mercoledì 29 maggio 2013

Quel fatal 1866 (Parte 3°) : Le vicende garibaldine nel 1866.




Narrati gli eventi bellici del fronte meridionale che interessarono direttamente l'esercito sabaudo di terra e di mare nella guerra austro-prussiana del 1866 (terza guerra di espansionismo sabaudo) è ora giunto il momento di aprire una parentesi riguardante le vicende del Garibaldi e dei suoi mercenari-volontari durante la campagna militare di "Quel fatal 1866".

 
 


Garibaldi e garibaldini nel 1866:
tra volontari di bassa lega , disordini e sconfitte.





 Organizzazione e composizione dell'esercito garibaldino nel 1866:
Giuseppe Garibaldi.


Appena il trattato tra Italia sabauda e Prussia venne siglato (8 aprile 1866) , si scatenò la solita ridda di progetti militari stravaganti: si preparò un colpo di mano in Dalmazia, che nei piani sabaudi ma anche nella diabolica mente del Bismarck , forse suggestionato dal libro di Rustow, si voleva affidare a Garibaldi.  Il criminale Bixio propose di affidare al Garibaldi il comando della flotta ma nessuno lo prese sul serio: come ben sappiamo, per fare disastri era sufficiente Persano. La Marmora , che non si fidava di Garibaldi, decide di destinarlo in Tirolo dove non poteva intraprendere pericolose iniziative.
File:Nino-Bixio 01.gif
Nino Bixio
Il 6 maggio si finì per decretare la formazione di 5 reggimenti di "volontari", parola assai azzardata per definire coloro che ne faranno parte,  cioè disoccupati nullafacenti, avanzi di galera e regolari travestiti da volontari , da affidare a Garibaldi. Se ne aspettavano 15.000 ma se ne presentarono, per via della dilagante miserie e vista la possibilità di una paga sicura e tre pasti al giorno, circa 30.000: vennero organizzati in 5 brigate e dieci reggimenti , sei dei quali, in camicia rossa (per la prima volta indossata da reparti dell'esercito regolare). Gli si affidò il compito, non molto impegnativo,  di tagliare le comunicazioni tra Verona e il Brennero.
Per evitare che all'ultimo momento Garibaldi facesse uno dei suoi colpi di testa, venne confinato a Caprera fino al 10 giugno, quando gli venne consegnato il corpo dei volontari che era stato perciò organizzato in sua assenza: il viaggio in mare lo fece sul tristemente noto "Piemonte", forse per ragioni scaramantiche.

Domenico (Menotti) Garibaldi
Menotti Garibaldi.
L'ammassamento dei volontari avvenne fra Como, Monza, Varese e Bergamo , nella più generale confusione. Mancavano i suoi ufficiali migliori, passati all'esercito regolare: chiese che li fossero concessi ma gli venne permesso di portarsi dietro solo il figlio Menotti. Da solo fece fatica a mettere un po' di ordine : emanò per l'occasione un decalogo di comportamento un po' particolare; alcune delle direttive furono:

"Chiunque mostra paura , dev'essere preso a calci...Le perdite più gravi si patiscono fuggendo, mentre i valorosi vincono sempre e ne muoiono pochi...Gli uomini di tutti i gradi prendano frequenti bagni nel lago...". In termini di comportamento tattico , la disposizione fu: "Fate l'aquila" , nel senso di prendere posizione sui punti più alti.

Complessivamente a circa 38.000 uomini , 200 cavalli e 24 cannoni . In realtà può contare solo su 6.000 soldati decenti che da Salò si diressero verso Caffaro e le Giudicarie. Anche di questi trovò modo di dare giudizio negativo e li descrisse come "bricconi e avanzi d'osteria" , addirittura peggiore di quelli degli anni precedenti:

"Fra di loro c'erano dei farabutti che di giorno scansavano le fatiche e di notte derubavano i compagni da saccapani e bisacce. Sparivano orologi, soldi, perfino mutande di ricambio, vaglia postali, francobolli. A un altro gli anelli dalle dita".




I garibaldini invadono il Trentino:


File:Garibaldi Lonato 1866.jpg
Quartier generale di Garibaldi a Lonato il 27 giugno 1866
Il 24 giugno 1866 , con la sconfitta sabauda a Custoza, anche i garibaldini si ritirarono prudentemente seguendo la generale direttiva di La Marmora , letteralmente terrorizzato dagli Imperiali.
Garibaldi si ritirò sulle colline di Lonato , dove pose il suo Quartier Generale al riparo dell'ombra di un lenzuolo.
Il 3 luglio Garibaldi si scontrò a Monte Suello con 1.400  Imperiali, che respinsero vittoriosamente tre assalti di 5.000 garibaldini , che si sbandarono per un acquazzone al ponte di Caffaro: Fedrigo Bossi Fedrigotti , che prese parte allo scontro nei ranghi dell'esercito Imperiale , definì i volontari "briganti di Garibaldi".


Secondo Pocock , gli Imperiali avrebbero alla fine della giornata abbandonato la posizione che avevano tenuto solo per permettere alla Brigata Hoffern di lasciare indisturbata la valle del Chiese.
Garibaldi, con la sua solita olimpica serenità, sostenne addirittura che si sia trattato di una vittoria conseguita "con celerità e bravura , cacciandone gli Austriaci in un combattimento glorioso".



Il maggiore Nicostrato Castellini
Il giorno seguente anche i volontari spediti verso il Tonale al comando del maggiore Castellini vennero sconfitti a Vezza d'Oglio . In entrambi i casi i garibaldini ebbero perdite piuttosto alte. Anche lo stesso Garibaldi venne ferito a una coscia. Ma con la sconfitta dell'Impero d'Austria a Sadowa da parte dell'esercito Prussiano costringe l'Impero alla resa. Garibaldi allora proclamò che si preparava a marciare su Monaco (chi sa perché in Baviera?) ma venne agevolmente tenuto a bada dai pochi battaglioni Imperiali e dagli Jager Tirolesi, e non riuscì a penetrare in Tirolo per più di 15 Km . In crisi per la tattica nemica che lo bloccava e accusando come sempre lo scarso coraggio dei suoi, scrisse di voler "prendere a calci quei codardi che si lasciassero sopraffare dalla paura". Accelerò le operazioni per cercare di entrare almeno a Trento prima della pace, ma divenne vittima dell'abile tattica del Generale Kuhn che combatté la guerriglia del "mordi e fuggi" mettendo Garibaldi in difficoltà sul suo stesso terreno tattico. Assieme ai soldati dell'esercito Imperiale combatterono anche i contadini trentini che sparavano dalle finestre dei cascinali. Il 13 luglio Garibaldi era a Storo , diretto alla Val Chiese. Il 16 venne respinto da Cimego. Come sempre Garibaldi da una versione perlomeno edulcorata dei suoi insuccessi:



"Il 16 luglio il nemico tentò di cacciarci da Condino. I nostri, contrariamente agli ordini miei , si erano spinti da Condino sino a Cimego, ed occuparono il ponte ivi esistente sul Chiese , senza provvedere di guarnir le alture , indispensabili in quel paese scosceso per proteggere la forza che si trova nella valle".




 Scontri decisivi , fine delle ostilità e congedo dei garibaldini:



Il generale Franz Kuhn von Kuhnenfeld in un ritratto del 1890 eseguito da Ludwig Ferdinand Graf
Franz Kuhn von Kuhnenfeld .
Garibaldi , allora, occupò forte di Ampola e , poi, il paese di Bezzecca. Qui il 21 luglio venne attaccato da Kuhn , che mise in fuga i garibaldini. Il nizzardo riuscì a fatica a riorganizzare i suoi reparti, evitando una rotta disastrosa grazie soprattutto al fatto che gli avversari erano a corto di uomini e che si contentarono dell'obbiettivo raggiunto di rallentare l'avanzata nemica.

I resti del forte d'Ampola
I resti del forte di Ampola.
Quella che viene descritta come la sola vittoria dell'Italia sabauda della guerra , in realtà è stata una beffa giocata da 4.000 Imperiali discesi arditamente da alcuni passaggi scoscesi a 8-10.000 garibaldini. Garibaldi pagò questa vittoria mediatica con la perdita di 2.382 uomini , contro 188 Imperiali: secondo John Pocock  le perdite Imperiali sarebbero state di 18 morti, 84 feriti e 91 dispersi; e quelle garibaldine di 1.118 uomini di cui più di 500 morti e la restante parte i feriti , dispersi e prigionieri.

Battaglia di Bezzecca. Dall'Illustrated London News dell'11 agosto 1866.
Battaglia di Bezzecca.

Il 10 agosto 1866 La Marmora lo tolse d'impaccio inviandogli l'ordine di rientrare: nelle sue Memorie, Garibaldi posticipa alla data dell'ordine di sospendere le operazioni al 25 agosto.
La minuta del famoso
telegramma di Garibaldi.
Garibaldi rispose con un laconico telegramma che è diventato un sacro orpello del patriottismo tricoloruto: « Ho ricevuto il dispaccio N. 1073. Obbedisco. ». Avrebbe fatto meglio ad aggiungere: "Meno male!". A Trento non sarebbe mai arrivato: erano troppe le sue perdite , troppo forte era la difesa guidata dal Generale Kuhn e appoggiata dalla popolazione: l'impossibilità garibaldina di sfondare è sostenuta implicitamente anche dallo storico filo-garibaldino Piero Pieri , in Storia militare del Risorgimento, Guerre e insurrezioni (Torino: Einaudi , 1962).
Il corpo dei volontari venne sciolto il 1° settembre 1866. Garibaldi si rifiutò , avendo perso , a partecipare a parate che furono invece guidate dal compagno d'armi Medici.
Il Garibaldi se ne andò stizzito lasciando che decine di municipi se la sbrigassero con le valanghe di "petulanti richieste" di reduci garibaldini veri o presunti: era la solita storia.
Come per i volontari/mercenari del 1859/1860 , anche a quelli del 1866 vennero congedati con una buonuscita di sei mesi di paga: ai soldati di leva non spettò invece nulla.
Garibaldi tornò a Caprera: deluso e particolarmente amareggiato per il comportamento dei contadini veneti e trentini (peraltro non diverso da quello di tutti gli altri incontrati durante le sue campagne nella penisola) , che non mossero un dito per aiutare i volontari a "liberarli" (?) e, anzi, combatterono al fianco dell'Imperial-Regio esercito.

E così si concluse l'impresa del Garibaldi e della sua orda nella terza guerra di espansionismo sabaudo ; tra ruberie, saccheggi e defezioni aggiungendo vergogne ad una guerra già di per se vergognosa.





Fine 3° Parte...


Fonte:

L'IPERITALIANO - Eroe o cialtrone? - Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi. pag. 211, 212, 213. (Gilberto Oneto , Il Cerchio, iniziative editoriali).


Scritto a cura di:

Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.