcilaso de la Vega, che riporta l’episodio, che Pedro de Candia procedeva nobilmente, a passi imponenti, come se fosse il signore di quelle contrade, con un portamento magnifico, recando la Croce.
Pedro de Candia doma le belve con la Croce |
Nel vedere tutto questo gli indigeni lo credettero un dio o comunque un messaggero della divinità e, pensando che fosse stata la forza del segno, la virtù della Croce ad aver ammansito quelle belve , che avrebbero dovuto sbranare senz'altro lo sconosciuto cristiano, da quel giorno cominciarono a riprodurla fra di loro.
In questo modo miracoloso , la campagna di Cuzco era terminata.
Collocazione geografica della città di Cuzco |
Fu volontà espressa dei Sovrani di Spagna che gli autoctoni del Perù fossero governati dai loro capi naturali, dagl’Inca, i cui beni e la cui posizione sociale furono sempre conservati. E questo non tanto perché gli spagnoli non potessero sostituirli nel comando, quanto piuttosto perché conservare la gerarchia propria di questi indigeni parve meglio accordarsi con il rispetto della legge naturale.
Pensate soltanto che Pizarro conquistò il Perù praticamente con tredici armati, tredici e non uno di più. Se non avesse avuto l'appoggio di ogni segmento sociale che vide in lui e negli spagnoli la salvezza da una società barbara e violenta non sarebbe mai riuscito a conquistare il Perù: la Provvidenza operò manifesta in questa impresa.
Scrisse Alfredo Cevero, che non si può parlare, a rigore, di una conquista militare europea delle Americhe, quanto piuttosto di una conquista operata dagli indigeni stessi, i quali passarono in forze dalla parte degli spagnoli, come loro alleati.
Fine Seconda Parte...
Fonti:
NELSON RIBEIRO FRAGELLI - LA CRISTIANIZZAZIONE DELLE AMERICHE: UN’EPOPEA DELLA FEDE.
Francisco Pizarro, Madrid 1940.
Scritto dal Presidente e fondatore A.L.T.A. Amedeo Bellizzi