Stemma dei Capece Minutolo
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Agguerrito e instancabile polemista
Antonio Capece Minutolo, Pincipe di Canosa. |
Antonio Capece Minutolo nasce a Napoli il 5 marzo 1768 da una delle famiglie nobili più antiche del Regno, che aveva signoria sul vasto feudo di Canosa, in Puglia, ed era ascritta al primo dei Sedili o circoscrizioni di Napoli, quello di Capuana. La cappella di famiglia, edificata nel duomo della città partenopea nel 764, con i ritratti di numerosi uomini politici, due cardinali e uno stuolo di guerrieri, testimonia la virtù della stirpe dei Capece Minutolo, che hanno servito per secoli il Regno di Napoli e la Chiesa cattolica, senza essere contaminati da quel declassamento dell’aristocrazia feudale in nobiltà cortigiana, verificatosi sotto la spinta dell’accentramento burocratico e amministrativo.
Il giovane Antonio compie gli studi di filosofia a Roma, presso il Collegio Nazareno dei gesuiti, quindi il padre lo avvia alla carriera forense ma egli, pur distinguendosi nella trattazione delle cause criminali, sente che l’avvocatura non è la sua vocazione. Le "declamazioni dei falsi liberali e dei miscredenti" lo tentano in quegli anni, concretizzandosi nell’invito ad affiliarsi alla massoneria, ma non lo attirano nella rete, anzi lo inducono ad approfondire la conoscenza della teologia e del diritto pubblico della nazione napoletana. Nel 1795, con un’orazione su La Trinità, diretta a confutare i deisti, che postulano una religione naturale fondata sull’"unità" di Dio, e con una dissertazione accademica su L’Utilità della Monarchia nello stato civile, il giovane principe scende in campo per difendere la causa del Trono e dell’Altare, cui attentano le teorie degli illuministi e le realizzazioni della Rivoluzione francese.
Richiamandosi alla tradizione del Regno di Napoli, egli ricorda che non può esservi vera Monarchia senza corpi intermedi, il più importante dei quali è l’aristocrazia, e che la società ha una sua personalità specifica, pur nella sottomissione e nella fedeltà al monarca, il quale da parte sua è legittimo quando rispetta le leggi e le consuetudini della nazione. La monarchia feudale, quindi, è organicamente in rapporto con i ceti e con le comunità, e, all’esterno del Regno, con il Papato e con l’Impero. Nel 1796, con le Riflessioni critiche sull’opera dell’avvocato fiscale sig. D. Nicola Vivenzio intorno al servizio militare dei baroni in tempo di guerra, precisa il suo pensiero sui compiti della nobiltà nell’ora presente.
In particolare, muovendo dalla considerazione che i feudi moderni non erano più concessi dal monarca in ricompensa di servigi ricevuti e in cambio del servizio militare prestato dai nobili, ma erano diventati corpi venali, che potevano anche essere acquistati, senza obblighi o vincoli connessi, egli ritiene priva di fondamento giuridico la pretesa del Re d’imporre il servizio militare ai baroni; costoro, tuttavia, per il senso dell’onore e della fedeltà che li caratterizza, devono fornire denaro e soldati alla nazione quando questa è in pericolo. L’occasione di dare concreta esecuzione a queste affermazioni non tarda a presentarsi.
Onore della nobiltà Napoletana
Ferdinando IV di Napoli |
Francesco Pignatelli, Principe di Strongoli. |
La capitale è espugnata nel gennaio del 1799, dopo le gloriose "tre giornate", in cui i Napoletani, soprattutto i lazzari, cioè il popolo minuto, si armano e resistono valorosamente ai giacobini stranieri e a quelli locali, i "collaborazionisti". Antonio Capece Minutolo è arrestato e condannato a morte senza processo.
La pronta reazione popolare, animata dal cardinale Fabrizio Ruffo (1744-1827), che alla testa dell’esercito della Santa Fede giunge in poco tempo alle porte della capitale, salva la vita all’intrepido aristocratico, il quale non sfugge però alla Giunta di Stato borbonica, che gli infligge "anni 5 di castello" per insubordinazione nei confronti del vicario regio. I repubblicani avevano punito in lui il realista e i realisti punivano l’aristocratico, cioè i due elementi che egli componeva armoniosamente nella sua persona. Alla condanna dei cavalieri napoletani segue lo scioglimento dei Sedili "l’atto più rivoluzionario compiuto dal dispotismo illuminato borbonico", secondo il giudizio dello storico Walter Maturi (1902-1961), che priva la nobiltà di ogni residua influenza politica e la nazione della sua rappresentanza.
Antonio Capace Minutolo, Principe di Canosa |
Politico senza cedimenti
Luigi Medici, Principe di Ottaiano |
Antonio Capece Minutolo, Pincipe di Canosa. Commissario di Polizia (1815) |
Durante le due brevi esperienze di governo il nobile Napoletano cerca di condurre un’azione politica fondata sulla propaganda e sulla polemica, anche satirica, con l’ideale rivoluzionario. Si preoccupa di usare "il minimo della forza e il massimo della filosofia" e raccomanda un’intensa opera d’informazione sulle ideologie: "Dai pergami, sopra le scene dei teatri, nelle pubbliche piazze, nelle gazzette, da mille fogli periodici fare si doveva la guerra ai settari.
Conte Monaldo Leopardi |
Guida della Contro-Rivoluzione in Italia
Antonio Capece Minutolo Principe di Canosa.(1835). |
Francesco IV di Modena |
Antonio Capece Minutolo, Pincipe di Canosa in tarda età. |
Alla corte di Modena il Principe di Canosa trascorre gli anni dal 1830 al 1834, collaborando a La Voce della Verità, diretta dallo storiografo Cesare Carlo Galvani (1801-1863), guardia d’onore di Francesco IV, e affrontando, fra i primi in Italia, la crisi di alcuni intellettuali cattolici, che apre la strada al liberalismo cattolico. Passa quindi nello Stato Pontificio, dove cerca di promuovere la costituzione di volontari armati legittimisti, e finalmente, nel 1835, fissa la sua dimora a Pesaro, dove si sente ormai "stanco lione" cui gli asini liberali avrebbero ardito tirare calci come nella favola di Esopo. Tuttavia, reagisce con il consueto vigore alle accuse mossegli, con la Storia del Reame di Napoli, da Pietro Colletta (1775-1831), contro il quale scrive un’Epistola in cui contrappone la verità dei fatti a una mendace storiografia e i suoi ideali incontaminati all’ipocrisia dei liberali. Dopo essersi battuto fino all’estremo, muore a Pesaro il 4 marzo 1838.
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Fonte:
www.icapeceminutolo.it
Di:
Redazione A.L.T.A.