martedì 21 maggio 2013

Sui fatti di Auletta del 1861



A proposito di bersaglieri e del loro raduno a Salerno, dopo l’appello da noi rivolto al loro generale (IL MATTINO 13/5/13), la cronaca dei fatti della vicina Auletta (CRONACHE DI SALERNO, 18 e 19/5/13) ci riporta a quel passato con il quale anche e soprattutto chi vanta un’eredità militaresca risorgimentale deve fare necessariamente i conti. 
Così il grande Giacinto de’ Sivo descrive “Le stragi di Auletta” (Storia delle Due Sicilie, vol. II, p. 500). 


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Le stragi di Auletta

di

Giacinto de’ Sivo



Auletta terra di tremila anime nel Salernitano, sopportata male la rivoluzione, sentendo dura la tirannide liberalesca, anelava a scuotere il giogo. Udito ne’ vicini boschi di Petina, Sirignano e Polla una mano di Borboniani li chiamò; i quali muovendo dal bosco Lontrano entrarono il 28 Luglio tra entusiastiche grida, e balli e suoni e canti attorno all'effigie di Francesco e Sofia. I pochi liberali del luogo corsero a Pertosa e Caggiano, invocando armati per reimporre a’ conterranei la libertà. Nessuno si mosse, eccetto un Peppino Oliva capo nazionale di Pertosa, che con alquanti racimolati satelliti ad Auletta s'accostò, ma ebbe a fuggire indietro. Dappoi accorso da Napoli un battaglione, e la legione Ungarese, preso seco Nazionali mobili sull’alba del 30 circuirono il paese; perloché i Borboniani, veggendo non poter vincere tanti, batterono ritirata; e con poche fucilate s'aprirono il passo. 
Gli assalitori invece di dare appresso a questi avversari, entrarono nell'inerme paese per la contrada Piano; e spartiti per le vie quante incontravano persone d'ogni età e stato uccidevano, poscia preso nota de’ più facoltosi, n'investirono le case, e dettevi sacco e fuoco. Prima a’ fratelli sacerdoti Pucciarelli, de’ quali tosto D. Giuseppe trucidarono; l'altro D. Giovanni poté fuggire allora, e poi ebbe due anni di carcere. Saccheggiate parecchie case, strapparono dalle paterne mura l'arciprete Amato, con altri tre sacerdoti, e Francescantonio Carusi, e per fucilarli menaronli avanti la chiesa rovesciata dal tremuoto, e là inginocchiati tennerli molto tra vita e morte; e come un di quei preti settuagenario non reggendo in ginocchio s'alzò, un sergente col fucile gli ruppe il capo. Poi li menarono nel paese a ludibrio, e cavati dalle case altresì i germani Nicola e Giuseppe Carusi, Nicola Amato, Raffaele Lafragola e altri, tutti s'inginocchiarono al largo Campinelli, e con le battiture straziarono; sinché per le lagrime di molti e massime d'una cognata dell'arciprete che col bambino in collo seguendoli al supplizio spettava i sassi. Il capitano fe’ grazia. Tra questi un Vittorio Amorosi liberato appena, correndo a consolare la sua famiglia alla Casina, ripreso per via da altri soldati, è serrato in una chiesa, e là dentro con altri scannato. Così sommariamente i liberatori quarantacinque persone assassinarono; un cento ne ligarono, che con infiniti strazii e conturmelie trascinarono a Salerno, dove il durissimo carcere biennale loro parve una fortuna. Di Auletta arsa sonò alto la fama, anche ne’ giornali governativi, che loro scelleratezze anche esageravano per ispaventare, curando il possesso, non l'infamia.



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