“E’ necessario che non soltanto in determinate ore si insegni ai giovani la religione, ma che tutta la restante formazione olezzi di cristiana pietà. Se ciò manca, se questo alito sacro non pervade e non riscalda gli animi dei maestri e dei discepoli, ben poca utilità potrà aversi da qualsiasi dottrina: spesso anzi ne verranno danni non lievi” Leone XIII
“E’ diritto inalienabile della Chiesa, e insieme suo dovere indispensabile, vigilare sull’educazione dei suoi figli” Pio XI
Nei tempi di laicismo imperante e di dittatura del relativismo in cui viviamo, risulta oltremodo importante mettere in evidenza il dovere che i genitori cattolici hanno nei confronti dei loro figli, ossia quello di fare in modo che venga loro impartita un’educazione che non sia nelle mani di un sistema scolastico laicista e fondamentalmente neutrale (se non proprio ostile) nei confronti della Verità insegnata da Cristo e dalla sua Chiesa.
Il Magistero ecclesiastico offre numerosi moniti a tal riguardo:
Papa Pio X nella sua Enciclica Singulari Quadam (1912) affermò che “[…] qualunque cosa un cristiano faccia, anche se nell’ordine delle cose terrene, non gli è lecito trascurare i beni soprannaturali; anzi deve, conformemente alle regole della dottrina cristiana, tutto dirigere al bene supremo come a fine ultimo. E tutte le sue azioni, in quanto moralmente buone o cattive, cioè conformi o no alla legge naturale e divina, sono soggette al giudizio e alla giurisdizione della chiesa.”. Questa citazione andrebbe ripetuta a diversi “cattolici adulti” per ricordare loro il diritto/dovere della Chiesa di provvedere all’educazione scolastica, in quanto fine prossimo da garantire in vista del fine ultimo.
Pio XI sviluppò tale tematica (partorita da Papa Sarto nei confronti della questione operaia, ma applicabile in pressochè tutti gli ambiti della vita cristiana) nei confronti del problema educativo dichiarando che “è diritto inalienabile della Chiesa, e insieme suo dovere indispensabile, vigilare tutta l’educazione sei suoi figli, i fedeli, in qualsiasi istituzione pubblica o privata, non soltanto rispetto all’insegnamento religioso ivi impartito, ma per ogni altra disciplina e per ogni altro ordinamento, in quanto abbiano relazione con la religione e la morale.”
Impossibile non citare nel suddetto ambito l’Enciclica Divini Illius Magistri di Pio XI: “Da natura i genitori hanno il diritto della formazione dei figli, con questo dovere in più, che e l’educazione e l’istruzione del fanciullo s’accordino col fine, in grazia del quale, per beneficio di Dio, hanno avuto la prole. Debbono per tanto i genitori sforzarsi ed energicamente insistere per impedire in questa materia ogni attentato, e in modo assoluto assicurare che a loro rimanga il potere di educare come si deve cristianamente i figli, e massimamente di negarli a quelle scuole nelle quali v’è pericolo che bevano il tristo veleno dell’empietà. […] è ingiusto ed illecito ogni monopolio educativo o scolastico che costringa fisicamente e moralmente le famiglie a frequentare le scuole dello Stato contro gli obblighi della coscienza cristiana o anche contro le loro legittime preferenze. […]ogni fanciullo o adolescente cristiano ha stretto diritto all’insegnamento conforme alla dottrina della Chiesa, colonna e fondamento della verità, e gli recherebbe grave torto chiunque turbasse la sua fede, abusando della fiducia dei giovani verso i maestri e della loro naturale inesperienza e disordinata inclinazione a una libertà assoluta, illusoria, falsa”.
Sarà sempre Papa Ratti che condannerà, assieme all’educazione sessuale scolastica e al naturalismo pedagogico, anche la coeducazione, ossia le classi miste composte da alunni di sesso maschile e femminile: “segnatamente nel periodo più delicato e decisivo della formazione, qual’è quello dell’adolescenza: e nelle esercitazioni ginnastiche e di diporto, con particolare riguardo alla modestia cristiana della gioventù femminile alla quale gravemente disdice ogni esibizione e pubblicità” e l’adesione di studenti cattolici ad una scuola neutralista e laica: “onde la frequenza delle scuole acattoliche, o neutrali, o miste, quelle cioè aperte indifferentemente ai cattolici e agli acattolici, senza distinzione, è vietata ai fanciulli cattolici, e può essere solo tollerata, unicamente a giudizio dell’Ordinario, in determinate circostanze di luogo e di tempo e sotto speciali cautele (Cod. I C. c. 1374). E non può neanche ammettersi per i cattolici quella scuola mista (peggio, se unica a tutti obbligatoria), dove, pur provvedendosi loro a parte l’istruzione religiosa, essi ricevono il restante insegnamento da maestri non cattolici in comune con gli alunni acattolici. Giacché non per il solo fatto che vi si impartisce l’istruzione religiosa (spesso con troppa parsimonia) una scuola diventa conforme ai diritti della Chiesa e della famiglia cristiana e degna di essere frequentata dagli alunni cattolici. A questo effetto è necessario che tutto l’insegnamento e tutto l’ordinamento della scuola: insegnanti, programmi e libri, in ogni disciplina, siano governati dallo spirito cristiano sotto la direzione e vigilanza materna della Chiesa, per modo che la religione sia veramente fondamento e coronamento di tutta l’istruzione, in tutti i gradi, non solo elementare, ma anche media e superiore.”.
Il Concilio Vaticano II, nella dichiarazione Gravissimum Educationis (1965), ribadirà tali posizioni: “Ai genitori cattolici ricorda poi l’obbligo di affidare, secondo le concrete circostanze di tempo e di luogo, i loro figli alle scuole cattoliche, di aiutarle secondo le loro possibilità e di collaborare con esse per il bene dei loro figli”.
Nello stato attuale di grave crisi di Fede e di valori risentita soprattutto dalla gioventù risulta quantomai necessario ribadire e diffondere queste verità.
A cura di Federico
Fonte: articolo “L’Insegnamento Tradizionale della Chiesa sulla scuola” apparso nel numero 3 (84) anno XXIII de La Tradizione Cattolica
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