domenica 12 maggio 2013

Il dovere del cristiano di disobbedire a leggi ingiuste

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Ai nostri tempi viene spesso e volentieri paventata una certa “ingerenza” da parte della Chiesa Cattolica nei confronti di determinate decisioni prese dalla politica italiana, sia in senso ostruzionista che favorevole ad esse. Tralasciando se queste ingerenze siano vere o presunte, la domanda corretta da porsi di fronte alle prese di posizione del Magistero ecclesiastico in questi campi è la seguente: è possibile per un cattolico disobbedire ad una legge dello stato laddove essa si dimostri contraria alla legge divina e naturale? E se possibile, quali sono le modalità con le quali si dovrebbe agire?
La premessa da porre prima di fornire una risposta è che una legge per essere tale deve avere due fondamentali caratteristiche: essere emanata dall’autorità in vista del bene comune e non contrastare in alcun modo con la legge naturale e divina sovracitata. Laddove mancassero tali elementi essa perderebbe completamente il suo valore, e non obbligherebbe in coscienza. Tale è la tesi, però dobbiamo tener presente l’antitesi, ossia che nella società civile esistono organismi creati ad hoc per fare in modo che le leggi (siano esse giuste o ingiuste) vengano rispettate, punendo i trasgressori, e che in determinati casi alcune leggi, per quanto ingiuste (ad es. una tassazione eccessiva), vadano rispettate per non provocare scandalo. Di conseguenza una legge ingiusta (come ad es. quella riguardante l’aborto) de jure non è legge, non lo è mai stata né mai lo sarà, ma (purtroppo) de facto lo rimane. Trovandosi davanti a tale situazione, il cristiano ha diverse possibilità:
  • La resistenza passiva; essa comporta l’opposizione passiva a tali leggi tramite la non osservanza delle stesse.
  • La resistenza attiva legale; prevedente l’opposizione ad esse tramite mezzi legittimi (referendum, manifestazioni ecc. ecc.) per ottenere la loro revisione o cancellazione.
  • La resistenza attiva a mano armata; consistente nell’opposizione con la forza all’applicazione di esse.
Se la prima reazione è obbligatoria in presenza di un’ordinamento giuridico iniquo (ossia diametralmente opposto alla Legge di Dio e a quella naturale) e la seconda è sempre permessa alle stesse condizioni, la terza invece va attuata solo in determinate (ed estreme) circostanze, quali possono essere state ad es. la rivolta dei Cristeros in Messico (1926-1929) piuttosto che la Guerra Civile Spagnola (1936-1939). Theodor Meyer scrisse giustamente nel suo Istitutiones Juris Naturalis che “Possono esistere circostanze nelle quali la resistenza attiva agli abusi dell’autorità non sia contraria al diritto naturale” e che “come ogni individuo ha un diritto innato di provvedere alla propria conservazione, e di conseguenza, di difendersi a mano armata contro la violenza di una aggressione ingiusta, senza eccedere, con tutto, le misure che legittimano le necessità della difesa, nello stesso modo un popolo, che la sua unità sociale costituisce in persona morale, deve necessariamente essere provvisto dalla natura dello stesso diritto essenziale. […] Quindi ogni volta che un abuso tirannico del potere, non transitorio, ma costantemente e tirannicamente persecutore, avrà ridotto il popolo a tali stremi che manifestatamente sia in pericolo la sua salvezza, allora, dal diritto naturale, è permesso opporre una resistenza attiva ad un’oppressione di questa natura, nella misura richiesta dalla causa e dalle circostanze.”.
Concludendo, al cristiano è richiesta in coscienza la disobbedienza passiva di fronte a leggi ingiuste, è permessa quella attiva legale e lo è anche, in determinate condizioni, quella attiva a mano armata. Come infatti affermò Papa Leone XIII nella sua enciclica Diuturnum Illud “Una sola ragione possono avere gli uomini per non obbedire: qualore cioè si pretenda da essi qualche cosa che ripugni apertamente al diritto naturale e divino, in quanto ogni volta in cui si vìola la legge di natura e la volontà di Dio è ugualmente iniquo tanto comandare ciò, quanto eseguirlo. Se a qualcuno dunque avvenga di trovarsi costretto a scegliere fra queste due cose, vale a dire se disprezzare i comandi di Dio o quelli dei principi, sappai che si deve obbedire a Gesù Cristo, il quale comandò di rendere <<a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio>> (Mt 22; 21)”.
Fonte: Concezione Cattolica della Politica, di Padre Julio Meinvielle, Edizioni Settecolori.
 
A cura di Federico
 
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