giovedì 23 maggio 2013

Il suicidio di Dominique Venner

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Considerazioni sparse sul suicidio di Dominique Venner nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, avvenuto ieri martedì 21 maggio 2013.
In primis avrei voluto dire che questo suicidio è imparagonabile con quello di Mishima, poiché Mishima era un “giapponese” e dunque poteva ritenere legittimo in buona fede (pur oggettivamente sbagliando) il gesto del suicidio rituale, cosa che non può assolutamente valere per un “europeo” cioè per un “cristiano”.
Ma ora leggo nel “testamento” di Venner[1] che neppure egli era un “europeo”, ma tutt’al più un “greco classico” o un “antico romano”. Qualcuno lo ha definito un disperato, e io dico che sì, certo, un uomo di 78 anni che «non attende nulla nell’aldilà, se non il perpetrarsi della propria razza e del proprio spirito» come potrebbe non essere disperato?
Il suicidio, come sanno i cristiani, è un grave peccato, e non si può combattere il male (diffusione della cultura omosessualista) con un gesto altrettanto malvagio.
Venner non attende nulla nell’altra vita e compie il proprio “suicidio rituale” come gesto “di protesta e di fondazione”. Il cristiano non ha nulla da fondare. Ha già fondato Cristo, per noi, la Chiesa, Arca di salvezza “per tutti”.
Venner dice che gli europei non possiedono “una religione identitaria”. Io ho già detto che lui NON ERA un europeo.
Venner si sentiva disperato, e come non esserlo guardando ciò che sta succedendo in Europa? Ma un modo in effetti c’è. Ricordo un vecchio apoftegma, tratto dalla Vita dei Padri del Deserto:
Un giovane monaco si recò dall’Anziano e disse: “Padre, non riesco a perdonare chi mi offende e ho desiderio di vendicarmi dei miei nemici”. L’Anziano rispose: “inginocchiati e preghiamo insieme”. E così pregò l’Anziano: “Signore, noi non abbiamo bisogno di te, perché ci vendichiamo da soli dei nostri nemici”.
E ovviamente il giovane monaco capì il proprio errore e fu preso da compunzione.
Ciò che, purtroppo, non è successo a Venner.
a cura di Pierfrancesco Palmisano