Dom, 05/05/2013 da Il Giornale-
Le cannonate di Bava Beccaris sui milanesi

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All’inizio fu un aumento del grano da 35 a 60 centesimi al chilo, poco sulla carta, un’enormità per chi di fatto si nutriva di solo pane. E così scoppiarono le prime agitazioni, gli scioperi, le manifestazioni per quella che dovette passare alla storia la «protesta dello stomaco».
Una protesta che si estese rapidamente in tutt’Italia raggiungendo toni particolarmente drammatici tra il 6 e il 9 maggio 1898 a Milano dove Bava Beccaris prese a cannonate la folla. E fu strage. Impossibile ancora adesso a distanza di quasi 120 anni, sapere quanti furono i morti. La prefettura ne accertò 88 ma per le forze d’opposizione furono molti di più: i numeri presero a rimbalzare a 118, poi 300, forse la stima più attendibile, quindi 800 fino a diventare mille in un canzone popolare.

A Milano il malcontento esplose il 6 maggio all’ora di pranzo, quando la polizia fermò in via Galilei alcuni operai della Pirelli sorpresi a distribuire volantini contro il governo presieduto Antonio Starabba, marchese di Rudinì, rappresentante della destra storica. Gli arrestati furono poi rilasciati ma ormai la tensione era salita alle stelle e alle 18.30 una folla di un migliaio di persone prese d’assedio la Questura, allora in via Napo Torriani. Partirono i primi colpi d’arma da fuoco che ferirono mortalmente due manifestanti e un poliziotto. Il 7 maggio fu dichiarato lo sciopero generale che ben presto divenne rivolta aperta e dai cortei si passò alle barricate a Porta Venezia, Porta Vittoria, Porta Romana, Porta Ticinese e Porta Garibaldi. Il governo decretò lo stato d’assedio anche per Milano, nominando al generale Fiorenzo Bava Beccaris Regio commissario straordinario.

L’uso spregiudicato dell’artiglieria piegò effettivamente la rivolta, causando però un bagno di sangue mai quantificato. Secondo la Prefettura, le vittime accertate furono 88, 400 i feriti mentre secondo il cronista e politico repubblicano Paolo Valera, sarebbero state almeno 118 e i feriti oltre 400. Alcune fonti fecero salire il numero dei morti prima a 300, forse la stima più probabile, altre addirittura a 800. Per evitare conseguenze infatti molti familiari di morti e feriti non denunciarono i decessi né portarono i parenti all’ospedale. Tra i soldati invece ci sarebbero stati due morti: uno si sparò accidentalmente, l’altro fu fucilato sul posto per essersi rifiutato di aprire il fuoco sulla folla.
La sanguinosa repressione fruttò a Fiorenzo Bava Beccaris, poi passato alla storia come «il macellaio di Milano», la croce di Grande Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia il 5 giugno e la nomina a Senatore il 16. Negli anni Dieci fu un accanito sostenitore dell’entra in guerra dell’Italia quindi, fascista convinto, tra i primi a suggerire a Vittorio Emanuele III la nomina di Benito Mussolini a presidente del Consiglio.
Fonte: http://venetostoria.com/