lunedì 30 maggio 2016

UN NOBILUOMO DEL LITORALE ALLA CORTE DELLO ZAR IVAN IL TERRIBILE PER CONTO DEGLI ASBURGO

Fonte: Vota Franz Josef
Il barone Žiga (Sigismund) von Herberstein
Il barone Žiga (Sigismund) von Herberstein nacque a Vipava il 14 agosto 1486 nel vecchio castello, le cui rovine ancora sovrastano la città situata presso le sorgenti dell'omonimo affluente dell'Isonzo.
Il castello risale al dodicesimo secolo e fu eretto dai patriarchi di Aquileia. Fu di proprietà di vari cavalieri e signori locali, per passare poi in mano ai conti di Celje e una volta estintasi la linea maschile di quest'ultimi (la vedova dell'ultimo conte Ulrik II di Celje, S. Katarina Branković - sorella del re di Serbia, Santo Stefano Branković detto il Cieco- visse a Belgrado di Varmo in Friuli), agli Asburgo. Il futuro imperatore Federico III d'Asburgo era nel 1439 l'unico titolare della nobile casata ad avere raggiunto la maggiore età e come tale ricevette in affidamento Ladislao il Postumo, figlio di Alberto II d'Asburgo e di Elisabetta di Lussemburgo, a sua volta figlia dell'imperatore Sigismondo di Lussemburgo e dell'imperatrice consorte Barbara di Celje. Entrato in possesso pure del castello di Vipava, l'imperatore Federico lo diede in dono al barone Leonard von Herberstein, marito di Barbara von Luegg, sorella di Erazem di Predjama, il nobile ribelle (probabilmente si era schierato con re Mattia Corvino) del famoso castello "incastonato" nella roccia vicino a Postojna. Per completare la 'mappatura' genealogica della famiglia ricordiamo un'altra parentela che può interessare il lettore locale: un'altra sorella di Erazem di Predjama era la madre del governatore di Trieste Nikolaj Ravbar, che risiedeva nel castello di Socerb e di Krištof Ravbar, vescovo-guerriero di Lubiana, entrambi distintisi per aver difeso le nostre terre con la spada dalle orde turche e veneziane. Si trattava quindi di cugini del personaggio che stiamo trattando oggi.


Le rovine del castello a Vipava
Nel 1486 il barone Leonard von Herberstein e Barbara von Luegg ebbero appunto un figlio: Sigismund, Žiga nella lingua del luogo. Studiò filosofia e diritto all'università di Vienna. Nel 1506 come ufficiale combattè diverse battaglie contro i veneziani. Per le sue doti nel campo del diritto e della diplomazia e per la conoscenza delle lingue (oltre allo sloveno e al tedesco, parlava fluentemente inglese, francese e italiano) gli furono affidate diverse missioni in Svizzera, Danimarca, Spagna, Ungheria, Cechia. Dal 1515 al 1553 fece ben 69 missioni all'estero. Visitò la Polonia e il Granducato di Mosca retto da Basilio III Ivanovič e poi dal figlio di questi - il primo zar di tutte le Russie - Ivan il Terribile.
Nel 1541 si rese famoso per aver stipulato con successo un armistizio con il sultano Solimano il Magnifico, ma il motivo per il quale è maggiormente ricordato sono i suoi resoconti dai viaggi in Russia. La Russia quella volta era molto più "lontana" e misteriosa rispetto ad oggi ed egli, che era anche un fine letterato, fu il primo occidentale a raccontare e a scrivere di quelle terre così lontane, ma che lui riusciva ad interpretare molto bene in virtù della somiglianza della lingua russa con quella slovena. In merito gira un simpatico aneddoto, suffragato da fonti attendibili. Si narra che Ivan Groznij (il Terribile), una volta ricevuto il nostro von Herbertstein a corte e avendo ascoltato la sua presentazione alla fine disse : "ma Lei dove ha imparato cosi male il russo?" (Herbertstein parlava in sloveno...).
Sigismund von Herberstein morì a Vienna il 18 marzo del 1566 ed è sepolto nella locale chiesa di St. Michael.
Žiga ci ha lasciato dei libri di eccezionale valore sugli usi e costumi, sull'economia e sulla politica di quel grande paese nel tempo in cui si era appena liberato dall'insidia tatara. All'ultima mostra sugli Asburgo a Gorizia abbiamo avuto modo di ammirare alcuni di questi libri in originale, di cui proponiamo una foto, oltre alle foto del vecchio castello di Vipava e a un ritratto del nostro diplomatico e scrittore.

domenica 29 maggio 2016

1917: tra Friuli devastato dagli "italiani" e la "liberazione incompiuta" attraverso foto d'epoca

Fonte foto: Vota Franz Josef.
































L'Imperatore Carlo I d'Austria nel 1917, a Camino al Tagliamento, vicino Codroipo(UD) davanti a Villa Stroili.

L'Imperatore Carlo I d'Austria nel circolo degli ufficiali superiori all'ingresso di Villa Manin.



Villa Manin in occasione della visita dell'imperatore Carlo I d'Austria






venerdì 27 maggio 2016

Citazioni rappezzate del Corano e propaganda mondialista

coranotagliatesta
 
di CdP Ricciotti. Fonte: http://www.radiospada.org/
 
Alcuni citano: “Chiunque uccida un uomo, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità”.
Si riempiono la bocca, così, di queste righe rappezzate del Corano, tutti impegnati nella loro propaganda a “ponti” e “tolleranza”.
Ma è proprio vero che l’Islam abbia questo rispetto per la vita umana?
Negli ultimi anni, dicevamo, molti soggetti di intelligenza discutibile hanno dato prova della loro “cultura democratica”, tanto pro-islamica quanto anti-cattolica, usando tipo spot elettorale la Sura V, 32 del Corano, testé citata ma adeguatamente estrapolata e ricucita alla meglio.
In un attimo, così facendo, il temuto Corano diventa il “nobile Corano” e la violenta legge islamica viene trasformata in “cultura che sarà il nostro futuro”. La citazione è di una borghesotta (aspirante proletaria) molto nota.
Leggiamo adesso la Sura V, Al-Mâ’ida (La Tavola Imbandita) v. 32 ss. e contestualizziamola. Cito: “32. Per questo abbiamo prescritto ai Figli di Israele che chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità. I Nostri Messaggeri sono venuti a loro con le prove! Eppure molti di loro commisero eccessi sulla terra. 33. La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso, 34. eccetto quelli che si pentono prima di cadere nelle vostre mani. Sappiate, Allah è perdonatore, misericordioso”.
Appare evidente che la totale apertura all’Islam da parte dei vari annoiati personaggi, non è altro che espressione di odio ed intolleranza nei confronti di Dio, della Patria, della famiglia.
Siamo in presenza di una chiara mistificazione, ben sapendo di aprire le porte a tagliagola per credo e professione. Cosa può essere, se non odio massimo verso Dio, la Patria, la famiglia? I signori dell’odio sono dei professionisti in questo tipo di camouflage!
Leggiamo brevemente un noto commento di Robert Spencer:
*** Quello che non viene mai menzionato da tutti quelli che citano questo Versetto come se condannasse la violenza della jihad Islamica, sono molti fatti rilevanti: è inserito in un contesto di ammonimenti per gli infedeli e non è presentato come un principio universale; contiene questa importante eccezione “a meno che non sia un assassino o un malfattore”, ed è seguito dal Versetto 33, che specifica la pena per i malfattori: “Il castigo per chi muove guerra ad Allah e al suo Messaggero, e lotta con forza e sparge misfatti e corruzione sulla terra è: esecuzione o crocifissione o amputazione di mani e piedi di lati opposti o l’esilio dal paese: questa è la loro ignominia in questo mondo e subiranno una terribile punizione nell’altro”. Questo brano sta solo spiegando che cosa bisogna fare agli infedeli che rifiutano Maometto, non sta prescrivendo principi di alta moralità. ***
Ibn Warraq riassume così la questione: “I presunti nobili sentimenti sono in realtà un monito agli infedeli. Il messaggio è: ‘Comportatevi bene, altrimenti…’. Ben lontani dal condannare la violenza, questi Versetti evidenziano aggressivamente che chiunque si opporrà al Profeta sarà ucciso, crocifisso, mutilato o esiliato!”.
La Sura V, inoltre, prosegue in questa maniera: “Troverai che i più acerrimi nemici dei credenti sono i giudei e politeisti e troverai che i più prossimi all’amore per i credenti sono coloro che dicono: «In verità siamo nazareni», perché tra loro ci sono uomini dediti allo studio e monaci che non hanno alcuna superbia” (da Il Nobile Corano, 5:82, traduzione di Hamza Piccardo, UCOII).
Chiaramente si evince: a) la consapevolezza che gli islamici hanno della vita esemplare dei veri Cattolici; b) la potenza degli stessi nel fare proseliti.
Pertanto, i Cattolici, che ovviamente dicono no all’Islam (cit: “seminano la corruzione sulla terra”), sono considerati “nemici di Allah” e del “suo Messaggero”. Le pene previste per questi “infedeli” sono: “l’uccisione o la crocifissione o l’amputazione di mani e piedi in modo alternato o l’espulsione dalla terra, in questa vita e l’inferno nell’altra”. (cf. Corano 5:33 e passi paralleli).
Senza evocare alcun paradosso o cospirazione, gli agnostici radicali e gli atei fanatici/infervorati di casa nostra si dimostrano più pericolosi degli islamici, avendo raggiunto con essi un accordo – ideologico sì, ma palesemente pratico –  nella lotta alla cattolicità ed all’amore in generale.
L’islamico, ridotto ad essere bassa manovalanza di atei e giudaisti, non smetterà mai di tagliare teste (su commissione) a coloro che dicono: «In verità siamo nazareni».
 
di CdP Ricciotti.

Il nuovo presidente austriaco è ovviamente massone

-di Davide Consonni- Fonte: http://www.radiospada.org/
 
Van der Bellen, per sua stessa ammissione, è massone.  Sul celebre sito governativo meinparlamente.at (sito attraverso il quale è possibile porre domande direttamente ai membri del parlamento austriaco, i quali rispondono di persona) durante una discussione avvenuta nel 2008 tra il neo eletto e un cittadino, il nostro Van der Bellen ammise candidamente di essere entrato in massoneria negli anni ’70. Venne iniziato in una loggia di Innsbruck, vi rimase come massone quotizzante (attivo) per una decina d’anni, infine, dice di essersi messo in “sonno massonico”. La notizia, nelle ultimissime ore, è stata riportata da numerose testate giornalistiche austriache. Qui di seguito riporto lo screenshot della discussione e il testo completo:  [FONTE1]  [FONTE2]
“Ich wurde Mitte der 1970er Jahre in die damals einzige Innsbrucker Loge aufgenommen und war dort etwa ein Jahr lang “aktiv”, das heißt, ich habe an Sitzungen teilgenommen. Danach habe ich als rein passives Mitglied noch etwa 10 Jahre lang den Mitgliedsbeitrag bezahlt und bin schließlich auf meinen expliziten Wunsch hin ausgeschieden. Nach meiner – wie Sie sehen: bescheidenen – Kenntnis wird die Bedeutung der Freimaurerei häufig überschätzt. ‘Meine’ Loge in Innsbruck war jedenfalls ein Klub ehrenhafter Bürger, mit interessanten Diskussionsabenden (ohne jeden Beleg für irgendeine Verschwörungsabsicht) auf relativ hohem intellektuellen Niveau. Über andere Logen kann ich keine Auskunft geben.”
unbenannt

Van der Bellen afferma che la massoneria sia sopravvalutata dal popolo. Chissà come mai? [RS]

giovedì 26 maggio 2016

IL REGNO D’ITALIA, STATO FANTOCCIO NAPOLEONICO, NEL 1809 TREMA ANCHE AD ASIAGO: W SAN MARCO!

Privilegi-Serenissima-SetteComuni

Di Alvise Zorzi (dal vol. San Marco per sempre ) Fonte: https://venetostoria.com/
 
… Era rimasta la gente della terra, assai più della antica nobiltà veneziana ormai in sfacelo (siamo nel 1812, durante il Regno d’Italia fantoccio voluto dalle baionette francesi), a coltivare qua e là sogni di rinascita dell’antico Leone. talvolta in forme provocatorie.
Il 14 luglio 1809 il viceprefetto napoleonico di Asiago aveva scritto, inorridito, al Prefetto del Bacchiglione che l’ultimo comandante della Milizia della Reggenza dei Sette Comuni, Giambattista Bonomo, giorno 9 luglio aveva fatto svolgere dai suoi uomini evoluzioni militari, “sventolando la bandiera di San Marco con acclamazioni di evviva”. 
 
ricostruzione delle uniformi ultime in base alla descrizione dello storico locale mons. Bonato
ricostruzione delle uniformi ultime in base alla descrizione dello storico locale mons. Bonato
E il governo del Regno Italico “soltanto con la fatica e con l’inganno” doveva effettuare “il livellamento” al nuovo regime di questa gente dagli occhi azzurri che parlava un dialetto tedesco ma aveva costretto Massimiliano d’Asburgo a battere in ritirata durante la guerra di Cambrai, e nei giorni delle Pasque, aveva mandato mille uomini a Verona contro i cannoni di Bonaparte.

Il "successo" internazionale di un principe decaduto


In una società decadente, come quella corrente, drogata dai fumi pestilenziali del relativismo e del "politicamente corretto", dove un inganno chiamato "democrazia" stordisce talmente tanto le menti deviate dei più da fargli credere che i "burattinai" tengano conto dei bisogni delle masse, si leggono e si sentono enormi idiozie, in campo scientifico, religioso, filosofico e, anche e soprattutto, politico. Nel "multiverso" monarchico (o presunto tale) non tira di certo "buon vento".

Delle tristi uscite del signor Carlo Maria Bernardo Gennaro di Borbone-Chevron Villette (che si ostina, appoggiato da una branca di relativisti politici di bassa lega, a farsi chiamare "Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro, Capo della Real Casa") datate 12 maggio 2016 ne ho già parlato (http://associazione-legittimista-italica.blogspot.it/2016/05/la-rivoluzione-di-un-principe-decaduto.html) ma vorrei brevemente ritornarci per una "riflessione".

Dato l'enorme numero di menti infette a diverso grado dalla Rivoluzione, la piega presa dal politicante Carlo ha riscosso un notevole "successo" sui social network, "successo" espresso da qualche migliaio di likes  di un variegato gruppo di persone che possiamo dividere in quattro sotto-gruppi:

1) I "cavaglierini" suoi adepti

2) I liberali sia laici che non

3) Gli ignoranti.

4) Un misto dei tre...

Bisogna ammettere che il sottogruppo composto da "ignoranti" è attratto dal signor Carlo per la capacità di quest'ultimo di mascherarsi dietro ad un apparente impegno  nella promozione dell’identità culturale, artistica, storica e spirituale delle Due Sicilie... (fino a quando non ammette pubblicamente che lo stato italiano è legittimo...ma tralasciamo che è meglio...). Eh si, il populista Carlo sa fare il politicante...

Carlo è populista fin tanto che sta fuori casa, vivendo da alto borghese tra Roma e il Principato di Monaco. Lavorando molto sull'apparenza ostenta  un "legame profondo" con la "Sua terra" ed ha voluto battezzare, la Sua primogenita, Maria Carolina (secondo lui erede del Casato), alla Reggia di Caserta. Il Carlo, decaduto e quindi privo della legittimità di sangue e di esercizio,  non avendo figli maschi, se ne è uscito lo scorso 12 maggio con una illegale e invalida abolizione della Legge Salica nel suo machiavellico tentativo di permettere a sua figlia Maria Carolina di succedergli (in cosa poi? Nel suo gioco di ruolo?) . Di questa tragicomica uscita ne ha parlato anche il quotidiano francese Le Figaro. E nella Francia odierna, si sa, la Rivoluzione ha risparmiato ben poche menti.

 


Le sue trovate pubblicitarie sono geniali. Diverse di queste portano si a dei "buoni frutti" (vedi assistenza socio-sanitaria a poveri, anziani e disabili) ma non sono altro che opere filantropiche di un alto borghese.

Non tralasciamo l'evento del 13 maggio, presso la sede della Stampa Estera in Roma, dove  Carlo Maria Bernardo Gennaro insieme alla sorella Beatrice ha partecipato ad un "dibattito interreligioso" intitolato “insieme per il Dio comune nella diversità” (?), alla presenza di Riccardo di Segni, capo della Comunità Ebraica di Roma. Di questo evento ha parlato anche il tg5... E qualche soggetto, oltre a sostenere ciò, ci considera "i soliti ignobili" perchè denunciamo gli atti di un principe decaduto privo di ogni legittimità...

Qui  si può ammirare il signor Carlo con la sorella durante il "dibattito interreligioso".



Di Redazione A.L.T.A.

lunedì 23 maggio 2016

Il reale significato del motto rivoluzionario "libertè, egalitè, fraternitè"

 Fonte: Epiphanius - "Massoneria e Sette Segrete".

Gli adepti dell'Arcana Arcanorum (alti gradi del Rito di Menphis-Misraim) [...] sapevano benissimo, avendo studiato l'argomento sotto altra forma, che dove c'è ...libertà non ci può essere uguaglianza e che i termini del trinomio rivoluzionario importato di Francia sono fra loro antitetici.
Oggi che il trinomio rivoluzionario e menzognero è entrato definitivamente nel simbolismo massonico [...] si può interpretare in questo modo: “Libertà" è soltanto per il "compiuto" (L’uomo‐dio, il realizzato, colui che attinge al soprannaturale attraverso la magia) per colui cioè che si è portato in altro dominio e si è con ciò liberato dalle scorie della materia, "eguaglianza" può esservi soltanto fra iniziati di pari grado e conoscenza; "fratellanza", infine, è da considerarsi solo come “fratellanza iniziatica”.
René Guénon, riferendosi al moto rivoluzionario Libertà ‐ Uguaglianza ‐ Fraternità, avvertiva: “[…] Non bisogna dimenticare che queste parole costituiscono un motto massonico, cioè una formula iniziatica, prima di essere affidato all'incomprensione della folla che non ne ha mai conosciuto né il senso reale, né la vera applicazione”. 


 (R. Guénon, L’Archeometra, Roma, Atanòr, 1986, p. 50).
da Massoneria e Sette Segrete - La faccia occulta della storia

IURAMENTUM SCLAUORICUM

Fonte: Vota Franz Josef

Come noto, da secoli l'intronazione del Principe ed in seguito del Duca di Carantania (poi di Carinzia) avveniva secondo il rituale della Institutio Sclavenica, naturalmente nella lingua del luogo, lo sloveno. La cerimonia avveniva sulla cosiddetta Pietra del Principe (Knežji kamen) - un capitello rovesciato - mentre in seguito i feudi venivano assegnati dal Trono Ducale (Vojvodski prestol), un trono con due sedute opposte: una a est per il Duca ed una ...ad ovest per il conte palatino (generalmente il Conte di Gorizia, la cui stirpe era di antica origine carantana). Il tutto veniva suggellato da una messa solenne nella chiesa di Gospa Sveta (Maria Saal, Maria in Solio).
La cerimonia sopravvisse in questi termini fino al 1414 con l'intronazione di Ernesto di Ferro, il nonno del futuro imperatore Massimiliano - quello della statua a Cormons - da noi molto amato, perché fu il primo imperatore asburgico dopo l'estinzione della Casata di Gorizia nel 1500. Pochi forse sanno che Massimiliano parlava egli stesso lo sloveno, dal momento che una bolla d'oro dell'Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo IV di Lussemburgo nel Quattordicesimo secolo, imponeva all'Imperatore di conoscere almeno una lingua slava. L'insegnante di sloveno di Massimiliano fu il sacerdote e letterato Tomaž Prelokar - in seguito divenuto vescovo di Costanza - secondo alcuni addirittura uno degli ispiratori di Primož Trubar, il padre della lingua letteraria slovena.
Dopo il 1414 la cerimonia di intronazione non ebbe più luogo, ma il giuramento della nobiltà locale avveniva a palazzo nella città di Celovec/ Klagenfurt con un protocollo ancora redatto in lingua slovena, lo Iuramentum Sclauonicum, di cui qui pubblichiamo un esemplare del 1637.
Insomma, un rispetto per l'identità di tutti, che chi ci occupò cent'anni fa non solo non conosce, ma osa addirittura sbeffeggiare, come fece Cadorna a Cormons con la statua di Massimilano, "decorata" con una bandierina italiana e... un sacco in testa!

I tirolesi di Trento contro le celebrazioni a favore del traditore Battisti.


Fonte: Vota Franz Josef

Chi ha SPARATO contro i suoi concittadini, e voleva addirittura far BOMBARDARE Trento, NON merita di essere continuamente Osannato e Beatificato dale "gerarchie..." Provinciali...... Celebrandolo addirittura con un REQUIEM......
Un Grazie a Tutti coloro i quali hanno manifestato in modo pacato e civile davanti al "Sociale" !!!
Siamo in Tanti a pensarla in questo modo.....
I Nostri Nonni, i Nostri Standschutzen, LandesSchützen, Kaiserjaeger e Kaiserschutzen.... da Lassù, ne sono Sicuro..... Ringraziano !!!



I tirolesi di Trento non ne posson più delle celebrazioni da parte dei tricoloruti a favore di Battisti. Quando si vedrà una manifestazione simile a Trieste, nella piazza o di fronte al liceo intitolato ad un esecrabile terrorista internazionale che fece strage dei propri concittadini?
Se uno Stato celebra spie, traditori, assassini e terroristi, non significa che il crimine sia diventato lecito. Abbiamo i 10 comandamenti dalla nostra parte. Abbiamo il diritto naturale, il diritto delle genti ed il diritto internazionale dalla nostra parte.
Se uno Stato festeggia crimini e criminali, è uno Stato criminale. Noi, no. E' dovere di tutti i "Giusti", prendere le distanze dal crimine e dal peccato. La Giustizia soprannaturale gliene renderà merito.

LE ARMI SEGRETE DELLA KUK KRIEGSMARINE

Fonte: Vota Franz Josef

Guardate che linea... non era facile garantire i 29-30 nodi per navi di quella stazza con la tecnologia del 1908 (Wikipedia italiana scrive 27 nodi ...)

La sua "gemella" Helgoland riuscì a sfuggire a tre squadre italo anglo britanniche che l'avevano circondata l'antivigilia di capodanno 1916 grazie al genio del suo comandante che gli fece una "finta" dirigendosi sotto le coste italiane per poi tagliargli la strada non appena scesa l'oscurità e durante quei brevi istanti durante i quali le navi nemiche non potevano tirare per non rischiare di colpirsi tra di loro. Poi si perse nell'oscurità e tornò in porto indisturbato navigando un po' verso nord sotto costa, poi piegando ad est e poi a sud est.
Ma potè farlo perchè la nave forzò le macchine per 8 lunghe ore, raggiungendo e superando la velocità massima di progetto, nonostante fosse stata colpita varie volte ed una, anche alle caldaie. I marinai che non erano ai posti di combattimento vollero andare ad aiutare i fuochisti, impegnati dal mattino del giorno precedente quando erano salpati da Cattaro ma essi ed il personale di macchina, rifiutarono l'aiuto per onore e rientrarono alla base la mattina seguente con la carne viva alle mani per aver spalato carbone come stakanovisti per oltre 24 ore di fila. Alcuni continuarono a lavorare nonostante le ferite, dopo una sommaria medicazione.
Il rientro a Cattaro fu salutato dall'entusiasmo dei marinai di tutte le navi che tributarono i massimi onori all'equipaggio, che con la sua fuga aveva ridicolizzato la flotta italo-franco-britannica che gli aveva dato la caccia con numero di navi ed artiglierie preponderanti sia come calibro che come gittata.
Il comandante ricevette anche i complimenti dell'ammiraglio Haus e dei comandanti britannici (figuriamoci gli italiani). Ma fu rimosso dal comando perchè nel pomeriggio precedente, due preziossimi Zerstörer di ultima generazione della squadra che comandava, erano finiti su un campo minato nel porto di Durazzo. Inoltre, aveva comunicato via radio la notizia in ritardo, non permettendo di salpare per tempo alle navi che erano di riserva a Cattaro con i fuochi in piccolo alimento (partì a velocità ridotta perchè provò a trainare il secondo Zerstörer).
Molti ufficiali reputarono ingiusta la destituzione del capitano Seitz ma con la perdita del Triglav e del Lika, la KuK Kriegsmarine aveva perso il 33% dei propri Zerstörer più moderni, che erano solamente 6. L'ammiraglio Haus pretendeva dai suoi comandanti che pensassero con la testa di un ammiraglio e che affrontassero solo rischi ben ponderati. La flotta KuK era ridicola in termini di numero, nei confronti della caterva di navi da guerra di 3 Stati che le davano la caccia in Adriatico. In seguito giunsero anche navi giapponesi e statunitensi, ma i risultati per gli aggressori, non aumentarono.
Nella flotta complessiva dei nemici nel mare Adriatico, c'erano meno di 10 navi che potevano competere con la velocità dei 3 incrociatori della classe Saida. C'erano due "avvisi" italiani (una via di mezzo tra un incrociatore leggero ed un caccia), un paio di caccia italiani ed un paio francesi. In un confronto diretto erano temibili anche i caccia, poichè avevano artiglierie più potenti dei nostri incrociatori (10,5). Ma nessuno di essi era in grado di forzare e mantenere la velocità massima.
Le navi leggere delle varie marine erano per lo più nelle stesse condizioni di partenza: fino al 1912 le apparecchiature di macchina (caldaie e turbine) erano tutte di produzione britannica. I "Saida" furono i primi ad usare turbine AEG (su progetto Curtis) ed appena la Viribus Unitis e le sue sorelle, ebbero tutto l'apparato propulsivo di produzione nazionale.
I caccia sopportarono il lavoro più gravoso, impegnati in tutte le azioni di guerra ma in particolare nella caccia anti sommergibile e nella scorta dei convogli. Avevano tuttavia vari handicap, il principale era la delicatezza dell'apparato propulsivo che imponeva frequenti soste in bacino per pulire le caldaie.
Non potevano mantenere le loro alte velocità per lungo tempo, se l'apparato propulsivo non era stato mantenuto a regola d'arte. Non potevano sviluppare le loro alte velocità in condizioni di mare agitato ed in caso di mare molto mosso o di burrasca, dovevano pensare a salvare la pelle ridossandosi o abbandonando il campo.
Dovevano anche fare carena molto frequentemente. La Marina KuK aveva personale molto preparato nella manutenzione e comandanti che erano al corrente dei problemi tecnici ed agivano sempre in sintonia con il comandante di macchina, cosa per niente scontata nelle marine nemiche. Bisognava anche usare sempre carbone di prima qualità (britannico) ed un'altra dote richiesta a comandanti e macchinisti, era la capacità di condurre le navi facendo meno fumo possibile.
Inoltre, bisognava saper manovrare. In almeno due occasioni, i caccia italo-francesi si speronarono tra di loro durante gli inseguimenti notturni, una volta si speronarono anche di giorno dentro una cortina fumogena. I nostri ufficiali avevano criticato molto, le lunghe manovre estive durante le quali si imponeva alle varie squadre di manovrare in condizioni difficili (ad esempio, al riparo delle protezioni delle corazzate e guardando fuori dai piccoli pertugi delle feritoie).
Molti di essi criticavano gli ordini strampalati dei comandi, dicendo che certe simulazioni erano del tutto irreali. Saranno state irreali ma intanto imparavano a manovrare e per tale capacità riscossero spesso i complimenti dalle altre Marine. I britannici sapevano manovrare molto bene, francesi ed italiani, no. Dopo due esercitazioni tra le corazzate italo-britanniche nel mar Jonio, gli ufficiali britannici scrissero nei loro diari che conveniva non ripetere quei cimenti perchè temevano le manovre azzardate degli italiani, più dei sommergibli nemici.
Ma l'Austria aveva anche un altro asso nella manica: le vernici antivegetative nelle quali era all'avanguardia, grazie ai brevetti della Veneziani di Trieste.
La "formula" del "paten" che si applicava a freddo (le altre si applicavano a caldo) rimase sempre segreta, nonostante fosse stata aperta una filiale in Gran Bretagna. La Marina Britannica scoprì il "paten" nel 1890, quando degli ufficiali videro a Malta le carene straordinariamente pulite della flotta KuK ospite.
Tutte le navi veloci del mondo utilizzavano il "paten" della Veneziani, compresi gli "Shamrock" di Sir Thomas Lipton che gareggiavano in Coppa America. Ma scoppiata la guerra, l'Austria rimase sola con il suo segreto che a quanto ci risulta, non fu condiviso nemmeno con l'alleato germanico.
Egli usava il "paten" Veneziani anche sulla sua nave più veloce, il Goeben che riuscì a raggiungere i 28 nodi in Turchia, dopo un lungo periodo senza rimessaggio... per carenza di bacini. Però non avevano la formula e sembra che i tentativi di imitazione del mondo intero, non si avvicinarono mai al prodotto originale.

Che cos’è la realtà?

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Pubblichiamo un quasi dimenticato – ma veramente interessante – resoconto scritto di una conferenza del Meeting di Rimini del 1988. Un dialogo tra scienziati su “cosa sia la realtà”. Tra i partecipanti il fisico benedettino Stanley Jaki, di cui abbiamo già pubblicato alcuni contenuti. Grassettature e sottolineature nostre [RS].
 
***
Lunedì 22 agosto 1988, ore 17, Rimini.
Che cos’è la realtà?
Partecipavano:
Dipankar Home
ricercatore presso il Bose Institute di Calcutta
Stanley Jaki
docente di Fisica presso la Seaton Hall University del New Jersey
Franco Selleri
docente di fisica teorica presso l’Università di Bari
Conduceva l’incontro:
Pier Alberto Bertazzi.
Abstract:
La meccanica quantistica presenta difficoltà di comprensione della realtà che sono superabili solo oltrepassando la meccanica quantistica stessa. I tre interventi delineano la necessità di tale superamento e propongono una ipotesi di lavoro per il futuro della ricerca fisica.
***
D. Home:
Vi parlerò di alcuni dei problemi filosofici della fisica di base in quanto si riferiscono alla meccanica quantistica e alla questione della realtà. La meccanica quantistica rappresenta una teoria fisica nuova estremamente importante, che ha cambiato la nostra visione del mondo e la nostra visione della realtà fisica. Cercherò di spiegare in un modo più semplice che cosa significa realmente tale cambiamento. Prima della meccanica quantistica noi conoscevamo la fisica e come sapevamo, si basava sulla legge del movimento di Newton e quella che è stata chiamata la fisica classica. Nella fisica classica si può descrivere il comportamento di tutti i vari oggetti attraverso leggi che descrivono esattamente il loro comportamento: per esempio, si conosce la posizione iniziale e la velocità di una pallina, si può prevedere esattamente quale può essere la posizione o la velocità successiva in qualunque momento nel tempo. Di conseguenza tutte le varie cose possono essere calcolate e misurate in modo esatto e definito, nella fisica classica. La fisica classica si è dimostrata valida per tutti quei corpi che noi conosciamo: per esempio, in questo auditorium tutte le cose che vediamo – le tavole, le seggiole, questi microfoni, ogni cosa – ricadono sotto la legge della fisica classica. Tuttavia le cose di cui sono fatti (per esempio questa cosa che ho in mano è fatta di atomi e molecole, quindi questi atomi e queste molecole individuali costituiscono questi oggetti che noi tutti vediamo in questo auditorium) seguono delle leggi che sono totalmente differenti dalle leggi comuni e ordinarie della fisica classica, o leggi di Newton. Tali leggi costituiscono la base di quello che noi chiamiamo la meccanica quantistica. Per quanto riguarda la nozione della realtà, nozione che noi conosciamo, che ci è famigliare nella fisica classica, partiamo, dal concetto che qualunque oggetto abbia sempre dei valori netti, ben definiti per tutti i suoi attributi fisici e questo in qualunque momento del tempo. È, in teoria, possibile prevedere dei cambiamenti nei valori degli attributi fisici di tali tipi di oggetti. Questo è valido per tutti gli oggetti che noi conosciamo, tuttavia la meccanica quantistica ha a che fare e tratta quelle che noi chiamiamo le entità microfisiche, cioè oggetti come, per esempio, i protoni, gli elettroni o le particelle subatomiche, oggetti estremamente piccoli che chiamiamo “oggetti fisici microscopici”. Per questi oggetti fisici microscopici, la meccanica quantistica specifica che anche a livello di teoria non si può presupporre che esistano dei valori netti di attributi fisici in qualunque momento del tempo. Per esempio, se avete un elettrone e se non fate nessuna misurazione, se lo lasciate libero all’interno di un atomo, la meccanica quantistica non ci permette, neanche in teoria, di parlare di valori specifici riguardanti la sua posizione, la sua velocità o altri attributi. Di conseguenza questa è una dicotomia molto netta. Quando arriviamo ad una pallina da biliardo, si può associare a questa dei valori specifici di posizione, di velocità o la direzione verso cui la pallina del biliardo va, ma quando abbiamo a che fare con elettroni, o atomi o particelle subatomiche, a questo punto è impossibile specificare gli attributi individuali fisici e descriverne la traiettoria. Questo rappresenta una separazione concettuale netta tra la descrizione della realtà a livello microscopico e la descrizione fatta invece a livello macroscopico. Questa è l’essenza di tutti i problemi filosofici che nascono dalla meccanica quantistica. Ora, questi problemi esistono perché la meccanica quantistica, come si è determinata oggi, non ci dà una ricetta o una regola generale su come passare da questa descrizione microscopica alla descrizione macroscopica. Per avere una visione globale veramente coerente, è necessario disporre di una ricetta, di una regola uniforme globale, un modo uniforme di guardare la realtà. Il modo normale in cui si considera la fisica oggi, non ci dà nessuna legge uniforme per esaminare e guardare a queste realtà fisiche. A livello microfisico, abbiamo il concetto della realtà quantistica: ciò significa che quest’oggetto fisico non può essere separato, scisso, né può essere considerato come avente dei valori, attributi specifici fisici, poiché non sono misurati, mentre nel mondo macroscopico noi sappiamo che un oggetto, anche se non lo guardiamo, dispone di proprietà fisiche ben nette, ben definite, le sue. C’è una frase molto nota di Einstein che dice che la luna ha la stessa luminosità, la stessa bellezza, anche se nessuno la guarda. La luna è un oggetto classico, è un oggetto macrofisico, tuttavia quando arriviamo ad esaminare un elettrone, un oggetto microfisico, allora un fisico quantistico potrebbe dire che un elettrone non ha nessuna posizione, non ha nessuna velocità, nessun attributo fisico associato a se stesso quando nessuno lo sta esaminando. Senza alcun dubbio l’esperienza della realtà, quella esperienza che noi abbiamo fatto degli oggetti macrofisici, rappresenta un fatto della natura. Questo è il problema con la teoria quantistica: non può ridurre a questo livello descrittivo della realtà, quegli oggetti che si trovano ad un livello microscopico. Vi sono molti problemi tecnici che appaiono nel processo che vogliamo seguire, cominciando dalla meccanica quantistica e arrivando a dare una descrizione coerente della realtà a livello microscopico. Questa rappresenta una crisi importante della realtà fisica. Abbiamo due possibilità, due descrizioni che non sono compatibili l’una con l’altra, di conseguenza qualunque nuovo sviluppo significativo nella fisica, dovrà tentare di risolvere tale problema. Vorrei dare due esempi per mostrare quanto grave possa essere tale problema, in particolare se vogliamo considerare la visione del mondo che ci presenta la meccanica quantistica. Supponiamo che disponiamo di una macchina, una macchina che spara, che butta fuori due palline, una nera ed una bianca e queste due palline vengono emesse, sparate in due direzioni: sappiamo che la macchina è costruita in tal modo che la pallina nera va verso destra e la bianca va verso sinistra. La macchina viene posta in una sala scura: si può fare apparire una luce su qualunque lato della stanza in qualunque momento. Se si conosce la costruzione della macchina e se si fa accendere una luce sul lato destro e si vede una pallina nera, allora si può sapere che la pallina sull’altro lato, che viene emessa allo stesso tempo della pallina nera, deve essere una pallina bianca perché tutte le palline vengono sparate in coppie. Ma facendo qualunque cosa sulla pallina di destra, non si può cambiare il colore della pallina di sinistra, perché il colore della pallina è una proprietà, una proprietà intrinseca o caratteristica, specifica della pallina stessa indipendente da chi o come la si guardi. Se invece vogliamo applicare la meccanica quantistica e si pensa ad un esempio simile con due particelle subatomiche, come per esempio due elettroni, allora è possibile avere una situazione in cui, facendo delle misure su un lato per una tale coppia di particelle che sono separate, una cambia, (cioè la teoria quantistica predice che si cambi lo stato dell’altra particella), di conseguenza la realtà dello stato di una particella, sembra essere dipendente da quanto viene fatto sull’altro partner della coppia, partner che è separato e a distanza. Cosa accade realmente, come la misurazione su questa specifica particella può influenzare il suo partner sull’altro lato? Questo problema rimane per il momento insoluto nella meccanica quantistica. Si tratta di un paradosso molto acuto che non è ancora stato risolto. La maggior parte dei fisici hanno seguito una tradizione (la maggior parte dei fisici sono molto conservatori e tendono a evitare questi problemi filosofici), e hanno detto che la meccanica quantistica ci dà semplicemente una serie di regole matematiche per poter prevedere delle cose ad un livello statistico e ci dovremo accontentare di questo senza porci ulteriori domande sulla realtà, quando abbiamo a che fare con situazioni problematiche. Questo, dal mio punto di vista, è un atteggiamento reazionario naturalmente vi sono anche gruppi di fisici che lavorano, invece, su questo problema e attraverso i loro sforzi si spera che in futuro potremo raggiungere una comprensione molto più profonda della realtà anche nel campo della fisica quantistica estendendo il quadro di riferimento e modificando l’interpretazione della meccanica quantistica. Infine, mi domando se la lezione ultima della crisi della realtà nella fisica, non sia proprio il fatto che in ultima analisi dovremo andare oltre, al di là della meccanica quantistica e dovremo cercare di dare una spiegazione più uniforme, più coerente del mondo fisico che possa veramente inglobare sia il livello microfisico, che macrofisico. Infine vorrei citare una volta ancora Robert Frost. “Noi balliamo intorno ad un anello e presupponiamo, ma il segreto si trova al centro dell’anello e il segreto sa e noi fisici continueremo a cercare di capire, di sapere, di conoscere questo segreto”.
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S. Jaki:
Signore e signori, questo congresso è qui riunito per promuovere l’amicizia tra le nazioni del mondo, agitato da tensioni e conflitti. Nella ricerca, per trovare i modi per comporre queste tensioni, bisogna sempre cercare dei principi che vengono accettati comunemente nel nostro mondo, nel tardo Ventesimo secolo: nessun riferimento viene così largamente accettato come quello che viene fornito dalla scienza. Ma oggi, naturalmente, la forma più spettacolare della scienza, è quella della meccanica quantistica. Da sola può riguardare e studiare interazioni tra i componenti fondamentali della materia: nel campo ampio delle particelle fondamentali e in quello della biologia molecolare. La meccanica quantistica, di per sé, può studiare le fasi iniziali dell’universo. Di norma si ritiene che la validità della meccanica quantistica debba, in primo luogo, essere estesa alla gravità. Fino ad adesso questo è stato appannaggio esclusivo della relatività generale, cosicché anche le fasi principali dell’universo, che vengono prima del tempo di Plank, oppure successivamente, possono essere oggetto di studi. Di norma si crede che la meccanica quantistica ci abbia dato una comprensione radicalmente nuova della realtà fisica. In base a questa nuova visione, la realtà fisica non è strettamente di natura deterministica bensì piuttosto docile, morbida, non è monolitica, ma ha sfaccettature di natura complementare, e invece di essere radicalmente di natura impersonale è invece strettamente compattata e collegata con la persona che, mediante le sue personali osservazioni, modifica costantemente e anzi, addirittura, produce nuove forme di realtà. Proprio perché un quadro di questo tipo della realtà fisica sembra essere benché più di natura puramente quantitativa, si addice a coloro che sono dell’opinione, tra l’altro a giusto titolo penso, che la pace, l’amicizia tra le nazioni sia qualcosa di più di una mera procedura quantitativa, come, per es., una maggior distribuzione più paritetica di alimenti, di altre risorse materiali e una ritrascrizione più equa, diciamo, dei confini nazionali. Infatti noi siamo tentati di pensare che se l’entità fisica o materiale si conciliasse, allora la realtà sociale potrebbe essere meglio compresa in termini di compromessi, piuttosto che di pretese o di affermazioni assolutistiche, oppure di verità, di assiomi assoluti. Queste affermazione, ci chiediamo, non sono forse la fonte del seme della discordia, dei conflitti, delle guerre? Forse non siamo indotti a pensare che mediante la meccanica quantistica abbiamo una filosofia a portata di mano, proprio abbraccia tutte le basi fondamentali dell’esistenza materiale, come pure quella della realtà sociale ed individuale? Ma ancora ci chiediamo se questo nuovo quadro della realtà, una realtà che si presenta morbida, conciliatoria e personale, può veramente fornire una base sicura per la pace e per l’amicizia. Come qualunque pittore, bravo sa perfettamente, diversi strati di pittura devono essere ben distribuiti sulla tela prima che i toni e i colori finali possano essere aggiunti a questa tela. Ma allora quali sono questi strati che sottendono la docilità, la morbidità, che stanno dietro questa complementarità? Prima di avere accesso a questo strato fondamentale vorrei osservare che la mancanza di rigidità, quindi la morbidezza, la complementarità, il personalismo sono dei concetti più filosofici che scientifici. Questo non lo dico, è naturale, per suggerire una opposizione radicale tra la filosofia e la scienza, non di meno, anche se non in conflitto, questi due concetti, la scienza e la filosofia, devono essere viste come due entità separate. Se da un lato molti, sono sicuro, non ammetterebbero che la filosofia guarda la realtà in quanto tale, molti, ciò non di meno, concederebbero il fatto che la scienza, la scienza esatta o la fisica, riguarda gli aspetti quantitativi della realtà. La ragione è che una fisica è tanto più efficace, quanto più la matematica gioca un ruolo importante. Se da un lato tutto ciò è ben consolidato e noto, meno nota è la differenza che contraddistingue la meccanica quantistica, come scienza, e la filosofia di essa tributaria. Le proprietà più salienti della meccanica quantistica come scienza, sono le seguenti. Anzitutto stabilire un limite rigido nella divisibilità dell’energia o della materia, limite che è incorporato nel quantum di Plank. Conseguenza di questo è la proprietà secondaria, cioè il limite stabilito alla precisione delle misurazioni. La terza proprietà: dato che le funzioni di base, cioè l’equazione di Schrödinger la matrice di Heisenberg, sono equivalenti ad una funzione di probabilità, nessuna operazione maccanico-quantistica può riferirsi o correlarsi ad un evento singolo. Giacché tutte queste operazioni devono correlarsi ad un gruppo di eventi analoghi, possono produrre soltanto medie statistiche. La quarta proprietà è quella del principio della complementarità, che esprime il fatto che la meccanica quantistica si converte in meccanica newtoniana laddove le misurazioni fanno riferimento a molte interazioni analoghe, o laddove le rilevazioni hanno, come oggetti, degli enti o dei corpi interagenti, la cui dimensione supera, e di gran misura, le dimensioni atomiche. Di questi quattro principi forse il meglio noto è il secondo, anche definito “Principio di incertezza (indeterminazione) di Heisenberg” , ed è proprio sulla base di questo principio, che è cresciuta tutta la filosofia della meccanica quantistica, se vogliamo, la sua interpretazione di Copenaghen. Fin dall’inizio, cioè intorno al 1927, questa filosofia ha avuto ampia dovizia di tempo, per consentire che la sua logica e i suoi assunti di base si sviluppassero appieno, il che gli permise di avere un respiro cosmico. Il presupposto fondamentale è l’induzione, o la conclusione seguente di natura fallace: “Un’interazione che non può essere misurata con esattezza, non può verificarsi in maniera esatta”. L’induzione o la illazione è fallace, e questo per due motivazioni. Anzitutto in questa induzione la parola viene intesa in un senso di natura non solo operativo ma ontologico. La seconda motivazione è che questa conclusione, questa illazione, trasforma la casualità ontologica in una funzione di misurabilità esatta. Ed è proprio alla luce di questa fallacia che Heisenberg ha misurato, nel 1927, la abolizione della casualità ontologica, e lo ha fatto in un lavoro in cui ha formulato il “Principio di incertezza”. Ora l’ontologia riguarda l’essere in quanto tale, oppure la realtà in quanto tale, fisica e non fisica, materiale e non materiale. La meccanica quantistica, come fisica, non ha niente a che vedere con la realtà in quanto tale non più di quanto abbia la meccanica newtoniana. La validità o l’applicabilità di tutte e due le meccaniche è limitata alle proprietà quantitative degli esseri materiali che già esistono. La differenza tra le due meccaniche è che la meccanica newtoniana, in principio, si riferisce e studia le proprietà quantitative delle interazioni individuali, e presume la loro misurabilità con la massima esattezza quantitativa. Invece la meccanica quantistica si riferisce soltanto a insiemi di interazioni, ci dà dei valori di medie e comporta la possibilità di avere una precisione quantitativa perfetta. Non esiste nessuna minaccia che può essere posta alla stabilità, se non quella di giocare un gioco irresponsabile con la realtà. Parole come armonia, personalismo anche se arrivano sotto le mentite spoglie pseudoscientifiche non possono sostituirsi al rispetto per la realtà. Dato che la filosofia di moda della meccanica quantistica mette in pregiudizio e in pericolo questo tipo di rispetto, coloro che desiderano veramente promuovere l’amicizia tra i popoli devono cercare altrove una guida. Niente può aiutare più queste persone di principi che vengono consolidati e provati, come, per esempio, “Opus justitiae est pax”. La giustizia è tale se non è una questione di ambizioni personali, bensì di regole obiettive.
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F. Selleri:
Dopo due oratori che hanno parlato di meccanica quantistica anch’io dovrò farlo, quindi molti si chiederanno perché questa teoria viene di continuo richiamata e perché gli oratori ritengono così importante affrontarla. Io vorrei subito dire che si tratta della teoria più importante, probabilmente, della scienza moderna e che ha avuto dei successi straordinari: tutti i fisici attivi la usano e continuano a trarne delle predizioni corrette. Si tratta di una splendida teoria dal punto di vista dei successi ottenuti e naturalmente sarebbe follia disfarsene o volerla ignorare. La meccanica quantistica, nata da un atteggiamento dei fisici che l’hanno creata, faceva riferimento a tre principi. In primo luogo affermava che è impossibile conoscere la realtà materiale in termini corretti, e cioè così come essa è. In secondo luogo nasceva dalla tendenza a rinunciare a legami causali. Noi tutti pensiamo che quando accade qualcosa nella nostra vita o nella realtà che ci circonda ciò abbia una causa; per esempio se uno ha successo in un esame è perché ha studiato bene, la causa del successo è lo studio, o se uno cade la causa può essere una buccia di banana o un altro ostacolo. Quindi la descrizione causale ci è molto familiare, la usiamo di continuo nella nostra vita quotidiana: la meccanica quantistica è la prima teoria scientifica che nasce negando la validità del “Principio di causalità”. La terza presa di posizione negativa riguarda la stessa esistenza di una realtà materiale indipendente dall’uomo. Questa teoria afferma che la realtà non esiste, o per lo meno che è meglio non parlarne, che è proibito far riferimento ad essa (la situazione è un po’ più complicata ma sono sicuro di non falsare il discorso). Dunque abbiamo una teoria di grande successo che commette agli occhi del fisico dell’Ottocento dei peccati tremendi, perché rinuncia alla comprensibilità, alla causalità e alla realtà. Cosa altro resta, si può chiedere? Resta una impalcatura di formule matematiche, uno schema astratto, che quando viene applicato funziona molto bene. C’è tutto un processo storico che porta alla formazione della teoria della meccanica quantistica: nasce in un periodo in cui il positivismo è particolarmente forte (si va dal positivismo machiano, della fine del secolo scorso, inizio di questo secolo, al neopositivismo viennese dell’inizio degli anni Trenta) e non è un caso perché il positivismo è quella filosofia che ha convinto l’intera cultura mondiale del nostro secolo che l’idea di una realtà esterna all’uomo è metafisica. Questa è la grande invettiva che è stata lanciata contro il concetto di realtà. La metafisica, sarebbe qualcosa che va al di là della fisica, qualcosa che è rimosso, che è come se non ci fosse, non si può dimostrare che c’è, insomma. Questo, per un’idea scientifica quale dovrebbe essere l’idea della realtà, è una condanna terrificante, l’idea che sia metafisica è come dire che per il fisico non c’è. Noi viviamo in un secolo che è stato lungamente condizionato, e ancora adesso maggioritariamente lo è, dall’idea metafisica. Ho fatto questa premessa perché voglio dire che forse, finalmente, cominciamo a vedere la soluzione di questo problema con gli sviluppi della fisica fondamentale contemporanea, che partono dal 1935 con un famoso lavoro di Einstein-Podoski-Rosen, e che hanno un momento di maggior sviluppo trent’anni dopo, cioè nel 1965, con il lavoro di un fisico irlandese, John Bell. Questi sviluppi moderni restituiscono all’idea di una realtà esterna all’uomo, la sua fisicità. Perché? È facile da capire anche se io non posso dare dimostrazioni delle cose che dico. È stato possibile dimostrare, badate bene, che esiste una quantità misurabile (concretamente, in laboratorio la si può misurare), che vale numericamente, necessariamente, non più di due (2); pensate alla diseguaglianza (b è la quantità misurabile, la lettera b è stata scelta in onore di Bell) b > 2 o b = 2 (b minore o uguale a due). Questa diseguaglianza è una conseguenza del Postulato di realtà separabile. Cosa vuol dire realtà separabile lo ha già detto il dottor Home (se abbiamo due oggetti, se possiamo pensare che ciascuno dei due esista indipendentemente dall’altro, con precisione sempre maggiore quanto maggiore è la distanza che li separa, tutte le conoscenze scientifiche mostrerebbero, tranne la meccanica quantistica, che questa affermazione è vera, cioè che gli oggetti esistono indipendentemente l’uno dall’altro tanto più sono lontani. Se porto molto lontano la penna dal piattino e poi distruggo quel piattino la penna resta inalterata, cioè la sua realtà è indipendente da ciò che accade all’altro oggetto). Questa è l’idea della realtà separabile, è banale vero? Bene, questa idea porta alla diseguaglianza che dicevo prima, b minore o uguale a due? La cosa è semplicissima: la teoria esistente, cioè la meccanica quantistica prevede che la stessa identica grandezza b abbia il valore numerico 2,8. Quindi, abbiamo una splendida teoria scientifica che funziona benissimo, che predice b = 2,8. Abbiamo un’idea fisica, cioè la realtà separabile che da sola, indipendentemente da ogni teoria, predice b minore o uguale a due. Dunque l’idea di realtà separabile è incompatibile a livello sperimentale, a livello empirico con la meccanica quantistica, cioè con la teoria esistente. È impossibile mettere assieme la teoria esistente, la meccanica quantistica e il concetto di realtà separabile. Una delle due è necessariamente sbagliata: o bisogna cambiare tutta la teoria fisica o bisogna rinunciare all’idea di realtà separabile. Ecco dunque perché dicevo che l’idea di realtà ultimamente è stata tolta dal limbo delle idee metafisiche, ed è diventata un’idea pienamente fisica, cioè soddisfa a criteri di fisicità. Poiché possiamo fare un esperimento e dimostrare, per es., che b è superiore a due, abbiamo distrutto per sempre, nel futuro dell’umanità l’idea della realtà separabile. Allora, direte voi, la situazione è piuttosto semplice. Siccome per la prima volta l’ipotesi b minore o uguale a due è venuta fuori nel ’65, molti penseranno che gli esperimenti sono già stati fati. La realtà è molto più complicata, in sostanza nessun esperimento decisivo è stato ancora fatto, anche se ci sono proposte interessanti, che vanno in questo senso, (per es., alcune fatte dal Dottor Dipankar Home). Anzi quello che accade, e questo mi porta alla seconda parte del mio brevissimo intervento, non è uno scatenarsi delle curiosità scientifiche in attività di laboratorio, che permettano di decidere fra b minore o uguale a due e b = 2,8, ma c’è una strana atmosfera tra i fisici, che più si rendono conto del problema più, mi sembra, tentano di risolverlo politicamente o filosoficamente, cioè cercano di non risolverlo: la politica dello struzzo prevale nell’ultimo decennio fra i fisici rispetto a questo problema (del paradosso di Einstein-Podoski-Rosen). L’idea di evadere una questione di questa importanza, è un’idea che fa a pugni con la definizione stessa di scienza. Potete immaginare che se accade qualcosa del genere ci deve essere all’interno del mondo della scienza anche una certa paura della verità, il timore che andando fino in fondo in questo problema salti per aria la meccanica quantistica, cioè ci si trovi a dover fare ex novo l’intera teoria fisica. E quando qualcosa di questo genere accade le reazioni, generalmente, non sono quelle che ci si aspetta da uno scienziato (ci si aspetta che uno scienziato sia un innamorato della verità, pronto a tutto pur di scoprire la verità e di conoscerla onestamente). Purtroppo non è così, il mondo della fisica, della scienza, è molto più complicato. Pensate, ad es., che se noi facciamo una fotografia della fisica del 1988 e la paragoniamo alla fisica del 1928, sessant’anni fa, scopriamo che ha avuto degli sviluppi impressionanti, grandiosi, in molte direzioni. In primo luogo come numero di fisici: sicuramente ci sono oggi cento volte più fisici attivi di quanti ce ne fossero allora. In termini di finanziamenti, sicuramente sono disponibili fondi, mille volte più ricchi di quelli che c’erano allora. In termini di tecnologie, abbiamo oggi calcolatori e strumentazioni sofisticate. Se però dobbiamo dire il nome di un grande fisico, non riusciamo a farlo. Einstein, Heisenberg, Bohre, tutti grandi del passato. Certo sono del nostro secolo, ma non sono fisici contemporanei: c’è un motivo di questa situazione, ed è che le grandi scoperte le hanno fatte tutte allora, adesso non si scopre più niente, in prima approssimazione. Io, nonostante quello che sto dicendo, ho un grande rispetto dei miei colleghi fisici, e so che ci sono dei patrimoni di intelligenza e di onestà professionale che vengono profusi nella ricerca scientifica, ma, nonostante questo, non si va a fondo dei problemi. Penso che questo abbia molto a che vedere con l’affermarsi di un modo di pensare negativo, che è quello che dicevo all’inizio, sui tre problemi della comprensibilità, della causalità, della realtà. Quando i fisici sono educati a rinunciare a queste tre cose, io temo che si tratti di rinunce castranti, che poi lasciano un segno sull’intera attività scientifica della carriera di un ricercatore. Tuttavia, la fisica sta generando nel suo seno, con ritardi che non ci dovrebbero essere, cose nuove e la scoperta della diseguaglianza di Bell è una di queste. Senza dubbio vi sono delle rivoluzioni scientifiche, ormai visibili, che covano nel cuore della fisica moderna e che non riguardano soltanto la meccanica quantistica ma anche altre teorie.
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Domanda:
Forse si definisce la realtà in un certo modo, si sviluppa la scienza in un certo modo perché si ha un’idea, a volte impaurita, a volte presuntuosa, della realtà. Esiste effettivamente questo atteggiamento nell’avventura umana del fisico? E la seconda domanda è in un certo modo la continuazione della prima: a me pare che l’avventura della scienza fisica, lo scoprire di cosa è fatta la realtà, risvegli nell’uomo anche il desiderio, la volontà, la domanda di conoscere la realtà nel suo significato esauriente e totale. Non è forse anche a questo che può aiutarci la considerazione del cammino della fisica di questi anni?
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D. Home:
La sua domanda mi ricorda un commento interessante fatto da un sociologo italiano, Elio Vittorini. Vittorini ha detto: “Il punto non è riuscire ad avere nelle mani la verità, ma piuttosto continuare a rincorrerla”. Credo sia proprio questo lo spirito che dovrebbe caratterizzare il futuro, gli sforzi futuri della fisica. Per quanto riguarda il problema della realtà, quello che ho cercato di sottolineare nella mia presentazione era il fatto che se si accetta lo stato presente a cui è giunta la fisica, cioè la meccanica quantistica, in quanto e come teoria finale, completa ed universale, se la si estrapola o la si applica agli oggetti macrofisici o agli oggetti di maggior dimensione che noi conosciamo meglio, questo ci porta alla conclusione che non è possibile associare la realtà agli attributi o alle proprietà degli oggetti macrofisici individuali, quando questi ultimi non sono osservati. Questa è una cosa veramente folle: se tutti ce ne andiamo da questo auditorium le sedie continueranno a mantenere le loro proprietà, le stesse proprietà che hanno in questo momento. Tuttavia la meccanica quantistica non può riprodurre queste specifiche caratteristiche, quando viene estrapolata e applicata a livello macroscopico. Quindi io penso, e anche altri fisici stanno lavorando in questa direzione, che alla meccanica quantistica dovrebbero essere apportate delle correzioni, da usare quando si cominci ad applicare la meccanica quantistica ad oggetti di grandi dimensioni. Ed è proprio in questa direzione che ci sarà possibile, allora, scoprire nuove fisiche. Naturalmente questo va contro l’idea riduzionista, che presuppone che un sistema complesso, per quanto complesso possa essere, ha un comportamento che può essere capito, compreso una volta che si conosca il comportamento delle sue parti individuali costitutive. Questo non tiene conto o non dà spiegazione, del fatto che nuovi effetti fisici possono apparire sempre di più alla luce una volta che la complessità del sistema aumenta. Di conseguenza questa è una nuova possibilità che molti scienziati, teorici e non stanno cercando di studiare. Vorrei concludere questa mia speculazione con un esempio, che in modo estremamente specifico illustra proprio questo problema, il famoso paradosso di Schrödinger, che è stato, in effetti, uno dei fondatori della meccanica quantistica. Si consideri un gatto, messo in una scatola chiusa all’interno della scatola contenente materiale radioattivo. Non appena un atomo radioattivo emette delle particelle alfa, c’è anche un contatore che naturalmente può registrare queste particelle alfa. Supponiamo di collegare il gatto al contatore. Quando una particella alfa viene emessa, e quando viene registrata nel contatore, il gatto riceve una scossa elettrica e muore. Ora se trattate questo sistema con la meccanica quantistica, che cosa ci dice per quanto riguarda la realtà del gatto all’interno della scatola, quando nessuno sta guardando, quando nessuno sta esaminando quanto vi accade? La meccanica quantistica ci dice che il gatto è in uno stato che non è né di vivente, né di morte, una mescolanza dei due stati. Noi non conosciamo nessun stato fisico che si possa applicare ad un gatto che non sia né vivo né morto, e che sia una specie di mescolanza dei due modi di essere. Ma la cosa ancora più pazza è che, se si cerca di applicare la meccanica quantistica al gatto in una tale situazione, si descrive lo stato del gatto come qualcosa di folle. Tutti sanno che se si apre la scatola si vedrà il gatto e sarà o morto o vivo, non vi è nessun altro possibile stato. Tuttavia la meccanica quantistica vi dice che se non aprite la scatola il gatto è in uno stato che è qualcosa di diverso da come abbiamo definito. Io penso che questo sia uno degli esempi più netti, più flagranti del problema concettuale grave che è appunto associato alla visione mondiale che ci presenta la meccanica quantistica. Sfortunatamente la maggior parte dei fisici, da lungo tempo, si sono abituati a vivere con questo concetto senza porlo in questione, o senza cercare di porlo meglio, di sviluppare una visione mondiale alternativa. Io spero che le generazioni future di fisici non ci obbligheranno a rimanere così legati, bloccati in una situazione di questo tipo. Ed infine vorrei citare una volta ancora Einstein, un suo commento che è estremamente adeguato alla nostra riunione: “La funzione più importante di qualunque tentativo umano creatore, sia nell’arte che nella scienza, è di risvegliare un sentimento religioso cosmico, e mantenerlo vivo in coloro che sono ricettivi. E soltanto il sentimento cosmico e religioso che potrà dare all’uomo creatore una forza sufficiente per restare fedele al suo scopo malgrado il fatto che egli sia circondato da un mondo scettico. In questa epoca materialista la persona creativa, impegnata, questa persona è la sola persona profondamente religiosa”.
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F. Selleri:
Dunque, la domanda che ci è stata posta, è se l’idea di conoscere la realtà non sia un’opzione, una scelta a priori in qualche modo. Io credo che la risposta sia sì, è un’opzione, lo è storicamente, nel senso che vediamo come i fisici possano dare risposte molto diverse a questa stessa domanda. E credo che se uno va a ricostruire la carriera intellettuale e filosofica di ogni singolo fisico, trova molto facilmente le radici delle diverse scelte, dei diversi atteggiamenti che stanno alla base delle concezioni fisiche e del modo di concepire la realtà che questi fisici hanno. Einstein diceva che la fisica è una creazione dell’uomo che cerca di giungere alla comprensione della realtà. Sembra una banalità, però è una cosa profonda, che vale la pena di meditare e discutere un momento. Indubbiamente la fisica è una creazione dell’uomo, siamo noi che la facciamo, viene fatta per comprendere la realtà che ci circonda. Però è una definizione della fisica, questa data da Einstein, in qualche modo contraddittoria in senso nobile, cioè dialettica. Infatti se la fisica è una creazione dell’uomo, in quanto creazione non può non contenere elementi arbitrari, elementi creati. Che creazione sarebbe se tutti i contenuti della teoria fisica fossero obbligati? Li potremmo far fare al calcolatore. D’altra parte in questa definizione della fisica data da Einstein si parla anche di comprensione della realtà: ora nella misura in cui una teoria ci fa davvero conoscere, comprendere le proprietà della realtà, questa teoria, in qualche modo, diventa irreversibile e non arbitraria. Quindi, da un certo punto di vista, è arbitraria, da un altro punto di vista non è arbitraria, ecco perché è contraddittoria questa affermazione, ecco perché è dialettica: come creazione è arbitraria, come comprensione non è arbitraria. Una teoria fisica è davvero tutte e due le cose insieme, cioè è un intreccio profondo di contenuti diversissimi fra di loro, alcuni dei quali sembrano e probabilmente sono, delle vere acquisizioni conoscitive della realtà che ci circonda. Non c’è nessun motivo per credere che le teorie esistenti debbano essere così come sono per forza e che non c’è nessun’altra possibilità logica disponibile, se no dove andrebbe a finire l’elemento creativo, dove andrebbero a finire le scelte a priori, le opzioni che i fisici fanno? In realtà ogni teoria include entrambe gli aspetti: gli aspetti creati, cioè quelli arbitrari, e gli aspetti irreversibili, cioè le vere conoscenze della realtà. Ad esempio, tutti conoscono la Via Lattea, che è quella splendida striscia luminosa che c’è nel cielo quando la notte è abbastanza chiara per vederla. La scienza ci ha insegnato che la Via Lattea è una galassia vista dall’interno, è la nostra galassia. Avrete visto fotografie della galassia di Andromeda, che è una galassia molto vicina e molto simile alla nostra: la Via Lattea è esattamente come la galassia di Andromenda, ma noi la vediamo dall’interno perché ci siamo dentro. Io non credo che questo modo di capire, di comprendere la natura della Via Lattea possa regredire nella scienza futura, cioè penso che nei secoli futuri, se l’umanità non regredisce allo stato primitivo, si continuerà ad affermare la stessa cosa, non vi sarà una rivoluzione scientifica che dirà che la Via Lattea è tutta un’altra cosa, che non avevamo capito niente. Se mai accadrà che noi entreremo in contatto con altre civiltà, di altri pianeti, di altre stelle, cosa possibile, anche loro concorderanno sul fatto che la Via Lattea (che presumibilmente anche loro vedranno se saranno dentro alla nostra stessa galassia) è una galassia come quella di Andromeda vista dall’interno. Ecco come la scienza ci fa conoscere la realtà: è un piccolo esempio banale, ma è un esempio di conoscenza reale. Ancora più banale l’esempio del sole: il nostro sole è una stella vista da vicino, esattamente come miliardi di altre stelle che ci sono nella nostra galassia, anzi centinaia di miliardi, soltanto che noi giriamo attorno al sole e quindi lo vediamo di continuo da vicino e dunque ci appare molto più luminoso, molto più impressionante delle altre stelle. Voi pensate che la scienza futura possa regredire da questo tipo di conoscenza? Io credo che non sia pensabile. Dunque è un secondo esempio della scienza che ci fa conoscere, ci fa comprendere la realtà. Adesso farò anche qualche esempio opposto, cioè di contenuti arbitrari. Nel mondo della fisica abbiamo tutti gli elementi necessari per credere che tutto ciò che esiste di materiale, (prescindiamo dalla luce e da altre forme di energia come i campi, ma la materia in senso stretto) è fatta di atomi, gli atomi sono fatti di nuclei, i nuclei sono fatti di neutroni e di protoni, poi esistono gli elettroni che girano attorno ai nuclei negli atomi. Tutte queste sono acquisizioni conoscitive della realtà, cioè la scienza ci ha portato a una comprensione della realtà di cui siamo parte. Ultimo esempio la formula più famosa della fisica, la formula di Einstein: e = mc2 (e uguale m per c quadro): l’energia è uguale alla massa per il quadrato della velocità della luce. Detta così è una formuletta di poco conto, in realtà si tratta di una acquisizione conoscitiva fantastica perché ci viene detto con questa formula, che l’energia, che è una misura del movimento, e la massa, che è una misura della materia, della quantità della materia, sono la stessa cosa, cioè sono trasformabili l’una nell’altra secondo regole precise, cioè si può fare sparire e generare pezzi di materia, oppure far sparire dei pezzi di materia e generare del movimento. Non sono cose astratte perché sono nei laboratori di tutto il mondo, quindi le conosciamo concretamente. E anche questa non è forse una forma di conoscenza profonda della realtà? È strano che questa fisica moderna, che ci ha portato a tante conoscenze così profonde, così meravigliose, rinunci per principio all’idea della realtà, alla sua conoscibilità, all’idea di causa ed effetto, allo spazio tempo e così via. E probabile che ci siano nella fisica moderna anche molte idee create, cioè storicamente determinate, quelle idee che avrebbero potuto essere diverse, e che avrebbero potuto portare a una scienza radicalmente diversa da quella che possediamo. Io penso che idee come il principio di natura causale della meccanica quantistica, la rinuncia alla descrizione della realtà, siano di questo tipo. Credo che ci sia molto di opzione, di scelta a priori nella direzione di movimento di un ricercatore che fa ricerca oggi.
S. Jaki:
Penso che tutto questo dibattito riguarda due problemi, due questioni basilari. Una riguarda il significato di un’operazione matematico-fisica e i limiti di tale operazione, quei limiti che sono inerenti al significato che essa ha. Se questo significato non è definito in modo chiaro fin dall’inizio e se tale definizione non viene applicata nell’intera presentazione della filosofia, della meccanica quantistica, se non viene applicato a quello che la meccanica quantistica può dire riguardo alla realtà, allora obbligatoriamente arriveremo, in ultima analisi, a una confusione infinita e ad un continuo equivoco. Ora se questo è quanto accade finiremo per parlare della crisi della realtà, invece di parlare della crisi del pensiero della fisica sulla realtà. Questi due elementi sono essenzialmente differenti e noi non saremo in grado di identificare una causalità ontologica, non potremo identificarla con una misurabilità esatta. Fra coloro che saranno colpevoli di questa confusione, vi sono Einstein e Plank, questi grandi fisici che hanno lottato con le unghie e con i denti per l’interpretazione della meccanica quantistica di Copenaghen (è una interpretazione basata su una filosofia idealistica, ed è per questa ragione che Einstein e Plank sono caduti nella trappola dell’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica dicendo che erano d’accordo con coloro che l’avevano interpretato in questo modo e dicendo che, per poter dimostrare la causabilità, bisognava disporre di misurazione esatta). Plank, in particolare, avrebbe dovuto sapere, lo aveva sperimentato, che se si ha uno strumento di misurazione che non può essere ridotto al di là di una certa dimensione, allora non si possono misurare cose al di sotto di questa dimensione, perché lo strumento di misura non va. Prendiamo, per esempio un coltellino: la larghezza della sua punta è un quinto di un millimetro e di conseguenza non può tagliare degli oggetti che sono più sottili di un quinto di un millimetro. Questa è l’essenza stessa dell’intero problema della meccanica quantistica, quello che leggete ovunque sul tema della filosofia della meccanica quantistica. La seconda questione di grande importanza si riferisce alla descrizione completa della realtà materiale della meccanica quantistica o di qualunque fisica. Non avremo mai una descrizione completa della realtà materiale in termini di scienza finché rimane valido il Teorema di incompletezza di Gödel. Vorrei raccontarvi un aneddoto: dodici anni fa ho fatto parte di un gruppo di discussione, con tre premi nobel e due professori dell’Università di Harward, e abbiamo discusso proprio di questo problema. Uno dei premi Nobel ha promesso a un pubblico numeroso come quello di oggi, che entro i sei mesi successivi, o al massimo nei tre anni successivi, avrebbe dato una descrizione finale, globale, completa dell’intero sistema delle particelle fondamentali. Quando è stato il mio turno ho risposto che gli auguravo buona fortuna, ma che non sarebbe riuscito in questo sforzo. Nel 1976 un premio Nobel della fisica poteva ancora permettersi di ignorare il Teorema di Gödel. A questo punto uno o è un non materialista o un materialista. Se è un non materialista, non ci sono problemi, perché un non materialista non si aspetta mai una descrizione completa della realtà da una scienza definita, quantificata. Ma se si è materialisti allora è un bel problema. In primo luogo perché se siete materialisti dovete spiegarlo e ogni parola che pronunciate, in quanto materialista, qualunque sia il linguaggio e la lingua che usate, diventa un linguaggio universale. Ed è per questa ragione che è stato detto, molto giustamente, l’anno in cui Heisenberg ha formulato la risposta al Principio, che il solo modo per evitare di diventare un metafisico è di non dire niente.