lunedì 18 marzo 2013

No alla chiusura del Museo del Lombroso

LA FOSSA COMUNE DI CENTINAIA 

DI MERIDIONALI



 NO ALLA SUA CHIUSURA



 NON SI CONDANNA UN CRIMINE 

DISTRUGGENDONE LE PROVE







IL MUSEO DEL LOMBROSO È LA TREMENDA PROVA DI UN EFFERATO CRIMINE COMMESSO SULLA POPOLAZIONE DEL SUD E COME TALE VA CONSIDERATO, RISPETTATO E PROTETTO.



CHE IL MUSEO DEL LOMBROSO DIVENTI META DI PELLEGRINAGGI, DI CELEBRAZIONI RELIGIOSE, DI INCONTRI DI PREGHIERA, DI MOMENTI DI RIFLESSIONE, DI RADUNI CON DEPOSIZIONI DI FIORI E DI CORONE. 



CHE IL MUSEO DEL LOMBROSO SIA ELEVATO AL RANGO DI SACRARIO. 








Qualche anno fa hanno riaperto il Museo di Antropologia Criminale “Cesare Lombroso” di Torino che, senza mezzi termini, è stato definito “IL MUSEO DEGLI ORRORI”.

Nel suo interno sono esposte alla pubblica macabra curiosità, membra umane per la maggior parte di soggetti non identificati, sicuramente contadini e pastori meridionali che, sommariamente definiti malviventi, furono uccisi e sezionati solo perché somiglianti a dei criminali precedentemente catalogati.

L’antico Regno delle Due Sicilie, cuore pulsante di quella cultura mediterranea proveniente dalla Magna Grecia, vera terra italiana, fu assoggettato dai conquistatori di quella piccola regione elevata a stato, qual era il Piemonte, e ridotto a poco più di una colonia.

Il Popolo Meridionale si ribellò a quella sanguinosa e devastante operazione militare comandata dai Savoia per annettere l’Italia al Piemonte e, pertanto, fu marchiato quale portatore di una “delinquenza atavica” dovuta ad una “inferiorità della specie propria della razza meridionale”. Per questa ragione la dilagante reazione popolare fu identificata come un’azione criminale e non come una sacrosanta legittima difesa.

Il Lombroso fu inviato nelle province meridionali a seguito delle truppe di invasione per individuare, “studiare” ed eliminare i soggetti dediti al ribellismo antipiemontese.

La sua teoria, tanto razzista e criminale quanto bislacca e approssimata, sosteneva che i malviventi avessero tratti del viso e della testa in comune, nonché precise e similari caratteristiche nel modo di vestire, di parlare, di agire e di scrivere. 

Il Lombroso, con quella incredibile catalogazione, non fece altro che registrare i caratteri fisici propri degli abitanti del Regno del Sud. Caratteristiche che furono, poi, strumentalmente utilizzate come elementi probatori della delinquenza e dell’essere inclini al delitto. Fu una vera e propria follia criminale e razzista che fece molte vittime tra la popolazione inerme: fu un nazismo ante litteram.

Infatti, in virtù di queste tesi, i soldati piemontesi operarono “condanne ed  esecuzioni per deduzione”, procedendo a raccapriccianti tagli e mutilazioni di teste e di arti, ingrossando giorno per giorno quel “deposito” di Torino destinato, poi, a diventare un museo.

Chiuso qualche decennio fa, quel Museo è stato riaperto in occasione del centocinquatenario suscitando proteste ed invettive soprattutto negli ambienti neomeridionalisti che ne hanno chiesto la chiusura.

Considerato che quanto viene “conservato” nel Museo del Lombroso SONO GLI UNICI RESTI MORTALI DEI BRIGANTI e, cioè, di coloro che furono gli ultimi strenui difensori di una cultura e di una nazione condannata a morte dal crudele invasore; visto che CERTI CRIMINI VANNO RESI PUBBLICI e mostrati alle nuove generazioni AFFINCHÉ MAI PIÙ ACCADANO SIMILI ATROCITÀ; convinti che è uno stesso crimine nasconderli favorendo l’oblio, RITENIAMO che quel cosiddetto museo è UNA FOSSA COMUNE DI VITTIME DI CRIMINI DI GUERRA E COME TALE SIA CONSIDERATO, RISPETTATO E PROTETTO.

Il Museo del Lombroso è l’ALTARE della Patria Meridionale dove sono conservati i resti ignoti dei Figli disgraziati di quella antica Terra conquistata, saccheggiata, vilipesa e cancellata dalla memoria dei libri e della gente.

Che quel luogo diventi la coscienza sporca di chi ancor oggi nega quella tragedia e non ancora si decide a chiedere perdono ad un intero Popolo condannato alla mortificazione sociale, culturale, politica ed economica.

Che quelle teche, stracolme di poveri resti umani, siano monito della efferatezza umana così come lo sono i campi di sterminio nazisti.



PERTANTO DICIAMO NO ALLA PAVENTATA CREMAZIONE DI QUEI RESTI UMANI E, NELLO STESSO TEMPO, CHIEDIAMO CHE IL MUSEO DEL LOMBROSO SIA ELEVATO A SACRARIO DI UN OLOCAUSTO ANCORA NEGATO.







 
 
 
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